N. 248 ORDINANZA 9 - 17 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Utilizzazione a fini decisori delle  dichiarazioni
 rese   nella   fase   delle  indagini  preliminari  dall'imputato  in
 procedimento connesso e che si avvalga in dibattimento della facolta'
 di  non  rispondere  -  Subordinazione  all'accordo  delle  parti   -
 Intervento  della  sentenza della Corte n. 361/1998 - Esigenza di una
 nuova valutazione da parte del giudice rimettente circa la  rilevanza
 della   questione,  atteso  il  mutamento  del  quadro  normativo  di
 riferimento - Restituzione degli atti al giudice a quo.
 
 (C.P.P.,  art.  513,  comma  2,  come modificato dalla legge 7 agosto
 1997, n. 267; legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, commi 1, 2 e 5).
 
(GU n.25 del 23-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dellart. 513, comma 2, del
 codice di procedura penale, come  modificato  dalla  legge  7  agosto
 1997,  n.  267  (Modifica  delle disposizioni del codice di procedura
 penale in tema di valutazione delle prove), e dell'art. 6, commi 1, 2
 e 5, della stessa legge, promossi con ordinanze emesse  il  2  luglio
 1998  dal  pretore  di  Milano,  il 16 dicembre 1997 dal Tribunale di
 Nocera Inferiore, il 24 settembre 1998 dal pretore di Milano,  il  23
 ed  il  30  ottobre  1998  dal  tribunale  di  Lamezia  Terme e il 29
 settembre 1998 dal tribunale di Napoli, rispettivamente  iscritte  ai
 nn.  749,  828  e 892 del registro ordinanze 1998 ed ai nn. 4, 5 e 49
 del registro ordinanze 1999 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della  Repubblica  nn.  42,  45 e 52, prima serie speciale, dell'anno
 1998 e nn. 4  e 6, prima serie speciale, dell'anno 1999;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25 maggio 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il pretore di Milano (r.o. nn. 749 e 892 del 1998), il
 tribunale di Nocera Inferiore (r.o. n. 828 del 1998) e  il  tribunale
 di  Lamezia  Terme  (r.o.  n.  4  e  5  del 1999) hanno sollevato, in
 riferimento agli artt. 2, 3, 24, secondo comma,  25,  secondo  comma,
 27, 101, 102, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  513,  comma  2,  del  codice  di procedura
 penale, come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n.  267  (Modifica
 delle  disposizioni  del  codice  di  procedura  penale  in  tema  di
 valutazione delle prove), nella parte in  cui  subordina  all'accordo
 delle   parti   l'utilizzabilita'   ai  fini  della  decisione  delle
 dichiarazioni   rese   nella   fase   delle   indagini    preliminari
 dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga in dibattimento
 della facolta' di non rispondere;
     che  con diversa ordinanza il tribunale di Napoli (r.o. n. 49 del
 1999) ha sollevato, in riferimento agli  artt.  2,  3,  24,  primo  e
 secondo  comma, 25, secondo comma, 101, 111 e 112 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, cod.
 proc. pen. "nella parte in cui consente al soggetto  citato  ex  art.
 210   c.p.p.,  che  durante  le  indagini  preliminari  aveva  inteso
 rispondere, di avvalersi della facolta' di non rendere  dichiarazioni
 in dibattimento";
     che  i rimettenti denunciano il contrasto dell'art. 513, comma 2,
 cod. proc. pen. con l'art. 3 della Costituzione per la  irragionevole
 diversita'  della  disciplina  riservata  alle dichiarazioni rese nel
 corso  delle  indagini  preliminari  dall'imputato  in   procedimento
 connesso  che  in  dibattimento  si  avvalga  della  facolta'  di non
 rispondere, utilizzabili  solo con l'accordo delle  parti,  rispetto:
 alla  disciplina  prevista per le dichiarazioni testimoniali rese nel
 corso delle indagini preliminari e, fra queste, quelle  del  prossimo
 congiunto  dell'imputato (r.o. nn. 828 del 1998, 4, 5 e 49 del 1999);
 alla disciplina dettata nel comma 2 della medesima disposizione per i
 casi in cui per fatti o circostanze imprevedibili non  sia  possibile
 procedere  all'esame  del  dichiarante  (r.o.  n.  892  del 1998, con
 conseguente violazione anche dell'art. 24 della Costituzione); infine
 alla disciplina dettata nel comma 1 dell'art. 513  cod.  proc.  pen.,
 secondo   cui   le   dichiarazioni  del  coimputato  che  rifiuta  in
 dibattimento di sottoporsi all'esame sono utilizzabili nei  confronti
 dell'imputato che vi consenta (r.o.  n. 4 e 5 del 1999);
     che  il tribunale di Napoli censura inoltre, in riferimento anche
 agli artt. 24, secondo  comma,  111  e  112  della  Costituzione,  la
 disciplina  contenuta  nel  comma  2  dell'art.  513  cod. proc. pen.
 perche'  fa  dipendere  l'esercizio  del  diritto  dell'imputato   al
 controesame  dalla  scelta  del dichiarante di avvalersi o meno della
 facolta' di non rispondere, con conseguente disparita' di trattamento
 tra imputati e violazione del  principio  del  giusto  processo,  del
 libero convincimento del giudice e della obbligatorieta' dell' azione
 penale;
     che,  ad avviso dei giudici rimettenti, l'art. 513, comma 2, cod.
 proc. pen., subordinando alla volonta' delle parti  l'ingresso  delle
 dichiarazioni rese in precedenza da imputati in procedimenti connessi
 fra  il materiale probatorio sottoposto alla valutazione del giudice,
 deroga al principio di non dispersione della  prova  e  introduce  un
 principio  dispositivo  in  materia  probatoria,  in  contrasto con i
 principi  di  legalita',  esercizio  dell'azione   penale,   funzione
 conoscitiva del processo e indefettibilita' della giurisdizione (r.o.
 n.  828  del 1998 in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 111
 Cost.; r.o. n. 892 del 1998 in riferimento  agli  artt.  25,  secondo
 comma,  101,  secondo  comma, e 112 Cost.; r.o. nn. 4 e 5 del 1999 in
 riferimento all'art. 101, secondo comma, Cost., nonche'  all'art.  24
 della  Costituzione  per violazione del diritto di difesa della parte
 civile e degli imputati consenzienti, invece, alla lettura;  r.o.  n.
 49  del  1999,  che  evoca  altresi'  l'art. 2 della Costituzione per
 contrasto della disciplina con "il  principio  di  responsabilita'  e
 collaborazione in vista dell'accertamento della verita'");
     che  a  giudizio  del  tribunale  di  Nocera  Inferiore sarebbero
 inoltre violati gli artt. 2 e 27 della  Costituzione  perche'  l'art.
 513,  comma  2,  cod.  proc. pen., ponendo limitazioni alla ricerca e
 all'individuazione dei responsabili di un  reato,  ostacola  il  fine
 primario  del  processo  penale,  che  consiste  nella  ricerca della
 verita' e nella punizione dei colpevoli;
     che la norma censurata si porrebbe quindi in  contrasto  con  uno
 dei  fini  primari  dell'ordinamento,  costituito  dalla  tutela  dei
 cittadini nei confronti dei comportamenti  penalmente  rilevanti  che
 ledono diritti inviolabili o doveri di solidarieta' (art. 2 Cost.), e
 travolgerebbe  il  principio per il quale responsabilita' e pena sono
 legate da un rapporto di reciproca implicazione (art. 27 Cost.);
     che con la prima ordinanza il pretore di Milano dubita,  inoltre,
 della  legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n. 267 del
 1997, nella parte in cui non estende il regime transitorio - previsto
 dai commi 2 e 5 -  ai  giudizi  in  corso  anche  quando  al  momento
 dell'entrata  in  vigore  della  predetta  legge non sia ancora stata
 disposta la lettura delle dichiarazioni rese dalle  persone  indicate
 dall'art.  513 cod. proc. pen. che si avvalgono in dibattimento della
 facolta' di non rispondere;
     che  ad  avviso  del  rimettente  la   disposizione   transitoria
 violerebbe   l'art.   3   della   Costituzione   perche'   disciplina
 irragionevolmente   in   maniera   diversa    l'acquisizione    delle
 dichiarazioni   predibattimentali   rese   dagli  imputati  di  reato
 connesso, a seconda che tali soggetti abbiano esercitato la  facolta'
 di non rispondere prima o dopo l'entrata in vigore della legge, cosi'
 facendo  dipendere  da circostanze temporali meramente casuali regole
 diverse di utilizzazione probatoria;
     che  tutte  le  questioni  sono  state  sollevate  nel  corso  di
 dibattimenti  nei  quali  alcuni  imputati  in procedimenti connessi,
 citati per la prima volta dopo l'entrata in vigore della legge n. 267
 del 1997, si erano avvalsi della facolta' di non rispondere, e che le
 parti  non  hanno  prestato  il  consenso  alla  utilizzazione  delle
 dichiarazioni rese in precedenza;
     che  nei  giudizi promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 828 e
 892 del r.o. del 1998 e al n. 49 del r.o. del 1999 e' intervenuto  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  riportandosi  integralmente,
 stante   l'analogia   delle  questioni,  al  contenuto  dell'atto  di
 intervento relativo ai giudizi di costituzionalita' promossi  con  le
 ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787 del r.o. del 1997.
   Considerato  che  tutte  le  ordinanze  di rimessione, muovendo dal
 quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge  7
 agosto   1997,   n.   267,   sottopongono  a  censura  il  regime  di
 inutilizzabilita' ai fini della decisione, in  mancanza  dell'accordo
 delle  parti,  delle  dichiarazioni  rese  nella  fase delle indagini
 preliminari dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga  in
 dibattimento della facolta' di non rispondere;
     che i giudizi, attesa l'analogia delle questioni, vanno riuniti;
     che,  successivamente  alla  emissione  delle  ordinanze,  questa
 Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso  sul  predetto  quadro
 normativo, dichiarando la illegittimita' costituzionale, tra l'altro,
 dell'art.    513,  comma  2,  ultimo periodo, del codice di procedura
 penale "nella parte in cui non prevede che,  qualora  il  dichiarante
 rifiuti  o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti
 concernenti la  responsabilita'  di  altri  gia'  oggetto  delle  sue
 precedenti  dichiarazioni,  in mancanza dell'accordo delle parti alla
 lettura  si  applica  l'art.    500,  commi  2-bis e 4, del codice di
 procedura penale";
     che  nella  citata  sentenza,   in   relazione   alle   questioni
 concernenti  la  disciplina  transitoria,  la Corte aveva disposto la
 restituzione degli atti, rilevando  che,  a  seguito  della  modifica
 della disciplina a regime, e della possibilita', cosi' introdotta, di
 "recuperare   mediante  il  sistema  delle  contestazioni  i  singoli
 contenuti narrativi delle dichiarazioni rese in  precedenza",  doveva
 essere valutato dai rimettenti se le questioni potessero considerarsi
 superate;
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche'  verifichino  se,  alla   luce   della   nuova   disciplina
 applicabile  a  seguito  della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
 sollevate siano tuttora rilevanti.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al pretore  di
 Milano,  al  tribunale  di  Nocera Inferiore, al tribunale di Lamezia
 Terme, al tribunale di Napoli.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1999.
                        Il Presidente: Granata
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 17 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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