N. 195 ORDINANZA 7 - 13 giugno 2000
Ordinanza 7-13 giugno 2000 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Istruzione pubblica - Personale scolastico statale - Limite di eta' per il servizio attivo - Trattenimento in servizio per un biennio, oltre il limite fissato per il collocamento a riposo, anche nel caso in cui il limite del sessantacinquesimo anno di eta' sia stato prorogato in virtu' di altri benefici concessi al personale statale - Esclusione - Asserita disparita' di trattamento nonche' violazione dei principî di buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione e della delega conferita al Governo (dalla legge n. 421 del 23 ottobre 1992) - Manifesta infondatezza della questione. - D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 509, comma 5. - Costituzione, artt. 3, 4, 38, secondo comma, e 97, primo comma.(GU n.26 del 21-6-2000 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare MIRABELLI; Giudici: Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 509, comma 5, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione relative alle scuole di ogni ordine e grado), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1996 dal Tribunale amministrativo regionale della Campania sul ricorso proposto da Capriglione Anna contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - prima serie speciale - n. 8 dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 aprile 2000 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da una preside di Scuola media statale avverso il provvedimento con cui il provveditore agli studi di Napoli aveva disposto, per raggiunti limiti di eta', il collocamento a riposo dell'interessata, con decorrenza dal 1o settembre 1996, l'adi'to Tribunale amministrativo regionale della Campania, con ordinanza del 7 novembre 1996 (r.o. n. 73 del 1999), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 509, comma 5, del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, per contrasto con gli artt. 3, 4, 38, secondo comma, e 97, terzo comma - rectius: primo comma - della Costituzione e con i principi della delega contenuta nell'art. 3, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421; che, giova premettere, la ricorrente era in servizio di ruolo alla data del 1o ottobre 1974 ed era stata destinataria del beneficio del trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' previsto dall'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503; con istanza del 1o settembre 1993 aveva chiesto di essere trattenuta in servizio, fino e non oltre il compimento del settantesimo anno di eta', ai sensi dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477; che tale richiesta aveva dato luogo al provvedimento impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale, motivato essenzialmente sulla circostanza secondo cui l'interessata non avrebbe titolo a fruire anche del beneficio da ultimo richiesto; che il giudice a quo prende le mosse dal tenore dell'articolo unico della legge 7 giugno 1951, n. 500 (per il personale direttivo e docente degli istituti secondari e d'istruzione artistica di ogni ordine e grado ove e' previsto il collocamento a riposo al termine dell'anno scolastico in cui compiono il settantesimo anno di eta'), dall'art. 15, primo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 (con unificazione sostanziale delle regole del rapporto di impiego in tutte le categorie dei docenti statali, con la fissazione del termine al 1o ottobre successivo alla data di compimento del sessantacinquesimo anno di eta' per il collocamento a riposo) e dal secondo e terzo comma dell'articolo anzidetto (con mantenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno di eta' per coloro che non avessero, alla data di cui al precedente comma, raggiunto il massimo o il minimo richiesto per la pensione); che l'ordinanza di rimessione ricostruisce la sopravvenuta norma contenuta nell'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 (con facolta' per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo) desumendone un mero diritto potestativo, con conseguente nascita di obblighi specifici in capo al datore di lavoro, sia nel caso in cui il dipendente abbia raggiunto il limite di eta' fissato dalla legge, sia nel caso in cui il termine sia stabilito in anni settanta, sia, infine, in relazione a situazioni inerenti al computo del periodo lavorativo pensionabile, ove sia possibile, nel caso in cui il limite di sessantacinque anni sia prorogato fino e comunque non oltre i 70 anni, come sarebbe confermato anche dai principi di delega fissati dall'art. 3, comma 1, della legge n. 421 del 1992 (salvaguardia dei diritti acquisiti dai lavoratori); che nel giudizio incidentale di legittimita' costituzionale e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilita' o la infondatezza della questione, tesi sviluppata nella successiva memoria depositata nell'imminenza della data fissata per la camera di consiglio. Considerato che l'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato e' superabile sulla base della considerazione che il giudice a quo ha dato una motivazione plausibile della rilevanza della questione sulla base della considerazione che la ricorrente (nata il 17 marzo 1929) avesse raggiunto il 1o settembre 1996 il limite (ordinario per la categoria) per il collocamento a riposo e che l'interpretazione restrittiva (accolta e motivamente fatta propria dal giudice a quo) del rapporto tra comma 2 e 3 del denunciato art. 509 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, intesa come diritto vivente in relazione alla costante applicazione del giudice di appello, sarebbe decisiva e pregiudiziale ai fini della definizione della domanda di sospensiva; che, in sostanza, il giudice rimettente sostiene la incostituzionalita' dell'art. 509 citato "nella parte in cui non e' consentito al personale scolastico statale di fruire, oltreche' dei benefici ex art. 15, secondo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, anche della facolta' spettante a tutti gli impiegati civili dello Stato e degli Enti pubblici non economici, ex art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503", per violazione degli artt. 3, 4, 38 e 97, primo comma, della Costituzione e dei principi della delega contenuta nell'art. 3, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421; che essenzialmente il giudice rimettente vuole pervenire alla soluzione, per effetto della richiesta dichiarazione di incostituzionalita' in parte qua della norma denunciata, secondo cui "il dies a quo per il computo del biennio" (di permanenza in servizio, ex art. 16 del d.lgs n. 503 del 1992 e art. 509, comma 5, del d.lgs n. 297 del 1994) "non sara' sic et simpliciter il sessantacinquesimo anno d'eta' dell'interessato, bensi' il giorno in cui egli avrebbe dovuto essere collocato a riposo per effetto dei benefici di trattenimento in servizio di cui ai commi 2 e 3 dello stesso art. 509"; che questa Corte ha gia' affermato, a proposito dell'art. 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, che "la prosecuzione del rapporto di impiego oltre il limite di eta' e' stata configurata dal legislatore come eccezione alla regola posta in tema di limiti di eta' per il servizio ... prevedendosi una prosecuzione del rapporto su domanda dell'interessato "per un periodo massimo di un biennio" e che il carattere eccezionale della disposizione non e' incompatibile con le disposizioni normative che prevedono la sussistenza di requisiti per la continuazione del rapporto di pubblico impiego" e nello stesso tempo non sussiste un principio fondamentale della legislazione statale in ordine ad un preteso diritto incondizionato del dipendente pubblico al mantenimento in servizio per un biennio (sentenza n. 162 del 1997); che relativamente all'eta' pensionabile deve riconoscersi un'ampia discrezionalita' al legislatore, con il solo limite negativo della manifesta arbitrarieta' (sentenze nn. 422 del 1994 e 162 del 1997; ordinanza n. 380 del 1994) che qui non ricorre e, allo stesso modo, con facolta' di deroghe, a fini assicurativi e previdenziali, al limite massimo dell'attivita' lavorativa, a seconda delle categorie (da ultimo, sentenza n. 327 del 1999); che, sotto il profilo costituzionale, diversa deve essere la valutazione rispetto al prolungamento del servizio attivo per il conseguimento del minimo della pensione (ipotesi connessa con la garanzia dei diritti previdenziali, completamente al di fuori della fattispecie), rispetto alla pretesa di prolungare il servizio anche quando si e' in condizione di conseguire pienamente il diritto a pensione ed anzi si mira al semplice prolungamento del servizio attivo, senza alcun riflesso diretto sulla pensione in presenza di periodo massimo (quaranta anni) suscettibile di valutazione (l'Avvocatura sottolinea l'intento di rinunciare a periodi gia' riscattati); che questa Corte ha avuto occasione di affermare (da ultimo, v. sentenza n. 227 del 1997) che i principi della legislazione prevedono che il trattenimento in servizio oltre i limiti di eta' stabiliti in via generale per determinati settori o per particolari categorie di dipendenti, possa effettuarsi solo a domanda dell'interessato e non di ufficio, e nei soli casi e per i periodi previsti dal legislatore, che non e' tenuto ad una estensione generalizzata; che sul piano costituzionale il bene protetto e' rappresentato dal conseguimento della pensione al "minimo", mentre non gode eguale protezione il raggiungimento del trattamento pensionistico massimo; e che in particolare la disciplina del trattenimento in servizio, al di la' del limite di eta' fissato per il collocamento a riposo, rientra nella sfera discrezionale del legislatore, sempre che non sia violato il canone di ragionevolezza; che la facolta' di permanere in servizio per un biennio oltre i limiti di eta' previsti per il collocamento a riposo (art. 509, comma 5, del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 e art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503) si riferisce ad un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento in pensione, previsti in via normale per la determinata categoria di personale e non in riferimento ai limiti derivanti da ulteriori benefici di proroga o di trattenimento in servizio per conseguire il minimo pensionabile o il massimo del servizio valutabile, come risulta evidente dalla formulazione della norma che adotta l'espressione limite di eta', con evidente riferimento a quelli ordinari per ciascuna categoria e non a quelli di prolungamento del servizio oltre i limiti in base a particolari benefici previsti da altre disposizioni di favore; che quanto alla pretesa violazione dell'art. 97, primo comma, della Costituzione e dei principi della delega contenuta nell'art. 3, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e' sufficiente osservare, ai fini della manifesta infondatezza, che la disposizione denunciata e' di carattere eccezionale soprattutto alla luce della stessa delega, che - seppure introdotta con finalita' di contenimento della spesa pubblica in ordine a trattamenti di quiescenza e previdenza - comporta tuttavia il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori (per la normale anzianita' e livello del personale che abbia raggiunto i limiti di eta') rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni (per livelli e anzianita' iniziale), peraltro meramente eventuali anche in relazione a ricorrenti blocchi (sentenza n. 162 del 1997); che trattasi di disposizione non suscettibile di interpretazione estensiva, che porterebbe ad aumentare il divario, anche per i limiti di eta', tra i sistemi pensionistici pubblici e privati, che invece il legislatore delegante voleva contrastare, nell'obiettivo finale di riordino e di sostanziale omogeneita'; che il buon andamento dell'amministrazione non puo' dipendere affatto dal mantenimento in servizio di personale che ha raggiunto i limiti di eta', subordinato esclusivamente alla domanda del dipendente, come diritto potestativo assoluto, laddove il prolungarsi del servizio oltre i limiti non e' sempre indice di accrescimento dell'efficienza organizzativa. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 509, comma 5, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione relative alle scuole di ogni ordine e grado) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione ed ai principi della delega contenuta nell'art. 3, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2000. Il Presidente: Mirabelli Il redattore: Chieppa Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 13 giugno 2000. Il direttore della cancelleria: Fruscella 99C0603