N. 409 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 1999
N. 409 Ordinanza emessa il 27 gennaio 1999 dal tribunale amministrativo regionale per le Marche sul ricorso proposto da Cecconi Nadia ed altri contro il Ministero delle finanze Impiego pubblico - Somme erogate al personale del comparto Ministeri, per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, legge n. 312/1980 - Esclusione della rivalutazione monetaria e degli interessi - Ingiustificata deroga al principio di debenza degli interessi sui crediti monetari - Incidenza sul principio di azione e di tutela giurisdizionale, di retribuzione proporzionata ed adeguata, di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Indebita interferenza sul potere giurisdizionale. (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4). (Cost., artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113).(GU n.35 del 1-9-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 380 del 1996 proposto da Cecconi Nadia, Coccioli Aldo, Davoli Vincenzo, De Martini M. Luisa, De Petris Giancarlo e Polimeni Ivana, rappresentati e difesi dall'avv. Sergio Boldrini, elettivamente domiciliati in Ancona, al corso Mazzini n. 170; Contro il Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore, non costituito in giudizio, per l'accertamento del diritto dei ricorrenti a vedersi corrisposti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme tardivamente erogate dall'Amministrazione a seguito del loro disposto inquadramento, ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la memoria prodotta dai ricorrenti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 27 gennaio 1999, il consigliere Galileo Omero Manzi; Udito l'avv. Franco Boldrini, sostituto processuale dell'avv. Sergio Boldrini, per i ricorrenti; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con atto notificato il 2 aprile 1996, depositato l'11 aprile 1996, la sig.ra Cecconi Nadia ed altri cinque consorti in lite, asserendo di essere dipendenti del Ministero delle finanze, in servizio nella provincia di Ancona, e di essere stati inquadrati in superiore qualifica dal 1 luglio 1978, ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, hanno chiesto l'accertamento del diritto al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle maggiori retribuzioni tardivamente corrisposte dall'Amministrazione datrice di lavoro, per effetto del loro superiore inquadramento rispetto ai termini previsti dalla legge per il perfezionamento del relativo procedimento di attribuzione della nuova qualifica e del superiore livello retributivo. L'Amministrazione, benche' ritualmente evocata in causa, non si e' costituita in giudizio. Con memoria depositata il 2 dicembre 1998, i ricorrenti hanno insistito per l'accoglimento del ricorso. D i r i t t o 1. - La questione posta con il ricorso e' stata gia' esaminata sia da questo tribunale (v. sentenze 20 novembre 1997, n. 1172; 15 gennaio 1999, n. 6, decise nella camera di consiglio del 18 novembre 1998), che dal Consiglio di Stato (sez. IV, 27 settembre 1993, n. 799; 2 maggio 1995, n. 278; sez. VI, 26 maggio 1997, n. 747), nel senso che interessi e rivalutazione monetaria sugli emolumenti retributivi tardivamente corrisposti ai dipendenti statali, a seguito del loro inquadramento ex art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, competono a decorrere dall'8 novembre 1988, allorche' e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la delibera 28 settembre 1988 della commissione paritetica di cui all'art. 10 della medesima legge, con la quale e' stata determinata la corrispondenza tra le precedenti qualifiche ed i nuovi profili professionali istituiti con la sopravvenuta legge n. 312 del 1980. Di conseguenza, secondo le conclusioni cui e' pervenuta la richiamata giurisprudenza, ai fini del perfezionamento del complesso procedimento di inquadramento dei dipendenti dello Stato, nel contesto delle nuove qualifiche funzionali individuate in sede di riassetto retributivo-funzionale disposto dalla richiamata legge n. 312 del 1980, le diverse Amministrazioni di appartenenza dei dipendenti risultavano costituite in mora alla riferita data dell'8 novembre 1988, in quanto, a seguito della pubblicazione della tabella di equiparazione tra le precedenti qualifiche ed i nuovi profili professionali, non si frapponeva piu' alcuna preclusione od impedimento procedimentale per la formalizzazione dei nuovi inquadramenti sulla base delle diverse mansioni lavorative effettivamente svolte, rispetto alla qualifica di effettiva titolarita', ai sensi di quanto previsto dall'art. 3, ottavo comma, della richiamata legge n. 312 del 1980. Cio' comporta che il credito di lavoro del dipendente interessato a tale operazione di reinquadramento e' venuto ad esistenza, ai fini della decorrenza della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi, alla data di pubblicazione della richiamata deliberazione della commissione paritetica per l'inquadramento, costituendo tale delibera l'atto conclusivo del procedimento amministrativo devoluto dalla legge ai competenti organi, nel quale si sono sostanziate le opzioni discrezionali e valutative in base alle quali e' stato in concreto possibile il nuovo inquadramento. In relazione a quanto precisato, il collegio non ha motivo di discostarsi dall'orientamento fin qui seguito dal tribunale in conformita' all'indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato e, quindi, il ricorso andrebbe accolto, avendo i ricorrenti diritto al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle retribuzioni differenziali spettanti per effetto dell'accennato inquadramento ex art. 4, ottavo comma della legge n. 312 del 1980 e tardivamente corrisposte rispetto alla richiamata data dell'8 novembre 1988, a decorrere da tale termine fino al giorno dell'effettivo pagamento delle stesse. 2. - Tuttavia l'accoglimento del ricorso risulta attualmente precluso dalla sopravvenuta disposizione dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica collegate alla legge finanziaria per l'anno 1999 (legge 23 dicembre 1998, n. 449), il quale ha espressamente stabilito che "le somme corrisposte al personale del comparto ministeriale per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 ... non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria". Cio' comporta, dunque, ai fini che qui interessa, la impossibilita' per il giudice adito di acclarare la sussistenza di un diritto di credito espressamente disconosciuto dal legislatore il quale, secondo il collegio, con la previsione normativa richiamata non ha dato luogo ad alcuna interpretazione delle norme vigenti, come sembrerebbe desumersi dalla titolazione dell'art. 26 della legge n. 448 del 1998, per cui deve escludersi qualsiasi efficacia retroattiva, propria delle norme di interpretazione autentica, del disposto disconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria dello speciale credito retributivo di cui si controverte, attesa la sostanziale precettivita' del divieto di pagamento di interessi, la cui operativita' viene a concretizzarsi solo per crediti non ancora riconosciuti in sede giudiziaria alla data del 1 gennaio 1999 di efficacia del divieto suddetto. Cio' posto, non vi e' dubbio che anche nella prospettiva della affermata natura non interpretativa e, quindi, non retroattiva della norma suddetta, per quanto riguarda il caso che occupa, secondo il collegio, la innovativa previsione legislativa si rivela comunque di ostacolo alla valorizzazione del richiamato orientamento della giurisprudenza amministrativa, favorevole al riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria delle retribuzioni differenziali tardivamente corrisposte ai ricorrenti, ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, poiche' e' indubitabile che la nuova norma che disconosce tale pretesa patrimoniale trovi piena applicazione nei giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza. 3. - In relazione a tale circostanza, in forza dei poteri riconosciuti dall'art. 134 della Costituzione e dall'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il collegio ravvisa la necessita' di sollevare d'ufficio eccezione di incostituzionalita' del citato art. 26, comma 4 della legge 23 dicembre 1998, n. 48, attesa la riconosciuta rilevanza e non manifesta infondatezza dei dubbi di incostituzionalita' dalla medesima ingenerati in rapporto ai principi affermati dagli artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113 della Corte costituzionale. Le sollevate questioni di possibile contrasto costituzionale sono sicuramente rilevanti per la decisione della causa, se si considera l'evidente nesso di strumentalita' esistente tra la norma sospettata di incostituzionalita' e la risoluzione del giudizio de quo, per la cui decisione si impone necessariamente l'applicazione di detta disposizione normativa, la cui chiara enunciazione dispositiva e precettiva non consente al collegio di privilegiare una diversa soluzione interpretativa favorevole ai ricorrenti diretta a fugare il sospetto di contrasto con le accennate norme della Corte costituzionale. Parimenti, la questione appare non manifestamente infondata, considerato che il solo profilarsi di un dubbio di incostituzionalita' impone al giudice, ex art. 23 della legge n. 87 del 1953, di provocare l'intervento della Corte. 3.A. - In particolare, secondo il collegio, la prevista esclusione operata dall'art. 26, comma 4, della legge n. 448 del 1998 della corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme dovute e tardivamente corrisposte a seguito del definitivo inquadramento ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, si pone in primo luogo in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, poiche' in tal modo si sottopongono i crediti considerati, in conseguenza dell'inadempimento dei rispettivi debiti, ad un trattamento risarcitorio deteriore rispetto a quello previsto per ogni altro credito di qualsiasi genere ed anche da lavoro dipendente, senza la sussistenza di peculiarita' differenziatrici. Non solo, ma la stessa norma, con l'esclusione del previsto ristoro dell'inadempimento dei crediti retributivi suddetti, viene ad ingenerare una ingiusta discriminazione tra i dipendenti statali che vantano crediti identici nei confronti dell'Amministrazione, alcuni dei quali hanno visto riconosciuto il diritto alla percezione della rivalutazione monetaria e degli interessi legali per effetto di pronunce giudiziarie e magari hanno anche ottenuto la liquidazione delle relative spettanze, mentre altri, nonostante si siano parimenti attivati in sede giudiziaria per ottenere il soddisfacimento delle loro pretese patrimoniali, si sono tuttavia visti ingiustamente pregiudicare le proprie aspettative per effetto dell'intervento del legislatore sospettato di incostituzionalita', il quale, in tal modo, si ritiene abbia violato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, attesa la omogeneita' delle situazioni giuridiche per le quali la legge in questione ha previsto una regolamentazione differenziata. 3.B. - Secondo il collegio, la norma di cui si controverte si pone sotto altro profilo ugualmente in contrasto con l'art. 36 della Costituzione, poiche' viene a vulnerare il diritto alla giusta retribuzione, mediante la sostanziale preclusione della operativita' dei sistemi di garanzia della realita' della retribuzione stessa, dal momento che, senza il riconoscimento della rivalutazione, si determina un ingiustificato depauperamento del contenuto economico dello stesso trattamento retributivo, a fronte del ritardo con cui il medesimo viene materialmente corrisposto. 3.C. - Vi e' da rilevare inoltre che il sospetto di illegittimita' dell'art. 26, comma 4 della legge n. 448 del 1998 si estende anche alla violazione degli artt. 24, 102, 103 e 113 della Costituzione, in quanto, di fatto, con l'accennato innovativo intervento di disconoscimento del diritto alla rivalutazione dei crediti retributivi, in contrasto con l'orientamento della giurisprudenza, il legislatore ha di fatto vanificato il diritto costituzionale di tutela giurisdizionale riconosciuto dall'art. 24 della Carta fondamentale, attesa la evidente applicabilita' della nuova norma anche in giudizi tuttora pendenti, quale e' quello di cui e' causa, promosso proprio per il riconoscimento del suddetto beneficio economico a titolo di sanzione patrimoniale del ritardo nell'adempimento dell'obbligazione retributiva principale. La lesione della suddetta posizione soggettiva costituzionalmente garantita, si e' accompagnata con una illegittima interferenza nella sfera di attribuzione del potere giurisdizionale riconosciuto dall'art. 102 della Costituzione e, piu' in particolare, dagli artt. 103 e 113, per quanto riguarda le prerogative di tutela riservate al giudice amministrativo nei confronti degli atti e dei comportamenti della pubblica amministrazione. Infatti, se e' vero che i precetti richiamati non vietano che il legislatore ordinario possa variamente disciplinare il diritto di difesa quale espressione della tutela giurisdizionale, in funzione di superiori interessi di giustizia, subordinandone eventualmente l'esercizio all'esperimento di una procedura ammnistrativa cio' non toglie tuttavia che sussistono limiti ad una simile discrezionalita', fra cui il principale e' rappresentato dalla condizione che l'esercizio del diritto di difesa sia garantito in modo effettivo ed adeguato alle circostanze. Donde, in riferimento a tale principio, ritiene il collegio che il limite anzidetto risulti ampiamente superato allorquando, come nel caso di specie, il legislatore intervenga successivamente all'esercizio dell'azione giudiziaria con disposizioni preclusive ed innovative preordinate, in sostanza, a vanificare la tutela giurisdizionale. Peraltro, lo stesso insegnamento della Corte costituzionale e' nel senso che violano l'art. 24 della Costituzione quelle norme che, intervenendo nel corso di un giudizio, recano una nuova disciplina sostanziale di segno opposto alle richieste degli attori di quel processo ed alle interpretazioni giurisprudenziali ad essi favorevoli (cfr.: Corte costituzionale, sentenza 10 aprile 1987, n. 123, in riferimento all'art. 10, primo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425). 3.D. - Ad avviso del collegio, la norma in questione presenta un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, in quanto il sopravvenuto disconoscimento legislativo del diritto alla rivalutazione del credito retributivo vantato dai ricorrenti nei confronti dell'Amministrazione statale, si pone in contrasto anche con il principio di buon andamento e di imparzialita' affermato dall'art. 97 della Costituzione, a cui deve essere improntata l'azione dal momento che in tal modo si introduce una ingiustificata deroga a favore dello Stato al principio fondamentale di liquidazione dei debiti liquidi ed esigibili. 4. - In conclusione, poiche' in relazione a quanto precisato tutte le delineate questioni di incostituzionalita' dell'art 26, comma 4, della legge n. 448 del 1998 sono rilevanti, nonche' non manifestamente infondate, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma, rimanendo sospeso il presente giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativamente alla prevista non corresponsione della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme erogate al personale del comparto Ministeri, per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, per contrasto con gli artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, rimanendo sospeso il presente giudizio; Ordina alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' di comunicarla al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999. Il presidente: Venturini Il consigliere estensore: Manzi 99C0800