N. 281 ORDINANZA 24 - 30 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Incompatibilita'  del  giudice  -  Pronuncia  di
 sentenza  ai  sensi dell'art. 444 c.p.p. nei confronti di imputato di
 reato a titolo di concorso  eventuale  -  Giudizio  tramite  il  rito
 ordinario  di altri concorrenti nel medesimo reato - Divieto - Omessa
 previsione  -  Riferimento  alla  sentenza  della Corte n. 371/1996 e
 all'ordinanza n. 127/1999 -  Assenza  di  una  valutazione  circa  la
 responsabilita'  degli  ulteriori  concorrenti estranei al processo -
 Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.27 del 7-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  4
 novembre 1998 dal Tribunale di Padova, iscritta al n. 57 del registro
 ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1999.
   Visto l'atto di costituzione di Cortellazzo Antonio;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25 maggio 1999 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto che il Tribunale  di  Padova,  con  ordinanza  in  data  4
 novembre  1998,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma  2,  del  codice  di  procedura penale, "nella parte in cui non
 prevede l'incompatibilita' del giudice del  dibattimento,  che  abbia
 precedentemente  pronunciato  sentenza  di applicazione della pena ex
 art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di altro  soggetto,  valutando
 lo stesso fatto";
     che  il  remittente  riferisce  che  egli  ha pronunciato, previa
 separazione del processo, sentenza  di  applicazione  della  pena  su
 richiesta,  ai  sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., nei confronti di
 un concorrente nei medesimi reati  di  bancarotta  documentale  e  di
 bancarotta  semplice  ascritti  anche agli imputati ora sottoposti al
 suo giudizio;
     che il giudice a quo precisa che alcuni dei suoi attuali imputati
 rivestivano, secondo la contestazione, unitamente  al  "patteggiante"
 la  qualita'  di  componenti  del  collegio  sindacale della societa'
 fallita, mentre  tutti  gli  altri  erano  membri  del  consiglio  di
 amministrazione della medesima societa';
     che,    secondo    il    remittente,   poiche'   le   imputazioni
 riguarderebbero "atti collegiali" posti in essere,  quali  componenti
 del   collegio   sindacale   o   quali   membri   del   consiglio  di
 amministrazione, da tutti  gli  imputati,  la  condotta  ascritta  al
 "patteggiante"  sarebbe  oggettivamente  identica  ed inscindibile da
 quella degli attuali imputati, sicche' non sarebbe possibile separare
 le posizioni dei singoli e farne oggetto di autonoma valutazione;
     che, pertanto, la sentenza di applicazione della pena emessa  nei
 confronti del coimputato, presupponendo l'accertamento negativo circa
 la  possibilita' di pronunciare il proscioglimento ai sensi dell'art.
 129 cod. proc. pen., comporterebbe  una  manifestazione  di  giudizio
 anche  nel merito dell'operato dell'intero collegio sindacale e della
 condotta dei residui imputati ancora da giudicare;
     che  in  difetto   di   una   dichiarazione   di   illegittimita'
 costituzionale  in  parte  qua  dell'art.  34, comma 2, del codice di
 procedura penale verrebbe violato il principio del  giusto  processo,
 la  cui  latitudine  sarebbe  maggiore  della  questione decisa dalla
 sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte;
     che si e' costituito uno  degli  imputati  del  giudizio  a  quo,
 rappresentato  dal  suo  difensore  munito  di procura speciale, e ha
 concluso  per  l'accoglimento   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale  prospettata, sottolineando che il giudice che ha gia'
 pronunciato sentenza di applicazione  della  pena  su  richiesta  nei
 confronti  di  un concorrente avrebbe implicitamente riconosciuto che
 non vi e' prova positiva della  insussistenza  del  fatto  storico  e
 della  sua qualificazione e sarebbe, quindi, "pregiudicato" in ordine
 all'elemento oggettivo del fatto addebitato in concorso.
   Considerato  che il Tribunale di Padova dubita, in riferimento agli
 artt. 3 e 24 della Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in
 cui non prevede l'incompatibilita' del giudice, che abbia pronunciato
 sentenza  di  cui  all'art.  444  cod. proc. pen. nei confronti di un
 imputato di reato a titolo di concorso eventuale, a giudicare con  il
 rito ordinario altri concorrenti nel medesimo reato;
     che  nell'ordinanza  e' richiamata la sentenza n. 371 del 1996 di
 questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  del
 citato  art.  34,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che non possa
 partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il  giudice  che
 abbia  pronunciato  o  concorso a pronunciare una precedente sentenza
 nei confronti di altri soggetti nella quale la  posizione  di  quello
 stesso  imputato  in  ordine alla sua responsabilita' penale sia gia'
 stata comunque valutata;
     che, secondo il giudice a quo, la logica sottesa alla sentenza n.
 371 del 1996 comporterebbe che il giudice che si sia  pronunciato  in
 un  precedente  giudizio  sulla responsabilita' di un concorrente sia
 per cio' solo colpito da incompatibilita' in  relazione  al  processo
 che   venga  successivamente  celebrato  nei  confronti  degli  altri
 concorrenti;
     che questa Corte ha gia' precisato che adottare una  sentenza  di
 applicazione  della pena su richiesta nei confronti di un concorrente
 nel reato non significa necessariamente esprimere  valutazioni  circa
 la  responsabilita'  degli ulteriori concorrenti estranei al processo
 (ordinanza n. 127 del 1999);
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal
 Tribunale di Padova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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