N. 194 ORDINANZA 7 - 13 giugno 2000

Ordinanza 7-13 giugno 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Poste  e telecomunicazioni - Agevolazioni postali - Stampe periodiche
in  abbonamento  postale - Tariffe di spedizione - Mancata estensione
dei  benefici  tariffari alle pubblicazioni a regime libero (edite da
istituti  bancari,  ordini  professionali  e piccole imprese) diffuse
gratuitamente  e  a  carattere  tecnico,  scientifico  o  culturale -
Lamentata   violazione  del  principio  di  eguaglianza  -  Manifesta
infondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, commi 26, 27 e 34.
- Costituzione, artt. 3, 9, primo comma, e 21.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:   Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Cesare  RUPERTO,
Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo   ZAGREBELSKY,   Valerio  ONIDA,  Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 26, 27
e   34,   della   legge   28 dicembre   1995,   n. 549   (Misure   di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica),  promosso con ordinanza
emessa  il  12 marzo  1998 dal Tribunale amministrativo regionale del
Lazio - Sezione II-bis, sul ricorso proposto dalla Cassa di Risparmio
di  Bolzano S.p.a. contro l'Ente poste italiane ed altri, iscritta al
n. 886  del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica - prima serie speciale - n. 51 dell'anno
1998.
    Visto  l'atto di costituzione delle Poste italiane S.p.a. nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11 aprile  2000  il  giudice
relatore Massimo Vari;
    Uditi  gli avvocati Concetta Marrari, Mario Caldarera ed Emiliano
Amato  per le Poste italiane S.p.a. e l'Avvocato dello Stato Giuseppe
Albenzio per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
    Ritenuto  che nel - corso di un giudizio per l'annullamento della
delibera n. 14 del 1996, con la quale il consiglio di amministrazione
dell'Ente  poste  italiane  aveva  determinato  le  nuove  tariffe di
spedizione  delle  stampe  periodiche  in  abbonamento  postale  - il
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  ordinanza del
12 marzo  1998  (r.o.  n. 886  del  1998),  ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 2,  commi  26, 27 e 34, della
legge  28 dicembre  1995,  n. 549  (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), per violazione degli artt. 3, 9, primo comma, e 21
della Costituzione;
        che    il    giudice    rimettente    censura   "l'intrinseca
irragionevolezza"   della  disciplina  contenuta  nelle  disposizioni
denunciate,   a   causa   della   discriminazione   operata   tra  le
pubblicazioni  di  cui  ai  commi  26 e 27 dell'art. 2, che vengono a
godere  di  nuovi  benefici  tariffari  su  di una base di costi gia'
"abbattuta" da benefici previgenti, indirettamente reintrodotti, e le
pubblicazioni  ricadenti  nel  cosiddetto regime libero, per le quali
nessuno di tali benefici viene previsto;
        che   ne  risulterebbero  penalizzate,  secondo  l'ordinanza,
numerosissime   pubblicazioni  edite  a  cura  di  banche,  ordini  e
rappresentanze  di  categorie  professionali  e  lavorative,  o altri
privati   imprenditori,   "intenzionati  a  diffondere  gratuitamente
informazioni di interesse per il settore di appartenenza, e quindi di
carattere tecnico, scientifico, culturale, economico e cosi' via", ma
che  proprio  per l'assenza di abbonamenti stipulati a titolo oneroso
non  possono  beneficiare  -  a  differenza di quelle contemplate dal
comma  26  - delle agevolazioni postali ivi previste, con un notevole
aggravio  dei  costi;  aggravio  che sarebbe stato riconosciuto dalla
stessa  piu'  recente  legge  23 dicembre  1996,  n. 662  (Misure  di
razionalizzazione della finanza pubblica), che ha, infatti, avvertito
l'esigenza di ridisciplinare la materia;
        che  a  censure  non  dissimili - sempre secondo il Tribunale
amministrativo  regionale  rimettente  - si presterebbe la disciplina
prevista per il cosiddetto regime libero, se posta a raffronto con il
fortissimo  beneficio  (75% di riduzione della tariffa gia' scontata)
previsto dal comma 27 sia "per il bollettino parrocchiale a carattere
postulatorio che per la ricca fondazione, mentre su istituti bancari,
ordini professionali e piccole case editrici" ricadono "maggiorazioni
superiori  al  200% rispetto al passato, per l'invio di pubblicazioni
di  contenuto  non  dissimile,  in molti casi", da quello di cui alle
pubblicazioni che godono delle agevolazioni in questione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei   Ministri,   chiedendo   che   la   questione  venga  dichiarata
inammissibile ed infondata;
        che  si e' costituita in giudizio la Societa' poste italiane,
chiedendo  che  la  questione venga disattesa in quanto irrilevante e
manifestamente infondata;
        che,  con  memorie  illustrative  depositate  in  prossimita'
dell'udienza,  sia  la Societa' poste italiane che l'Avvocatura dello
Stato  hanno, argomentatamente, ribadito le conclusioni in precedenza
rassegnate.

    Considerato,  quanto alla denunciata violazione dell'art. 3 della
Costituzione,  che,  in  base  alla  giurisprudenza  di questa Corte,
l'estensione  di agevolazioni a categorie di soggetti non contemplate
dalla   disciplina   di   favore  puo'  ritenersi  costituzionalmente
necessitata solo ove, accertata la piena omogeneita' delle situazioni
poste a raffronto, lo esiga il tertium comparationis;
        che,  nella  specie,  tale omogeneita' va esclusa, in quanto,
come   lo   stesso  rimettente  rileva,  le  imprese  rientranti  nel
cosiddetto   regime   libero   sono   prive  dei  seguenti  requisiti
(rispettivamente previsti nei commi 26 e 27 dell'art. 2 della legge):
abbonamenti  stipulati  a  titolo  oneroso  dai  destinatari,  ovvero
identificazione  con i soggetti di cui ai capi II e III del titolo II
del   libro   I   del   codice  civile  (associazioni  e  fondazioni,
associazioni non riconosciute e comitati senza scopo di lucro);
        che,  in  particolare,  quanto  al comma 26 dell'art. 2 della
legge  n. 549  del  1995,  l'impossibilita'  di  assumere  a  tertium
comparationis  la  disciplina  ivi prevista discende dal fatto che le
imprese   assoggettate   al  cosiddetto  regime  libero,  rinunciando
volontariamente alla vendita del prodotto editoriale, dimostrano, con
tale  scelta,  di non trovarsi, diversamente da quelle sovvenzionate,
nelle  condizioni  per avere bisogno di particolari benefici a carico
dell'Erario;
        che,  analogamente,  va  rilevata l'inconferenza del richiamo
alla  disciplina  di  favore  posta  dal  comma  27 dell'art. 2 della
predetta legge n. 549 del 1995, la quale si spiega con la particolare
natura  ed  il rilievo sociale dell'attivita' dei soggetti chiamati a
fruire del beneficio;
        che,   pertanto,   mentre   e'  da  escludere  la  violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  non  risultano  incisi nemmeno gli
altri  due  parametri  invocati  (art. 9,  primo comma, e 21), la cui
lesione  viene  prospettata dal rimettente come conseguenza indiretta
della violazione del medesimo art. 3;
        che,   in   ragione   di   quanto   sopra,  la  questione  e'
manifestamente infondata.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 2,  commi  26, 27 e 34, della
legge  28 dicembre  1995,  n. 549  (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica),  sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, primo
comma,   e   21  della  Costituzione,  dal  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio - Sezione II-bis, con l'ordinanza in epigrafe.

    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 13 giugno 2000.
              Il direttore della cancelleria: Fruscella
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