N. 482 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 1999

                               N. 482
  Ordinanza  emessa  il  27  gennaio 1999 dal tribunale amministrativo
 regionale per le Marche sul ricorso da  Fiorani  Fiorenza  contro  il
 Ministero delle finanze
 Impiego pubblico - Somme erogate al personale del comparto Ministeri,
    per   effetto   dell'inquadramento   definitivo  nelle  qualifiche
    funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, legge n.  312/1980
    -  Esclusione  della  rivalutazione  monetaria e degli interessi -
    Ingiustificata deroga al principio di debenza degli interessi  sui
    crediti   monetari   -  Incidenza  sui  principi  di  retribuzione
    proporzionata  ed  adeguata,   di   tutela   giurisdizionale,   di
    imparzialita'  e buon andamento della p.a. - Indebita interferenza
    sul potere giurisdizionale - Lesione del diritto di azione.
 (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4).
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113).
(GU n.39 del 29-9-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n.  625  del  1996
 proposto  da  Fiorani  Fiorenza,  rappresentata  e  difesa, dall'avv.
 Antonio Di Stasi,  elettivamente  domiciliato  in  Ancona,  al  corso
 Stamira n.  29;
   Contro  il  Ministero  delle  finanze,  in    persona  del Ministro
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Distrettuale
 dello  Stato  di  Ancona,  presso  il  cui ufficio e' domiciliato per
 legge, alla piazza Cavour n. 29, per l'accertamento del diritto della
 ricorrente  a  vedersi  corrisposti  gli  interessi   legali   e   la
 rivalutazione    monetaria    sulle    somme   tardivamente   erogate
 dall'Amministrazione a seguito del  suo  disposto  inquadramento,  ai
 sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  del  Ministero delle
 finanze;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore, alla pubblica udienza del 27 gennaio 1999, il consigliere
 Galileo Omero Manzi;
   Udito  l'avvocato  dello  Stato  A.  Honorati per l'Amministrazione
 resistente;
   Nessuno comparso per la parte ricorrente;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con atto notificato il 16 maggio  1996,  depositato  il  29  maggio
 1996, la signora Fiorana Fiorenza, asserendo di essere dipendente del
 Ministero  delle finanze, in servizio nella Provincia di Ancona, e di
 essere stata inquadrata in superiore qualifica dal 1 luglio 1978,  ai
 sensi  dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312,
 ha chiesto l'accertamento del diritto al  pagamento  degli  interessi
 legali  e  della  rivalutazione monetaria sulle maggiori retribuzioni
 tardivamente corrisposte dall'Amministrazione datrice di lavoro,  per
 effetto  del suo superiore inquadramento rispetto ai termini previsti
 dalla legge per  il  perfezionamento  del  relativo  procedimento  di
 attribuzione   della   nuova   qualifica   e  del  superiore  livello
 retributivo.
   Il Ministero delle finanze si e' costituito in giudizio in  data  5
 giugno  1997  e,  pur concludendo per la reiezione del ricorso, ha di
 fatto riconosciuta legittima la pretesa della ricorrente di  ottenere
 la  liquidazione  di  somme  a  titolo  di rivalutazione monetaria ed
 interessi  legali  delle  retribuzioni   differenziali   tardivamente
 corrisposte per effetto del suo superiore inquadramento rispetto alla
 data dell'8 novembre 1988.
                             D i r i t t o
   1.  - La questione posta con il ricorso e' stata gia' esaminata sia
 da questo tribunale (v.  sentenze  20  novembre  1997,  n.  1172;  15
 gennaio  1999, n. 6, decise nella camera di consiglio del 18 novembre
 1998), che dal Consiglio di Stato (sez. IV,  27  settembre  1993,  n.
 799;  2  maggio  1995,  n.  278; sez. VI 26 maggio 1997, n. 747), nel
 senso  che  interessi  e  rivalutazione  monetaria  sugli  emolumenti
 retributivi tardivamente corrisposti ai dipendenti statali, a seguito
 del  loro  inquadramento  ex art. 4, ottavo comma, della legge n. 312
 del 1980, competono a decorrere dall'8 novembre  1988,  allorche'  e'
 stata  pubblicata  sulla Gazzetta Ufficiale la delibera. 28 settembre
 1988 della Commissione paritetica di cui all'art. 10  della  medesima
 legge,  con  la  quale  e' stata determinata la corrispondenza tra le
 precedenti qualifiche ed i nuovi profili professionali istituiti  con
 la sopravvenuta legge n. 312 del 1980.
   Di   conseguenza,  secondo  le  conclusioni  cui  e'  pervenuta  la
 richiamata giurisprudenza, ai fini del perfezionamento del  complesso
 procedimento   di  inquadramento  dei  dipendenti  dello  Stato,  nel
 contesto delle nuove qualifiche funzionali  individuate  in  sede  di
 riassetto  retributivo-funzionale  disposto dalla richiamata legge n.
 312  del  1980,  le  diverse  Amministrazioni  di  appartenenza   dei
 dipendenti  risultavano  costituite in mora alla riferita data dell'8
 novembre 1988, in quanto, a seguito della pubblicazione della tabella
 di equiparazione tra le precedenti  qualifiche  ed  i  nuovi  profili
 professionali,   non   si   frapponeva  piu'  alcuna  preclusione  od
 impedimento  procedimentale  per   la   formalizzazione   dei   nuovi
 inquadramenti   sulla   base   delle   diverse   mansioni  lavorative
 effettivamente  svolte,  rispetto   alla   qualifica   di   effettiva
 titolarita',  ai  sensi di quanto previsto dall'art. 3, ottavo comma,
 della richiamata legge n. 312 del 1980.
   Cio' comporta che il credito di lavoro del dipendente interessato a
 tale operazione di reinquadramento e' venuto ad  esistenza,  ai  fini
 della  decorrenza  della  rivalutazione  monetaria  e degli interessi
 compensativi,   alla   data   di   pubblicazione   della   richiamata
 deliberazione   della  Commissione  paritetica  per  l'inquadramento,
 costituendo  tale  delibera  l'atto   conclusivo   del   procedimento
 amministrativo  devoluto  dalla legge ai competenti organi, nel quale
 si sono sostanziate le opzioni discrezionali  e  valutative  in  base
 alle quali e' stato in concreto possibile il nuovo inquadramento.
   In  relazione  a  quanto  precisato,  il  Collegio non ha motivo di
 discostarsi  dall'orientamento  fin  qui  seguito  dal  tribunale  in
 conformita' all'indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato
 e,  quindi, il ricorso andrebbe accolto, avendo la ricorrente diritto
 al pagamento della rivalutazione monetaria e degli  interessi  legali
 sulle retribuzioni differenziali spettanti per effetto dell'accennato
 inquadramento ex art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, e
 tardivamente   corrisposte   rispetto  alla  richiamata  data  dell'8
 novembre  1988,  a  decorrere  da  tale  termine   fino   al   giorno
 dell'effettivo pagamento delle stesse.
   2.  -  Tuttavia,  l'accoglimento  del  ricorso  risulta attualmente
 precluso dalla sopravvenuta disposizione dell'art. 26, comma 4, della
 legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure  di  finanza  pubblica
 collegate  alla  legge finanziaria per l'anno 1999 (legge 23 dicembre
 1998, n.  449), il quale ha espressamente  stabilito  che  "le  somme
 corrisposte  al  personale  del  comparto  ministeriale  per  effetto
 dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche  funzionali  ai  sensi
 dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 ... non
 danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria".
   Cio' comporta, dunque, ai fini che qui interessa, la impossibilita'
 per  il  giudice  adito  di acclarare la sussistenza di un diritto di
 credito  espressamente  disconosciuto  dal  Legislatore,  il   quale,
 secondo  il  Collegio,  con la previsione normativa richiamata non ha
 dato luogo  ad  alcuna  interpretazione  delle  norme  vigenti,  come
 sembrerebbe  desumersi dalla titolazione dell' art. 26 della legge n.
 448  del  1998,  per  cui   deve   escludersi   qualsiasi   efficacia
 retroattiva,  propria  delle  norme di interpretazione autentica, del
 disposto disconoscimento del  diritto  alla  rivalutazione  monetaria
 dello  speciale  credito retributivo di cui si controverte, attesa la
 sostanziale precettivita' del divieto di pagamento di  interessi,  la
 cui  operativita'  viene a concretizzarsi solo per crediti non ancora
 riconosciuti in sede giudiziaria alla data  del  1  gennaio  1999  di
 efficacia del divieto suddetto.
   Cio'  posto,  non  vi  e'  dubbio che anche nella prospettiva della
 affermata natura non interpretativa e, quindi, non retroattiva  della
 norma  suddetta,  per  quanto riguarda il caso che occupa, secondo il
 Collegio, la innovativa previsione legislativa si rivela comunque  di
 ostacolo   alla  valorizzazione  del  richiamato  orientamento  della
 giurisprudenza  amministrativa,  favorevole  al  riconoscimento   del
 diritto alla rivalutazione monetaria delle retribuzioni differenziali
 tardivamente  corrisposte  alla  ricorrente,  ai  sensi  dell'art. 4,
 ottavo comma, della legge n. 312 del 1980,  poiche'  e'  indubitabile
 che  la  nuova  norma  che disconosce tale pretesa patrimoniale trovi
 piena  applicazione  nei  giudizi  pendenti  non  ancora definiti con
 sentenza.
   3.  -  In  relazione  a  tale  circostanza,  in  forza  dei  poteri
 riconosciuti  dall'art.  134  della  Costituzione e dall'art. 1 della
 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dall'art. 23 della legge
 11 marzo 1953, n.  87, il Collegio ravvisa la necessita' di sollevare
 d'ufficio eccezione di incostituzionalita' del citato art. 26,  comma
 4,  della  legge  23  dicembre  1998,  n.  48, attesa la riconosciuta
 rilevanza   e   non   manifesta    infondatezza    dei    dubbi    di
 incostituzionalita' dalla medesima ingenerati in rapporto ai principi
 affermati  dagli  artt.  3,  24,  36,  97, 102, 103 e 113 della Corte
 costituzionale.
   Le sollevate questioni di possibile contrasto  costituzionale  sono
 sicuramente  rilevanti  per la decisione della causa, se si considera
 l'evidente nesso di strumentalita' esistente fra la norma  sospettata
 di  incostituzionalita'  e la risoluzione del giudizio de quo, per la
 cui decisione  si  impone  necessariamente  l'applicazione  di  detta
 disposizione  normativa,  la  cui  chiara  enunciazione dispositiva e
 precettiva non consente  al  Collegio  di  privilegiare  una  diversa
 soluzione  interpretativa favorevole alla ricorrente diretta a fugare
 il  sospetto  di  contrasto  con  le  accennate  norme  della   Corte
 costituzionale.
   Parimenti,   la  questione  appare  non  manifestamente  infondata,
 considerato   che   il   solo   profilarsi   di    un    dubbio    di
 incostituzionalita'  impone  al giudice, ex art. 23 della legge n. 87
 del 1953, di provocare l'intervento della Corte.
   3/A - In particolare, secondo il Collegio, la  prevista  esclusione
 operata  dall'art.  26,  comma  4,  della legge n. 448 del 1998 della
 corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria  sulle
 somme  dovute  e  tardivamente  corrisposte  a seguito del definitivo
 inquadramento ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge n.  312
 del 1980, si pone in primo luogo in contrasto con gli artt.  3  e  36
 della  Costituzione,  poiche'  in  tal modo si sottopongono i crediti
 considerati, in conseguenza dell'inadempimento dei rispettivi debiti,
 ad un trattamento risarcitorio deteriore rispetto a  quello  previsto
 per  ogni  altro  credito  di  qualsiasi  genere  ed  anche da lavoro
 dipendente, senza la sussistenza di peculiarita' differenziatrici.
   Non solo, ma la stessa norma, con l'esclusione del previsto ristoro
 dell'inadempimento  dei  crediti  retributivi  suddetti,   viene   ad
 ingenerare  una ingiusta discriminazione tra i dipendenti statali che
 vantano crediti identici nei confronti  dell'Amministrazione,  alcuni
 dei  quali  hanno visto riconosciuto il diritto alla percezione della
 rivalutazione monetaria e  degli  interessi  legali  per  effetto  di
 pronunce  giudiziarie  e  magari hanno anche ottenuto la liquidazione
 delle relative spettanze, mentre altri, nonostante si siano parimenti
 attivati in sede giudiziaria per ottenere  il  soddisfacimento  delle
 loro  pretese  patrimoniali,  si  sono  tuttavia  visti ingiustamente
 pregiudicare le proprie aspettative per effetto  dell'intervento  del
 Legislatore sospettato di incostituzionalita', il quale, in tal modo,
 si  ritiene abbia violato il principio di uguaglianza di cui all'art.
 3  della  Costituzione,  attesa  la  omogeneita'   delle   situazioni
 giuridiche  per  le  quali  la  legge  in  questione  ha previsto una
 regolamentazione differenziata.
   3/B  -  Secondo il Collegio, la norma di cui si controverte si pone
 sotto altro profilo ugualmente  in  contrasto  con  l'art.  36  della
 Costituzione,  poiche'  viene  a  vulnerare  il  diritto  alla giusta
 retribuzione, mediante la sostanziale preclusione della  operativita'
 dei sistemi di garanzia della realita' della retribuzione stessa, dal
 momento   che,   senza  il  riconoscimento  della  rivalutazione,  si
 determina un ingiustificato depauperamento  del  contenuto  economico
 dello stesso trattamento retributivo, a fronte del ritardo con cui il
 medesimo viene materialmente  corrisposto.
   3/C  -  Vi e' da rilevare inoltre che il sospetto di illegittimita'
 dell'art. 26, comma 4, della legge n. 448 del  1998 si estende  anche
 alla violazione degli artt. 24, 102, 103 e 113 della Costituzione, in
 quanto,   di   fatto,   con   l'accennato  innovativo  intervento  di
 disconoscimento  del   diritto   alla   rivalutazione   dei   crediti
 retributivi,  in  contrasto  con l'orientamento della giurisprudenza,
 legislatore ha di  fatto  vanificato  il  diritto  costituzionale  di
 tutela   giurisdizionale   riconosciuto   dall'art.  24  della  Carta
 fondamentale, attesa la evidente  applicabilita'  della  nuova  norma
 anche  in  giudizi tuttora pendenti, quale e' quello di cui e' causa,
 promosso  proprio  per  il  riconoscimento  del  suddetto   beneficio
 economico   a   titolo   di   sanzione   patrimoniale   del   ritardo
 nell'adempimento dell'obbligazione retributiva principale.
   La lesione della suddetta posizione  soggettiva  costituzionalmente
 garantita,  si e' accompagnata con una illegittima interferenza nella
 sfera  di  attribuzione  del  potere   giurisdizionale   riconosciuto
 dall'art.  102 della Costituzione e, piu' in particolare, dagli artt.
 103  e 113, per quanto riguarda le prerogative di tutela riservate al
 giudice amministrativo nei confronti degli atti e  dei  comportamenti
 della pubblica amministrazione.
   Infatti,  se  e'  vero che i precetti richiamati non vietano che il
 legislatore ordinario possa variamente  disciplinare  il  diritto  di
 difesa quale espressione della tutela giurisdizionale, in funzione di
 superiori   interessi   di  giustizia,  subordinandone  eventualmente
 l'esercizio all'esperimento di una procedura amministrativa, cio' non
 toglie tuttavia che sussistono limiti ad una simile discrezionalita',
 fra  cui  il  principale  e'  rappresentato  dalla   condizione   che
 l'esercizio  del diritto di difesa sia garantito in modo effettivo ed
 adeguato alle circostanze.
   Donde, in riferimento a tale principio, ritiene il Collegio che  il
 limite  anzidetto  risulti  ampiamente superato allorquando, come nel
 caso   di   specie,   il   legislatore   intervenga   successivamente
 all'esercizio  dell'azione giudiziaria con disposizioni preclusive ed
 innovative  preordinate,  in  sostanza,  a   vanificare   la   tutela
 giurisdizionale.
   Peraltro,  lo stesso insegnamento della Corte costituzionale e' nel
 senso che violano l'art. 24  della  Costituzione  quelle  norme  che,
 intervenendo  nel  corso  di un giudizio, recano una nuova disciplina
 sostanziale di segno opposto alle  richieste  degli  attori  di  quel
 processo ed alle interpretazioni giurisprudenziali ad essi favorevoli
 (cfr.:  Corte  costituzionale,  sentenza  10  aprile 1987, n. 123, in
 riferimento all'art. 10, primo comma, della legge 6 agosto  1984,  n.
 425).
   3/D  -  Ad  avviso  del Collegio, la norma in questione presenta un
 ulteriore profilo di  illegittimita'  costituzionale,  in  quanto  il
 sopravvenuto    disconoscimento    legislativo   del   diritto   alla
 rivalutazione del credito retributivo vantato  dalla  ricorrente  nei
 confronti  dell'Amministrazione  statale,  si pone in contrasto anche
 con il principio di  buon  andamento  e  di  imparzialita'  affermato
 dall'art.  97  della  Costituzione,  a  cui  deve  essere  improntata
 l'azione della pubblica amministrazione, dal momento che in tal  modo
 si  introduce  una  ingiustificata  deroga  a  favore  dello Stato al
 principio  fondamentale  di  liquidazione  dei  debiti   liquidi   ed
 esigibili.
   4.  -  In  conclusione,  poiche' in relazione a quanto precisato le
 delineate questioni di incostituzionalita'  dell'art.  26,  comma  4,
 della   legge   n.   448   del   1998  sono  rilevanti,  nonche'  non
 manifestamente infondate, va disposta la trasmissione degli atti alla
 Corte   costituzionale   per   la   pronuncia   sulla    legittimita'
 costituzionale  della suindicata norma, rimanendo sospeso il presente
 giudizio, ai sensi dell'art.  23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 incostituzionalita'  dell'art.  26,  comma 4, della legge 23 dicembre
 1998, n 448, relativamente alla  prevista  non  corresponsione  della
 rivalutazione  monetaria  e  degli  interessi  sulle somme erogate al
 personale del  comparto  Ministeri,  per  effetto  dell'inquadramento
 definitivo  nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo
 comma, della legge 11 luglio 1980, n.  312,  per  contrasto  con  gli
 artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113 della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, rimanendo sospeso il presente giudizio;
   Ordina alla segreteria di notificate  la  presente  ordinanza  alle
 parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche'
 di  comunicarla  al  Presidente  della  Camera  dei  deputati  ed  al
 Presidente del Senato della Repubblica.
   Cosi'  deciso  in  Ancona, nella camera di consiglio del 27 gennaio
 1999.
                       Il presidente: Venturini
                                           Il consigliere, est.: Manzi
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