N. 273 ORDINANZA 24 - 30 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Militari  -  Sottufficiali  della  Croce Rossa Italiana - Trattamento
 economico ed inquadramento -  Mancato  intervento  per  il  personale
 militare  della  Croce  Rossa  Italiana  nell'ambito del riordino del
 personale delle Forze Armate - Assenza di una  lacuna  relativa  alla
 Croce  Rossa  Italiana  -  Possibilita'  di un adeguamento attraverso
 l'esercizio  del   potere   regolamentare   dell'Ente   -   Manifesta
 infondatezza.
 
 (Legge  6  marzo  1992,  n. 216, art. 2, commi 1 e 3;d.lgs. 12 maggio
 1995, n. 196, artt. 1, 2, 3, 34 e 35).
 
 (Cost., artt. 3 e 97).
 
(GU n.27 del 7-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 3,
 della  legge  6  marzo  1992,  n.  216  (Conversione  in  legge,  con
 modificazioni, del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione
 di   spesa   per   la  perequazione  del  trattamento  economico  dei
 sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in  relazione  alla  sentenza
 della   Corte   costituzionale   n.   277  del  3-12  giugno  1991  e
 all'esecuzione di giudicati,  nonche'  perequazione  dei  trattamenti
 economici  relativi al personale delle corrispondenti categorie delle
 altre  Forze  di  polizia.  Delega  al  Governo  per  disciplinare  i
 contenuti  del  rapporto  di  impiego  delle  Forze  di polizia e del
 personale delle Forze armate, nonche' per il riordino delle  relative
 carriere,  attribuzioni  e trattamenti economici) e degli artt. 1, 2,
 3, 34 e 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione
 dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n.  216, in materia di riordino
 dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed  avanzamento
 del   personale  non  direttivo  delle  Forze  armate)  promosso  con
 ordinanza emessa il 3 luglio 1997 dal Tribunale amministrativo  della
 Liguria  sul ricorso proposto da Motta Cosimo Damiano ed altri contro
 la Croce Rossa Italiana ed altri, iscritta  al  n.  74  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella Camera di consiglio  del  28  aprile  1999  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
   Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  davanti  al
 Tribunale   amministrativo   regionale    della    Liguria,    alcuni
 sottufficiali  della  Croce  Rossa  Italiana  (in appresso CRI) hanno
 impugnato l'ordinanza del commissario della CRI, con la quale si  era
 provveduto  all'adeguamento  del trattamento economico dei dipendenti
 militari della stessa CRI a quello dei pari grado delle Forze  armate
 (in appresso F.A.);
     che  i  ricorrenti  hanno  chiesto, in specie, l'accertamento del
 rispettivo diritto ad ottenere la perfetta equiparazione giuridica ed
 economica al personale delle Forze armate con decorrenza 1  settembre
 1995,  previa  eventuale  rimessione  della questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della legge 6  marzo
 1992,  n.  216,  nonche'  degli  artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del d.lgs. 12
 maggio 1995, n. 196, in materia di riordino dei ruoli, modifica  alle
 norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del  personale  non
 direttivo delle Forze armate, per  sospetta  violazione  dell'art.  3
 della Costituzione;
     che  il  tribunale  adito,  con  ordinanza  del  3  luglio  1997,
 depositata il 31 ottobre 1997, (r.o. n. 74 del  1998),  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale delle norme suindicate, per
 violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in  cui
 siffatte  disposizioni,  nel  disciplinare  il riordino del personale
 delle Forze armate, non riguardano anche il personale militare  della
 Croce Rossa Italiana;
     che,  secondo  il  giudice a quo, la delega legislativa conferita
 dalla legge 29 aprile 1995, n. 130, aveva confermato i principi ed  i
 criteri gia' stabiliti dal d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con
 modificazioni,  nella  legge  6 marzo 1992, n. 216; con il compito di
 disciplinare i contenuti del  rapporto  di  impiego  delle  Forze  di
 polizia  e del personale delle Forze armate, nonche' di riordinare le
 relative  carriere,  attribuzioni   e   trattamenti   economici;   in
 particolare,   era   prevista  l'emanazione  di  decreti  legislativi
 contenenti  "le  necessarie  modificazioni   agli   ordinamenti   del
 personale  indicato nell'art. 2, comma 1 ... allo scopo di conseguire
 una disciplina  omogenea"  e  la  possibilita'  che  "la  sostanziale
 equiordinazione  dei compiti e dei connessi trattamenti economici sia
 conseguita attraverso la revisione dei ruoli, gradi e  qualifiche  e,
 ove  occorra,  anche  mediante la soppressione di qualifiche o gradi,
 ovvero mediante l'istituzione di nuovi ruoli, qualifiche o gradi".
     che, in particolare, il Tribunale  aveva  osservato  che  i  piu'
 elevati livelli retributivi invocati dai ricorrenti fossero collegati
 nel  d.lgs.  n. 196 del 1995 ai nuovi gradi del personale delle Forze
 armate,  quali  risultavano  dal  riordino  dei  ruoli;  sicche'   la
 questione   sottoposta   concernerebbe,  principalmente,  la  mancata
 estensione di questi nuovi gradi al personale militare della CRI;
     che la  riforma  attuata  con  il  d.lgs.  n.  196  del  1995  si
 tradurrebbe nella revisione di una parte della scala gerarchica delle
 Forze  armate,  mediante  la  soppressione  degli  originari gradi di
 sergente, sergente maggiore, maresciallo ordinario, maresciallo  capo
 e  maresciallo maggiore e l'istituzione in luogo di essi di tre nuovi
 livelli di sergente e di  quattro  livelli  di  maresciallo;  inoltre
 l'inquadramento  in  queste  qualifiche  del  personale  militare  in
 servizio avrebbe garantito il conseguimento di un nuovo grado, di una
 diversa aspettativa di carriera e di un  diverso  e  piu'  favorevole
 trattamento retributivo;
     che  il personale militare della CRI - sempre ad avviso del Tar -
 sarebbe rimasto estraneo alla  riforma,  pur  avendo  essa  carattere
 generale  e  riguardando,  nella  serie  dei  decreti attuativi della
 delega conferita con la legge n. 216  del  1992,  l'intero  personale
 militare  dello  Stato  e  tutti  i  corpi ad esso equiparati; questa
 eccezione sarebbe priva di giustificazione, alla  luce  dello  status
 che compete al personale militare della CRI;
     che,  inoltre,  il Tar ha rilevato, in proposito, che il militare
 appartenente alla CRI: a) veste l'uniforme delle Forze armate con  le
 relative  mostrine  del  pari  grado, tra l'altro eguali a quelle dei
 reparti sanitari; b) e' soggetto al codice penale militare ed a tutte
 le norme della disciplina militare; c)  giura  fedelta'  in  presenza
 della  bandiera  e  del  comandante  di  corpo; d) dispone di proprie
 rappresentanze, cosi' come tutti  i  militari;  e)  e'  sempre  stato
 inquadrato secondo la medesima scala gerarchica dell'esercito sin dai
 decreti  istitutivi  emessi  tra  le  due  guerre mondiali; f) il suo
 trattamento economico e' parificato  a  quello  dell'Esercito,  cosi'
 come  previsto dal r.d. 10 febbraio 1936, n. 484, art. 116; g) svolge
 mansioni sostanzialmente eguali a quelle dei militari appartenenti ai
 reparti sanitari delle varie armi;
     che,  sempre  secondo  il  giudice  a  quo,  difetterebbe  quella
 diversita'  di  situazioni che sola giustificherebbe la disparita' di
 trattamento e sarebbe non manifestamente infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della
 legge  6 marzo 1992, n. 216, nonche' degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del
 d.lgs. 12 maggio 1995, n.  196,  per  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione;  inoltre, il Tar ha ritenuto che la violazione potrebbe
 riguardare anche l'art. 97 della Costituzione, in quanto  la  mancata
 estensione  della  disciplina di riordino al personale militare della
 CRI comporterebbe "conseguenze negative per il  funzionamento  di  un
 corpo  amministrativo  avente in buona sostanza le stesse funzioni di
 un altro con differente e piu' favorevole trattamento".
   Considerato che l'ordinanza del giudice rimettente si  basa  su  un
 presupposto  non  esatto  cioe' che il personale militare della Croce
 rossa  italiana  dovesse  essere   necessariamente   compreso   nella
 revisione  del  sistema ordinamentale e del trattamento economico del
 personale "delle  Forze  armate  e  degli  altri  corpi  militari  ed
 equiparati",  laddove  invece  le  due  deleghe legislative contenute
 rispettivamente nell'art. 2 e nell'art. 3 della legge 6  marzo  1992,
 n.  216 riguardano il personale delle Forze armate (ad esclusione dei
 dirigenti civili e militari e del personale di leva) ed il  personale
 delle  Forze  di  polizia  ad  ordinamento  civile  e  ad ordinamento
 militare;
     che  il  personale  militare  della  Croce  rossa  italiana   non
 appartiene  alle  Forze armate o alle Forze di polizia dello Stato ed
 anzi non ha mai ricevuto una disciplina legislativa  contestuale  con
 quella  del  personale statale, appartenente alle Forze armate o alle
 Forze di polizia, essendo, tra l'altro, personale non dello Stato, ma
 di un ente, eretto a suo tempo  in  corpo  morale  come  associazione
 italiana   della   Croce   rossa  (legge  21  maggio  1882,  n.  768:
 "Provvedimenti relativi all'Associazione italiana della Croce rossa";
 r.d.  7  febbraio  1884,  n.  1243:   "Erezione   in   corpo   morale
 dell'Associazione  italiana  della  Croce  rossa";  r.d.-l. 10 agosto
 1928,  n.  2034:   "Provvedimenti   necessari   per   assicurare   il
 funzionamento della Croce rossa italiana");
     che  successivamente la CRI, qualificata come associazione (legge
 13   ottobre    1962,    n.    1496:    "Modifiche    all'ordinamento
 dell'Associazione italiana della Croce rossa"), e' stata riconosciuta
 quale "ente privato di interesse pubblico" (d.P.R. 31 luglio 1980, n.
 613,  con  riordinamento  della  Croce  rossa italiana: art. 70 della
 legge n. 833 del 1978) ancorche'  il  mutamento  sia  stato  ritenuto
 subordinato  all'emanazione di nuovo statuto (Cassazione, sez. un. 17
 marzo 1989, n. 1345) e successivamente  modificata  come  "avente  ad
 ogni  effetto  qualificazione e natura di ente dotato di personalita'
 giuridica di diritto  pubblico"  (art.  7,  comma  1,  del  d.-l.  20
 settembre  1995,  n. 390, convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
 comma 1, della legge 20 novembre 1995, n. 490);
     che il corpo  militare  della  CRI,  corpo  speciale  volontario,
 ausiliario  delle Forze armate, ma non facente parte integrante delle
 stesse Forze armate ancorche' sottoposto alle norme  del  regolamento
 di  disciplina  militare  ed  a  quelle sostanziali del codice penale
 militare ed obbligato al giuramento, ha  mantenuto  -  in  forza  del
 disposto  degli  artt.  10  e  11 del d.P.R. n. 613 del 1980 - la sua
 precedente collocazione,  nonostante  la  trasformazione  della  CRI,
 accompagnata   con   l'ulteriore   previsione   che   e'   a   carico
 dell'Associazione il compito di attendere, in via ordinaria,  secondo
 le  direttive  e  sotto  la vigilanza del Ministro della difesa, alla
 preparazione  del  personale,  dei  materiali  e  delle  strutture di
 pertinenza del Corpo al fine di assicurare costantemente l'efficienza
 dei   relativi   servizi,   che   sono   sovvenzionati,    sia    per
 l'organizzazione sia per il funzionamento, dallo Stato;
     che  la natura del Corpo militare della Croce rossa e' confermata
 dalla dipendenza dell'autorita' di vertice del corpo direttamente dal
 presidente nazionale dell'Associazione,  salvo  che  nei  periodi  di
 mobilitazione (art. 11 del d.P.R. n. 613 del 1980);
     che  non  puo'  portare  ad  una conclusione di appartenenza alle
 forze armate, con conseguente esigenza di contestuale  determinazione
 dell'ordinamento  e del trattamento economico del Corpo speciale e di
 ingiustificata  lacuna  legislativa  nella  omessa   previsione   del
 personale militare della CRI, il richiamo alla normativa di gerarchia
 dei gradi, con corrispondenza ai gradi dell'esercito (art. 2 del r.d.
 n.  484  del  1936), accompagnata dalla precisazione che e' personale
 proprio della Croce Rossa  arruolato  in  corpo  speciale  volontario
 (art.  1  del  r.d.  n.  484,  cit.)  e  da  una specifica e completa
 disciplina legislativa relativa al trattamento economico;
     che, infatti, la specifica autonoma  disciplina  del  trattamento
 economico  di detto personale, fissato con disposizione avente valore
 di legge in quanto adottata ai sensi dell'art. 3, n. 1,  della  legge
 31  gennaio  1926,  n.  100,  originalmente mediante apposite tabelle
 contenute  negli  artt.  117  (per  gli  ufficiali)  e  155  (per   i
 sottufficiali e truppa) del r.d. n. 484 citato, prevede (art. 116) la
 possibilita'   di   successivi   provvedimenti   (come  atti  fondati
 sull'autonomia regolamentare dell'ente) diretti ad un adeguamento "in
 analogia a quanto venga praticato per i personali  militari  e  delle
 amministrazioni  statali",  come  forma di modifica in relazione alle
 varianti che successivamente venissero stabilite per l'esercito;
     che l'adeguamento non e' assolutamente automatico, in quanto solo
 in tempo di  guerra  e'  imposta  una  parificazione  di  trattamento
 economico  con  i  pari grado dell'esercito - come sottolineato anche
 dalla giurisprudenza amministrativa - (art. 116, secondo  comma,  del
 r.d.  n.  484  cit.),  ma  e'  rimesso  a  provvedimenti degli organi
 dell'ente, che devono tenere conto delle indicazioni normative e  dei
 principi  propri  dell'azione  amministrativa  ed  in  ogni caso sono
 tenuti a ponderate valutazioni delle particolarita'  organizzative  e
 funzionali  del  Corpo  militare  della CRI e delle disponibilita' di
 bilancio, anche in relazione alle  sovvenzioni  statali,  essendo  la
 regola della copertura finanziaria della maggiore spesa, un principio
 cui sono tenuti tutti gli enti ed organismi pubblici;
     che,  sulla base delle anzidette affermazioni, deve escludersi in
 radice sia l'esistenza di una lacuna nelle norme denunciate in ordine
 alla omessa previsione del personale militare  della  CRI  in  quanto
 estraneo  alle finalita' e all'oggetto della normativa stessa, mentre
 il trattamento economico del personale anzidetto e' disciplinato,  in
 relazione  a  diversita'  di  situazioni  e  natura  del rapporto, da
 autonoma  normativa,  che  prevede  la  possibilita'  di  adeguamento
 attraverso l'esercizio del potere regolamentare dell'ente;
     che   quindi  deve  ritenersi  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale denunciata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 3, della legge 6 marzo 1992, n.
 216 (Conversione in legge, con modificazioni,  del  d.-l.  7  gennaio
 1992,  n.  5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del
 trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri  in
 relazione  alla  sentenza  della Corte costituzionale n. 277 del 3-12
 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonche'  perequazione  dei
 trattamenti  economici  relativi  al  personale  delle corrispondenti
 categorie delle altre Forze di polizia;
   Delega al Governo per disciplinare  i  contenuti  del  rapporto  di
 impiego  delle  Forze  di polizia e del personale delle Forze armate,
 nonche' per il  riordino  delle  relative  carriere,  attribuzioni  e
 trattamenti  economici)  e  degli  artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del decreto
 legislativo 12 maggio 1995, n.  196  (Attuazione  dell'art.  3  della
 legge  6  marzo  1992,  n.  216,  in  materia  di riordino dei ruoli,
 modifica  alle  norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del
 personale non direttivo delle Forze armate) sollevata, in riferimento
 agli  artt.  3  e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
 regionale della Liguria, con ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0716