N. 406 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 febbraio 1994

                                N. 406
 Ordinanza  emessa  il  2  febbraio  1994 dal tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso  proposto  da  Macciotta  Giorgio  ed
 altri contro il Ministero di grazia e gisutizia
 Impiego  pubblico  -  Indennita'  giudiziaria  ex  legge n. 27/1981 -
 Estenzione di  detta  indennita'  (inizialmente  attribuita  al  solo
 personale  della  Magistratura)  al  personale  delle  cancellerie  e
 segreterie  giudiziarie  -  Previdenza  con   norma   autoqualificata
 interpretativa   della   corresponsione,  a  quest'ultimo  personale,
 dell'indennita'  nella  misura  vigente  al  1  gennaio  1988   senza
 l'adeguamento  triennale  stabilito  per  il  personale  togato della
 Magistratura, in difformita' dall'interpretazione giurisprudenziale -
 Incidenza sui principi di uguaglianza, certezza dei diritti maturati,
 della retribuzione proporzionata ed adeguata, di imparzialita' e buon
 andamento della p.a.
 (Legge 22 giugno 1988, n. 221, art. 1 e legge 24  dicembre  1993,  n.
 537, art. 3, comma 61).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.34 del 25-8-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1341 del 1993,
 proposto dai  signori  Giorgio  Macciotta,  Rosanna  Boccalini,  Meri
 Morelli,  Ivana  Chioccioli,  Elisabetta  Barbetti,  Carla  Cappelli,
 Giovanna  D'Arco,  Moreno  Martini,  Nicolina   Signoretta,   Gaetano
 Mastrosimone,  Sandro  Avvisano, Maria Serena Wondrak, Ester Antonina
 Mascia, Giovanna Garofali, Maria Grazia Ombra, Maria Assunta Ugolini,
 Ilo Alessandro Mengoni, Gerardo Pumpo, Laura Cappelli, Stefano  Peri,
 Antonino  Lanzirotti,  Patrizia  Ladori,  Ida  Sbardella, Carla Fumi,
 Vanna Rossi,  Antonella  Menchini,  Matia  Vincenti,  Nicola  Tronfi,
 Antonia  Frassanito,  Silvano  Imbriaci,  Biagio  Scialo',  Donatella
 Umiliati, Ugo De Micco, Salvatore Iraci  Sareri,  Tiziana  Gramuglia,
 Clara  Fracassi,  Olga  Monaco, Manola Scarvaci, Alessandra Marliani,
 Paola Zappoli,  Giulia  Masi,  Caterina  Spezzigu,  Antonietta  Liva,
 Francesca Pucci, Agostino Mattia, Marzia Desii, Elsa Galeotti, Franco
 Piu,  Luigi  Mencarelli,  Lucia  La Rosa, Meri Norelli, Rosalba Papa,
 Angela Catanese, Giovanni Antonio  Rinaldi,  Italia  Alberti,  Franco
 Manetti,  Pietro  Cacciatore,  Irene  Santa D'Antoni, Giovanni Baldi,
 Francesco  Malevolti,  Ines  Vera  De  Mata,  Alba  Litteri,   Sandro
 Pettinato,  Gina  Paolacci,  Alessandro Travagli, Rossano Cirri, Rino
 Calza, Luisa Barletta, Guglielmina Castellucci,  Gualtiero  Agostini,
 Silvano  Adami,  Norma  Ghirelli,  Monica Chellini, Corrado, Mollame,
 Domenico  Stumpo,  Giancarla  Bianchi,  Giuseppe  Del  Papa,  Tiziana
 Tangocci,  Alessandro  Doni,  Maria  Luisa  Fabbroni, Bruna Treccani,
 Nadia Ferrini, Anna Genni Scotti,  Assunta  Vicario,  Lucia  Moretti,
 Rossella Baldocci, Maria Grazia Piazzini, Anna Toti, Maria Niccolini,
 Antonella  Balzani,  Anna  Alfieri,  rappresentati e difesi dal prof.
 avv.  Mario  P.  Chiti  e  dal  dott.  Proc.  Gaetano  Viciconte   ed
 elettivamente  domiciliati  in  Rona,  via Nomentana n. 76  presso lo
 studio dell'avv. Giampiero Pallotta;
   Contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del  Ministro
 pro  tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale
 dello Stato e domiciliato  presso  gli  uffici  della  medesima,  per
 l'accertamento  del  diritto dei ricorrenti a conseguire il pagamento
 dell'idennita' di cui all'art. della legge 22 giugno  1988,  n.  222,
 maggiorata   degli   incrementi   percentuali  determinati  ai  sensi
 dell'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, con gli interessi  e
 la  rivalutazione monetaria; nonche' per la condanna dell'Ente datore
 di lavoro a disporre il pagamento delle predette somme.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita  alla  pubblica  udienza del 2 febbraio 1994 la relazione del
 consigliere Lucia Tosti;
   Uditi altresi' l'avv. Mancini  su  delega  dell'avv.  Chiti  per  i
 ricorrenti e l'avv. Cingolo per l'amministrazione;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   I ricorrenti dichiarano di essere tutti dipendenti del Ministero di
 grazia e giustizia, addetti alle cancellerie e segreterie giudiziarie
 presso gli uffici giudiziari di Firenze.
   Chiedono  con  il  ricorso  all'esame  la declaratoria dell'obbligo
 dell'Amministrazione  di  corrispondere   l'indennita'   riconosciuta
 dall'art.    1 della legge n. 221/1988 con le maggiorazioni derivanti
 dalle variazioni  percentuali  di  cui  all'art.  3  della  legge  n.
 27/1981,  nonche'  la  rivalutazione  monetaria sulle somme dovute al
 predetto titolo, oltre agli interessi.
   A sostegno della pretesa invocano,  riportandone  ampi  stralci  le
 argomentazioni  di  recenti  sentenze  di questo stesso tribunale che
 hanno riconosciuto la fondatezza del diritto vantato.
   L'amministrazione, costituita in giudizio, contesta  la  fondatezza
 del  ricorso  e si richiama al disposto dell'art. 3 n. 61 della legge
 n. 547/1993 con il quale il legislatore ha fornito  l'interpretazione
 autentica   dell'art.   1,   legge  n.  221/1988,  per  rilevare  che
 l'orientamento gia' espresso dai giudlci dovrebbe essere rivisto alla
 luce di tale
  disposizione.
   Con successiva memoria in vista  della  discussione,  i  ricorrenti
 affrontano la nuova questione introdotta dalla norma interpretativa e
 sostengono  che  il  problema dell'interpretazione della fattispecie,
 nel punto controverso, sarebbe rimasta invariata anche dopo l'entrata
 in vigore dell'art. 3, comma 61, legge n. 557/1993 dovendosi comunque
 attribuire  un significato all'espressione "nella misura vigente al 1
 gennaio 1988" non essendo mutati i termini di riferimento normativi.
   In caso  contrario,  la  norma,  se  escludesse  il  riconoscimento
 dell'incremento  percentuale  sarebbe  costituzionalmente illegittima
 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Sotto diverso profilo la norma  non  potrebbe  valere  che  per  il
 futuro, senza avere effetto retroattivo a scapito di diritti quesiti;
 sarebbe  altrimenti violato il principio dell'affidamento e la norma,
 per la parte retroattiva,  risulterebbe  incostituzionale  in  quanto
 incorrerebbe  in  un  vizio  di  eccesso  di  potere  della  funzione
 legislativa.
   La causa alla  pubblica  udienza  del  2  febbraio  1994  e'  stata
 trattenuta in decisione.
                             D i r i t t o
   Come  risulta  dal  contesto del ricorso proposto da dipendenti del
 Ministero di  grazia  e  giustizia,  la  pretesa  dei  ricorrenti  e'
 limitata  all'accertamento del diritto a percepire, con rivalutazione
 e interessi, le somme  derivanti  dall'applicazione  del  sistema  di
 adeguamento  periodico  previsto  dall'art. 3 della legge n. 27/1981,
 all'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge 28  giugno  1988,
 n. 221.
   I ricorrenti si dolgono infatti che l'anzidetto adeguamento non sia
 stato corrisposto al personale dell'amministrazione giudiziaria.  Non
 e'   invece   contestata   tra  le  parti  l'avvenuta  corresponsione
 dell'indennita' di cui al citato art.  1,  legge  n.  221/1988  nella
 misura vigente al 1 gennaio 1988.
   Con  l'atto  introduttivo  del presente giudizio i ricorrenti hanno
 sostenuto che in base ad una corretta  interpretazione  del  predetto
 art.  1  della legge n. 221/1988 l'espressione usata dal legislatore,
 secondo cui  l'indennita'  ex  art.  3  della  legge  n.  27/1981  e'
 attribuita  "nella misura vigente al 1 gennaio 1988", risponderebbe -
 solo alla finalita' di individuare l'importo dell'emolumento all'atto
 della sua attribuzione al personale, fra l'altro, delle cancellerie e
 segreterie giudiziarie, e non  a  quello  di  determinare  in  misura
 invariabile  l'emolumento  stesso  ancorandolo  all'ammontare vigente
 alla predetta data e con  cio'  escludendone  l'assoggettabilita'  al
 meccanismo  di  adeguamento  periodico  previsto dal medesimo art. 3,
 della legge n.  27/1981.
   L'interpretazione   sostenuta   dai   ricorrenti    era    conforme
 all'orientamento   assunto   dalla  giurisprudenza  anche  di  questo
 tribunale (cfr., da ultimo, C.S., IV, 22 ottobre 1993,  n.  923,  che
 conferma t.a.r. Lazio, I, 11 luglio 1992, n. 1001).
   Nelle  more  del  giudizio  e',  peraltro,  intervenuta la legge 24
 dicembre 1993, n. 537, che  all'art.  3,  comma  61,  ha  dettato  la
 seguente disposizione:
   "L'art.  1  della  legge  22 giugno 1988, n. 221, si interpreta nel
 senso che il riferimento all'indennita' di  cui  all'art.    3  della
 legge 19 febbraio 1981, n. 27, e' da considerare relativo alle misure
 vigenti  alla data del 1 gennaio 1988, espressamente richiamata dalla
 disposizione stessa".
   In sede di interpretazione autentica dell'art.  1  della  legge  n.
 221/1988 il legislatore si e', quindi, pronunciato in senso contrario
 alla  pretesa  fatta  valere dai ricorrenti avendo inequivocabilmente
 affermato  che  l'indennita'  attribuita  dal  medesimo  articolo  va
 considerata  come  determinata  in misura fissa, cioe' nell'ammontare
 dell'indennita' di cui all'art. 3 della legge n. 27/1981, vigente  al
 1 gennaio 1988, e non in misura variabile.
   A  prescindere,  pertanto,  dalla  sua  natura  giuridica  di norma
 interpretativa  oppure  innovativa  con  forza  retroattiva   (attesa
 l'equivalenza dei loro effetti: cfr. Corte cost. sentenze nn. 6/1994,
 123/1988,   36/1985  e    118/1957)  allo  stato  della  legislazione
 ordinaria il ricorso doverbbe essere rigettato.
   A seguito  dell'intervento  del  legislatore  i  ricorrenti  hanno,
 tuttavia,   sollevato   questione  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 3, comma 61, della legge n. 537/1993.
   Potrebbe, infatti, ritenersi priva di  ragionevole  giustificazione
 la  scelta di consentire l'indicizzazione dell'indennita' solo per il
 personale togato  atteso  che  l'estensione  di  tale  emolumento  al
 personale  non  togato presuppone il riconoscimento dell'esistenza di
 un rapporto di connessione tra le  attivita'  dell'uno  e  dell'altro
 personale,  la  cui  rilevanza non si affievolisce con il decorso del
 tempo.
   In altri termini, poiche' non e' provato,  ne'  appare  logicamente
 ipotizzabile  che  per  i  periodi successivi al   1 gennaio 1988 sia
 stato richiesto al personale  non  togato  un  minore  impegno  nello
 svolgimento  dell'attivita'  connessa  a  quella dei magistrati, puo'
 dubitarsi della costituzionalita' di una  soluzione  legislativa  che
 all'atto  di estendere l'indennita' giudiziaria al predetto personale
 a decorrere dal 1 gennaio 1988 la rapporta, nel  suo  ammontare  piu'
 elevato,  alla  misura  vigente  a  tale  data  per  il  personale di
 magistratura,  mentre  nel  prosieguo  del  tempo  non  consente   la
 conservazione di questo rapporto di proporzionalita'.
   La   limitazione  dell'adeguamento  periodico  solo  all'indennita'
 attribuita al personale togato,  determina  infatti  progressivamente
 una  relativa svalutazione dell'emolumento spettante al personale non
 togato, che non appare allo stato giustificata, come si e' accennato,
 da  una  corrispondente  diminuzione  del  livello   quantitativo   e
 qualitativo della prestazione richiesta.
   La circostanza assume rilievo ancora maggiore, ai fini del giudizio
 sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  in  quanto non
 collegabile ad una situazione di eccezionale emergenza riguardante in
 particolar modo solo il primo periodo di applicazionc della legge.
   L'indennita' giudiziaria estesa a quest'ultimo personale  verrebbe,
 quindi,  a  subire un processo di graduale snaturamento poiche', come
 ho ricordato il Consiglio di Stato, sez. IV, nella cit. decisione  n.
 923/1993,  gli  stessi  lavori  preparatori  sulla legge n. 221/1988,
 davano atto che all'indennita'  e'  coessenziale,  fra  l'altro,  "la
 rivalutazione triennale" (Atti Senato, I commissione, 1 giugno 1988).
   In ultima analisi la determinazione di non consentire l'adeguamento
 periodico   potrebbe   apparire  in  contasto  con  il  principio  di
 ragionevolezza, potendo ritenersi non  facilmente  conciliabile,  sul
 piano  di una obiettiva ricostruzione della funzione della norma, con
 le finalita' ravvisabili nella scelta di attribuire al personale  non
 togato  l'indennita'  stabilita  per  i  magistrati dall'art. 3 della
 legge n. 27/1981.
   In  proposito,  come  ricordato  dal  Consiglio di Stato nella cit.
 decisione, e' significativa l''affermazione contenuta nella relazione
 illustrativa del decreto-legge n. 1047 (poi divenuto la legge n.  221
 in   argomento)   a   sostegno    delle    ragioni    dell'estensione
 dell'indennita' giudiziaria al predetto personale e cioe' che "... la
 stretta  connessione  tra  attivita'  del magistrato ed attivita' del
 personale di  cancelleria,  il  comune  ed  analogo  contributo  alla
 realizzazione  del  servizio-giustizia,  la necessita' di un medesimo
 impegno, comportano la scelta di meccanismi  retributivi  fondati  su
 criteri  analoghi  nell'ambito  di  questo  particolare settore della
 pubblica amministrazione".
   In relazione a quanto sopra il Collegio ritiene di dover  rimettere
 la  questione  di  incostituzionalita',  nei  termini  in  precedenza
 delineati, all'esame della Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988,
 n. 221, cosi' come interpretato autenticamente dall'art. 3, comma 61,
 della legge 24 dicembre 1993, n.  537,  nella  parte  e  nei  termini
 precisati in motivazione.
   Ordina,   pertanto,   la   trasmissione   degli  atti  alla,  Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso.
   Dispone,  altresi',  che  a  cura  della  segreteria  la   presente
 ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in causa e al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  della  Camera  dei
 deputati e del Senato.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  in Camera di consiglio, il 2 febbraio con
 l'intervento dei signori:   Il presidente:  Schinaia  Il  consigliere
 estensore: Tosti
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