N. 190 SENTENZA 7 - 13 giugno 2000

Sentenza 7-13 giugno 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Lavoro   (rapporto   di)   -   Licenziamenti  collettivi  -  Garanzie
procedimentali  previste  in  attuazione  di  direttive comunitarie -
Ritenuta   inapplicabilita'  agli  autoferrotranvieri  licenziati  da
imprese  dichiarate  fallite  anteriormente  al  1o  gennaio  1993  -
Asserita,  ingiustificata,  disparita'  di  trattamento  rispetto  al
personale   di   tutte   le   altre   imprese   e   fra   gli  stessi
autoferrotranvieri,  nonche'  lamentata  violazione  dell'obbligo  di
adeguare la legislazione alle direttive comunitarie - Possibilita' di
un'interpretazione   adeguatrice   delle   norme   denunciate  -  Non
fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
- Legge   23   luglio  1991,  n. 223,  art.  3,  comma  4-bis,  prima
  proposizione,  aggiunto dall'art. 6 del d.l. 20 maggio 1993, n. 148
  (convertito nella legge 19 luglio 1993), nel testo risultante dalla
  modifica  introdotta  dall'art.  7 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 542
  (convertito nella legge 23 dicembre 1996, n. 649).
- Costituzione,  artt. 3 e 11 (in relazione alla direttiva 75/129/CEE
  del 17 febbraio 1975).
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare  RUPERTO,  Riccardo  CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4-bis
prima  proposizione,  della legge 23 luglio 1991, n. 223 e successive
modificazioni  (Norme  in  materia  di cassa integrazione, mobilita',
trattamenti   di   disoccupazione,   attuazione  di  direttive  della
comunita'  europea,  avviamento  al  lavoro  ed altre disposizioni in
materia  di mercato  del  lavoro),  promosso  con ordinanza emessa il
10 novembre  1998  dalla  Corte di cassazione sui ricorsi proposti da
Giunti  Fortunato  ed  altri  contro la Curatela del Fallimento della
Compagnia   di   autolinee  tiberine  S.p.a.  e  dalla  Curatela  del
Fallimento della Compagnia di autolinee tiberine S.p.a. contro Giunti
Fortunato  ed altri, iscritta al n. 355 del registro ordinanze 1999 e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica - primaserie
speciale - n. 25 dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Franco Bile.

                          Ritenuto in fatto


    1.  -  La  Corte  di cassazione, sezione lavoro, con ordinanza in
data  20 febbraio  1999,  ha sollevato - in riferimento agli artt. 3,
primo  comma,  e  11  della  Costituzione - questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  comma  4-bis  prima proposizione, della
legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,
mobilita',  trattamenti  di  disoccupazione,  attuazione di direttive
della  comunita'  europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni
in  materia  di mercato del lavoro), aggiunto dall'art. 6 del decreto
legge  20 maggio  1993,  n. 148  (convertito in legge 19 luglio 1993,
n. 236),  nel  testo risultante dalla modifica introdotta dall'art. 7
del  d.-l. 23 ottobre  1996,  n.542  (convertito in legge 23 dicembre
1996, n. 649).
    La  Corte  rimettente premette che il 5 ottobre 1992 la Compagnia
autolinee  tiberine  (CAT)  S.p.a. licenziava taluni dipendenti ed il
successivo   13 ottobre   veniva   dichiarata   fallita;  che  alcuni
lavoratori licenziati agivano dinanzi al pretore di Arezzo, ritenendo
trattarsi  di licenziamento collettivo nullo per mancato espletamento
della procedura prevista dagli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223 del
1991,   e   chiedendo   la  conseguente  condanna  della  societa'  a
reintegrarli   nel  posto  di  lavoro  ed  a  corrispondere  loro  le
retribuzioni  nel  frattempo  maturate; che la domanda veniva accolta
dal  Pretore,  ma  -  su  appello della curatela - la sentenza veniva
riformata dal tribunale di Arezzo, secondo il quale la disciplina sui
licenziamenti  collettivi  posta  dalla legge n. 223 del 1991 non era
applicabile  al rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, soggetto
invece alla regolamentazione prevista dall'art. 26 del r.d. 8 gennaio
1931,  n. 148;  pronuncia  questa  gravata del ricorso per cassazione
sulla  base  (tra  l'altro)  della  contestazione  in diritto di tale
affermazione.
    Osserva  poi  la  Corte  rimettente che - se e' vero che la legge
n. 223  del 1991 (che ha dato attuazione alla direttiva n. 75/129/CEE
del  17 febbraio  1975,  recante  norme  per  il ravvicinamento delle
legislazioni   degli   Stati   membri  in  materia  di  licenziamenti
collettivi)  non  ha  operato  alcuna  distinzione quanto ai soggetti
destinatari   della   normativa   e   quindi   non   ha  escluso  gli
autoferrotranvieri  -  il  successivo art. 6, comma 17-bis, del d.-l.
n. 148  del  1993,  convertito  in  legge  n. 236  del 1993, ha pero'
introdotto  nell'art. 3  della  legge  n. 223 del 1991 un comma 4-bis
secondo   cui   "Le  disposizioni  in  materia  di  mobilita'  ed  il
trattamento  relativo si applicano anche al personale il cui rapporto
sia  disciplinato  dal  r.d.  8 gennaio  1931,  n. 148, che sia stato
licenziato  da  imprese  dichiarate fallite, o poste in liquidazione,
successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge".
In seguito  il  medesimo comma 4-bis e' stato modificato dall'art. 7,
comma  1,  del  d.-l. n. 542 del 1996, convertito in legge n. 649 del
1996,  che  alle  parole  "data  di  entrata in vigore della presente
legge"   ha   sostituito   le  parole  "data  del  1o gennaio  1993".
Conseguentemente  le disposizioni in materia di mobilita' della legge
n. 223  del  1991  (fra  le  quali  -  secondo  la Corte rimettente -
rientrano  anche  le norme procedimentali di cui i lavoratori colpiti
dal  licenziamento collettivo lamentano la violazione) si applicano -
per  quanto  concerne  gli  autoferrotranvieri  -  solo  al personale
licenziato da imprese dichiarate fallite o poste in liquidazione dopo
il 1o gennaio 1993.
    Si  sarebbe  determinata  cosi' una disparita' di trattamento fra
gli  autoferrotranvieri  (i quali fruiscono della regolamentazione di
cui  alla  direttiva  europea  ed alla legge di attuazione n. 223 del
1991  solo  se  licenziati da imprese fallite o poste in liquidazione
dopo  il  1o gennaio  1993)  e i dipendenti di tutte le altre imprese
(per  i quali siffatta regolamentazione trova attuazione anticipata a
partire  dall'entrata  in  vigore  della legge di attuazione), mentre
un'ulteriore  ingiustificata disparita' di trattamento si avrebbe fra
gli stessi autoferrotranvieri, secondo la data in cui sia intervenuta
la   dichiarazione   di   fallimento   o  la  messa  in  liquidazione
dell'impresa.  Questa  disciplina  differenziata  contrasterebbe  poi
anche    con   la   menzionata   direttiva   che   intende   tutelare
indistintamente   tutti   i  lavoratori  dipendenti  da  imprese  con
determinate  dimensioni  per  i quali sia configurabile licenziamento
collettivo.

    2.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo   che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  sia
dichiarata  manifestamente  infondata:  a suo avviso - per soddisfare
inderogabili  esigenze  di  contenimento  della  spesa  pubblica - il
legislatore  ordinario dispone di ampia discrezionalita' nella scelta
di  un dato temporale cui ricollegare la decorrenza di taluni effetti
economici,  ove tale scelta sia - come nella specie - funzionale alla
salvaguardia   dell'equilibrio   del   bilancio  dello  Stato  e  del
perseguimento degli obiettivi della programmazione finanziaria.

                       Considerato in diritto


    1.  -  La questione di legittimita' costituzionale proposta dalla
Corte   di   cassazione  riguarda  la  disciplina  dei  licenziamenti
collettivi   intimati  a  lavoratori  autoferrotranvieri  da  imprese
dichiarate fallite o poste in liquidazione coatta amministrativa.
    E  specificamente  concerne  il  comma  4-bis prima proposizione,
dell'art. 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, aggiunto dall'art. 6,
comma  17-bis  del  d.-l. 20 maggio 1993, n. 148, convertito in legge
19 luglio  1993,  n. 236,  e poi modificato dall'art. 7, comma 1, del
d.-l.  23 ottobre 1996, n. 542, convertito in legge 23 dicembre 1996,
n. 649.
    La  questione  e'  proposta  sotto il profilo che tale comma - in
quanto   esclude   gli   autoferrotranvieri   licenziati  da  imprese
dichiarate  fallite, o poste in liquidazione, anteriormente alla data
del  1o gennaio  1993  dalle  garanzie  procedimentali previste dalla
direttiva  europea n. 75/129/CEE e dalla stessa legge n. 223 del 1991
(segnatamente  con  l'art. 24)  -  si  porrebbe  in contrasto con gli
artt. 3,  primo  comma,  e 11 della Costituzione violando - oltre che
l'obbligo  dello  Stato  di  adeguare  la  propria  legislazione alla
normativa   comunitaria   -   il   principio   di   eguaglianza,  per
l'ingiustificata disparita' di trattamento fra gli autoferrotranvieri
(tutelati  da  quelle  garanzie  procedimentali  solo  a  partire dal
1o gennaio  1993)  e  tutti  gli  altri  dipendenti (per i quali esse
trovano  anticipata  applicazione  fin  dall'entrata  in vigore della
legge   di   attuazione   della   direttiva),   mentre   un'ulteriore
ingiustificata  disparita'  di  trattamento si avrebbe fra gli stessi
autoferrotranvieri, secondo la data della dichiarazione di fallimento
o della messa in liquidazione dell'impresa che li ha licenziati.

    2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito indicati.
    Alla   materia   dei  licenziamenti  collettivi  e'  dedicata  la
direttiva  comunitaria  n. 75/129/CEE  (successivamente modificata ed
integrata  dalle  direttive n. 95/56/CEE e 98/5/CE), che (all'art. 1)
fornisce  la  definizione  di  licenziamento  collettivo - ancorata a
presupposti  esclusivamente  dimensionali  (dell'azienda)  e numerici
(quale  rapporto tra lavoratori licenziati e lavoratori occupati) - e
delinea  (ai  successivi  artt. 2 e 3) il campo di applicazione delle
garanzie procedimentali; il quale e' tendenzialmente generale perche'
le  ipotesi  escluse sono tipizzate ed elencate (rapporti di lavoro a
termine;  rapporti  di  impiego  pubblico;  rapporti  di lavoro degli
equipaggi  di  navi marittime), onde risulta esaltata l'ampia portata
delle garanzie cosi' introdotte.
    Alla  direttiva e' stata data attuazione nell'ordinamento interno
con  la  legge  23 luglio  1991,  n. 223,  il  cui  art. 24 regola il
licenziamento  collettivo conseguente a riduzione o trasformazione di
attivita' o di lavoro, o cessazione dell'attivita'.
    La  disciplina  si  pone  in  palese  simmetria  con la normativa
comunitaria,  in  quanto  e'  ancorata  a  presupposti dimensionali e
numerici,  e  si  applica  a  tutte  le  imprese che occupino piu' di
quindici  dipendenti  e  che,  in  conseguenza  di  una  riduzione  o
trasformazione  di attivita' o di lavoro, intendano effettuare almeno
cinque  licenziamenti  nell'arco  di  centoventi  giorni  in ciascuna
unita'  produttiva  o  in  piu'  unita'  produttive  nell'ambito  del
territorio della stessa provincia.
    Nella   medesima  prospettiva  l'art. 24  esclude  dal  campo  di
applicazione della disciplina soltanto i rapporti di lavoro a termine
che  cessino  alla  prevista  data  di scadenza, mentre l'art. 35 del
d.lgs.  3 febbraio  1993,  n. 29,  detta  per  il lavoro pubblico una
disciplina    specifica,   facendo   salva   comunque   la   generale
applicabilita' della legge n. 223 del 1991.
    Ai  licenziamenti  cosi'  identificati il citato art. 24 dichiara
applicabili  "le  disposizioni  di  cui all'art. 4, commi da 2 a 12 e
15-bis  e  all'art. 5,  commi  da  1  a  5";  disposizioni queste che
disciplinano  l'istituto  parallelo  della  "mobilita'"  cui  possono
ricorrere   le   imprese  ammesse  al  trattamento  straordinario  di
integrazione salariale previsto dalla medesima legge.
    A  seguito  di  tale  richiamo,  la  disciplina dei licenziamenti
collettivi,  per quanto riguarda l'aspetto procedimentale, e' percio'
quasi  interamente  modellata  su  quella  della  messa  in mobilita'
collegata con il trattamento straordinario di integrazione salariale.
    Ma la confluenza delle due fattispecie di riduzione del personale
verso  discipline sostanzialmente analoghe, benche' non perfettamente
sovrapponibili,  non  toglie che esse rimangano pur sempre diverse ed
autonome,   e   che   in  particolare  l'istituto  del  licenziamento
collettivo  -  nel quadro della legge di attuazione della direttiva -
non  sia  necessariamente  legato  al  trattamento  straordinario  di
integrazione  salariale  ed  al  trattamento di mobilita' che ne puo'
conseguire (sentenza n. 6 del 1999); come del resto risulta dal terzo
comma  dell'art. 24 che limita alle sole imprese rientranti nel campo
di  applicazione  dell'intervento  stesso l'onere della contribuzione
previdenziale  aggiuntiva,  destinato  a  finanziare  (in tutto od in
parte)   il   peso   economico   dell'ente   previdenziale  correlato
all'erogazione del beneficio.
    Deve quindi ritenersi che le garanzie procedimentali in questione
si  applicano anche ai licenziamenti collettivi intimati da imprese i
cui   dipendenti  non  beneficino  dell'intervento  straordinario  di
integrazione salariale.

    3.  -  Tra  le  imprese  escluse dall'intervento straordinario di
integrazione  salariale  -  e  tuttavia  assoggettate alla disciplina
procedimentale  dei licenziamenti collettivi di cui alla legge n. 223
del 1991 - si annoverano le aziende autoferrotranviarie.
    Quanto al primo aspetto, la legge 12 luglio 1988, n. 270 - che ha
introdotto  una  peculiare  delegificazione del rapporto di lavoro di
questo  personale,  superando  la  rigida  specialita' conseguente al
sistema  chiuso delle disposizioni del regolamento allegato A al r.d.
8 gennaio  1931,  n. 148  (sentenza  n.160 del 2000) ha espressamente
previsto  all'art. 4  -  modificando  il  primo comma dell'art. 3 del
decreto legislativo c.p.s. 12 agosto 1947, n. 869 - che "sono escluse
dall'applicazione  delle  norme  sull'integrazione dei guadagni degli
operai  dell'industria:  le  imprese  armatoriali  di  navigazione  o
ausiliarie  dell'armamento,  le  imprese ferroviarie, tranviarie e di
navigazione   interna,   nonche'  le  imprese  esercenti  autoservizi
pubblici  di  linea tenute all'osservanza delle leggi 24 maggio 1952,
n. 628,  e  22 settembre  1960,  n. 1054, o che comunque iscrivono il
personale  dipendente al Fondo di previdenza del personale addetto ai
pubblici servizi di trasporto [...]".
    Quanto al secondo aspetto, e' decisivo il gia' rilevato carattere
assolutamente  generale  della disciplina dettata dal citato art. 24,
in tema di garanzie procedimentali dei licenziamenti collettivi.
    Ai   fini   dell'applicabilita'   agli  autoferrotranvieri  delle
medesime  garanzie,  deve escludersi poi ogni incompatibilita' con la
regolamentazione  posta  dall'art. 26  dell'allegato A al r.d. n. 148
del  1931  che  - nel disciplinare l'esonero del personale in caso di
riduzione di posti per limitazione, semplificazione o soppressione di
servizi   -   autorizza  l'eccezionale  assegnazione  dei  dipendenti
eccedenti  a  mansioni  inferiori  alla qualifica, cosi' configurando
un'alternativa  al  licenziamento:  ma si tratta di profilo del tutto
diverso  dalle  garanzie  procedimentali,  che  coinvolgono  anche le
rappresentanze sindacali.
    Del   resto  questa  Corte  (sentenza  n. 226  del  1990)  -  con
riferimento  ad  un  istituto  parimenti  generale  quale  quello del
pensionamento  posticipato  - ha gia' affermato che "poiche' la nuova
disciplina  legislativa  ha  una  portata  amplissima  [...]  non  si
giustifica    che    essa   non   trovi   applicazione   anche   agli
autoferrotranvieri".

    4.  -  Su  questo  assetto  normativo  hanno  inciso le modifiche
apportate  alla  legge  n. 223  del  1991  dal  d.-l. 20 maggio 1993,
n. 148,  convertito  in  legge  19 luglio  1993,  n. 236, e dal d.-l.
23 ottobre  1996,  n. 542,  convertito  in  legge  23 dicembre  1996,
n. 649.
    Il  primo di essi, con il comma 17-bis dell'art. 6, ha introdotto
nell'art. 3  della  legge  del  1991  un comma 4-bis, secondo cui "Le
disposizioni  in  materia  di mobilita' ed il trattamento relativo si
applicano  anche  al  personale  il cui rapporto sia disciplinato dal
r.d.  8 gennaio  1931,  n. 148,  che  sia stato licenziato da imprese
dichiarate  fallite,  o  poste  in liquidazione, successivamente alla
data di entrata in vigore della presente legge".
    Si  tratta  di  una  norma  di  favore,  che estende alle imprese
autoferrotranviarie  il  campo di applicazione delle "disposizioni in
materia di mobilita' ed il trattamento relativo" che sarebbero, tanto
le   une   quanto   l'altro,  altrimenti  condizionati  all'idoneita'
dell'impresa  ad  essere  ammessa  al  trattamento  straordinario  di
integrazione salariale.
    Con   riferimento   a   questa   novella   la  giurisprudenza  di
legittimita'  (sentenza  n. 7463 del 1998) ha ritenuto che la formula
"successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge"
si  riferisse  all'entrata  in vigore della legge n. 223 del 1991 (ma
con  il  limite  della necessita' dell'intervenuto fallimento o della
liquidazione  dell'impresa). E ne ha desunto che il legislatore aveva
non   solo   esteso  al  personale  autoferrotranviario  l'ambito  di
applicazione  della  disciplina dell'indennita' di mobilita' (e della
relativa  procedura  di  dichiarazione  della  mobilita'),  da cui le
imprese  autoferrotranviarie  erano in precedenza escluse, in ragione
della   testuale   inapplicabilita'   dell'intervento   della   cassa
integrazione  guadagni,  ma  aveva  anche  esteso  (retroattivamente)
l'ambito   di   operativita'  delle  garanzie  procedimentali  per  i
licenziamenti  collettivi,  pur  in  mancanza  di  alcuna  precedente
testuale esclusione ed anzi in presenza di una normativa di carattere
assolutamente generale che, per i rilievi sopra espressi, gia' doveva
ritenersi applicabile a queste imprese.
    E'  poi  intervenuto  l'art. 7  del d.-l. n. 542 del 1996, che ha
modificato  il testo prima ricordato del comma 4-bis sostituendo alle
parole "successivamente alla data di entrata in vigore della presente
legge"  le  parole  "successivamente  alla data del 1o gennaio 1993";
disposizione  questa  che  non ha natura di interpretazione autentica
posto   che   essa   non  ha  optato  per  una  delle  due  soluzioni
astrattamente  sostenibili  in  base  alla lettera della disposizione
precedente  (data  di  entrata in vigore della legge del 1991 o della
legge  del  1993), ma ha introdotto una terza soluzione, indicando la
data del 1o gennaio 1993, cosi' inequivocamente dimostrando di essere
norma innovativa.
    Facendo  venir  meno la saldatura cronologica con la legge n. 223
del  1991,  il  d.-l.  in  esame  ha  avuto l'effetto di dimensionare
diversamente  il  beneficio (ed il costo finanziario) dell'estensione
dell'indennita'   di  mobilita',  ma  anche  -  nella  prospettazione
dell'ordinanza  di  rimessione  -  di  determinare uno iato temporale
(dall'entrata  in  vigore  della  legge n. 223 del 1991 al 1o gennaio
1993)  in  cui  le  garanzie procedimentali del citato art. 24 non si
applicherebbero in nessun caso al personale autoferrotranviario.
    In  sostanza  la  Corte  di  cassazione  rimettente interpreta il
riferimento  testuale  alle  "disposizioni  in  materia di mobilita'"
contenuto  nella  disposizione censurata, come comprensivo - non solo
delle  prescrizioni  dettate  dall'art. 4 della legge n. 223 del 1991
regolante  la  procedura  per  la dichiarazione di mobilita' attivata
dalle  imprese  ammesse  al trattamento straordinario di integrazione
salariale  e propedeutica al collocamento dei lavoratori eccedenti in
mobilita'  (con  conseguente  diritto  alla percezione della relativa
indennita',  di  cui al successivo art. 7) - ma anche della procedura
per l'intimazione del licenziamento collettivo, che il citato art. 24
disciplina (parallelamente ed in piena simmetria) proprio richiamando
i precedenti artt. 4 e 5.

    5.  -  Questa  interpretazione  pero' non considera significativi
rilievi   esegetici  e  non  tiene  conto  del  canone  preferenziale
dell'interpretazione   conforme   a   Costituzione,  in  questo  caso
rinforzato    dal   concorrente   canone   dell'interpretazione   non
contrastante    con   la   normativa   comunitaria   vincolante   per
l'ordinamento giuridico italiano.
    In  questa  prospettiva  adeguatrice,  puo'  invece  fondatamente
ritenersi  che - adoperando l'espressione "disposizioni in materia di
mobilita'"    il    comma   4-bis   abbia   inteso   estendere   agli
autoferrotranvieri   (in   determinati   casi)   soltanto   le  norme
concernenti   l'istituto   della  mobilita'  ed  il  complesso  delle
conseguenze  di  carattere  patrimoniale  derivanti  dalla  "messa in
mobilita'"  (ed  in  particolare  il diritto di percepire la relativa
indennita'), senza toccare la disciplina dei licenziamenti collettivi
e   segnatamente   la   procedura   finalizzata   alla  loro  rituale
intimazione.

    5.1. - Siffatta    conclusione    e'   suggerita   dalla   stessa
formulazione  testuale  del  d.-l. n. 148 del 1993, che ha introdotto
nell'art. 3  della  legge  n. 223  del  1991 il comma 4-bis nella sua
prima formulazione.
    L'inserimento  del  comma  in  esame e' stato operato dall'art. 6
(comma 17-bis), contenente "Misure per la tutela del reddito" onde e'
agevole   ravvisare   nella   novella  un  contenuto  attinente  alla
salvaguardia   della   situazione   economica   dei  lavoratori.  Una
disposizione  che  avesse  inteso  disciplinare  il  procedimento dei
licenziamenti  collettivi  degli  autoferrotranvieri  avrebbe trovato
posto   nell'art. 8,   contenente   appunto   "Norme  in  materia  di
licenziamenti collettivi": e' proprio in tale articolo infatti che si
rinvengono   norme   in   tema   di   applicabilita'  delle  garanzie
procedimentali   in   questione,   come   il  comma  2,  secondo  cui
l'applicazione  delle  disposizioni di cui agli artt. 1, 4 e 24 della
legge n. 223 del 1991 ai soci lavoratori di cooperative di produzione
e   lavoro   deve  avvenire  nell'osservanza  dei  princi'pi  di  non
discriminazione,  diretta  ed  indiretta, di cui alla legge 10 aprile
1991, n. 125.
    Del  resto le "misure per la tutela del reddito" sono fuori dalla
direttiva  comunitaria  e - comportando l'erogazione di prestazioni a
carico  del  sistema previdenziale - implicano l'esigenza di valutare
le compatibilita' finanziarie. Percio' la norma in esame - disponendo
che   gli  autoferrotranvieri  licenziati  da  imprese  sottoposte  a
procedure  concorsuali  hanno  diritto  all'indennita'  spettante  ai
lavoratori  collocati  in  mobilita'  solo  se  il  fallimento  o  la
liquidazione siano successivi al 1o gennaio 1993 - rivela palesemente
la  ratio  di  collegare  ad  esigenze  di  contenimento  della spesa
pubblica  la  scelta  del  momento  da  cui  taluni effetti economici
decorrano.
    Orbene  il  legislatore  del 1996 - fissando retroattivamente uno
spartiacque  temporale tra l'entrata in vigore della legge n. 223 del
1991  e  quella  della  legge  n. 236  del  1993  (di conversione del
precedente  d.-l.  n. 148 del 1993) - ha mostrato di aver operato una
ponderazione  dell'onere  economico  conseguente  all'estensione  del
beneficio   dell'indennita'   di  mobilita'  (e  della  procedura  di
mobilita', che di norma la presuppone).
    Sarebbe per contro intrinsecamente irragionevole ritenere che nel
1996  si  sia  voluto  -  con  efficacia  retroattiva  - stabilire le
modalita'  procedimentali  di  licenziamenti  collettivi  ormai  gia'
intimati,  quali sicuramente erano quelli comunicati anteriormente al
1o gennaio 1993.

    5.2.   -   L'interpretazione   accolta   dalla  Corte  rimettente
confliggerebbe  poi  con  il  principio  di eguaglianza perche' i pur
ancora  residuali  elementi di specialita' del rapporto di lavoro dei
dipendenti  di  aziende  autoferrotranviarie non giustificherebbero -
come  gia' affermato da questa Corte nella citata sentenza n. 226 del
1990  -  una  disciplina  differenziata  quanto  alle  mere  garanzie
procedimentali  di  intimazione del licenziamento collettivo, che non
hanno  implicazioni  finanziarie per tali aziende, ne' interferiscono
sulla funzionalita' ed efficienza del servizio pubblico che le stesse
assicurano.
    La  prevista  delegificazione  della  disciplina di tale rapporto
(art. 1  della  legge  n. 270 del 1988) ha da una parte reso cedevole
rispetto   alla   contrattazione   collettiva   il  plesso  normativo
rappresentato  dal  r.d.  8 gennaio  1931,  n. 148;  d'altra parte ha
affievolito   la   specialita'   del   rapporto   stesso  dovendo  la
contrattazione  collettiva  -  autorizzata a sostituire la disciplina
speciale  -  essere comunque rispettosa della disciplina generale del
rapporto di lavoro subordinato.

    5.3. - Del resto - come l'interpretazione conforme a Costituzione
deve  essere privilegiata per evitare il vizio di incostituzionalita'
della   norma   interpretata  -  analogamente  l'interpretazione  non
contrastante  con  le  norme comunitarie vincolanti per l'ordinamento
interno  deve  essere  preferita,  dovendosi  evitare  che  lo  Stato
italiano  si  ritrovi  inadempiente  agli obblighi comunitari. Quindi
sotto  questo profilo rileva che la normativa comunitaria non include
le  imprese  autoferrotranviarie  tra quelle (espressamente elencate)
alle  quali  non  si  applicano  le  garanzie  procedimentali  per  i
licenziamenti collettivi.

    6. - Conclusivamente la novella realizzata con l'introduzione del
comma  4-bis  va  interpretata  nel  senso che - con il richiamo alle
"disposizioni  in  materia di mobilita' ed il trattamento relativo" -
essa  ha  disciplinato la situazione degli autoferrotranvieri colpiti
da  licenziamenti  collettivi  intimati  da  imprese  assoggettate  a
procedure  concorsuali, soltanto per quanto concerne l'istituto della
mobilita'  ed  il loro diritto a fruire degli effetti derivanti dalle
richiamate  norme  sulla  mobilita', ed in particolare della relativa
indennita', stabilendo che a tali fini la dichiarazione di fallimento
o  la  messa  in  liquidazione dell'impresa deve essere successiva al
1o gennaio  1993.  Invece  per  quanto  concerne  la  disciplina  del
procedimento  preordinato al licenziamento collettivo nulla e' mutato
rispetto  al  sistema previgente, la cui individuazione ai fini della
decisione della controversia spetta naturalmente al giudice a quo.
    Pertanto  -  cosi'  interpretato  -  il comma 4-bis non determina
alcuna  disparita'  di  trattamento  fra  autoferrotranvieri ed altre
categorie  di  lavoratori,  proprio  perche'  non riguarda il profilo
procedimentale  del licenziamento collettivo, il solo considerato dal
giudice a quo.
    La  questione di legittimita' costituzionale proposta dalla Corte
di cassazione deve quindi essere dichiarata non fondata.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 4-bis
prima  proposizione,  della  legge  23 luglio  1991, n. 223, aggiunto
dall'art. 6  del  decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito in
legge  19 luglio  1993,  n. 236,  nel testo risultante dalla modifica
introdotta  dall'art. 7 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito
in  legge  23 dicembre  1996,  n. 649, sollevata, in riferimento agli
artt. 3,  primo  comma,  e  11  della  Costituzione,  dalla  Corte di
cassazione con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 13 giugno 2000.
              Il direttore della cancelleria: Fruscella
99C0598