N. 375 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 1999

                                N. 375
  Ordinanza  emessa  il  27  marzo  1999  dal  giudice per le indagini
 preliminari  contro  il  tribunale  dei  minorenni  di  L'Aquila  nel
 procedimento penale a carico di C.A.
 Processo  penale  -  Procedimento  a  carico  di minorenni - Custodia
    cautelare -  Prevista  applicabilita'  della  misura  in  caso  di
    pericolo di fuga - Eccesso di delega.
 (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 23, comma 2, lett. b)).
 (Cost., artt. 76 e 77).
(GU n.27 del 7-7-1999 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  emesso la seguente ordinanza, nel procedimento n. 113/99 g.i.p.
 riguardante il minore C.A., nato a  Fier (Albania) il 17 marzo 1982;
                            Fatto e diritto
   Con verbale  datato  25  marzo  1999,  il  comandante  del  comando
 compagnia della Guardia di finanza di Pescara comunica al procuratore
 della   Repubblica   presso  questo  tribunale  che  s'era  proceduto
 all'arresto di  C.A., per i reati di furto aggravato  e  guida  senza
 patente. Alle ore 1,30 del 25 marzo 1999, in Pescara, via Marco Polo,
 una  pattuglia  di  agenti  della guardia di finanza, nel corso di un
 servizio di perlustrazione per la repressione del contrabbando, aveva
 sottoposto a controllo C.A.  Quest'ultirno  era  stato  trovato  alla
 guida  di  un'autovettura  Volkswagen  Jetta,  targata  PE264770,  di
 proprieta' di Marcello Cancelli.
   A seguito di un'accurata ispezione, gli agenti avevano notato  che,
 per  la  messa  in  moto,  il  C.  aveva utilizzato i fili elettrici,
 strappati dal cilindro e  collegati  fra  loro.  Nel  frattempo,  gli
 agenti   rintracciavano   il  proprietario  della  vettura,  Cancelli
 Marcello, che immediatamente avvertito sporgeva  denuncia  di  furto.
 Sulla  vettura,  gli  agenti  avevano notato anche l'effrazione della
 maniglia  della  portiera  anteriore  destra   e   la   rottura   del
 bloccasterzo.  Durante  le operazioni gli agenti avevano richiesto al
 C. di esibire la patente di guida, ma egli aveva  dichiarato  di  non
 aver  mai  conseguito  quell'autorizzazione.  Per  questi  motivi, si
 procedeva alla denuncia, in stato di arresto, per i  reati  di  furto
 aggravato e guida senza patente.
   Il  pubblico  ministero  presso questo tribunale alle ore 11 del 26
 marzo 1999, presentava richiesta di convalida  dell'arresto,  per  il
 reato  di  furto  aggravato,  nei confronti del C. In quella sede, il
 pubblico ministero richiedeva anche l'applicazione della misura della
 custodia cautelare presso l'I.P.M. di L'Aquila, per  il  pericolo  di
 reiterazione,  da parte del C. di reati della stessa indole di quelli
 per i quali si stava procedendo.
   La cancelleria del g.i.p. riceveva quella richiesta alle ore  11,10
 del 26 marzo 1999.
   Il   27  marzo  1999,  si  celebrava  l'udienza  per  la  convalida
 dell'arresto, all'esito della quale il difensore non si opponeva alla
 convalida dell'arresto e chiedeva la remissione in  liberta',  mentre
 il pubblico ministero si riportava alle conclusioni gia' rassegnate.
   Ritiene  preliminarmente  il  g.i.p.  che  l'arresto  debba  essere
 convalidato.  I militari della guardia di finanza hanno colto  il  C.
 nella  quasi  flagranza  del  delitto  di furto aggravato da violenza
 sulle cose.  Egli e' stato sorpreso con cose  e  tracce  dalle  quali
 appariva    chiaramente    la   commissione   del   furto,   compiuto
 immediatamente prima, come le effrazioni sulla maniglia e sui fili di
 accensione e la sorpresa alla guida della vettura.
   A  carico  del  C.   emergono   gravi   indizi   di   colpevolezza,
 rappresentati  dai  verbali  di  arresto  e  di perquisizione e dalla
 denuncia del Cancelli.
    Per quanto attiene all'applicazione delle  misure  cautelari,  non
 sembra, nella specie, esserci il pericolo di  reiterazione, paventato
 dal  pubblico  ministero.  Il  fatto  e' grave, per i modi e tempi di
 commissione (ricorrenza di un'aggravante che  costituirebbe  gia'  di
 per  se'  reato, tempo di notte, ecc.), ma la personalita' del C. non
 puo' valutarsi in modo eccessivamente sfavorevole,  perche'  egli  e'
 incensurato.
   Il  pericolo  di  inquinamento  probatorio non sussiste, perche' e'
 inutile lo svolgimento di speciali indagini, essendo  stata  raccolta
 gran  parte  del  materiale  probatorio. L'identita' fisica, ai sensi
 dellart. 66, comma 2, c.p.p., e' fuori discussione.
   Ricorre, invece, il pericolo di fuga. Nel caso  di  specie,  questo
 g.i.p.  applicherebbe  l'art  23,  comma 2, lett. b), del   d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 448, che prevede la scelta della misura  cautelare
 se l'imputato si e' dato o sussiste concreto pericolo che si dia alla
 fuga. Quest'ultima ipotesi e' quella piu' attuale, dal momento che il
 C.  non  ha  fissa  e stabile dimora in Italia e neanche un domicilio
 provvisorio o temporaneo o parenti che possano occuparsi di lui.   La
 sua  identita'  fisica  e'  certa,  non altrettanto quella anagrafica
 (eta' reale, ecc), al punto che egli  non  ha  potuto  esibire  alcun
 documento o fornire altra indicazione soddisfacente.
   Il  C.  potrebbe,  inoltre,  approfittare  delle tumultuose vicende
 politiche che stanno vivendo le sue zone  di    provenienza  per  far
 perdere  le  proprie  tracce. La relazione svolta dai servizi sociali
 contiene, inoltre, elementi che confermano in maniera concreta questa
 convinzione.
   A  nulla  rileva  che   il   pubblico   ministero   abbia   chiesto
 l'applicazione  delle  misure  per  altri  motivi,  perche' il g.i.p.
 quando valuta le  esigenze  cautelari  non  e'  tenuto  ad  attenersi
 strettamente   alle   richieste   presentategli  e  puo',  oltre  che
 disattenderle, decidere in maniera diversa.
   Questo  g.i.p.  tuttavia,  pur  convalidando   l'arresto,   intende
 sospendere  la  pronuncia  sull'applicazione della misura cautelare e
 sollevare  d'ufficio   questione   d'illegittimita'   costituzionale,
 perche' emergono profili d'incostituzionalita' dell'art. 23, comma 2,
 lett.  b),  del  d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nei riguardi degli
 artt. 76 e 77 della Costituzione.
   La questione e' rilevante,  perche'  dalla  pronuncia  della  Corte
 costituzionale  dipende  la sopravvivenza di quella norma e quindi la
 sua applicabilita' al caso concreto, con possibilita' di  restrizione
 intramuraria   del   C.,   unica   misura   idonea  a  proteggere  la
 collettivita'.
    La  questione  appare  non  manifestamente  infondata. La legge 16
 febbraio 1987,  n.  81,  (delega  al  Governo  della  Repubblica  per
 l'emanazione  del nuovo codice di procedura penale), all'art. 3, pone
 precisi principi e criteri direttivi per  il  processo  a  carico  di
 imputati  minorenni.    All'art.  3,  lett.  h), terza ipotesi, legge
 citata, si stabilisce che il giudice puo'  disporre  la  custodia  in
 carcere  del minore solo per delitti di maggiore gravita', sempre che
 ricorrano gravi e inderogabili  esigenze  istruttorie,  ovvero  gravi
 esigenze  di  tutela  della  collettivita'.    L'art.  23, del d.P.R.
 citato, che da' attuazione alla legge delega in materia minorile,  ha
 previsto,   invece,   i   tre   classidi  pericula  libertatis  della
 reiterazione del reato, dell'inquinamento probatorio e  del  pericolo
 di  fuga. Tale disposizioni ripete, puramente e semplicemente, quanto
 stabilito dall'art. 274 del c.p.p.
   Quest'ultimo  articolo,  tuttavia,  e'  pienamente  aderente   alla
 volonta'  del  legislatore  delegante,  che  all'art. 2, n. 59, della
 legge n.  81 del 1987, prevede il pericolo di fuga fra le  condizioni
 per  l'applicazione  della  custodia cautelare, per quanto riguarda i
 soggetti maggiori di eta'. L'art. 3, lett. h), terza  ipotesi,  della
 legge  n. 81 del 1987, invece, ha escluso il pericolo fuga dal novero
 degli  elementi  che  possono  giustificare  la  scelta   di   misure
 restrittive  della  liberta'  personale per il minore. In questo caso
 non puo' parlarsi di mera dimenticanza, ma di una scelta di  politica
 legislativa,  come  si  desume  dalla  menzione  espressa degli altri
 pericula libertatis.
   Si applica, in questa ipotesi, il canone ermeneutico inclusio unius
 est exclusio alterius. Si potrebbe  opinare  il  concetto  di  "gravi
 esigenze  di  tutela della collettivita'", usato nell'art. 3, lettera
 h), e' assai generico, al punto da poter comprendere il  pericolo  di
 fuga. Questa possibile obiezione si supera agevolmente, perche' l'uso
 di  quella  formula  e'  sempre riferito, nell'ordinamento penale, al
 pericolo di  reiterazione.  L'art.  3,  lett.  h),  inoltre,  sarebbe
 superfluo  se  non si fosse voluta l'esclusione del pericolo di fuga.
 I principi e i criteri direttivi, stabiliti dall'art 2 della legge n.
 81 del 1987, non si riferiscono soltanto al processo penale ordinario
 ma hanno carattere generale e l'eccezione prevista dall'art. 3, lett.
 h),,   assume,   quindi,   un   valore   particolare,    che    porta
 all'affermazione  del  principio interpretativo ubi lex voluit dixit,
 ubi noluit tacuit, soprattutto se la legge delega si  interpreta  nel
 suo insieme.
   Si  riscontra,  nella  specie,  un eccesso da parte del legislatore
 delegato nei confronti della legge di delega e si chiede quindi  alla
 Corte  costituzionale  di  dichiarare l'illegittimita' costituzionale
 dell' art. 23, comma 2, lett. b), del d.P.R. 22  settembre  1988,  n.
 448.
   Sulle  altre  incombenze,  questo  g.i.p.  decidera'  con  separati
 provvedimenti.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 e seguenti  della  legge
 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rlevante  e  non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2,  lettera  b),  del
 d.P.R.  22 settembre 1988, n. 448, con riferimento agli artt. 76 e 77
 della Costituzione;
   Dispone la sospensione del procedimento in corso e la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  la  notifica  della  presente  ordinanza  al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e la comunicazione della stessa al  Presidente
 dlela   Camera   dei  deputati  e  al  Presidente  del  Senato  della
 Repubblica.
     L'Aquila, addi' 27 marzo 1999
             Il giudice per le indagini preliminari: Eramo
 99C0656