N. 397 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 1999

                                N. 397
  Ordinanza  emessa  il 9 febbraio 1999 dalla Corte dei conti, sezione
 giurisprudenziale per la regione Sardegna  sul  ricorso  proposto  da
 Ruffi Laura contro il Ministero della difesa
 Pensioni   -   Somme   liquidate  sui  trattamenti  pensionistici  in
    conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991  -
    Esclusione  degli  interessi  e  della  rivalutazione  monetaria -
    Ingiustificata deroga al principio della rivalutazione  automatica
    dei  crediti  di  pensione  affermato dalla giurisprudenza in base
    all'art. 429 c.p.c.  - Disparita' di trattamento dei pensionati in
    dipendenza   della   celerita'   delle    amministrazioni    nella
    corresponsione delle somme in questione.
 (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4).
 (Cost., art. 3).
(GU n.29 del 21-7-1999 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 04541 del registro di segreteria, proposto da  Laura  Ruffi,  nata  a
 Cagliari  il  14  aprile 1921 - vedova del col. A.A.r.s. Carlo Laria,
 deceduto il 15 agosto 1979 - avverso  la  nota  del  Ministero  della
 difesa  -  Direzione  generale delle pensioni - Divisione IV, n. 3326
 del 23 gennaio 1998.
   Udito, nella pubblica udienza del  9  febbraio  1999,  il  relatore
 consigliere   Marino  Benussi,  non  rappresentata  l'Amministrazione
 resistente;
   Visti  gli  artt.  134  della  Costituzione, 23, ss. della legge 11
 marzo 1953 n. 87;
   Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
                           Ritenuto in fatto
   Con il decreto del Ministero della difesa n. 1158/SP del 13 gennaio
 1992 e' stata riliquidata, a favore  della  ricorrente,  la  pensione
 privilegiata  di riversibilita' secondo i criteri stabiliti dall'art.
 3 del d.-l. 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazione,
 nella legge 14 novembre 1987, n. 468; cio' in relazione alla sentenza
 della Corte costituzionale 8/9 gennaio 1991, n. 1, con  la  quale  e'
 stata  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale del citato art.  3
 nella parte in cui  non  veniva  disposto,  a  favore  dei  dirigenti
 collocati a riposo anteriormente al 1 gennaio 1979, la riliquidazione
 della  pensione sulla base degli stipendi derivanti dall'applicazione
 del d.-l. 27 settembre 1982, n. 681, convertito,  con  modificazioni,
 nella  legge 20 novembre 1982, n. 869; della legge 17 aprile 1984, n.
 79; del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2, convertito,  con  modificazioni,
 nella  legge  8  marzo 1985, n. 72; del d.-l. 10 maggio 1986, n. 154,
 convertito, con modificazioni, nella legge 11 luglio 1986, n. 341,  a
 decorrere dal 1 marzo 1990.
   Con  istanza  inoltrata alla predetta Amministrazione il 22 gennaio
 1998, la signora Ruffi ha chiesto la corresponsione  degli  interessi
 legali  e  della  rivalutazione  monetaria  sulle  somme liquidate in
 eecuzione del citato decreto ministeriale.
   Con nota n.  3326  del  23  gennaio  1998,  il  Direttore  della  4
 divisione  del  Ministero  della  difesa  -  Direzione generale delle
 pensioni, ha fatto presente  all'interessata  che  l'istanza  da  lei
 presentata  non  poteva  essere accolta non sussistendo le condizioni
 giuridiche per l'erogazione dei predetti emolumenti.
   Avverso la predetta nota del 23 gennaio 1998, la signora  Ruffi  ha
 proposto  ricorso  giurisdizionale,  depositato  nella  segreteria di
 questa Sezione il 24 febbraio 1998, col quale, dopo  aver  richiamato
 un   precedente   giurisprudenziale   in   materia,   ha  chiesto  il
 riconoscimento del diritto alla liquidazione degli interessi legali e
 della rivalutazione monetaria sulle somme corrisposte  in  esecuzione
 del citato decreto ministeriale del 1992.
   Con   memoria  depositata  il  10  aprile  1998,  l'Amministrazione
 resistente ha sostenuto  che  i  crediti  previdenziali  non  possono
 formare  oggetto  di  liquidazione  automatica  di interessi legali e
 rivalutazione monetaria senza indicazioni di  carattere  normativo  e
 che,  comunque,  alla  rivalutazione monetaria non puo' estendersi il
 criterio di determinazione del dies a quo  applicato  ai  crediti  di
 lavoro  per i quali il debitore risponde del ritardo dell'adempimento
 fin dal giorno della maturazione del diritto, non essendo tale regola
 compatibile con le  esigenze  gestorie  e  organizzative  degli  enti
 previdenziali,   nei   cui   confronti   i  crediti  alle  rispettive
 prestazioni  diventano  esigibili   solo   in   conseguenza   di   un
 provvedimento   amministrativo   (sul   punto,  l'amministrazione  ha
 richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 1991).
                        Considerato in diritto
   La ricorrente chiede il riconoscimento del diritto ad  ottenere  la
 corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria
 sulle  somme  percepite in esecuzione del decreto del Ministero della
 difesa n. 1158/SP  del  13  gennaio  1992,  con  il  quale  e'  stata
 riliquidata  in  suo  favore  la  pensione  privilegiata ordinaria di
 riversibilita',   secondo   i   criteri   stabiliti    dalla    Corte
 costituzionale con sentenza 8/9 gennaio 1991, n. 1, con effetto dal 1
 marzo 1990.
   La  questione relativa alla spettanza di detti emolumenti accessori
 sui ratei pensionistici corrisposti in ritardo e'  stata  risolta  in
 senso  affermativo  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte, salvi i
 differenti orientamenti interpretativi in ordine al dies a quo per la
 decorrenza dei medesimi, ormai prevalentemente individuato nella data
 di maturazione del credito principale (vds, fra le altre,  sez.  III,
 pens.  civ.,  n.  64143  del  25 luglio 1990; sez. IV, pens. mil., n.
 81396 del 2 febbraio 1993; sez.   giurisd. Lombardia, n.  32  del  14
 gennaio 1995; sez. giurisd. Lazio, n. 455 del 13 gennaio 1995).
   Cio',  in  relazione  alla  riconosciuta  natura  di  "retribuzione
 differita"  delle  pensioni,  ai  cui  crediti  sono  stati  ritenuti
 applicabili  gli artt. 429 del codice di procedura civile e 150 disp.
 att. c.p.c., secondo i quali il  giudice,  in  caso  di  condanna  al
 pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare,
 oltre gli interessi nella misura legale (art. 1284 c.civ.) il maggior
 danno  subito  dal  lavoratore, assumendosi per tale ipotesi il fatto
 notorio del processo inflativo e, per la quantificazione  del  danno,
 l'indice ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell'industria.
   Va  anche  detto  che  la spettanza di detti emolumenti accessori a
 favore dei pensionati pubblici  ha  trovato  specifica  conferma  sul
 piano normativo. Infatti l'art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre
 1994,   n.  724,  ha  previsto,  a  decorrere  dal  1  gennaio  1995,
 l'applicazione dell'art. 16, comma 6, della legge 30  dicembre  1991,
 n.  412, ai dipendenti pubblici in attivita' e in quiescenza; secondo
 quest'ultima disposizione, l'importo dovuto a titolo di interessi  e'
 portato  in  detrazione delle somme eventualmente spettanti a ristoro
 del maggior danno  subito  dal  titolare  della  prestazione  per  la
 diminuzione del valore del suo credito.
   Con  la  limitazione  del diritto ad ottenere solo uno dei predetti
 emolumenti accessori per  i  ratei  di  retribuzione  o  di  pensione
 maturati  dopo  il  31  dicembre  1994  emerge,  dunque, un implicito
 riconoscimento del cumulo dei medesimi per i ratei  maturati  fino  a
 tale data.
   Successivamente,  con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio
 e della programmazione economica, n. 352 del  1  settembre  1998,  n.
 352,  e' stato adottato il regolamento sui criteri e le modalita' per
 la  corresponsione  degli  interessi  legali  e  della  rivalutazione
 monetaria   per   ritardato  pagamento  degli  emolumenti  di  natura
 retributiva, pensionistica e assistenziale a  favore  dei  dipendenti
 pubblici  e  privati in attivita' di servizio o in quiescenza, giusta
 il disposto di cui all'art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n.  724,
 e all'art.  16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
   Al  riguardo,  l'art.  2  di  detto  regolamento stabilisce diversi
 criteri di computo a seconda dei periodi in cui risultano maturati  i
 ratei  del  credito principale, riconoscendo il cumulo di interessi e
 rivalutazione monetaria per i crediti maturati fino  al  16  dicembre
 1990,  i  soli  interessi  nella misura legale del 10 per cento per i
 crediti maturati prima del 1 gennaio 1995, la detrazione dell'importo
 dovuto a  titolo  di  interessi  legali  dalle  somme  spettanti  per
 rivalutazione monetaria sui crediti maturati dal 1 gennaio 1995.
   Il successivo articolo 3 prevede inoltre che gli interessi legali o
 la  rivalutazione  monetaria  decorrono dalla data di maturazione del
 credito principale, ovvero dalla scadenza  del  termine  previsto  ai
 sensi  dell'articolo  2  della  legge  7  agosto  1990,  n.  241, per
 l'adozione del relativo provvedimento.
   Peraltro, in deroga a tale quadro normativo, l'art.  26,  comma  4,
 della  legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per
 la stabilizzazione e lo sviluppo), ha  stabilito,  fra  l'altro,  che
 "...  le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza
 dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1  del
 1991  non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria"; il
 successivo comma 4 ha previsto  che,  fatta  salva  l'esecuzione  dei
 giudicati alla data di entrata in vigore della stessa legge, le somme
 corrisposte  in  difformita'  da  quanto  disposto  dal  comma 4 sono
 considerate  a  titolo  di  acconto  sui  trattamenti   economici   e
 pensionistici  in  essere  e  recuperate  con  i futuri miglioramenti
 comunque spettanti sui trattamenti stessi.
   Il collegio ravvisa la necessita' di sollevare d'ufficio  questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 26, comma 4, della citata
 legge n. 448 del 1998, nella  parte  in  cui  dispone  che  le  somme
 liquidate   sui   trattamenti  pensionistici  in  applicazione  della
 sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno  luogo  a
 interessi ne' a rivalutazione monetaria.
   In   effetti,   l'odierno   giudizio   non   puo'  essere  definito
 indipendentemente dalla soluzione di detta questione, considerato che
 il citato art.   26, comma 4, investe  direttamente  l'oggetto  della
 controversia,  incentrata  sulla  spettanza  o  meno  degli interessi
 legali e della  rivalutazione  monetaria  sui  crediti  pensionistici
 pagati   in   ritardo  alla  ricorrente,  e  tenuto  conto  che  tale
 disposizione appare necessariamente applicabile alla  fattispecie  in
 esame,  visto  che  regolamenta  anche ipotesi pregresse, fatta salva
 solo l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore  della
 legge che la contiene.
   A giudizio di questa sezione, la predetta norma appare in contrasto
 con  i principi di eguaglianza e di razionalita' sanciti e desumibili
 dall'art. 3, primo comma, della Costituzione.
   In  effetti,  dall'esposto  quadro  giurisprudenziale  e  normativo
 appare evidente che l'esclusione del computo degli interessi legali e
 della   rivalutazione   monetaria   sui  soli  crediti  pensionistici
 derivanti dall'applicazione della sentenza della Corte costituzionale
 n. 1 del 1991 introduce un trattamento differenziato e deteriore  per
 alcuni  pensionati  (fra  cui  la  ricorrente),  la  cui posizione e'
 pressoche' identica a quella  dell'intera  categoria,  per  la  quale
 continua invece ad applicarsi la regola della computabilita' di detti
 emolumenti,  o  di  alcuni  di  essi,  in  relazione  ai  periodi  di
 maturazione dei crediti principali.
   Tale  trattamento  differenziato  non   sembra   trovare   adeguata
 giustificazione nella situazione in esame.
   Infatti,  l'odierna  fattispecie  e'  del  tutto  simile alle altre
 ipotesi in cui viene tuttora riconosciuta la spettanza di interessi e
 rivalutazione  monetaria  in  relazione  alla  natura   del   credito
 principale;  trattandosi,  in  questo  e negli altri casi, di crediti
 pensionistici,  il   credito   principale   dell'odierna   ricorrente
 costituisce  un  diritto  soggettivo che trae origine da preesistenti
 disposizioni  normative  i  cui   effetti   sono   stati   pienamente
 ricuperati,  nei  limiti  cronologici  sopra  indicati (e cioe' dal 1
 marzo 1990), alla sfera giuridica  della  medesima  in  seguito  alla
 sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991.
   Dunque,  l'interposizione  di  tale pronuncia d'incostituzionalita'
 sembra costituire l'unico elemento differenziatore delle  fattispecie
 contemplate  dalla  norma  in  questione;  il  che  non  appare pero'
 sufficiente a giustificare una diversita' di disciplina.
   Il comma 4, dell'art. 26, nel contenuto sopra  specificato,  appare
 altresi'  viziato  di  irrazionalita';  la normativa sopra richiamata
 induce  a  ritenere  che  l'ordinamento  giuridico   sia   pressoche'
 costantemente informato al riconoscimento degli emolumenti accessori,
 o  di  alcuni  di  essi,  quali  elementi  essenziali del trattamento
 pensionistico.    Rispetto  al  contesto   normativo   impresso   dal
 legislatore,  la  norma  in  questione  appare  del  tutto  priva  di
 coerenza, evidenziando un  indubbio  scostamento  dal  medesimo,  non
 assistito da una ratio giuridica derogativa.
   Alla stregua delle suesposte considerazioni deve essere disposta la
 sospensione  del  giudizio  e  la  trasmissione degli atti alla Corte
 costituzionale,  mandando  alla   segreteria   gli   adempimenti   di
 competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87.
                               P. Q. M.
   Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
 comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,  nella  parte  in  cui
 stabilisce  che  le  somme liquidate sui trattamenti pensionistici in
 conseguenza   dell'applicazione   della    sentenza    della    Corte
 costituzionale  n.  1  del  1991  non  danno luogo ad interessi ne' a
 rivalutazione monetaria, in relazione all'articolo  3,  primo  comma,
 della Costituzione;
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in giudizio e al Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento;
   Dispone  la  trasmissione  degli  atti  del  procedimento  e  della
 presente ordinanza alla Corte costituzionale;
   Sospende il giudizio riservandosi ogni altra pronuncia.
   Cosi' deciso in Cagliari, nella Camera di consiglio del 9  febbraio
 1999.
                        Il presidente: Passeroni
 99C0712