N. 548 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 novembre 1998
N. 548 Ordinanza emessa il 23 novembre 1998 dal tribunale - sezione per il riesame di Napoli sull'appello proposto da Ligato Raffaele Processo penale - Misure cautelari personali - Custodia cautelare in carcere - Durata massima - Limite complessivo e limite di fase - Ipotesi di decorrenza ex novo dei termini in seguito a regressione del procedimento o rinvio ad altro giudice - Perdita di efficacia della misura solo nel caso di superamento del termine di durata complessivo e non anche nel caso di superamento del doppio del termine di fase - Disparita' di trattamento rispetto alla disciplina dei casi di sospensione dei termini di custodia di cui all'art. 304, comma 6, cod. proc. pen. (C.P.P. 1988, art. 303, comma 4). (Cost., art. 3).(GU n.41 del 13-10-1999 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello proposto nell'interesse di Ligato Raffaele avverso ordinanza 7 agosto 1998 della Corte di assise di S. Maria C.V., sezione feriale, con la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione per scadenza, nella fase delle indagini preliminari, del termine massimo della custodia cautelare; O s s e r v a 1. - Ligato Raffaele e' sottoposto a custodia cautelare in carcere a far data dal 5 aprile 1996 per reato di associazione mafiosa in forza di ordinanza 25 novembre 1995 emessa dal g.i.p. del tribunale di Napoli nell'ambito dal procedimento c.d. Spartacus. In data 31 gennaio 1997 fu rinviato a giudizio avanti alla Corte di assise di Napoli, la quale, pero', con sentenza 22 ottobre 1997, dichiaro' la propria incompetenza per territorio e rimise gli atti al p.m. della D.D.A. di Napoli perche' promuovesse l'azione penale avanti alla Corte di assise di S. Maria C.V. A tanto il p.m. ha poi provveduto e in data 4 maggio 1998 e' stato emesso dal g.i.p. nuovo decreto di rinvio a giudizio. La difesa ha formulato istanza di scarcerazione invocando l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 292/1998 e, con l'appello proposto ai sensi dell'art. 310 c.p.p. avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise di S. Maria C.V., deduce: "L'istanza originaria trova fondamento nella sentenza della Corte costituzionale 292/98. Orbene la fattispecie sottoposta al vaglio della Corte delle leggi riguardava la regressione del processo al pubblico ministero a seguito di sentenza di incompetenza per territorio, ovvero identica al caso in esame. Con sentenza interpretativa di rigetto la Corte ha stabilito che "... il superamento di un periodo di custodia pari al doppio del termine stabilito per la fase in considerazione, determina la perdita di efficacia della custodia anche se quei termini sono stati sospesi, prorogati o - per stare al caso che qui interessa - sono cominciati a decorrere nuovamente a seguito di regressione del processo. Interpretazione, questa d'altra parte aderente alla ratio del favor che ha ispirato il legislatore del 1995 ad un effettivo recupero della scelta di introdurre uno sbarramento finale ragguagliato comunque alla durata dei termini di fase comunque modulata ...". La prima censura che deve portarsi al giudice del rigetto riguarda l'affermazione secondo la quale la pronuncia interpretativa di rigetto della Corte costituzionale e' "... priva di efficacia generale ed insuscettibile di creare vincoli per il giudice, trovando spazio esclusivamente nel processo in cui e' stata sollevata la questione ...". Una pronuncia della Corte costituzionale, ancorche' interpretativa di rigetto, proprio in quanto interpretativa delle norme sulle quali e' stata chiamata a stabilite la conformita' con la Corte costituzionale, non puo' essere ridotta al singolo caso, dispiegandosi in una interpretazione della norma di carattere generale ed onnivalente. Quanto al merito la difesa ritiene che il giudice a quo non abbia colto lo spessore della sentenza della Corte costituzionale emessa in relazione all'art. 303, comma c.p.p. allorquando afferma che la difesa "... ha pertanto cumulato i periodi di detenzione carceraria riferibili alla fase delle indagini preliminari con i periodi di detenzione riferibili alla successiva fase di primo grado apertasi con decreto di rinvio a giudizio dell'8 novembre 1996 e conclusasi con la sentenza di incompetenza del 22 ottobre 1997 della Corte di assise di Napoli ... e che un nuovo termine di durata massima di custodia cautelare e' cominciato a decorrere solo a seguito della regressione del giudizio ...". In altri termini il giudice a quo ha ricalcato quanto gia' affermato dall'Avvocatura dello Stato intervenuta nel giudizio, secondo la quale il periodo ricompreso fra il primo decreto disponeva il giudizio e la sentenza di incompetenza fosse da considerarsi tamquam non esset. Viceversa proprio di questo tema si e' occupata la sentenza citata, ritenendo che, comunque modulati, i termini massimi di custodia cautelare per la singola fase non possono superare il disposto dell'art. 304, comma 6, c.p.p. Del resto, per definitiva chiarezza occorre soffermarsi su un elementare concetto: ai sensi dell'art. 297, comma 1, c.p.p. gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo. Tale concetto viene ripreso dall'art. 303, comma 1, allorquando afferma che "La custodia cautelare perde efficacia quando dall'inizio della sua esecuzione ...". Partendo da questo elementare presupposto, e rileggendo la sentenza della Corte costituzionale secondo la quale comunque i termini di durata massima non possono superare il doppio previsto dalla singola fase processuale, anche nelle ipotesi di cui all'art. 303, comma 2, c.p.p. non v'e' dubbio che il dies a quo dal quale operare il computo dei termini e' quello dell'inizio della detenzione; e non v'e' dubbio che il piu' volte citato avverbio comunque nella stesura della motivazione vale a sgomberare ogni dubbio sulla possibilita' di zone d'ombra e scevre da computo ai fini del termine massimo non solo complessivo ma anche di fase. Invero la sentenza - a riprova di quanto sopra detto - parla di termini massimi di custodia cautelare - da computarsi cioe' dall'inizio dell'arresto o della cattura; ne' pone distinguo od opera computi frazionati, insistendo, viceversa, gia' detto, sul termine comunque, al fine di saldare periodi senza soluzione di continuita' dal momento dell'inizio della custodia. Del resto e' lo stesso estensore che con estrema chiarezza afferma da un canto che "..... il limite del doppio dei termini di fase ... aderisce ... alla funzione che la norma e' chiamata a svolgere: individuare il limite estremo superato il quale il permanere dello stato coercitivo si presuppone essere sproporzionato in quanto eccedente gli stessi limiti di tollerabilita' del sistema". Dall'altro che "... la portata del richiamo e' di essenziale rilievo ai fini della corretta interpretazione della norma ... i commi 2 e 3 non attengeno alla durata in se' ma alla decorrenza ex nove dei termini ... Cio' sta a significare che se fosse valido il ragionamento del giudice a quo (e del nostro giudice a quo) sarebbe bastato per il legislatore richiamare il comma 1 dell'art. 303 ...". E', difatti evidente, che un diverso ragionamento comporterebbe profili di incostituzionalita' fra l'art. 303, comma 2, c.p.p. ed, ad esempio, l'art. 297, comma 3, c.p.p., nonche', come giustamente stigmatizza l'estensore della sentenza fra la condotta ostruzionistica dell'imputato che comporterebbe la sospensione a norma del limite massimo di cui all'art. 304, comma 6 e chi, non imputet sibi, dovesse subire, per la regressione del processo, gli effetti dell'art. 303, comma 2, senza limiti temporali prefissati. Sarebbe - come chiosa la sentenza - un paradosso. Ne discende che ai sensi degli artt. 297, 303 e 304 c.p.p. la durata massima della custodia cautelare dell'appellante per la pregressa fase processuale risulta maturata. In linea subordinata i sottoscritti eccepiscono l'illegittimita' costituzionale dell'art. 304, comma 6, c.p.p. per violazione degli artt. 13, 24, e 76 Carta costituzionale e si riportano alla motivazione della sentenza n. 292/1998 del 7 luglio 1998 depositata il 18 luglio 1998".
Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza (Reg. ord. n. 547/1999). 99C0998