N. 405 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 dicembre 1997

                                N. 405
 Ordinanza  emessa  il  17  dicembre 1997 dal tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cimmino  Vincenzo  contro
 il Ministero delle finanze
 Impiego  pubblico  -  Guardia  di  finanza  -  Assunzione in servizio
 condizionata allo stato celibe o di vedovo senza prole (nella specie:
 risoluzione del rapporto di impiego di finanziere padre  naturale  di
 un  bambino)  -  Deteriore  trattamento  dei finanzieri rispetto agli
 agenti della P.S. e ai Carabinieri - Violazione del diritto al lavoro
 e dei principi di tutela della famiglia, della maternita' ed infanzia
 e del lavoro nonche' di imparzialita' e buon andamento  della p.a.
 (Legge 29 gennaio 1942, n. 64, art. 7, punto 3).
 (Cost., artt. 2, 3, 4, 29, 30, 31, 33, 35 e 97).
(GU n.34 del 25-8-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  2951/1995
 proposto  da  Cimmino  Vincenzo,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
 Maurizio Scuderi presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in
 Roma, via Pasubio, 2;
   Contro  il  Ministero  delle  finanze,   rappresentato   e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento:
     1)  del  provvedimento  del  Comandante  Generale n. 380484 del 7
 dicembre 1994 con il quale si e' disposto l'annullamento  di  ufficio
 dell'atto di arruolamento nel Corpo della Guardia di finanza;
     2)  dell'art. 2, comma 1, terza alinea, del bando di arruolamento
 per allievi finanzieri nel Corpo della Guardia di finanza per  l'anno
 1994, in data 30 dicembre 1992;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 intimata;
   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno  delle  rispettive
 difese;
   Relatore  alla pubblica udienza del 17 dicembre 1997 il consigliere
 Maria Grazia Cappugi;
   Udito l'avv. Di Torrico per il ricorrente e l'avv. dello  Stato  Di
 Palma per l'Amministrazione resistente;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Il ricorrente - che ha superato la selezione per l'arruolamento nel
 Corpo della Guardia di finanza (bando anno 1994, contingente di mare)
 collocandosi  nella graduatoria di merito in posizione di vincitore e
 che, formalizzato il 1 ottobre 1994 l'incorporamento in  qualita'  di
 allievo finanziere, ha frequentato con profitto i prescritti corsi di
 perfezionamento  -  impugna il provvedimento indicato in epigrafe con
 il quale e'  stata  decretata  la  risoluzione  del  rapporto  avendo
 l'Amministrazione accertato che il medesimo "risultava padre naturale
 di  una  bambina  di  nome Diletta Nunzia, nata il 12 novembre 1992 e
 regolarmente registrata all'ufficio anagrafe del comune di Torre  del
 Greco".
   Deduce i seguenti motivi:
     I)  eccesso  di potere sotto i profili di difetto di motivazione,
 irragionevolezza, sviamento. Difetto dei presupposti. Violazione  dei
 principi generali dell'ordinamento.
   Il   censurato  atto  di  annullamento  appare  privo  di  adeguata
 motivazione e comunque non sorretto da sufficienti e coerenti ragioni
 di  pubblico   interesse   tali   da   consentire   la   compressione
 dell'interesse   e  della  pretesa  al  mantenimento  del  posto  del
 ricorrente, disoccupato e con obblighi di mantenimento  della  figlia
 doverosamente riconosciuta;
     II)  contrasto  sotto  piu'  profili  dell'art. 7, punto 3, della
 legge 29 gennaio 1942, n. 64, con l'art. 3 della Costituzione.
   L'art. 2, comma  1,  terza  alinea,  del  bando  di  concorso,  che
 prescrive ai fini dell'assunzione nel Corpo della Guardia di finanza,
 di  "essere  celibe  o vedovo senza prole", e' disposizione meramente
 riproduttiva del punto 3 dell'art. 7 della legge 29 gennaio 1942,  n.
 64,  norma  che  sembra  confliggere con vari principi costituzionali
 (parita' di trattamento, ragionevolezza;
     III) incostituzionalita' dell'art. 7 della legge n. 64  del  1942
 per contrasto con gli artt. 2, 4 e 35 della Costituzione.
   La norma in questione confligge anche con l'art. 4, primo e secondo
 comma,  della  Costituzione  per  porre  ingiustificati  ostacoli  al
 diritto al lavoro dell'aspirante allievo finanziere padre; con l'art.
 2 per porre sostanzialmente indebito divieto alla libera, personale e
 socialmente meritevole scelta del  riconoscimento  della  paternita';
 con l'art.  35 per contravvenire al principio di tutela del lavoro in
 tutte le sue forme;
     IV) violazione artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione.
    Risultano anche violate tutte le norme costituzionali che tutelano
 i valori ed i diritti della famiglia;
     V)  violazione  artt.  4  e  35  della  Costituzione  sotto altri
 profili.
   Nel vigente quadro normativo volto a favorire l'accesso dei giovani
 al lavoro nell'ambito della  politica  della  prima  occupazione,  il
 divieto   all'assunzione   dell'aspirante   allievo   padre   e/o  il
 licenziamento di esso una volta assunto  si  configura  come  assurda
 isola distonica del sistema giuridico.
   Con  memoria  depositata  il  6  dicembre  1997  il  ricorrente  ha
 illustrato  i  motivi  dedotti  evidenziando  ulteriori  profili   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 7, punto 3, della legge n. 64
 del 1942.
   Si  e' costituito in giudizio il Ministero delle finanze confutando
 ogni doglianza e chiedendo il rigetto del  gravame.
                             D i r i t t o
   Ritiene il collegio che il primo motivo di censura  sia  infondato.
 L'esclusione  dall'arruolamento dell'aspirante allievo finanziere che
 risulti coniugato, ovvero con prole, si configura infatti - alla luce
 della disposizione contenuta nell'art. 7 della legge n. 64 del 1942 -
 come atto vincolato.
   Nei confronti di tale  tipo  di  atto  -  come  confermato  da  una
 consolidata  giurisprudenza  (cfr.,  tra  le  decisioni piu' recenti,
 Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 1992, n. 1167; sez. VI,  13  dicembre
 1993,  n.  970) - non e' configurabile, neppure in astratto, il vizio
 di eccesso di potere in  quanto  tale  figura  sintomatica  di  vizio
 dell'atto  e'  collegata  ad  un  esercizio della potesta' attribuita
 all'autorita' amministrativa non rispondente allo schema normativo.
   D'altro canto,  il  provvedimento  impugnato  appare  congruarnente
 motivato  attesa l'inclusione del requisito di cui difetta il Cimmino
 tra  quelli  espressamente  previsti,  nell'art,  2  del   bando   di
 arruolamento, come necessari per l'ammissione alla selezione.
   L'infondatezza  di  tale  motivo,  che  condurrebbe  al rigetto del
 gravame, attribuisce rilevanza alle  questioni  di  costituzionalita'
 sollevate dal ricorrente con i motivi successivi.
   L'art. 7, punto 3, della legge 29 gennaio 1942, n. 64 prescrive che
 per  essere  reclutati  nel  Corpo  della  Guardia di finanza occorre
 essere celibi o vedovi senza prole.
   L'atto di arruolamento dell'aspirante allievo  finanziere  Vincenzo
 Cimmino, successivamente all'incorporamento avvenuto presso la Scuola
 Nautica  del  Corpo in data 1 gennaio 1994, e' stato dunque annullato
 perche' questi e' risultato  sposato  con  rito  cattolico  con  tale
 Vincenza Borriello e padre naturale di una bambina.
   Il Cimmino ha impugnato tale provvedimento sollevando, tra l'altro,
 questione  di  illegittimita' costituzionale della norma suddetta per
 contrasto con gli  artt.  2,  3,  4,  29,  30,  31,  35  e  97  della
 Costituzione.
   Ha, in particolare, rilevato contrasto:
     1)  con  i  principi  di  cui  agli  artt.  3  e 97, che tutelano
 l'eguaglianza innanzi alla legge e l'imparzialita'  della  p.a.,  per
 irragionevolmente  discriminare  ai  fini  assuntivi  nel Corpo della
 Guardia  di  finanza  l'aspirante  allievo  con  prole,  maggiormente
 bisognoso  di  occupazione, mentre ammette aspiranti allievi privi di
 prole, meno bisognosi di entrate  economiche;  tale  irragionevolezza
 apparirebbe ancor piu' manifesta avuto riguardo al principio generale
 che   assicura  nei  pubblici  concorsi,  a  parita'  di  merito,  la
 preferenza al candidato coniugato con riguardo al numero dei figli;
     2) con l'art. 3, secondo comma, che assicura "la rimozione  degli
 ostacoli  di  ordine  economico  e  sociale  che limitano di fatto la
 liberta'   e   l'eguaglianza   dei   cittadini",    per    comprimere
 preclusivamente   da   un   lato  la  libera  autodeterminazione  del
 riconoscimento  del  figlio  naturale  a  chi  intenda  intraprendere
 attivita'  di  lavoro nell'ambito del Corpo della Guardia di finanza,
 pur possedendo attitudine e requisiti, e  dall'altro  per  sanzionare
 l'esclusione dall'arruolamento in ipotesi di pregresso riconoscimento
 liberamente voluto in responsabile tutela del minore;
     3)  con  gli  artt.  3 e 97, in raffronto alla norma ammissiva al
 Corpo della Pubblica sicurezza (Polizia di Stato),  di  cui  all'art.
 47  della legge 1 aprile 1981, n. 221, che non contempla l'esclusione
 dell'aspirante   allievo   agente   di   polizia   con   prole,   per
 irragionevolmente disporre, senza offrire alcun motivo di percepibile
 coerenza,  nell'identica  situazione  dell'ammissione  al Corpo della
 Guardia di finanza l'esclusione dell'aspirante allievo di finanza con
 prole; l'omogeneita' delle posizioni  giuridiche  degli  appartenenti
 alle varie Forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e
 Corpo  della  Guardia  di  finanza),  che  imporrebbe  la  vigenza di
 identici criteri per la valutazione di  identici  interessi,  sarebbe
 avvalorata   dalla   produzione  legislativa  in  materia  (d.-l.  21
 settembre 1987, n. 387; legge 1  febbraio  1989,  n.  53;  d.lgs.  12
 maggio 1995, n. 195, attuato con d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395);
     4)  con  l'art.  3,  in  raffronto  al precetto di cui al comma 2
 dell'art.   17 della  legge  n.  53  del  1989  laddove  autorizza  i
 carabinieri,  i  finanzieri e gli appuntati a contrarre matrimonio (e
 quindi ad avere prole) al compimento del 25 anno di eta',  in  deroga
 alla preclusione di cui al primo comma recante il divieto a contrarre
 matrimonio  prima  del  compimento  di  quattro anni di servizio, per
 irragionevolmente disporre il diniego  di  assunzione  dell'aspirante
 allievo  finanziere con prole che, come il ricorrente, abbia compiuto
 il 25 anno di eta', ovvero per  irragionevolmente  richiedere  a  chi
 intenda  accedere  al  Corpo  lo  stato di celibe - e comunque la non
 paternita' - sino al 28 anno;
     5) con gli artt. 3 e 97, in raffronto alla miglior tutela offerta
 al   lavoratore   privato,   per   autorizzare   il   discriminatorio
 licenziamento  in tronco dell'allievo finanziere con prole in assenza
 di giusta causa e/o giustificato motivo;
     6) con l'art. 4, primo comma, che riconosce a tutti  i  cittadini
 il  diritto  al  lavoro  ed  obbliga  a  promuovere le condizioni che
 rendano  effettivo  il  diritto  stesso,  per  porre   ingiustificati
 ostacoli al diritto al lavoro dell'aspirante finanziere con prole;
     7)  con 1'art. 2, che assicura e garantisce i diritti inviolabili
 dell'uomo, sia come singolo  sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si
 svolge  la  sua  personalita', per sostanzialmente vietare la libera,
 personale e socialmente meritevole scelta  del  riconoscimento  della
 paternita';
     8) con l'art. 35, che tutela il lavoro in tutte le sue forme, per
 non proteggere la norma il lavoro dell'aspirante finanziere con prole
 e/o del finanziere arruolato con prole;
     9)  con  gli artt. 3, 21, 30 e 31, congiuntamente letti, che - in
 tutela della famiglia - riconoscono i  diritti  della  famiglia  come
 societa'    naturale    fondata   sul   matrimonio,   sanzionano   il
 diritto-dovere dei genitori a mantenere ed istruire i figli anche  se
 nati  fuori  dal matrimonio, agevolano con misure economiche ed altre
 provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei  compiti
 relativi,   proteggono  la  maternita'  e  l'infanzia  favorendo  gli
 istituti  necessari  allo  scopo,  per   irragionevolmente   impedire
 l'assunzione,  e  comunque  consentire  l'espulsione,  dell'aspirante
 finanziere con prole privandolo dei  mezzi  economici  necessari  per
 assicurare la sopravvivenza dignitosa dei figli in minore eta';
     10)  con gli artt. 3, 4 e 35, che tutelano il diritto al lavoro e
 perseguono la rimozione  degli  ostacoli  all'accesso  al  lavoro  in
 riferimento  all'ininterrotta  produzione  normativa volta a favorire
 l'accesso dei giovani al lavoro nell'ambito della politica  di  prima
 occupazione,    per    prevedere    con    ratio    irragionevolmente
 discriminatoria il divieto di  assunzione  dell'aspirante  finanziere
 padre e/o il licenziamento di esso una volta assunto.
   Ritiene il collegio che, tra le varie questioni sollevate, meritino
 una   particolare   attenzione   le   questioni   di   illegittimita'
 costituzionale dell'art. 7, punto 3, della legge n. 64 del  1942  per
 irragionevolezza  e  contrasto  con i principi di eguaglianza sanciti
 dall'art. 3, nonche' con quelli posti a tutela della  famiglia  dagli
 artt. 21, 30 e 31 della Costituzione.
   Non  sembra  invero  che  la discriminazione operata dalla norma in
 questione nei confronti degli aspiranti allievi finanzieri, anche  se
 celibi, con prole trovi una fondata giustificazione.
   E'  vero,  come ha osservato il resistente Ministero delle finanze,
 che la norma censurata trova la sua ratio nell'esigenza di  dislocare
 il  personale  nei  vari  reparti  dipendenti  senza  difficolta'  ed
 eccessivi ostacoli, ma e' pur  vero  che  sarebbe  sufficiente  porre
 delle condizioni vincolanti ed ineludibili agli allievi finanzieri al
 momento  dell'arruolamento,  senza pregiudicare con cio' l'accesso al
 Corpo ovvero la facolta' di riconoscere un figlio naturale.
   Non puo' sfuggire che se il matrimonio puo'  essere  programmato  e
 procrastinato,  la  nascita  di  un figlio naturale rappresenta nella
 maggior parte dei  casi  un  evento  imprevisto.  D'altra  parte,  il
 riconoscimento,   di  per  se',  se  da  un  lato  comporta  oneri  e
 responsabilita'  per  il  padre  naturale,  dall'altro   non   impone
 necessariamente  anche  vincoli  di convivenza del nucleo familiare e
 quindi determina minori obblighi rispetto alla paternita' nell'ambito
 del matrimonio,  obblighi  che  appaiono  in  linea  di  massima  non
 incompatibili  con  la  frequenza  del corso di addestramento per gli
 allievi finanzieri della durata di 10 mesi (tre dei quali,  nel  caso
 del  Cimmino,  erano  peraltro  gia' trascorsi senza inconvenienti ed
 anzi con profitto).
   Nemmeno si possono trascurare le disposizioni  contenute  nell'art.
 17  della  legge  n. 53 del 1989 il quale pone, al comma 1, la regola
 generale della operativita' del divieto per i primi quattro  anni  di
 servizio  e  prevede,  al  comma  2,  una  deroga per i brigadieri, i
 vicebrigadieri, gli appuntati ed i finanzieri che abbiano compiuto il
 25 anno di eta' i quali, a prescindere dall'anzianita'  di  servizio,
 possono  comunque contrarre matrimonio. Il ricorrente, che aveva gia'
 compiuto i 25 anni  al  momento  dell'adozione  dell'atto  impugnato,
 avrebbe  addirittura potuto sposarsi se fosse stato finanziere ma, in
 quanto allievo, e' stato escluso dall'arruolamento - e  quindi  dalla
 possibilita'  di  conseguire una stabile occupazione solo perche' non
 ha voluto sottrarsi al dovere morale di riconoscere la propria figlia
 naturale.
   Per le considerazioni sopra esposte, il  collegio  ritiene  che  le
 questioni   di   costituzionalita'  sopra  prospettate  appaiano  non
 manifestamente infondate.
   Dispone dunque la sospensione del giudizio in corso e la rimessione
 degli atti alla Corte costituzionale, mandando alla segreteria  della
 sezione  gli  adempimenti  di  competenza ai sensi dell'art. 23 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevanti  e non manifestamente infondate, nei termini di
 cui in motivazione, le questioni di costituzionalita' dell'art.    7,
 punto  3,  della  legge  29  gennaio 1942, n. 64 per violazione degli
 artt. 2, 3, 4, 29, 30, 31, 33, 35 e 97 della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli  atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria  la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa nonche' al  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
   Cosi' deciso in Roma, in Camera di Consiglio il 17  dicembre  1997.
 Il presidente: Elefante Il consigliere, estensore: Cappugi
 99C0734