N. 255 ORDINANZA 11 - 23 giugno 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro Lavoro - Tutela di lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro - Indennita' di mobilita' - Cumulo con altra prestazione - Intervento della sentenza interpretativa 10 luglio 1997 della Corte di giustizia delle Comunita' europee - Statuizione relativa all'inapplicabilita' del divieto di cumulo tra indennita' - Riferimento alla sentenza della Corte n. 113 del 1985 - Esigenza di una nuova valutazione circa la permanenza della rilevanza della questione da parte del giudice a quo - Restituzione degli atti al giudice rimettente. (D.-L. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, comma 4, lettera c)).(GU n.26 del 30-6-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4, lettera c), del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 (Attuazione della direttiva 80/1987/CEE in materia di tutela di lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 23 luglio 1997 dal tribunale di Firenze sul ricorso proposto da G. Z. ed altre contro l'istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), iscritta al n. 676 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visti gli atti di costituzione di R. N. ed altre e dell'Inps, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 1999 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti; Uditi gli avvocati Gabriella Del Rosso per R. N. ed altre e Antonio Todaro per l'Inps. Ritenuto che il tribunale di Firenze, sezione lavoro, nel corso di un giudizio di appello avverso la sentenza di rigetto delle domande proposte da alcune lavoratrici subordinate nei confronti dell'istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), allo scopo di ottenere il pagamento da parte del Fondo di garanzia di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica) delle retribuzioni inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, con ordinanza del 23 luglio 1997, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4, lettera c), del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 (Attuazione della direttiva 80/1987/CEE in materia di tutela di lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione; che nel giudizio principale e' stato accertato che le ricorrenti, nei tre mesi successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro, hanno percepito l'indennita' di mobilita' prevista dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, e tale circostanza, secondo il tribunale, sarebbe prevista dalla norma impugnata quale condizione ostativa all'accoglimento delle domande; che, ad avviso del rimettente, la disposizione, in parte qua sarebbe conforme ai principi ed ai criteri direttivi stabiliti nella legge delega 29 dicembre 1990, n. 428 e nella direttiva del Consiglio 80/1987/CEE, ma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, in quanto le due prestazioni da essa contemplate tutelano beni diversi ed assolvono scopi pure diversi; che, secondo il tribunale, il divieto di cumulo stabilito dalla norma censurata realizzerebbe una irragionevole disparita' di trattamento rispetto sia ai lavoratori subordinati i quali, avendo prestato la loro opera alle dipendenze di un datore di lavoro solvibile, percepiscono la retribuzione e l'indennita' di mobilita' - in caso di licenziamento collettivo - sia a quelli di essi che non ne godono, in caso di licenziamento individuale; inoltre, la disparita' di trattamento sarebbe ulteriormente ravvisabile sia rispetto ai lavoratori che non fruiscono dell'indennita' in esame, ma "ottengono altrove il reimpiego" e, in tal modo, beneficiano di una limitazione del danno; sia, infine, rispetto ai lavoratori ai quali e' attribuita l'indennita' di disoccupazione, dato che quest'ultima e' sostanzialmente assimilabile a quella di mobilita'; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito che la questione e' irrilevante o inammissibile, in quanto la Corte di giustizia delle comunita' europee, adita in via pregiudiziale, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dal pretore circondariale di Venezia, con sentenza del 10 luglio 1997, in causa n. 373/1995, ha deciso che gli artt. 4, n. 3, e 10 della direttiva 80/1987/CEE vanno interpretati nel senso che uno Stato membro non puo' vietare il cumulo degli importi garantiti dalla direttiva con l'indennita' di mobilita' prevista dagli artt. 4 e 16 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e, conseguentemente, la norma censurata non e' piu' applicabile nel giudizio a quo; che si e' altresi' costituito in giudizio l'Inps, il quale ha eccepito l'inammissibilita' per irrilevanza della questione sulla scorta delle stesse argomentazioni svolte dall'interveniente; che, infine, si sono costituite nel giudizio innanzi alla Corte anche quattro delle cinque ricorrenti nel processo principale, facendo proprie le argomentazioni del tribunale e chiedendo che la norma sia dichiarata costituzionalmente illegittima. Considerato che la Corte di giustizia delle comunita' europee, con la citata sentenza interpretativa 10 luglio 1997, ha statuito che "gli artt. 4, n. 3, e 10 della direttiva 80/1987/CEE vanno interpretati nel senso che uno Stato membro non puo' vietare il cumulo degli importi garantiti dalla direttiva con una indennita', quale l'indennita' di mobilita' prevista dagli artt. 4 e 16 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che e' diretta a sovvenire ai bisogni di un lavoratore licenziato durante i tre mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro"; che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "la normativa comunitaria (...) entra e permane in vigore nel nostro territorio senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello Stato" e questo principio vale "anche per le statuizioni (...) risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia" (sentenza n. 113 del 1985); che per effetto della predetta sentenza interpretativa 10 luglio 1997 della Corte di giustizia e' dunque entrata nell'ordinamento interno la statuizione relativa all'inapplicabilita' del divieto di cumulo tra la indennita' di mobilita' prevista dagli artt. 4 e 16 della legge n. 223 del 1991 e quella disposta, in attuazione della citata direttiva 80/1987/CEE, dalle norme censurate; che ricadendo in questo modo la fattispecie in esame "sotto il disposto del diritto comunitario destinato a ricevere immediata e necessaria applicazione nell'ambito territoriale dello Stato" (sentenza n. 113 del 1985), si impone la restituzione degli atti al giudice a quo, affinche' valuti se permanga la rilevanza della sollevata questione di legittimita' costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti al tribunale di Firenze, sezione lavoro. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Capotosti Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 23 giugno 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0679