N. 324 SENTENZA 7 - 16 luglio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e  assistenza  sociale  -  Impiego  pubblico  -  Personale
 scolastico  -  Collocamento a riposo per dimissioni del personale con
 ridotta anzianita' contributiva e di servizio (ovvero inferiore ai 31
 anni) - Differimento del trattamento pensionistico al 1 gennaio  1997
 - Lamentata irrazionalita' della normativa denunciata, con violazione
 dei  principi in materia di trattamenti retributivi e previdenziali -
 Ritenuta analogia con norme  gia'  dichiarate  incostituzionali  (con
 sentenze  nn.  439  del  1994  e  347  del  1997)  -  Insussistenza -
 Riconducibilita'  della  normativa  al   quadro   dei   provvedimenti
 restrittivi  miranti  al  riequilibrio  del  bilancio e dissuasivi di
 domande di pensionamento volontario, pur revocabili - Non  fondatezza
 della questione.
 
 (Legge  23 dicembre 1994, n. 724, art. 13, comma 5, lettera c); legge
 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 31, primo periodo).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
 
(GU n.29 del 21-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma  5,
 lettera  c),  della  legge  23  dicembre  1994,  n.  724  (Misure  di
 razionalizzazione della finanza pubblica), e dell'art. 1,  comma  31,
 primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema
 pensionistico  obbligatorio  e complementare), promosso con ordinanza
 emessa  l'11  febbraio   1998   dalla   Corte   dei   conti   sezione
 giurisdizionale  per  la  Regione  Veneto,  sul  ricorso  proposto da
 Trevisan Lucia  contro  il  Provveditorato  agli  studi  di  Venezia,
 iscritta  al  n.  327  del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1998;
   Visto l'atto di costituzione di Trevisan Lucia;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  12 maggio 1999 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
   1. - La Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per  la  regione
 Veneto,  ha  sollevato, in riferimento agli articoli 3, 36 e 38 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  13,
 comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure  di
 razionalizzazione   della  finanza  pubblica),  nella  parte  in  cui
 differisce al 1 gennaio 1997 la corresponsione della pensione per  il
 personale  collocato  a  riposo per dimissioni, nonche' dell'art.  1,
 comma 31, primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n.  335  (Riforma
 del  sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nella parte
 in cui fa salva l'efficacia del citato art. 13, comma 5, lettera c).
   Secondo il Collegio  rimettente,  le  due  disposizioni  menzionate
 risulterebbero  illegittime  alla  luce  dei principi enunciati dalla
 giurisprudenza di questa Corte; in  particolare,  nella  sentenza  n.
 439  del  1994  e' stata censurata una norma (introdotta dal d.-l. 19
 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14
 novembre  1992,  n.  438)  che  differiva  al  1  gennaio   1994   la
 corresponsione  della  pensione  per  il  personale  della scuola, in
 violazione dell'art.  3 della Costituzione,  perche'  il  legislatore
 non  avrebbe  considerato  la specifica posizione del personale della
 scuola, determinando un'irrazionalita' nella legislazione di settore.
   Anche la disposizione  citata  recherebbe  lesione  all'art.  3,  e
 sarebbe  in  contrasto,  altresi',  con  gli  artt.  36  e  38  della
 Costituzione, perche' i dipendenti della scuola che hanno  presentato
 le  dimissioni sono privati dello stipendio e della pensione, l'uno e
 l'altra mezzi indispensabili - conclude la  Corte  dei  conti  -  per
 provvedere ai bisogni essenziali della vita.
   2.  -  Ha  presentato tardivamente memoria di costituzione la parte
 privata.
                         Considerato in diritto
   1. - La Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
 Veneto,  ha  sollevato, in riferimento agli articoli 3, 36 e 38 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  13,
 comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure  di
 razionalizzazione   della  finanza  pubblica),  nella  parte  in  cui
 differisce al 1 gennaio 1997 la corresponsione della pensione per  il
 personale  collocato  a  riposo per dimissioni, nonche' dell'art.  1,
 comma 31, primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n.  335  (Riforma
 del  sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nella parte
 in cui fa salva l'efficacia del citato art. 13, comma 5, lettera c).
   Il Collegio rimettente  invoca  quale  precedente  la  sentenza  di
 questa  Corte  n.  439  del  1994, che ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale della  norma  di  "blocco"  introdotta  dal  d.-l.  19
 settembre  1992, n.   384, convertito, con modificazioni, nella legge
 14 novembre 1992, n. 438. Pure in questo caso vi  sarebbe  violazione
 dell'art.  3  della  Costituzione, perche' il legislatore non avrebbe
 considerato  la specifica posizione del personale della scuola, dando
 luogo a un'incongruenza all'interno della  legislazione  di  settore.
 L'irrazionalita'  gia'  censurata da questa Corte sarebbe ancora piu'
 evidente, nella fattispecie ora in esame, sol  che  si  consideri  il
 lungo  spazio  di  tempo  (sedici mesi) che intercorre fra la data di
 cessazione dal servizio e quella  della  decorrenza  del  trattamento
 pensionistico  per  il  personale  di  cui  alla  lettera  c),  prima
 menzionata.
   Insieme con l'art. 3, il Collegio rimettente invoca gli articoli 36
 e 38 della Costituzione, dal momento che il personale della scuola e'
 privato, per sedici mesi, dello stipendio e della pensione.
   2. - L'ordinanza di rimessione muove dunque dall'assunto che vi sia
 stretta analogia fra le norme di "blocco" censurate da questa Corte e
 la lettera c) del citato art. 13, si' che varrebbe la medesima  ratio
 decidendi    della sentenza n. 439 del 1994, alla quale e' seguita la
 sentenza n. 347 del 1997, che riguardava l'art. 13, comma 5,  lettera
 b), della legge n. 724 del 1994.
   Ma siffatta impostazione, a ben vedere, non puo' essere condivisa.
   Le    due    pronunce    richiamate,    entrambe   d'illegittimita'
 costituzionale, ricordano che per il comparto della scuola vi  e'  un
 regime  specifico per l'accettazione delle dimissioni volontarie e il
 collocamento a riposo, che decorre dal  1  settembre  di  ogni  anno.
 Peculiarita' che nelle due norme censurate non era stata valutata; di
 modo  che  l'applicazione  del "blocco" - previsto per la generalita'
 dei dipendenti pubblici - determinava, a danno  del  personale  della
 scuola,  un  vuoto  di  quattro  mesi  fra  cessazione dal servizio e
 corresponsione del trattamento  pensionistico.
   La disposizione denunciata, malgrado  l'apparente  similitudine  di
 formulazione rispetto alla lettera b) dell'art. 13, riguarda invero i
 dipendenti  che non hanno ancora maturato un'anzianita' contributiva,
 o di servizio, pari a 31 anni, e pone nei loro confronti  una  regola
 "dissuasiva"  di  una  certa severita': il trattamento pensionistico,
 infatti, potra' essere conseguito solo a partire dal 1 gennaio  1997.
 Questa  misura  trova  evidente  giustificazione  nella  non  elevata
 anzianita' raggiunta da tali dipendenti, come risulta  dal  confronto
 fra  le lettere a), b) e c) dell'art. 13, comma 5, della legge n. 724
 del 1994: la lettera a) pone la decorrenza del 1 luglio 1995 per  chi
 abbia un'anzianita' non inferiore a 37 anni; la lettera b) riguarda i
 dipendenti  con  anzianita' non inferiore a 31 anni (per costoro vale
 il termine del 1 gennaio 1996) e infine con la  lettera  c),  qui  in
 esame,  il  dato  obiettivo della ridotta anzianita' (inferiore ai 31
 anni)  porta  a  un  piu'  incisivo  differimento   del   trattamento
 pensionistico,  temperato  dalla  disposizione  di  cui al successivo
 comma 8, che  ammette  la  revoca  delle  domande  di  pensionamento,
 ancorche' accettate dagli enti di appartenenza.
   3.   -  Non  bisogna  dimenticare  che  queste  misure,  di  natura
 eccezionale, sono valse a fronteggiare  una  situazione  economica  e
 finanziaria  di  notevole  gravita'  e  si  inseriscono  in un quadro
 composito di provvedimenti tesi a contenere  la  spesa  pubblica  nel
 settore  della previdenza.   Tale finalita' di risanamento ha imposto
 l'adozione di norme restrittive che hanno  inciso  sulle  aspettative
 che erano maturate con riferimento alla legislazione  previgente.
   Nel  caso  in  esame,  l'obiettivo  di riequilibrio del bilancio si
 coniuga con il chiaro disfavore per il  pensionamento  volontario  di
 dipendenti   ancora   lontani   da   una   significativa   anzianita'
 contributiva;  ne'  si  puo'  invocare  a  sostegno  del  dubbio   di
 legittimita' costituzionale la necessita' di garantire la continuita'
 delle   prestazioni  durante  l'anno  scolastico,  perche'  la  norma
 denunciata opera sulla decorrenza del trattamento  pensionistico,  al
 fine  di  scoraggiare  l'esodo dei piu' giovani, e non sull'efficacia
 delle dimissioni nell'ambito dell'anno scolastico.
   Non vale dunque  il  richiamo  alle  peculiarita'  dell'ordinamento
 scolastico,  nei  termini  suggeriti  dal  rimettente,  e  tanto meno
 convince il riferimento agli articoli 36  e  38  della  Costituzione,
 giacche' l'effetto economico negativo subito dagli interessati deriva
 da  un  loro  atto  volontario, che poteva essere revocato su istanza
 degli stessi dipendenti, avendo costoro la facolta'  di  ritirare  la
 domanda   di   pensionamento,  ancorche'  accettata,  secondo  quanto
 disposto dall'art.  13, comma 8, della citata legge n. 724.
   La questione deve essere quindi dichiarata non fondata.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  13,  comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1994, n.
 724 (Misure di razionalizzazione  della  finanza  pubblica),  nonche'
 dell'art.  1,  comma 31, primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n.
 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),
 sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  3,   36   e   38   della
 Costituzione,  dalla  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
 regione Veneto, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 16 luglio 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
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