N. 537 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 1999
N. 537 Ordinanza emessa il 18 giugno 1999 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra S.r.l. Duebi e il comune di Milano Sanzioni amministrative - Contestazione e notificazione delle violazioni - Possibilita' di immediata impugnazione giudiziale dell'atto di accertamento - Esclusione - Differimento della tutela giurisdizionale fino al momento, futuro e indeterminato, in cui sara' notificata l'ordinanza-ingiunzione - Violazione del diritto di difesa - Contrasto con il principio di immediata impugnabilita' degli atti davanti alla magistratura - Disparita' di trattamento Violazione del principio del giudice naturale. Affisioni pubbliche - Violazione di disposizoni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicita' - Applicazione delle sanzioni amministrative - Osservanza, a tal fine, delle norme contenute nel capo I della legge n. 689/1981 (e, in particolare, degli artt. 18 e 22) - Previsione reintrodotta, dopo la sua abrogazione, con effetto a decorrere dal 1 aprile 1998 - Asserita violazione del principio di non retroattivita' delle leggi rispetto alla data di pubblicazione. (D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, artt. 4, comma 3, combinato disposto e 5; legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 18, combinato disposto e 22). (Cost., art. 3, 24, 25, primo e secondo comma, e 113; preleggi art. 11; convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e della liberta' fondamentali, artt. 6 e 13.(GU n.41 del 13-10-1999 )
IL PRETORE F a t t o Con ricorso al pretore di Milano, depositato in data 10 aprile 1998, la S.r.l. Duebi, con sede in Milano, via privata Maria Teresa, 6, ha chiesto l'annullamento di molteplici verbali di accertamento di violazioni del regolamento comunale sulla pubblicita' del comune di Milano. A sostegno della introdotta domanda l'istante ha eccepito la nullita' di una parte dei verbali impugnati in quanto notificati oltre il termine prescrizionale di centocinquanta giorni dalla violazione, sancito dall'art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 507/1993; l'istante ha inoltre eccepito la violazione dell'art. 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche' la sussistenza di molteplici vizi giuridici, tra i quali: erroneo richiamo della norma regolamentare violata; mancanza di indicazione dell'autorita' cui proporre l'impugnazione; mancata indicazione del responsabile del procedimento; mancata applicazione della normativa in materia di continuazione; trattandosi di "piu' violazioni della stessa disposizione". Costituitosi in giudizio il comune di Milano a mezzo dell'avvocatura comunale, eccepiva preliminarmente che l'art. 22 della legge 16 ottobre 1981, n. 689, non ammette il ricorso al pretore avverso i verbali di accertamento, bensi' soltanto avverso le successive ordinanze-ingiunzioni: sicche' il ricorso doveva dichiararsi inammissibile. La ricorrente Duebi contrapponeva che, ove fosse ritenuta applicabile l'obsoleta normativa di cui alla legge n. 689/1981, in tale ipotesi era necessario rimettere la questione alla Corte costituzionale, in quanto detta normativa appariva largamente viziata per violazione di diversi principi costituzionali. D i r i t t o Al fine di puntualizzare e schematizzare la situazione giuridica venutasi a creare, che ingenera anche una rilevante confusione ed incertezza sul diritto applicabile, e' preliminarmente necessario esaminare la successione della legislazione intervenuta in materia di sanzioni amministrative: A) in tema di sanzioni amministrative in generale, il legislatore, in occasione della legge sulla cosiddetta "depenalizzazione" (legge 24 novembre 1981, n. 689), regolamento'. l'intera materia: si tratta peraltro di una legge vecchia di circa 18 anni, periodo nel quale molti e diversi principi sono stati sanciti in modo inequivocabile dalla Corte costituzionale; B) nei suddetti 18 anni inoltre, in tema sanzioni tributarie, ma anche in altre materie - si pensi alle sanzioni in tema di circolazione stradale, o a quelle in tema di inquinamenti - molta e diversa legislazione e' intervenuta: ma mai riferita alla normativa generale della citata legge n. 689/1981; soprattutto mai limitante o comprimente il diritto di difesa giudiziale; C) finalmente, con i tre d.lgs. nn. 471, 472 e 473, del 18 dicembre 1997, le "sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie" sono state regolamentate in coerenza ai principi sanciti dalla Corte costituzionale e comunque con tutte le dovute tutele del diritto di difesa giudiziale. I suddetti tre decreti legislativi sono entrati in vigore il 1 aprile 1998; D) in particolare, l'art. 12, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 473/1997 (nel capo IV, titolato "Sanzioni in materia di tributi locali") cosi' recitava: al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sono apportate "le seguenti modificazioni: ... (omissis) ...; b)nell'art. 24, comma 1, secondo periodo, le parole "si osservano le norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689" sono sostituite dalle seguenti: "si osserva la disciplina generale delle sanzioni amministrative per le violazioni delle norme tributarie": con cio' si superavano - entrata in vigore prevista per il 1 aprile 1998 - (anche per le sanzioni sulla pubblicita') le obsolete norme della legge n. 689/1981; E) tuttavia inopinatamente, e peraltro senza alcuna logicita' giuridica, l'art. 4, comma 3, del successivo d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203 ("Disposizioni integrative e correttive"), cosi recitava: al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell'art. 24, riguardante sanzioni amministrative in materia di imposta comunale sulla pubblicita' ..., al comma 1, secondo periodo, come modificato dall'art. 12, comma 1, lett. b), del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, le parole "si osserva la disciplina generale delle sanzioni amministrative per le violazioni tributarie" sono sostituite dalle seguenti: "si osservano le norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, o, per la violazione delle norme tributarie, quelle sulla disciplina generale delle relative sanzioni amministrative". L'entrata in vigore di detto d.lgs. n. 203/1998 era retroattiva, cioe' il 1 aprile 1998: e per di piu' rimetteva - pari pari - in vigore le obsolete norme della vecchia legge n. 689/1981, le quali appaiono incostituzionali sotto molteplici profili. La contraddittorieta' intrinseca - icto oculi - del descritto iter legislativo, nonche' la connessa confusione giuridica ingenerata, sono poi aggravate, se possibile, da due ulteriori "abnormi circostanze": il suddetto d.lgs. n. 203/1998, che e' dei primi di giugno, viene pubblicato soltanto un mese dopo sulla Gazzetta Ufficiale (il 1 luglio 1998), tuttavia con la declaratoria (art. 5) di efficacia retroattiva al 1 aprile 1998; per contro la circolare del Ministero delle finanze n. 180/E, pur essendo datata 10 luglio 1998 - la quale analizza ed interpreta l'articolato dell'intera normativa dei tre d.lgs. nn. 471, 472 e 473 -, non tiene minimamente conto del d.lgs n. 203, come se lo stesso neppure esistesse. Tutto cio' premesso, appaiono rilevanti e non manifestamente infondate: la questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 203 del 5 giugno 1998, sotto il profilo dell'illegittima irretroattivita'; la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - che dal suddetto decreto vengono rimessi in vigore - per i seguenti motivi: 1) la lesione dei diritti essenziali della difesa, e la violazione del principio della immediata impugnabilita' degli atti davanti alla magistratura, nonche' della certezza temporale dell'esercizio di tale diritto costituzionale; 2) la violazione del principio del giudice naturale. La situazione giuridica in essere, in applicazione della legge n. 689/1981. Il meccanismo di cui alla normativa della legge n. 689/1981 (comb. disp. degli artt. 16, 18 e 22 appare a giudizio del pretore "perverso ed illegittimo": in violazione di diversi principi costituzionali. La legge 24 novembre 1981, n. 689: per un verso, ammette il pagamento della sanzione in misura ridotta (pari alla terza parte del massimo) entro il termine tassativo di sessanta giorni dalla contestazione (art. 16); per altro verso, prevede solo la possibilita' di presentare (peraltro alla stessa autorita' che ha emesso la sanzione) scritti difensivi e documenti (art. 18) - al fine di contestare l'atto notificato -, ma non prevede alcun termine finale entro cui il comune deve rispondere a detti scritti difensivi. Sicche', in pratica, al soggetto che riceve la notifica di una sanzione amministrativa, la legge pone soltanto la seguente abnorme alternativa: o pagarla in misura ridotta, con cio' pero' rinunciando definitivamente a qualsiasi possibilita' di eccezione o contestazione, senza quindi alcuna possibilita' di difesa giudiziale davanti al giudice ordinario; ovvero presentare scritti difensivi ed attendere - e sperare - che l'amministrazione li valuti, e di conseguenza annulli d'ufficio la sanzione. Scelta tale seconda ipotesi, in carenza di risposta del comune che non ha alcun termine e quindi in sostanza non vi e' tenuto, il soggetto si ritrova a non potere piu' pagare la sanzione in misura ridotta - essendo nel frattempo decorsi i suddetti sessanta giorni -, e quindi potendo solo attendere la notifica della successiva ordinanza-ingiunzione, che peraltro costituisce gia' titolo esecutivo ad ogni effetto (art. 18, ultimo comma). Si deve solo aggiungere che la citata ordinanza-ingiunzione - che costituisce il primo atto dell'esecuzione -, portante il totale della sanzione (con l'aggiunta di spese ed interessi) avverso la quale soltanto la legge ammette finalmente il ricorso al giudice ordinario (art. 22), interviene "normalmente" molti anni dopo la contestazione della sanzione (in genere 4 o 5 anni dopo), cioe' in tempi non coerenti alla convulsa vita moderna. L'illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 203/1998. L'art. 25, secondo comma, della Costituzione, come l'art. 11 delle preleggi, escludono che una legge possa avere efficacia retroattiva rispetto alla data della sua pubblicazione: data che, nella specie, e' il 1 luglio 1998. Tutela costituzionale particolarmente ribadita per la legge penale ed in genere per la "normativa che attiene al quadro sanzionatorio" (come nella specie): a fortiori ove la retroattivita' non trova alcuna adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza, ponendosi anche in contrasto con altri principi e valori costituzionalmente protetti (cfr. Corte cost., sentt. n. 6, n. 153 e n. 397 del 1994; sentt. n. 68 e n. 376 del 1995). In effetti, l'art. 5 del citato d.lgs. n. 203/1998 stabilisce che "le disposizioni del presente decreto hanno effetto a decorrere dal 1 aprile 1998". La retroattivita' della particolare norma di cui all'art. 4, comma 3 - che modica "nuovamente" l'art. 24 del d.lgs. n. 507/1993 sulla pubblicita' -, appare dunque costituzionalmente illegittima e dovra' esser annullata dalla Corte. Le illegittimita' costituzionali degli artt. 18 e 22 della legge n. 689/1981. Poiche' il citato d.lgs. n. 203/1998 riporta in vigore, per le sanzioni, le norme di cui alla legge n. 689/1981, si evidenziano i possibili vizi costituzionali della stessa, che - in una parola - impediscono al cittadino di difendersi e di contestare, davanti al giudice ed in termini certi, le sanzioni che la p.a. gli notifica. Specificamente gli artt. 18 e 22 della legge n. 689/1981 appaiono viziati, in quanto violano la Costituzione, ed in particolare violano: l'art. 3, comma primo, (uguaglianza dei cittadini davanti alla legge); l'art. 24 (tutela giurisdizionale di diritti ed interessi legittimi): "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi". La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del "procedimento"; l'art. 25 (giudice naturale): "Nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge)"; l'art. 113 (immediata impugnabilita' degli atti della pubblica amministrazione davanti agli organi giurisdizionali): "Contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi". 1. - Lesione dei diritti essenziali della difesa e violazione del principio dell'immediata impugnabilita' degli atti davanti alla magistratura. La sanzione amministrativa per definizione e' l'atto conseguente alla violazione - rectius "Contestata violazione" - di una norma precettiva, che puo' avere natura sia legislativa che regolamentare. Nella fattispecie, il comune di Milano ha contestato molteplici violazioni di una norma del vigente regolamento sulla pubblicita', in quanto le "targhe su palo" esposte dalla ricorrente non riportavano tutte le indicazioni sulla previa autorizzazione amministrativa, necessarie a norma di regolamento. La contestazione di detta violazione e' avvenuta - come di norma - a mezzo di apposito verbale, redatto dalla vigilanza urbana, che e' stato notificato all'esponente insieme con l'atto che applicava la conseguente sanzione, indicata nel totale, nonche' nella misura parziale, per l'ipotesi di oblazione entro sessanta giorni (vedi docc. alleg., sub A), da 1) a 44); sub B da 1) a 83)). Detto atto amministrativo notificato (Che corrisponde in sede civilistica al decreto inguntivo) ha piena ed immediata efficacia imponendo il pagamento delle relative somme a titolo di sanzione: per cui contro il predetto atto - e connesso verbale - il cittadino deve potere ricorrere al pretore competente per materia, per fare valere ogni opportuna eccezione. E' cio' che ha fatto l'esponente, presentando il ricorso in esame. Ma e' con precisione cio' che espressamente esclude il combinato disposto degli artt.18 e 22 della legge n. 689/1981 in quanto non ammette ricorso all'autorita' giudiziaria se non in una fase successiva e per di piu' del tutto indeterminata nei tempi - in pratica di molti anni successiva -, che e' quella della esecuzione coattiva della riscossione delle somme dovute da parte del comune: fase che inizia appunto con l'ordinanza-ingiunzione (Che corrisponde all'atto di precetto), finalmente ricorribile avanti il pretore, anche se entro un termine (solo trenta gg. dalla notifica) diverso dai normali termini processuali degli atti introduttivi, ormai fissati per tutti in sessanta giorni. La conferma di quanto esposto e' nella stessa eccezione avanzata dall'opposto comune di Milano: che infatti ha chiesto che sia dichiarata l'inammissibilita' del ricorso ex art. 22, legge n. 689/1981: sicche', ove fosse accolta detta pregiudiziale, il ricorrente non avrebbe avuto allo stato (ne' e' dato sapere se e quando potra' avere), alcuna, difesa giudiziale dei propri diritti. La conseguente compressione del diritto alla difesa giurisdizionale immediata e' dunque palese: perche' il cittadino - in vigenza della citata normativa - non puo' fare valere le proprie eccezioni, nonche' i vizi da cui in ipotesi fossero indicati gli atti di contestazione che gli sono stati notificati. La Corte costituzionale piu' volte investita su varie norme che limitavano la possibilita' di difesa giudiziale, si e' reiteratamente espressa per la illegittimita' costituzionale delle stesse per violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione: e cio' anche in casi in cui la compressione del diritto alla difesa giudiziale era minore che non quella determinatasi nella fattispecie, trattandosi solo di un differimento dell'azione ad un successivo termine che peraltro era comunque certo. Si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 233 del 1996, n. 56 del 1995, n. 360 del 1994 e n. 406 del 1993, nelle quali "si e' sempre ritenuto che l'assoggettamento dell'azione giudiziaria all'onere del previo esperimento di rimedi amministrativi, con conseguente differimento della proponibilita' dell'azione a un certo termine decorrente dalla data di presentazione del ricorso, e' legittimo soltanto se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalita' di giustizia, fermo restando che, pur nel concorso di tali circostanze, il legislatore deve contenere l'onere nella misura meno gravosa possibile (...) L'ampiezza della copertura offerta dai principi posti dai richiamati parametri costituzionali e' infatti tale da colpire, non solo l'esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva od oggettiva, ma anche qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o anche difficile l'esercizio. E cio' segnatamente allorquando si tratti di controversie (...) che non implicano accertamenti tecnici in funzione dei quali appaia necessario, o quantomeno opportuno, che la fase giurisdizionale sia preceduta da un esame in sede amministrativa". Analogamente anche la sent. n. 507 del 1995, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, quinto comma, della legge n. 689/1981, "nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente alla prima udienza". Nello stesso senso si veda anche la sent. Cass. civ. sez. un. 1 luglio 1997, n. 5897, in cui e' precisato che "il ricorso al prefetto (per violazioni al codice della strada) non costituisce presupposto processuale per potere adire il giudice ordinario, che quindi e' meramente facoltativo". Nella fattispecie della citata normativa della legge n. 689/1981, la situazione, e quindi la violazione, e' ancora piu' grave, perche' l'azione giudiziale e' differita sine die, ad un tempo futuro del tutto incerto e indeterminato; ne' peraltro vi sono ragionevolmente motivi che giustificano tale dilazione; ne' sono da esperire accertamenti tecnici particolari, visto che vi e' solo un verbale che si limita ad accertare una certa situazione di fatto. La lesione del diritto alla difesa appare dunque assai pregnante e grave, perche', a fronte di somme dovute, che possono essere anche rilevanti e che incidono immediatamente sulla posizione di diritto soggettivo del cittadino, questi non ha alcuna possibilita' di ricorrere alla normale via giudiziaria: sicche' il relativo debito diviene esecutivo per l'intero, risultando impugnabile soltanto dopo la notifica della ordinanza-ingiunzione: la quale interviene per di piu' dopo molti anni dalla sanzione notificata. Il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 22, legge 24 novembre 1981, n. 689, che prevede la possibilita' esclusivamente di una tutela giudiziale solo successiva ed in tempi del tutto incerti, pare dunque non manifestamente infondato. Sospetto e dubbio di incostituzionalita' avvalorati da tutta la successiva evoluzione legislativa in tema di sanzioni su molte materie: si esamini, ad es., proprio il citato d.lgs. n. 472/1997 - che tratta pur sempre di sanzioni amministrative, seppure di natura tributaria -, il cui art. 18 offre ampie facolta' di immediata tutela giurisdizionale, per di piu' nel termine di sessanta giorni, che e' ormai termine consueto per le difese giudiziali; si veda la normativa sull'inquinamento idrico (da ultimo, ad es., il d.lgs. 17 marzo 1995, n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172) che nulla modifica rispetto ai principi generali in tema di difesa giudiziale immediata a fronte delle relative sanzioni, ne' - ovviamente - fa riferimento alla legge n. 689/1981; si veda il codice della strada, che pure prevedendo il ricorso al prefetto, ammette in ogni caso l'immediato ricorso al pretore avverso le relative sanzioni notificate al trasgressore; si veda la legge 14 novembre 1995, n. 481 (istituzione delle autorita' di regolazione dei servizi di pubblica utilita'), nonche' la legge 31 luglio 1997, n. 249 (istituzione dell'autorita' sulle telecomunicazioni), le quali attribuiscono al giudice amministrativo - cioe' ad una giurisdizione piena ed effettiva - la competenza sui ricorsi immediati (nei canonici sessanta giorni) avverso atti, provvedimenti e sanzioni delle predette autorita', senza ovviamente prevedere alcuna dilazione e/o rinvio, ne' tanto meno citare la legge n. 689/1981. Il richiamo della piu' recente legislazione, nelle piu' svariate materie, potrebbe continuare: e sempre costante resterebbe l'evidenza di una sempre espressa previsione dei normali rimedi giurisdizionali avverso alle relative emanande sanzioni amministrative, pure nelle diverse fattispecie. Circostanza questa che sottolinea altresi' una evidente disparita' di trattamento, tra i cittadini colpiti da sanzioni nel settore pubblicitario (quello del caso de quo), rispetto ai cittadini colpiti da sanzioni amministrative, sempre notificate dalla p.a., ma in tutte le altre e piu' diverse materie. Opponendosi dunque l'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 alla immediata difesa giudiziale ed a tempi certi della stessa, si rende necessario sottoporre la relativa questione alla Corte costituzionale, per conseguirne una pronuncia che sani l'evidenziato vizio, annullando la citata norma. 2. - La violazione del principio del giudice naturale. Analogamente appare palese che i citati artt. 18 e 22 della legge n. 689/1981 distolgono il cittadino dal proprio giudice naturale - che per legge generale e' costituito dalla magistratura ordinaria e amministrativa -, prevedendo la possibilita' di presentare scritti difensivi alla stessa autorita' che ha emesso la sanzione, e dilazionando ad un tempo futuro ed indeterminato il ricorso al giudice ordinario: giudice tanto piu' competente, nella specie, in quanto si tratta di obbligazioni pecuniarie non aventi natura di imposta o tassa. Sul punto e' conforme e consolidata la giurisprudenza della Corte costituzionale in applicazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione. Tanto e quanto altro premesso e ritenuto; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudicante rinvia le rilevate questioni di legittimita' alla Corte costituzionale al fine di conoscere: 1) se la retroattiva applicazione (in forza dell'art. 5 del d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203, che stabilisce che "le disposizioni del presente decreto hanno effetto a decorrere dal 1 aprile 1998) dell'art. 4, comma 3, del citato d.lgs. n. 203/1998 (il quale "attiene al quadro sanzionatorio", in quanto modifica "nuovamente" l'art. 24 del d.lgs. n. 507/1993, sulla pubblicita') sia costituzionalmente legittima, alla luce dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, cosi' come dell'art. 11 delle preleggi: i quali escludono che una legge possa avere efficacia retroattiva rispetto alla data della sua pubblicazione: data che, nella specie del d.lgs. n. 203/1998, e' il 1 luglio 1998; 2) se il combinato disposto degli artt. 18 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui escludono la tutela giudiziale immediata contro le sanzioni amministrative notificate, rinviando la stessa al momento della notifica della ordinanza-ingiunzione, quindi ad un tempo futuro indeterminato ed incerto, sia costituzionalmente legittimo alla luce degli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costituzione, avuto anche riguardo agli artt. 6 e 13 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.
P. Q. M. Solleva, sia d'ufficio che su istanza di parte: la questione di incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, del d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203; la questione di incostituzionalita' degli artt. 18 e 22, della legge 24 novembre 1981, n. 689: nelle parti in cui non prevedono l'immediata ricorribilita' al giudice naturale e quindi la difesa giudiziale dei diritti del cittadino a fronte della notifica di sanzioni amministrative, differendo la stessa ad un tempo successivo, futuro ed indeterminato; Sospende il giudizio in corso e dispone, a cura della segreteria della sezione, che gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione, e che la presente ordinanza si notifichi alle parti, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica. Milano, addi' 18 giugno 1999. Il pretore: Turiano 99C0986