N. 586 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 1998

                                N. 586
  Ordinanza emessa il 15 dicembre 1998 dal tribunale, sezione  per  il
 riesame di Napoli sull'appello proposto da Papa Giuseppe
 Processo  penale - Misure cautelari coercitive - Reclamo al tribunale
    -  Procedimento   -   Mancato   immediato   avviso   all'autorita'
    procedente,  a  cura  del  Presidente del tribunale, dell'avvenuta
    presentazione della richiesta di riesame -  Omessa  previsione  di
    perdita   di   efficacia  dell'ordinanza  che  dispone  la  misura
    coercitiva - Lesione dei  principi  di  eguaglianza,  di  liberta'
    personale e di effettivita' del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 309, commi 5 e 10).
 (Cost., artt. 3, 13 e 24).
(GU n.43 del 27-10-1999 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza su appello avverso ordinanza 27
 ottobre 1998 della Corte di assise di S. Maria C. V., II sezione, con
 la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione di  Papa  Giuseppe
 per inefficacia della ordinanza di custodia cautelare;
                             O s s e r v a
   1. -  La difesa di Papa Giuseppe - sottoposto a custodia in carcere
 in  forza  di  ordinanza  coercitiva 25 novembre 1995 - ha chiesto la
 scarcerazione dell'imputato sul presupposto che  in  occasione  della
 procedura  di  riesame  del  provvedimento  restrittivo  a  suo tempo
 esperita si e'  verificata  la  perdita  di  efficacia  della  misura
 cautelare per omessa trasmissione degli atti al tribunale del riesame
 nel termine di cinque giorni previsto dal quinto comma dell'art. 309,
 computato  tale  termine  dal  giorno  di  presentazione dell'istanza
 secondo quanto ritenuto dalla Corte costituzionale  con  sentenza  n.
 232 del 1 giugno 1998.
   La  Corte  di assise, che procede per il giudizio, con ordinanza 27
 ottobre 1998 -  premesso  che  quanto  dedotto  dall'interessato  non
 risultava  comunque  provato  da  idonea documentazione, non allegata
 all'istanza difensiva - ha osservato:  "...  la  portata  retroattiva
 della   sentenza  della  Corte  costituzionale  (peraltro  di  natura
 interpretativa) incontra il limite processuale invalicabile delle cd.
 situazioni esaurite.
   Nel  caso  di  specie  tale  limite  si  configura   in   relazione
 all'ordinanza  del tribunale del riesame, conclusiva del procedimento
 incidentale di impugnazione dell'ordinanza g.i.p.
   Trattasi infatti  di  provvedimento  conclusivo  di  uno  specifico
 sub-procedimento,   la  cui  regolarita'  e'  ovviamente  oggetto  di
 controllo (sia pure implicito) da parte dello  stesso  tribunale  del
 riesame, ed i cui eventuali vizi (sia in procedendo che in iudicando)
 vanno  denunziati  con  specifico motivo di ricorso per Cassazione ai
 sensi dell'art. 311 c.p.p.
   In altre parole il tribunale del riesame decide ''nel merito'' solo
 in quanto non rilevi preliminarmente questioni di  nullita'  del  suo
 procedimento  o  di  efficacia  della  misura  cautelare  oggetto  di
 controllo; cio' comporta che la decisione di ''conferma della  misura
 in  atto''  inevitabilmente  contiene  (anche  se  per implicito) una
 valutazione circa  gli  aspetti  di  cui  in  precedenza,  idonea  ad
 assumere i connotati della irrevocabilita', se non impugnata.
   Dunque  la  situazione  oggi  all'esame  della Corte non puo' dirsi
 tuttora ''pendente'', in quanto la protrazione della limitazione allo
 status libertatis dell'imputato dipende (anche) dagli effetti  di  un
 provvedimento  (l'ordinanza  del tribunale del riesame) non impugnato
 (o comunque confermato in Cassazione, data l'epoca della decisione di
 cui si tratta) e dunque tendenzialmente  definitivo,  in  assenza  di
 sopravvenienze  fattuali,  tali da modificare i parametri di cui agli
 artt. 273 e 274 c.p.p.
   In tal senso la situazione processuale teste' descritta  differisce
 profondamente  dall'ipotesi  in  cui  il  motivo di inefficacia della
 misura cautelare sia legato (come  nel  caso  dell'art.  294  c.p.p.)
 allo    sviluppo    ''necessario''    del    procedimento   cautelare
 ''principale''  (intendendosi  per  tale  quello  svolto  innanzi  al
 g.i.p.);  qui  infatti  (e fermo restando il limite della intervenuta
 trasmissione degli atti  al  giudice  del  dibattimento)  l'efficacia
 retroattiva  di pronunzie della Corte costituzionale (sent. n. 77/97)
 e'  dipesa  dalla  verifica   della   esistenza   di   uno   ''spazio
 procedimentale''   (i   5   giorni   dalla   esecuzione)  in  cui  e'
 effettivamente maturata l'omissione di  un  adempimento  obbligatorio
 (con relativa rilevabilita' ''postuma'').
   Le  due  situazioni  non  possono  compararsi,  atteso che nel caso
 dell'art.   309 c.p.p.  l'eventuale  motivo  di  inefficacia  risulta
 essere   del   tutto   ''interno''   allo  sviluppo  dello  specifico
 sub-procedimento  di  controllo,  che  essendosi  concluso   con   un
 successivo  provvedimento decisorio, non lascia spazio a sopravvenute
 doglianze, salvo il caso  di  avvenuta  prospettazione  di  specifico
 motivo, ai sensi e con gli effetti di cui all'art. 311 c.p.p.
   Dunque,  per  tutto  quanto  sinora  esposto,  e prescindendo dalla
 adesione (pur controversa) al  contenuto  della  sentenza  n.  232/98
 Corte  costituzionale, ad avviso di questa Corte la deducibilita' del
 motivo di inefficacia della misura in atto e' da ritenersi preclusa".
   Con l'atto di appello proposto ai sensi dell'art.  310  c.p.p.,  la
 difesa  lamenta  che  il  giudice  del  dibattimento,  nel  rigettare
 l'istanza, erroneamente ha ritenuto preclusa  la  questione  dedotta:
 "...  e'  veramente  difficile  accettare quanto dedotto dalla Corte,
 ovvero che la questione di efficacia della misura in atto appare allo
 stato preclusa, atteso che l'eventuale motivo di inefficacia  risulta
 essere  interno  al  procedimento di impugnazione di cui all'art. 309
 c.p.p., nell'ambito del quale poteva e doveva essere fatto  valere  o
 comunque  rilevato,  salvo  il  caso  di  prospettazione di specifico
 motivo di ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 311 c.p.p.
   Ed invero non si  vede  come  poteva  dedursi  un  tale  motivo  di
 inefficacia nell'ambito del giudizio incidentale in un periodo in cui
 veniva  fornita  del  termine di cui all'art. 309, comma 5 c.p.p. una
 interpretazione  univoca  (e  non  scalfita   da   alcuna   decisione
 contraria),  nel  senso  di  una decorrenza degli stessi 5 giorni non
 dalla  proposizione  della  richiesta  di   riesame,   bensi'   dalla
 comunicazione    dell'avviso   dato   dal   tribunale   del   riesame
 all'autorita' procedente.
   Al contrario il giudice impugnato avrebbe dovuto prendere atto  che
 la  sentenza  n.  232/1998  della  Corte  costituzionale  sanciva  un
 principio generale, e, proprio perche'  interpretativa,  finisce  per
 esplicare  i  suoi  effetti  da  quando e' stata introdotta la norma,
 ossia dal 1995.
   Ed a nulla  vale  al  riguardo  invocare  una  sorta  di  giudicato
 cautelare anomalo per una questione procedurale che, quando fu tenuta
 la  relativa  udienza camerale, non poteva essere certo sollevata. Si
 segnala provocatoriamente che, ragionando in tal senso, la  questione
 di  inefficacia  potrebbe  essere sollevata soltanto da colui nei cui
 confronti per avventura sia stata emessa ordinanza del tribunale  del
 riesame  anche  in  epoca  remota (seppur successiva alla novella del
 1995), avverso la quale non e' stato proposto ricorso per Cassazione,
 ne' risulta notificato l'avviso ex art. 128 c.p.p.
   Infatti conseguenza di cio' sarebbe l'impossibilita' di ritenere il
 sub-procedimento   esaurito,    con    relativa    possibilita'    di
 prospettazione  dello  specifico  motivo  di inefficacia| Ma vi e' di
 piu'|  La  situazione  de  qua  non  puo'  dirsi  certo  esaurita   o
 consolidata,  tenuto  conto  che  la  misura  di  cui  si  chiede  la
 declaratoria  inefficacia  e'  ancora  in  via  di  svolgimento,  con
 conseguente  obbligo del giudice del procedimento principale (che non
 necessariamente  deve  essere  il  g.i.p.  che   ebbe   ad   emettere
 l'ordinanza  di  custodia  cautelare)  di prendere atto dell'elemento
 sopravvenuto che impone l'adozione dei provvedimenti necessari per la
 immediata cessazione della misura stessa.
   Invece  di  prendere atto di tali principi l'ordinanza impugnata si
 limita a fornire una motivazione del tutto  apparente,  trincerandosi
 dietro frasi apodittiche e poco conferenti con il caso di specie.
   Eppure una tale interpretazione e' l'unica conforme, oltre che allo
 spirito della novella di cui alla legge n. 332/1995, anche al dettato
 costituzionale  ed  alle  convenzioni  internazionali,  in  un'ottica
 garantista che deve presiedere all'interpretazione di tutte le  norme
 attinenti  alla  liberta'  personale  e, quindi, anche dell'art. 309,
 comma 5 c.p.p. ...".
   2. - Nel caso in esame, ad avviso del collegio, non si  e'  formata
 sulla  specifica  questione una preclusione per il solo fatto che sia
 divenuta  definitiva  l'ordinanza   del   tribunale   ex   art.   309
 confermativa del provvedimento restrittivo.
   Cio'  sia  perche',  in  materia  di  misure cautelari, un limitato
 effetto preclusivo si verifica unicamente in relazione alle questioni
 effettivamente dedotte e non anche in relazione a  quelle  deducibili
 con  il  mezzo  d'impugnazione previsto dalla legge (ss.uu. n. 11/94,
 Buffa); sia, e a maggior ragione, perche' le questioni di inefficacia
 della  misura  cautelare,  anche  in  relazione  alle  cause  che  si
 verifichino  nel corso della procedura incidentale di riesame secondo
 le previsioni del comma 10 dell'art.  309,  non  possono  o,  secondo
 alcuni, non devono necessariamente essere dedotte con la richiesta di
 riesame,  poiche'  il  mezzo  previsto  dalla  legge  e' l'istanza al
 giudice del procedimento  principale  ai  sensi  dell'art.  306  (v.:
 ss.uu.  20  luglio 1995, Galletto; ss.uu. 3 luglio 1996, Moni; Cass.,
 sez. I, n. 1807/1997, Cappuccio; per le  misure  cautelari  reali  v.
 Cass., sez. II, n. 35141/97, Cacchioni).
   Sul  punto  non puo' condividersi l'opinione della Corte di assise,
 secondo cui "il tribunale del riesame decide ''nel merito''  solo  in
 quanto  non  rilevi  preliminarmente  questioni  di  nullita' del suo
 procedimento  o  di  efficacia  della  misura  cautelare  oggetto  di
 controllo"  e  "cio'  comporta  che  la decisione di ''conferma della
 misura in atto'' inevitabilmente contiene (anche  se  per  implicito)
 una  valutazione  circa  gli  aspetti di cui in precedenza, idonea ad
 assumere i connotati della irrevocabilita', se non impugnata".
   Ed invero - premesso che la tardiva trasmissione al c.d.  tribunale
 della  liberta',  da  parte  dell'autorita'  procedente,  degli  atti
 necessari al giudizio di riesame non comporta alcuna  nullita'  della
 procedura  ex  art.  309 - va osservato che il tribunale del riesame,
 quand'anche  rilevi,  di  ufficio  o   su   eccezione   della   parte
 interessata, la sopravvenuta inefficacia dell'ordinanza coercitiva ex
 art.  309,  commi  5  e  10,  c.p.p.  (ed  e' controverso, come si e'
 accennato, se possa  dichiararla  e  se  invece  debba  rimettere  la
 questione  al giudice del procedimento principale, competente ex art.
 306 - ma il tema non puo' essere qui approfondito),  non  e'  affatto
 esonerato  dalla  pronunzia sul merito della richiesta di riesame, la
 cui ammissibilita', almeno nel caso delle misure custodiali, persiste
 persino  nel  caso  in  cui   sopravvenga   l'effettiva   liberazione
 dell'indagato  (cfr.  Cass., sez. I, n. 4867/1997, De Luca; ss.uu. 20
 dicembre 1993, Stablum ed altro; ss.uu. 8 novembre 1993, Durante).
   Non puo' quindi ritenersi che l'ordinanza del tribunale del riesame
 confermativa del provvedimento restrittivo precluda  la  proposizione
 della  questione  di  inefficacia della misura cautelare ex art. 309,
 commi 5 e  10,  quando  tale  questione  non  sia  stata  oggetto  di
 specifico esame.
   Nel  caso  di  specie  non  risulta che la questione fosse stata in
 precedenza sollevata nell'ambito della procedura  di  riesame  e  con
 separata istanza ai sensi dell'art. 306.
   Cio',  anzi,  deve  escludersi,  considerato che l'istanza e' stata
 proposta  a  seguito  ed  in  relazione  alla  sentenza  della  Corte
 costituzionale intervenuta il 22 giugno 1998.
   Deve   altresi'   escludersi   che   la  prospettata  questione  di
 inefficacia dell'ordinanza  coercitiva  sia  preclusa  per  il  tempo
 decorso  o  per  lo  stato del procedimento, passato dalla fase delle
 indagini preliminari a quella  del  giudizio  di  primo  grado;  cio'
 perche'  nel  caso  di specie l'inefficacia, cosi' come dedotta dalla
 difesa, non dipende da una nullita' del procedimento suscettibile  di
 sanatoria,  come  nell'ipotesi  dell'interrogatorio  nullo per omesso
 avviso al difensore, in cui la mancata deduzione della  nullita'  nel
 termine  di  cui  all'art.  181/2  esclude  che possa pervenirsi alla
 declaratoria d'inefficacia della misura  coercitiva  ai  sensi  degli
 artt. 302 e 294.
   Pertanto,   l'istanza   difensiva   e'   da   ritenersi  pienamente
 ammissibile.
   3. -  Dal  registro  impugnazioni  misure  cautelari  tenuto  dalla
 cancelleria  di  questo  tribunale  risulta (v. estratto acquisito al
 fascicolo)  che  la  richiesta  di  riesame  nell'interesse  di  Papa
 Giuseppe   avverso   l'ordinanza   coercitiva  25  novembre  1995  fu
 depositata il 29 dicembre 1995 ed iscritta al n. 6746/95, l'avviso al
 p.m. procedente fu dato il 4 gennaio 1996, gli atti necessari per  la
 decisione  pervennero  al  tribunale  il  9  gennaio  1996  (o,  piu'
 precisamente, in tale data  pervenne  comunicazione  -  da  ritenersi
 equipollente:  cfr.  Cass., sez.  V, n. 4696 del 27 gennaio 1997, ud.
 30 ottobre 1996, Pepe; Cass., sez. I, n. 6954 del 17 marzo 1997,  ud.
 19  dicembre  1996,  Cipolletta  e altro; Cass., sez. I, n. 278 del 5
 marzo 1997, ud. 17 gennaio 1997, Abate  -  che  gli  atti  erano  gli
 stessi  gia' in precedenza trasmessi per analoga procedura relativa a
 coindagato).
   In punto di fatto, quindi, la questione  e'  nei  termini  indicati
 dalla  difesa, poiche' dalla presentazione della richiesta di riesame
 (29 dicembre 1995) all'arrivo degli atti (o, piu' precisamente, della
 detta comunicazione equipollente: 9 gennaio 1996) si  contano  undici
 giorni.
   4. - L'art. 309 c.p.p., come modificato dall'art. 16 della legge n.
 332  dell'8  agosto  1995, prevede che, a seguito della presentazione
 della richiesta di riesame  dell'ordinanza  che  dispone  una  misura
 coercitiva,  "il  presidente  cura  che  sia  dato  immediato  avviso
 all'autorita'  giudiziaria  procedente  la  quale,  entro  il  giorno
 successivo,  e  comunque  non  oltre  il  quinto giorno, trasmette al
 tribunale gli atti ..."  (comma 5) e "se la trasmissione  degli  atti
 non avviene nei termini di cui al comma 5 ... l'ordinanza che dispone
 la misura coercitiva perde efficacia" (comma 10).
   La  giurisprudenza  di  legittimita'  ha  precisato  che il termine
 perentorio di cinque giorni entro il  quale  l'autorita'  giudiziaria
 procedente deve trasmettere gli atti al tribunale del riesame, a pena
 di  inefficacia  dell'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva,
 decorre dal giorno in cui all'autorita' procedente perviene  l'avviso
 spedito  a  cura del presidente del tribunale, e non gia' dal momento
 in cui e' presentata la richiesta di riesame, e ha osservato che  una
 diversa interpretazione non solo contrasta con la lettera della norma
 ma  condurrebbe alla illogica conseguenza di far dipendere la perdita
 di efficacia della misura cautelare da  un  termine  collegato  a  un
 fatto  giuridico  ignoto  a  chi e' tenuto all'osservanza del termine
 (Cass., sez. VI, n. 24/98, De Matteis; nello stesso senso gia' Cass.,
 sez. II, n. 5143/96, Iurilli ed altri).
   Si e' osservato che l'espressione  "dare  avviso"  ha  l'inequivoco
 significato  di portare a conoscenza del soggetto destinatario l'atto
 trasmesso, gli effetti del quale non  possono  prodursi  se  non  dal
 momento  dell'avvenuta ricezione del medesimo, per cui il termine non
 decorre dal giorno di trasmissione dell'avviso, ma solo da quello  in
 cui   l'avviso  del  tribunale  del  riesame  perviene  all'autorita'
 procedente (ss.uu. n. 10/1998, Savino).
   Nello stesso  senso  si  e'  ritenuto  che,  quando  gli  atti  del
 procedimento  siano  stati  nel  frattempo trasmessi ad altro ufficio
 giudiziario, il termine per la trasmissione degli  atti  decorre  dal
 momento   in   cui   l'avviso  del  tribunale  del  riesame  perviene
 all'autorita' giudiziaria che dispone degli atti (Cass., sez. VI,  n.
 1720/97, Pugliese).
   Si e' poi rilevato che l'inottemperanza da parte del presidente del
 tribunale  del  riesame  all'obbligo  di avvisare "immediatamente" il
 giudice che procede della avvenuta presentazione della  richiesta  di
 riesame,  e'  priva di sanzione processuale e, proprio poiche' non e'
 prevista   alcuna   sanzione   processuale   alla   non   "immediata"
 trasmissione  dell'avviso, dall'eventuale ritardo in tale adempimento
 non puo' derivare la perdita  di  efficacia  della  misura  cautelare
 (Cass.,  sez.    II,  n.  889/96, Todisco; Cass., sez. I, n. 3677/96,
 Causo).
   5. -  Investita  dalla  Corte  di  cassazione  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., in
 relazione agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione,  nella  parte  in
 cui  non  e'  prevista  la  perdita  di  efficacia dell'ordinanza che
 dispone la misura coercitiva in caso di non  immediato  avviso  della
 presentazione  della  richiesta  di riesame all'autorita' giudiziaria
 procedente (ordinanza Cass., sez. I, 9 giugno 1997, Morrone ed altri,
 in Gazzetta  Ufficiale  n.  42  del  15  ottobre  1997,  prima  serie
 speciale,  n.  674), la Corte costituzionale con sentenza n. 232/1998
 ha ritenuto:
     che "l'immediato avviso che della presentazione  della  richiesta
 (di  riesame;  n.d.e.)  deve  essere  dato, a cura del presidente del
 tribunale  del  riesame,  all'autorita'  procedente,   perche'   essa
 provveda   alla   trasmissione   degli   atti,  non  costituisce  ...
 adempimento dotato di una sua autonoma funzione  processuale,  ma  e'
 solo  la  condizione  materiale, per dir cosi', affinche' l'autorita'
 procedente, che degli atti dispone, possa  adempiere  all'obbligo  di
 trasmetterli";
     che "libera essendo la forma dell'avviso, e semplice essendone il
 contenuto   ...  e  poiche'  esso  si  configura  non  come  un  atto
 singolarmente imputabile al presidente e da lui sottoscritto, ma come
 un adempimento materiale dell'ufficio, che il  presidente  deve  solo
 ''curare''  sia  compiuto,  non vi e' nessun ostacolo giuridico a che
 l'avviso venga di norma inoltrato nello stesso contesto temporale  in
 cui  perviene  la  richiesta,  facendo  cosi'  coincidere  il momento
 dell'avviso con quello della richiesta stessa;
     che  "la  prescrizione   secondo   cui   l'avviso   deve   essere
 ''immediato''   significa,   appunto,   che   l'eventuale  intervallo
 temporale  fra  la   presentazione   della   richiesta   e   l'avviso
 dell'avvenuta presentazione non assume rilievo giuridico";
     che  "se  e' cosi', deve ulteriormente concludersi che il termine
 perentorio per la trasmissione degli atti, assistito  dalla  sanzione
 processuale  della  decadenza della misura, non decorre da un evento,
 come la ricezione dell'avviso da parte dell'autorita' procedente, che
 non ha ... giuridica autonomia, ma decorre dal  giorno  stesso  della
 presentazione della richiesta" o, trattandosi di richiesta presentata
 con  le  forme  di  cui  all'art. 582/2 e 583/1, da quello "in cui la
 richiesta  stessa  perviene  alla  cancelleria  del   tribunale   del
 riesame";
     che   "dal   punto   di   vista  testuale,  anche  se  il  giorno
 ''successivo'' cui la disposizione (di cui al comma 5 dell'art.  309;
 n.  d.e.)  continua a riferirsi si intenda come quello immediatamente
 seguente al giorno di ricezione dell'avviso da  parte  dell'autorita'
 procedente  ...  nulla  vieta  invece  di considerare che il ''quinto
 giorno'', entro il quale devono  ''comunque''  essere  trasmessi  gli
 atti,  a  pena  di  decadenza  della  misura ... sia il quinto giorno
 successivo  alla  presentazione  ...  della  richiesta  di   riesame,
 potendosi  ritenere implicito il riferimento proprio a quell'atto (la
 richiesta) al quale invariabilmente alludono i  commi  dell'art.  309
 precedenti a quello in esame".
   In  tali sensi la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la
 questione di legittimita' costituzionale  sollevata  dalla  Corte  di
 cassazione.
   6.   -   La   soluzione   interpretativa   adottata   dalla   Corte
 costituzionale comporta, dunque, la seguente lettura della  norma  di
 cui  al  comma  5  dell'art.  309:  "il  presidente cura che sia dato
 immediato avviso all'autorita' giudiziaria procedente la quale, entro
 il giorno successivo alla ricezione dell'avviso, e comunque non oltre
 il quinto giorno successivo alla  presentazione  della  richiesta  di
 riesame, trasmette al tribunale gli atti ...".
   Vi sarebbero, cioe', due termini per la trasmissione degli atti, da
 parte  dell'autorita' procedente, al tribunale del riesame: l'uno, di
 un giorno, il cui dies a quo e' quello  della  ricezione  dell'avviso
 della  avvenuta presentazione della richiesta di riesame; l'altro, di
 cinque giorni, il cui dies a quo e' quello della presentazione  della
 richiesta di riesame.
   Ora  -  poiche'  il comma 10 dell'art. 309 testualmente prevede che
 l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia  "se  la
 trasmissione  degli  atti  non  avviene nei termini di cui al comma 5
 ..." e poiche' ben possono darsi, per il  medesimo  adempimento,  due
 termini   perentori   collegati  a  fatti  giuridici  diversi  (l'uno
 collegato alla ricezione  dell'avviso  della  avvenuta  presentazione
 della  richiesta  di  riesame e, dunque, alla sua conoscenza da parte
 dell'autorita' procedente; l'altro al mero decorso di  cinque  giorni
 dalla presentazione della richiesta di riesame) ed aventi significato
 e  funzione  differenti  (l'uno  di  sanzione  del  colpevole ritardo
 dell'autorita' procedente; l'altro di tutela oggettiva della liberta'
 personale e, in particolare del diritto della  persona  sottoposta  a
 misura  coercitiva  ad  ottenere  in  tempi  brevi  una  verifica, in
 contraddittorio, della sussistenza dei presupposti della misura) - ne
 conseguirebbe  che  anche  l'inosservanza  del  termine  del   giorno
 successivo  alla  ricezione dell'avviso comporta la caducazione della
 misura cautelare.
   Tale conclusione, che costituisce corollario della  interpretazione
 adottata  dalla  Corte  costituzionale,  risulta  tuttavia  in palese
 contrasto con la volonta' del legislatore,  come  riconosciuta  dalla
 stessa  Corte  nella sentenza n. 232/98, laddove con riferimento alla
 novella n.  332/95 afferma che "... il termine  per  la  trasmissione
 degli  atti,  originariamente  fissato  nel ''giorno successivo'', e'
 stato portato a ''non oltre  il  quinto  giorno''  ...  evidentemente
 considerando  che,  atteso  il carattere perentorio ora attribuito al
 termine medesimo, esso dovesse essere ragionevolmente  allungato  per
 tener  conto  delle eventuali difficolta' degli uffici nell'adempiere
 subito  all'obbligo  di  trasmissione  degli   atti   ..."   (invece,
 considerando  per entrambi i termini - quello del giorno successivo e
 quello del quinto giorno - quale dies a quo quello  della  ricezione,
 da   parte   dell'a.g.   procedente,   dell'avviso   della   avvenuta
 presentazione della richiesta  di  riesame,  puo'  ritenersi  che  il
 riferimento  a  piu' termini contenuto nel comma 10 sia frutto di una
 difettosa formulazione della norma e che  -  non  potendo  certamente
 darsi,  per  il  medesimo  adempimento,  due termini perentori con lo
 stesso dies a quo - l'unico termine assistito  dalla  sanzione  della
 perdita  di efficacia della misura sia, in realta', quello del quinto
 giorno, mentre quello del giorno successivo assume  rilievo  soltanto
 ai fini disciplinari).
   A  parte  cio', pare al collegio che, nella norma di cui al comma 5
 dell'art. 309, il senso fatto palese dal  significato  proprio  delle
 parole  e  dalla  loro  connessione  e' che il giorno successivo e il
 quinto giorno siano riferiti al medesimo dato temporale  e  che  tale
 momento  altro  non possa essere se non quello dell'avviso menzionato
 nella proposizione normativa immediatamente precedente.
   Anche sul piano logico,  pare  al  collegio  che,  trattandosi  del
 termine  entro  il  quale l'autorita' procedente deve trasmettere gli
 atti  necessari   alla   decisione   sulla   richiesta   di   riesame
 dell'ordinanza  coercitiva,  tale termine non possa decorrere che dal
 momento della conoscenza, da  parte  dell'autorita'  procedente  (che
 degli   atti   ha   la   materiale   disponibilita'),   dell'avvenuta
 presentazione della richiesta di riesame.
   D'altro canto,  se  il  legislatore  avesse  inteso  sanzionare  il
 ritardo  del  tribunale  del  riesame  nel  dare avviso all'autorita'
 procedente dell'avvenuta presentazione della richiesta di riesame, lo
 avrebbe   fatto   espressamente,   prevedendo,   ad   esempio,    che
 l'inosservanza  dell'obbligo  di  immediato  avviso, decorso un certo
 numero di ore  o  un  giorno,  comporta  l'inefficacia  della  misura
 coercitiva.
   Orbene,  poiche'  "nell'applicare  la  legge  non  si  puo' ad essa
 attribuire altro  senso  che  quello  fatto  palese  dal  significato
 proprio  delle  parole,  secondo  la  connessione  di  esse,  e dalla
 intenzione  del  legislatore",  il  collegio   ritiene   di   doversi
 discostare  dalla  soluzione interpretativa, pur cosi' autorevolmente
 indicata dalla Corte costituzionale con la  sentenza  n.  232/1998  e
 sebbene essa sia ispirata dal lodevole intento di superare il rischio
 che  resti  vanificata  la garanzia apprestata dal legislatore con la
 novella n. 332/1995 (che ha  previsto  il  carattere  perentorio  del
 termine  per  la  trasmissione degli atti al tribunale del riesame) e
 soddisfare  cosi'  l'esigenza  che  alla  verifica   giudiziale,   in
 contraddittorio,  dei presupposti della misura coercitiva si pervenga
 effettivamente  in  tempi  brevi,   in   attuazione   del   principio
 costituzionale di tutela della liberta' personale nonche' delle norme
 di  cui  all'art.   5/4 della convenzione europea firmata a Roma il 4
 novembre 1950 e all'art. 9/4 del patto internazionale di New York del
 19 dicembre 1966.
   7. - Le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ripetutamente
 affermato che, sebbene la sentenza interpretativa  di  rigetto  della
 Corte  costituzionale non sia munita di efficacia erga omnes, facendo
 essa sorgere un vincolo solo nel giudizio a  quo,  non  si  puo'  mai
 giungere  a  sostenere  che  per gli altri giudici la decisione della
 Corte costituzionale sia da ritenersi inutiliter data.
   Sicche' il giudice che, in un diverso giudizio, intenda discostarsi
 dall'interpretazione   proposta   nella    sentenza    della    Corte
 costituzionale  non  ha  altra  alternativa  che  quella di sollevare
 ulteriormente la questione di legittimita', non potendo mai assegnare
 alla formula normativa un significato ritenuto incompatibile  con  la
 Costituzione (ss.uu. n. 930/96, Clarke, e n. 21/98, Gallieri).
   Il  collegio,  uniformandosi  a  tale  principio,  ritiene di dover
 sollevare nuovamente la  questione  di  legittimita'  dell'art.  309,
 commi  5  e  10,  c.p.p. per le medesime ragioni gia' disattese dalla
 Corte costituzionale,  all'uopo  richiamando  e  facendo  proprie  le
 motivazioni  dell'ordinanza  della  Corte  di  cassazione,  sez. I, 9
 giugno 1997, Morrone ed altri (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 42
 del 15 ottobre 1997, prima serie speciale, n. 674).
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata "la questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., in
 relazione agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione,  nella  parte  in
 cui  non  e'  prevista  la  perdita  di  efficacia dell'ordinanza che
 dispone la misura coercitiva in caso di non  immediato  avviso  della
 presentazione  della  richiesta  di riesame all'autorita' giudiziaria
 procedente";
   Sospende il procedimento in corso e dispone trasmettersi  gli  atti
 alla Corte costituzionale;
   Ordina  che,  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata all'appellante, ai suoi difensori, al  pubblico  ministero
 nonche'  al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Napoli, il 15 dicembre 1998.
                     Il presidente est.: Guglielmo
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