N. 270 SENTENZA 24 - 30 giugno 1999

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro (Tutela del) - Lavoratrici madri  -  Astensione  obbligatoria
 dal  lavoro  durante i tre mesi dopo il parto - Diversa decorrenza di
 tale termine, nell'ipotesi di parto prematuro, in considerazione,  in
 particolare,  delle cure di cui il neonato, anche per lunghi periodi,
 ha bisogno - Riconosciuto contrasto con il principio  di  parita'  di
 trattamento,  col valore della protezione della famiglia e con quello
 della protezione del minore - Illegittimita' costituzionale  parziale
 -  Necessario intervento del legislatore o, in mancanza, del giudice,
 per la conseguente individuazione,  tra  quelle  possibili  (come  lo
 spostamento dell'inizio della decorrenza al momento dell'ingresso del
 neonato  nella  casa  familiare  o  alla  data  presunta  del termine
 fisiologico  di  una  gravidanza  normale)  della  regola  idonea   a
 soddisfare praticamente le rilevate esigenze - Riferimenti a sentenze
 nn. 1 del 1987, 332 del 1988, 347 del 1998 e 295 del 1991.
 
 (Legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, primo comma, lettera c)).
 
(GU n.27 del 7-7-1999 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 lettera  c)  della  legge  30  dicembre  1971,  n. 1204 (Tutela delle
 lavoratrici madri), promosso con ordinanza emessa il 15  giugno  1998
 dal  pretore  di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Crosera
 Laura e l'Istituto Scolastico Suore Sacramentine ed altro iscritta al
 n. 827 del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  45, prima serie speciale, dell'anno
 1998.
   Visto l'atto di costituzione dell'INPS;
   Udito nella Camera di  consiglio  del  24  marzo  1999  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio promosso per l'accertamento del
 diritto di avvalersi  dell'astensione  obbligatoria  dal  lavoro,  il
 pretore  di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza
 del 15 giugno 1998 (r.o. n. 827 del 1998), ha sollevato questione  di
 legittimita'  costituzionale,  in riferimento agli artt. 3, 29, primo
 comma, 30, primo comma, 31 e  37  della  Costituzione,  dell'art.  4,
 primo comma, lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela
 delle lavoratrici madri).
   Il   rimettente  dubita  della  legittimita'  costituzionale  della
 disposizione citata, atteso che vi sarebbe violazione  del  principio
 della  parita' di trattamento tra le fattispecie di parto a termine e
 parto prematuro poiche' sarebbe adeguatamente tutelato solo il  primo
 e  non  anche  il  secondo;  sarebbe  altresi' pregiudicato il valore
 costituzionale della protezione della famiglia e quello della  tutela
 del  minore,  in quanto la disposizione denunciata non consentirebbe,
 nel caso  di  parto  prematuro,  la  frazionabilita'  dell'astensione
 obbligatoria  e  la  decorrenza  di  parte della stessa dalla data di
 ingresso del bambino nella famiglia o quanto meno dalla data prevista
 del parto, anziche' da quella reale, cosi' da consentire  un'adeguata
 tutela   della   puerpera,   costretta   invece   a   beneficiare  di
 un'aspettativa eccessiva con  sacrificio  degli  altri  interessi  di
 rilevanza costituzionale sopra illustrati.
   Osserva  il  rimettente che l'istituto dall'astensione obbligatoria
 dal lavoro di cui alla legge citata ha subito nel tempo un'evoluzione
 legislativa e giurisprudenziale che ne ha esteso  l'originaria  ratio
 di tutela a favore della puerpera, anche al minore e piu' in generale
 alla famiglia nel delicato momento dell'ingresso in essa del neonato.
   Da  cio'  conseguirebbe,  che  la  disposizione censurata, a tenore
 della quale: "E' vietato adibire al lavoro le donne: ... c) durante i
 tre mesi dopo il parto" non consentirebbe di assicurare efficacemente
 la tutela predetta del minore e della  famiglia  nel  caso  di  parti
 prematuri  in  cui, grazie all'attuale sviluppo della scienza medica,
 e' possibile la sopravvivenza di feti nati prematuramente e assistiti
 da una lunga permanenza in incubatrice.
   Nel caso di  specie,  quindi,  l'obbligatorieta'  della  decorrenza
 dell'astensione  dal  lavoro dalla data del parto, avrebbe comportato
 che la stessa si sarebbe esaurita prima dell'ingresso del bambino  in
 famiglia,  sicche' la madre non sarebbe stata in grado di beneficiare
 in modo effettivo della tutela legale.
   Osserva,  da  ultimo, il rimettente che gli interessi della madre e
 del   minore   non   possono   dirsi   efficacemente    salvaguardati
 dall'esistenza  di  altri  istituti,  come  l'astensione  facoltativa
 prevista dalla stessa  legge,  atteso  che  l'esaurimento  anticipato
 dell'astensione  obbligatoria  riduce  la  durata  complessiva  della
 tutela, proprio in un caso meritevole, caratterizzato da un lato  dai
 rischi  che  presenta  il  bambino nato prematuro in relazione al suo
 sviluppo neuropsichico e affettivo e,  dall'altro,  dalla  situazione
 della   madre   dopo  l'esperienza  traumatizzante  dell'interruzione
 prematura della gravidanza e il distacco dal bambino nel  periodo  di
 ricovero di questi in ospedale.
   2.  - Si e' costituito, nel presente giudizio, l'Istituto Nazionale
 della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) con atto di intervento depositato
 fuori  termine,  chiedendo  che   la   questione   venga   dichiarata
 inammissibile o infondata.
                         Considerato in diritto
   1. - La questione sottoposta dal pretore di Bergamo, in funzione di
 giudice   del  lavoro,  a  questa  Corte,  concerne  la  legittimita'
 costituzionale con riferimento agli artt. 3,  29,  primo  comma,  30,
 primo  comma,  31  e  37 della Costituzione dell'art. 4, primo comma,
 lett. c)  della  legge  30  dicembre  1971,  n.  1204  (Tutela  delle
 lavoratrici  madri)  in  quanto  la  disposizione censurata, vietando
 espressamente di adibire al lavoro le donne durante i tre  mesi  dopo
 il parto, violerebbe il principio della parita' di trattamento tra le
 fattispecie  di  parto  a  termine  e  di quello prematuro, in quanto
 sarebbe adeguatamente tutelato solo il primo e non anche il  secondo.
 Sarebbe   altresi'   pregiudicato   il  valore  costituzionale  della
 protezione della famiglia e quello della tutela  del  minore,  atteso
 che  la  disposizione denunciata non consentirebbe, nel caso di parto
 pretermine,  la   "frazionabilita'"   del   periodo   di   astensione
 obbligatoria  e  la  decorrenza  di  parte della stessa dalla data di
 ingresso del bambino nella famiglia o quanto meno dalla data prevista
 del parto, anziche' da quella reale, cosi' da consentire  un'adeguata
 tutela della puerpera.
   2. - La questione e' fondata.
   3.  -  Giova premettere che la lavoratrice madre e' destinataria di
 una   specifica   legislazione   protettiva,    che    trova    ampia
 giustificazione  nelle  norme  costituzionali  di  cui  agli artt. 3,
 secondo  comma,  4,  31,  32  e  37  della  Costituzione.  Il  nostro
 ordinamento giuridico risulta inoltre integrato dalle fonti normative
 comunitarie  e  internazionali  dirette  ad una incisiva tutela degli
 interessi sia delle lavoratrici gestanti, puerpere o  in  periodo  di
 allattamento  (Direttiva  del Consiglio, 19 ottobre 1992, n. 92/1985,
 recepita con il decreto legislativo 25 novembre 1996,  n.  645),  sia
 del  figlio  (Convenzione  di  New  York  del  1989  sui  diritti del
 fanciullo resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176).
   In  questo  quadro,  l'istituto  dell'astensione  obbligatoria  dal
 lavoro  post  partum  previsto dalla norma impugnata - come osservato
 dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 332 del 1988 e n. 1
 del 1987) - oltre ad essere volto a tutelare la salute  della  donna,
 considera   e   protegge   il   rapporto   che,   in   tale  periodo,
 necessariamente si instaura tra madre e figlio, anche in  riferimento
 alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono decisive
 sia  per un corretto sviluppo del bambino, sia per lo svolgimento del
 ruolo della madre.
   4. - L'art. 4, primo comma, della  legge  n.  1204  del  1971,  nel
 prevedere due periodi di astensione obbligatoria (uno anteriore e uno
 posteriore  al  parto) contiene una formulazione letterale che appare
 rigidamente  determinata  sia  in  ordine  alla  durata,   che   alla
 decorrenza.  Cio'  e'  confermato  dall'art. 6 del d.P.R. 25 novembre
 1976, n. 1026 (Regolamento di  esecuzione  della  legge  30  dicembre
 1971,  n.  1204,  sulla tutela delle lavoratrici madri) che individua
 nel giorno successivo al parto il dies a quo del secondo  periodo  di
 astensione dal lavoro; ma tale rigidita' rivela aspetti irragionevoli
 in relazione a casi di parto prematuro.
   In  questa  ipotesi e' notoriamente indispensabile che il bambino -
 per un periodo talvolta lungo - sia affidato alle cure di specialisti
 ed all'apparato sanitario, mentre la madre, una volta dimessa  e  pur
 in  astensione  obbligatoria  dal  lavoro,  non  puo' svolgere alcuna
 attivita'  per  assistere  il  figlio  ricoverato   nelle   strutture
 ospedaliere;   ed   e'  invece  obbligata  a  riprendere  l'attivita'
 lavorativa quando il figlio deve essere assistito a casa. E' pertanto
 innegabile che detta situazione contrasti  sia  col  principio  della
 parita'  di  trattamento,  sia  col  valore  della  protezione  della
 famiglia e con quello della tutela del  minore,  con  violazione  dei
 parametri   costituzionali   invocati.      Va   pertanto  dichiarata
 l'incostituzionalita' della norma censurata.
   5. - E' appena il caso di accennare che da tempo e' stata  rilevata
 l'incongruenza  della  disposizione  in  parola nell'ipotesi di parto
 prematuro, e si propongono diverse soluzioni con  specifico  riguardo
 alla  decorrenza del periodo di astensione, spostandone l'inizio o al
 momento dell'ingresso del neonato nella casa familiare, o  alla  data
 presunta  del termine fisiologico di una gravidanza normale; la prima
 soluzione e' analoga a quella  relativa  all'ipotesi  di  affidamento
 preadottivo  del  neonato  (sentenza  n. 332 del 1998). La seconda e'
 parsa meritevole di essere seguita dal disegno di legge n.  4624  che
 detta "Disposizioni per sostenere la maternita' e la paternita' e per
 armonizzare  i  tempi di lavoro, di cura e della famiglia" presentato
 dal Governo alla Camera dei Deputati in data 3 marzo 1998.
   La scelta fra le diverse possibili soluzioni spetta al legislatore.
   Peraltro, accertata l'illegittimita' costituzionale della norma, in
 assenza di intervento legislativo sara' il giudice a individuare  nel
 complessivo  sistema  normativo  la  regola  idonea a disciplinare la
 fattispecie in conformita' dei principi indicati (sentenze  n.    347
 del 1998 e n. 295 del 1991).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 lettera  c)  della  legge  30  dicembre  1971,  n. 1204 (Tutela delle
 lavoratrici madri) nella parte in cui non prevede  per  l'ipotesi  di
 parto    prematuro   una   decorrenza   dei   termini   del   periodo
 dell'astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela
 della madre e del bambino.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
                        Il Presidente: Vassalli
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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