N. 299 ORDINANZA 7 - 14 luglio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego pubblico - Trattamento retributivo - Blocco degli incrementi
 stipendiali  per  l'anno  1993  -  Dedotta  disparita' di trattamento
 all'interno della categoria del pubblico impiego (in particolare, tra
 i magistrati di pari qualifica) e rispetto ai  dipendenti  privati  -
 Manifesta infondatezza della questione.
 
 (D.-L.  19  settembre  1992,  n.  384, convertito, con modificazioni,
 nella legge 14 novembre 1992, n. 438, art. 7, comma 3).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 53).
 
(GU n.29 del 21-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 3, del
 d.-l. 19 settembre  1992,  n.  384  (Misure  urgenti  in  materia  di
 previdenza,  di  sanita'  e di pubblico impiego, nonche' disposizioni
 fiscali), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  14  novembre
 1992,  n. 438; giudizi promossi con tre ordinanze emesse il 24 aprile
 1997 dal Tribunale amministrativo regionale  per  l'Abruzzo,  sezione
 distaccata di Pescara, rispettivamente iscritte ai nn. 874, 875 e 876
 del  registro  ordinanze  1997  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica, n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  14 aprile 1999 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
   Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale  per  l'Abruzzo,
 sezione   distaccata  di  Pescara,  con  tre  ordinanze  di  identico
 contenuto, ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  7,  comma  3,  del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure
 urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di  pubblico  impiego,
 nonche'  disposizioni  fiscali), convertito, con modificazioni, nella
 legge 14 novembre 1992, n. 438, il quale dispone che "per l'anno 1993
 non trovano applicazione le norme che comunque comportano  incrementi
 retributivi  in  conseguenza  sia  di  automatismi  stipendiali,  sia
 dell'attribuzione  di   trattamenti   economici,   per   progressione
 automatica   di   carriera,   corrispondenti  a  quelli  di  funzioni
 superiori, ove queste non siano effettivamente esercitate";
     che il rimettente ritiene che tale articolo sia applicabile anche
 ai magistrati ordinari, trattandosi di norma generale, e  che  questa
 interpretazione,  l'unica  possibile,  porrebbe la norma in contrasto
 con i seguenti parametri costituzionali:
      l'art. 3, avendo creato una ingiusta e irrazionale disparita' di
 trattamento fra coloro che, per sorte,  hanno  maturato  l'incremento
 stipendiale  nel  1993, e coloro che lo hanno maturato l'anno prima o
 l'anno dopo;
      l'art. 36, vigendo per i pubblici dipendenti il principio  della
 parita'  di  retribuzione  a  parita' (qualitativa o quantitativa) di
 prestazione lavorativa, mentre l'articolo oggetto di censura  avrebbe
 creato  una  disparita'  retributiva fra magistrati di pari qualifica
 che svolgono le medesime funzioni;
      l'art.  53,  in  quanto il "blocco" degli incrementi stipendiali
 per l'anno 1993 avrebbe rappresentato  una  prestazione  patrimoniale
 imposta, la quale ha inciso soltanto su una categoria di contribuenti
 (i  pubblici  dipendenti)  e, all'interno di essa, soltanto su coloro
 che hanno maturato incrementi retributivi nell'anno 1993;
     che, in ordine alla rilevanza, il giudice  a quo osserva  che  la
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della norma citata,
 attribuendo ai magistrati ricorrenti il diritto alla percezione degli
 incrementi  stipendiali  non  corrisposti  avrebbe  reso  fondato  il
 ricorso;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per l'infondatezza, dovendosi ritenere la questione gia' decisa dalla
 sentenza n. 245 del 1997 di questa Corte.
   Considerato  che,  nell'esaminare  la  rilevanza  della  questione,
 questa Corte  e'  tenuta  a  seguire  l'interpretazione  della  norma
 adottata  dal  giudice  a quo, se non implausibile e non in contrasto
 con il diritto vivente (fra le tante, v. le sentenze nn. 516 e 60 del
 1995);
     che, nel caso di specie, non sussiste ne' l'uno ne' l'altro vizio
 ermeneutico;
     che, in particolare, non si e' formato  "diritto  vivente"  sulla
 materia;
     che,  nel  merito,  il  giudice  a  quo,  pur  invocando  diversi
 parametri costituzionali (artt.  3,  36  e  53  della  Costituzione),
 riconduce  ciascuna delle censure alla disparita' di trattamento, che
 sussisterebbe fra chi ha maturato il conferimento della qualifica nel
 1993 e chi lo ha acquisito prima o dopo tale data; disparita' che  si
 verificherebbe,  altresi',  fra  i  pubblici impiegati e i dipendenti
 privati;
     che questa Corte ha gia' affermato che il d.-l. n. 384  del  1992
 e'   stato   emanato  in  un  momento  assai  delicato  per  la  vita
 economico-finanziaria del Paese, caratterizzato dalla  necessita'  di
 recuperare l'equilibrio di  bilancio;
     che  per  esigenze  cosi'  stringenti il legislatore ha imposto a
 tutti sacrifici anche onerosi (sentenza n. 245 del 1997) e che  norme
 di  tale  natura  possono  ritenersi  non lesive del principio di cui
 all'art. 3 della Costituzione (sotto il  duplice  aspetto  della  non
 contrarieta'  sia  al  principio  di  uguaglianza  sostanziale, sia a
 quello della non  irragionevolezza),  a  condizione  che  i  suddetti
 sacrifici  siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei
 allo scopo prefisso;
     che il d.-l. n. 384 del 1992  e  in  particolare  l'art.  7,  pur
 collocandosi  in  un  ambito  estremo,  non  lede tuttavia alcuno dei
 precetti indicati,  in  quanto  il  sacrificio  imposto  ai  pubblici
 dipendenti dal comma 3 del citato art. 7 e' stato limitato a un anno;
 cosi'  come limitato nel tempo e' stato il divieto di stipulazione di
 nuovi accordi economici collettivi, previsto dal comma 1 dell'art.  7
 e   che,   quindi,   tale   norma   ha   imposto  un  sacrificio  non
 irragionevolmente esteso nel tempo (sentenza n.  99  del  1995),  ne'
 irrazionalmente   ripartito   fra  categorie  diverse  di  cittadini,
 giacche' la manovra di contenimento della spesa pubblica compiuta con
 il  d.-l.  piu'  volte  richiamato  non  ha  inciso  soltanto   sulla
 condizione  e  sul  patrimonio  dei  pubblici  impiegati, ma anche su
 quello di altre categorie di lavoratori;
     che  pertanto,  riuniti  i giudizi, la questione deve dichiararsi
 manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,  comma  3,  del
 d.-l.  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure  urgenti  in materia di
 previdenza, di sanita' e di pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni
 fiscali),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 14 novembre
 1992, n. 438, sollevata, con riferimento agli artt. 3, 36 e 53  della
 Costituzione,  dal  Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo,
 sezione distaccata di Pescara, con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 14 luglio 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
 99C0757