N. 236 ORDINANZA 7 - 11 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Agricoltura   -   Adempimento  di  obblighi  comunitari  -  Strumenti
 sanzionatori  connessi  alla  disciplina  in  tema  di  prelievo   di
 corresponsabilita' sui cereali - Sanzione amministrativa pecuniaria -
 Criteri  e limiti - Carenza di descrizione delle fattispecie concrete
 oggetto dei giudizi principali - Difetto di rilevanza della questione
 - Difetto di motivazione sull'applicabilita' della  norma  denunciata
 nei giudizi principali - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 63, comma 2).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.24 del 16-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 63, comma 2,
 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (Disposizioni per  l'adempimento
 di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza dell'Italia alle comunita'
 europee, legge comunitaria per il 1990), promossi con  due  ordinanze
 emesse il 7 luglio 1998 dal pretore di Padova nei procedimenti civili
 vertenti  tra  Luciano  Belluco  ed  altra  e  Raffaella  Bregolin  e
 Ministero delle politiche agricole, iscritte ai nn.  685  e  686  del
 registro  ordinanze  1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  12 maggio 1999 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto che con due identiche  ordinanze  del  7  luglio  1998  il
 pretore   di   Padova   ha   sollevato   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  63, comma 2, della legge 29 dicembre  1990,
 n.   428   (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi  derivanti
 dall'appartenenza   dell'Italia   alle   comunita'   europee,   legge
 comunitaria  per  il  1990),  in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione;
     che,  ad  avviso  del  rimettente, la norma impugnata, ricompresa
 nella piu' generale disposizione dell'art. 63 della legge n. 428  del
 1990 che appresta gli strumenti sanzionatori connessi alla disciplina
 in  tema  di  prelievo  di corresponsabilita' sui cereali (disciplina
 contenuta  essenzialmente  nel  regolamento  CEE  n.  2727/1975   del
 Consiglio  del 29 ottobre 1975 e successive modifiche e integrazioni,
 e svolta in dettaglio dai decreti interministeriali 13  giugno  1989,
 n.  242  e 23 luglio 1990, n. 228), in quanto stabilisce una sanzione
 amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a  quattro  e  non
 superiore  a  venti  (recte: quaranta) milioni di lire per i soggetti
 esonerati  dall'obbligo  del  prelievo  che  omettono  di  informare,
 secondo  i  modi  e i tempi prescritti dalla normativa, gli organi di
 controllo   dell'attivita'   svolta,   sarebbe    ingiustificatamente
 sfavorevole  rispetto  ad altre ipotesi considerate nello stesso art.
 63;
     che, in particolare, il giudice rimettente censura la  norma  per
 violazione  del  principio di uguaglianza, attraverso il raffronto a)
 da un  lato,  con  la  previsione  del  comma  1  dell'art.  63,  che
 stabilisce  la sanzione amministrativa da due a venti milioni di lire
 per chi, tenuto all'obbligo del prelievo, ometta di effettuarlo, e b)
 dall'altro, con la sanzione, risultante dal  combinato  disposto  dei
 commi  3  e 4 del citato art. 63, stabilita per i soggetti, tenuti al
 prelievo, che lo  acquisiscano  ma  che  ne  omettano  il  tempestivo
 versamento,  effettuando  tuttavia  quest'ultimo  entro il trentesimo
 giorno dalla scadenza prevista  (sanzione  amministrativa  pecuniaria
 stabilita  dal  comma 3 tra dieci e duecento milioni di lire, ridotta
 di quattro volte ai sensi del comma 4);
     che l'anzidetta duplice differenziazione appare al giudice a  quo
 in  contrasto  con  il  principio  costituzionale  invocato, giacche'
 risulta piu' severamente  sanzionato  un  comportamento  illecito  di
 carattere formale e concernente "fattispecie residuali e di apparente
 limitato interesse per il mercato", rispetto a condotte produttive di
 un effettivo danno per gli interessi finanziari dello Stato;
     che  alla stregua di tali rilievi il giudice rimettente prospetta
 il dubbio di costituzionalita' del citato art.  63,  comma  2,  della
 legge  n.  428  del  1990,  "nella  parte in cui prevede una sanzione
 determinata nel minimo in misura  superiore  all'art.  63,  1  comma,
 della  legge  medesima  e,  comunque,  ove  prevede una sanzione piu'
 elevata rispetto al combinato disposto di cui agli artt. 63, 3 comma,
 e 63, 4 comma";
     che e' intervenuto  in  entrambi  i  giudizi  cosi'  promossi  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  una
 declaratoria  di  inammissibilita'  o  comunque di infondatezza delle
 questioni sollevate.
   Considerato   che   le   ordinanze   sollevano,    con    identiche
 argomentazioni,  la  medesima  questione,  e  che pertanto i relativi
 giudizi possono essere riuniti e decisi con unica pronuncia;
     che  le  suddette  ordinanze  di  rimessione non contengono alcun
 cenno circa la descrizione delle  fattispecie  concrete  oggetto  dei
 giudizi che il giudice rimettente e' chiamato a decidere, limitandosi
 a  prospettare una presunta censura di disarmonia tra la disposizione
 impugnata e quelle assunte a termini di raffronto;
     che l'accennata lacuna espositiva non consente a questa Corte  di
 valutare la rilevanza della questione sollevata;
     che,  ai  fini  del  rilievo  che precede, vale in particolare la
 considerazione che  nell'ambito  della  stessa  norma  sottoposta  al
 controllo  di  costituzionalita' sono incluse due differenti ipotesi,
 in relazione ai diversi soggetti esonerati dall'obbligo del  prelievo
 che   in  essa  sono  considerati  (rispettivamente,  le  imprese  di
 trasformazione di cereali per conto del produttore-utilizzatore, e  i
 "piccoli  produttori":   v. gli artt. 2 e 12 del decreto ministeriale
 13 giugno 1989, n. 242, cui la norma fa espresso  rinvio)  e  inoltre
 che la successione delle fonti secondarie integrative della (oggi non
 piu'  operante)  normativa  del regolamento comunitario (dapprima con
 l'abrogazione del decreto ministeriale n. 242 del 1989  a  opera  del
 decreto  ministeriale  n.    228  del  1990,  e  poi  con la disposta
 "reviviscenza" del primo a causa del rinvio  ricettizio  ad  esso  da
 parte  della  norma impugnata: v.   il decreto ministeriale 24 maggio
 1991) presenta,  ratione  temporis  talune  possibili  cesure  quanto
 all'efficacia  della normativa nel tempo; considerazioni, queste, che
 rendono particolarmente stringente l'onere di  fornire  una  adeguata
 motivazione  sull'applicabilita'  della  norma denunciata nei giudizi
 principali, e dunque sulla rilevanza del dubbio di  costituzionalita'
 sollevato;
     che,  essendo  stato  disatteso  l'obbligo  di  fornire  adeguata
 motivazione circa la rilevanza (art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.
 87), la questione sollevata  deve  essere  dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63, comma 2, della
 legge 29 dicembre 1990, n. 428 ((Disposizioni  per  l'adempimento  di
 obblighi   derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  comunita'
 europee, legge comunitaria per il 1990),  sollevata,  in  riferimento
 all'art.    3  della  Costituzione,  dal  pretore  di  Padova, con le
 ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'11 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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