N. 399 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 marzo 1999
N. 399 Ordinanza emessa il 29 marzo 1999 della Corte dei conti, sentenza giurisdizionale per la regione Sicilia sul ricorso proposto da Carbone Giuseppe contro il Ministero delle finanze Pensioni - Somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991 - Esclusione degli interessi e della rivalutazione monetaria - Ingiustificata deroga al principio della rivalutazione automatica dei crediti di pensione affermato dalla giurisprudenza in base all'art. 429 c.p.c. - Deteriore trattamento dei pensionati aventi diritto ad arretrati pensionistici in dipendenza della menzionata sentenza a tutti gli altri pensionati creditori di arretrati pensionistici a diverso titolo - Incidenza sul principio della retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata - Irrazionalita' - Ingiustificata deroga al principio di irretroattivita' della legge. (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.29 del 21-7-1999 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 151/99/ord. sul ricorso in materia di pensione civile, iscritto al numero 10024/C del registro di segreteria, proposto dall'avv. Carbone Giuseppe, elettivamente domiciliato in Palermo, presso il suo studio, difeso da se stesso, avverso il Ministero delle finanze. Uditi alla pubblica udienza del 26 marzo 1999, il relatore, consigliere dott.ssa Luciana Savagnone, e l'avv. Giuseppe Carbone. F a t t o Con ricorso depositato depositato il 19 dicembre 1997, l'avv. Giuseppe Carbone, quale unico erede del padre Carbone Bartolomeo, ha chiesto la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulle somme attribuitegli a seguito di riliquidazione del trattamento pensionistico in applicazione dell'art. 161 della legge n. 312/1980, avvenuta con decreto del 21 febbraio 1997. Con nota del 17 marzo 1998, prot. n. 14252, si e' costituito il Ministero delle finanze, che preliminarmente ha precisato che la riliquidazione e' avvenuta in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1/91. Ha riferito, poi, di essere in attesa di un parere che il Ministero del tesoro, Ragioneria Generale dello Stato, dovrebbe rendere sulla questione. All'udienza dibattimentale l'avv. Giuseppe Carbone ha insistito nell'accoglimento della domanda. D i r i t t o Con la sentenza n. 1 del 1991 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.-l. 16 settembre 1987, n. 379, convertito in legge 14 novembre 1987, n. 468, nella parte in cui non dispone a favore dei dirigenti collocati a riposo anteriormente al 1 gennaio 1979 la riliquidazione, a decorrere dal 1 marzo 1990, a cura delle amministrazioni competenti, della pensione sulla base degli stipendi derivanti dall'applicazione del d.-l. 27 settembre 1982, n. 681, convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869, della legge 17 aprile 1984, n. 79, del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2 convertito nella legge 8 marzo 1985, n. 72, del d.-l. 10 maggio 1986, n. 154 convertito nella legge 11 luglio 1986, n. 341. Applicando un orientamento giurisprudenziale pacifico, secondo il quale i crediti pensionistici dei dipendenti dello Stato, aventi natura di retribuzione differita, sono assoggettati al medesimo regime di adeguamento automatico dei crediti di lavoro di cui all'art. 429 c.p.c., questa Corte, in passato, ha costantemente accolto le domande dei pensionati che chiedevano l'applicazione della sentenza della Corte costituzionale sopra citata, statuendo il loro diritto anche alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Peraltro, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 12 aprile 1991, n. 156, anche i crediti pecuniari di natura previdenziale sono stati assoggettati allo stesso regime giuridico che l'art. 429 c.p.c. detta per i crediti di lavoro, con la sola differenza rappresentata dal momento a partire dal quale e' giuridicamente configurabile il ritardo nell'adempimento. Con la sentenza 27 aprile 1993, n. 196, la Corte costituzionale ha poi risolto la questione concernente l'applicabilita' del regime giuridico dei crediti previdenziali anche a quelli di carattere assistenziale, affermando la necessaria parificazione delle due specie di crediti in ordine alla spettanza della rivalutazione e degli interessi legali. Tale regime giuridico e' stato modificato a seguito dell'intervento del legislatore attuato con l'art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che ha introdotto la regola della non cumulabilita' degli interessi legali con la rivalutazione sulle rate maturate dopo il 1 gennaio 1992; regola che e' stata poi estesa a tutti i crediti "di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale" dei "dipendenti pubblici e privati in attivita' di servizio o in quiescenza" dall'art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dalle successive norme finanziarie dal 1 gennaio 1995. In questo quadro normativo e' intervenuta, da ultimo, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, che, tra l'altro, all'art. 26, comma 4, ha stabilito che: "... le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria". Il successivo comma 5 della stessa legge ha inoltre statuito che "fatta salva l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge, le somme corrisposte in difformita' di quanto disposto dal comma 4 sono considerate a titolo di acconto sui trattamenti economici e pensionistici in essere e recuperate con i futuri miglioramenti comunque spettanti sui trattamenti stessi". Alla stregua dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che stabilisce la totale soppressione del diritto dei pensionati destinatari della sentenza n. 1 dal 1991 alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali sulle rate di pensione a decorrere dal 1 marzo 1990, dunque, la domanda, del ricorrente dovrebbe essere rigettata. Sussistono pero' seri dubbi sulla legittimita' costituzionale della norma. Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, anche se nel nostro sistema costituzionale non e' interdetto al legislatore di emanare disposizioni retroattive, salvo il limite costituzionale della materia penale, tali disposizioni non possono pero' trasmodare in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti; l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi come elemento fondamentale dello stato di diritto (cfr. tra le tante, Corte cost. n. 118 del 1957, n. 124 del 1964, n. 210 del 1971, n. 194 del 1976, n. 13 del 1977, n. 36 del 1985, n. 123 del 1988, n. 122 e n. 155 del 1990, n. 39 e n. 283 del 1993, n. 6 del 1994, n. 390 del 1995). Tale razionalita' in specie manca del tutto. L'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, infatti, incide sul diritto soggettivo gia' perfetto, sorto per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 fin dal 1 marzo 1990, senza che l'intervento legislativo retroattivo sia giustificato da alcuna specifica esigenza inderogabile, esplicita o implicita, di politica organizzativa, sociale o economica. D'altra parte, la norma in questione, comportando l'esclusione del diritto alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dei soli pensionati destinatari della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991, discrimina inspiegabilmente costoro rispetto a tutti gli altri pensionati che vantano il diritto ad emolumenti pensionistici arretrati, da epoca coeva o anche con decorrenza anteriore al 1 marzo 1990, ma sulla base di altre disposizioni normative, diverse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991. Pertanto, non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per violazione degli artt. 3 e 36 cost., nella parte in cui stabilisce che le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria. La questione e' rilevante, poiche' dal suo accoglimento dipende la soluzione della causa nel senso favorevole al ricorrente.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella parte in cui stabilisce che le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria, per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione; Sospende il giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' provveduto in Palermo, nelle Camere di consiglio del 26 marzo 1999 e del 29 marzo 1999. Il presidente f.f.: Cozzo 99C0728