N. 192 ORDINANZA 7 - 13 giugno 2000
Ordinanza 7-13 giugno 2000 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Avvocato e procuratore - Procuratore legale - Utilizzazione del titolo da parte di soggetto abilitato all'esercizio professionale, ma non iscritto all'albo - Configurazione del reato di usurpazione di titolo - Lamentato contrasto con la norma che esige, per l'esercizio professionale, il solo superamento di un esame di Stato, nonche' ingiustificato deteriore trattamento procuratori legali rispetto ai dottori commercialisti - Sopravvenuta normativa, dopo la proposizione della questione, con depenalizzazione del reato contestato - Restituzione degli atti al giudice rimettente. - R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 (convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36), art. 1. - Costituzione, artt. 33, quinto comma, e 3.(GU n.26 del 21-6-2000 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare MIRABELLI; Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi primo e terzo, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento della professione di avvocato e procuratore), convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36 (Conversione in legge, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, riguardante l'ordinamento della professione di avvocato e procuratore), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1999 dal pretore di Venezia nel procedimento penale a carico di Maffei Vito, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 - prima serie speciale - dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che nel corso del procedimento penale per il reato di cui all'art. 498 del codice penale, richiamato dall'art. 1 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento della professione di avvocato e procuratore), convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36 (Conversione in legge, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, riguardante l'ordinamento della professione di avvocato e procuratore), il pretore di Venezia, ha sollevato, in riferimento agli artt. 33, quinto comma, e 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, primo e terzo comma, del citato regio decreto-legge; che l'imputato, cancelliere dirigente di un ufficio giudiziario, era accusato di utilizzare, nella formazione degli atti sottoscritti per ragioni del proprio ufficio, un timbro recante il titolo di procuratore legale (titolo ora soppresso e corrispondente a quello di avvocato), pur non essendo mai stato iscritto nel relativo albo professionale; che l'imputato aveva ottenuto l'idoneita' all'esercizio della professione legale in data 5 febbraio 1990, superando l'esame di abilitazione; che l'art. 498 del codice penale, richiamato dall'art. 1 del r.d.l. n. 1578 del 1933, convertito nella legge n. 36 del 1934, punisce chiunque assuma il titolo di procuratore legale (ora di avvocato) se non e' iscritto nell'albo corrispondente; che nel giudizio a quo la difesa ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del citato regio decreto-legge, per lesione degli artt. 33, quinto comma, e 3 della Costituzione; che sussisterebbero i presupposti per l'accoglimento della questione, perche' il giudice a quo ha osservato, quanto alla rilevanza, che il capo di imputazione richiama il suddetto art. 1; e, con riguardo alla non manifesta infondatezza, che l'art. 33, quinto comma, della Costituzione, prescrive il superamento di un esame di Stato senza far menzione dell'iscrizione all'albo professionale, quale condizione per l'esercizio professionale; che, a maggior ragione, sarebbe in contrasto con l'art. 33 della Costituzione la previsione di una sanzione penale per colui che utilizzi il titolo, avendo superato l'esame di abilitazione professionale senza essere iscritto all'albo; che cio' emergerebbe, altresi', dal fatto che l'iscrizione, intervenuta dopo il superamento dell'esame, costituisce un atto dovuto, meramente ricognitivo, e l'esame il presupposto sostanziale e costitutivo dell'abilitazione; che analogo obbligo non e' previsto per i dottori commercialisti, i quali possono avvalersi del titolo professionale dopo aver superato l'esame di abilitazione, pur se non iscritti all'albo; che tale disparita' di trattamento fra procuratori legali e dottori commercialisti sarebbe ingiustificata e violerebbe il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione; che, inoltre, agli avvocati (in passato anche ai procuratori legali) cancellati dall'albo e' consentito l'uso del titolo; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo una pronuncia d'inammissibilita' o di infondatezza; che, secondo l'Avvocatura, la disposizione di cui all'art. 1, primo e terzo comma, del citato r.d.l. n. 1578 del 1933 non violerebbe l'art. 33 della Costituzione, per il quale l'abilitazione all'esercizio della professione non e' necessariamente una conseguenza automatica del superamento dell'esame di Stato; ne' lederebbe l'art. 3, attesa la differenza tra le situazioni invocate, in quanto gli avvocati svolgono un servizio pubblico, cio' che non puo' dirsi per i dottori commercialisti. Considerato che, dopo la proposizione della questione, e' entrato in vigore il decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), il quale, all'art. 43, ha modificato l'art. 498 del codice penale, stabilendo per le violazioni, ivi previste, l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria; che, pertanto, gli atti vanno restituiti al giudice a quo perche' riesamini la rilevanza della questione alla luce del ius superveniens.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti al pretore di Venezia. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2000. Il Presidente: Mirabelli Il redattore: Guizzi Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 13 giugno 2000. Il direttore della cancelleria: Fruscella 99C0600