N. 386 SENTENZA 11 - 15 ottobre 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposta di successione - Privilegio speciale immobiliare, a garanzia
 del  pagamento  dell'imposta  e  delle  sanzioni   amministrative   -
 Accertamento  di maggior valore dell'immobile caduto in successione -
 Legittimazione del terzo acquirente  dell'immobile  a  contestare  in
 sede   giudiziale,   nell'inerzia  dell'erede,  la  maggiore  imposta
 liquidata dall'amministrazione - Ritenuta  preclusione  -  Denunciata
 lesione   dell'effettivita'   della   tutela   giurisdizionale,   con
 violazione del principio di capacita' contributiva - Possibilita'  di
 un'interpretazione  adeguatrice  delle  disposizioni  censurate - Non
 fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
 
 (D.Lgs.  31 ottobre 1990, n. 346, artt. 34 e 41).
 
 (Cost., artt. 24, 113 e 53).
 
(GU n.42 del 20-10-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando  SANTOSUOSSO, dott. Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio
 ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 34 e 41 del
 decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione  del  testo
 unico  delle  disposizioni  concernenti l'imposta sulle successioni e
 donazioni), promosso con ordinanza emessa  il  2  aprile  1998  dalla
 Commissione  tributaria provinciale di Torino sul ricorso proposto da
 Bianchi Fausto contro l'Ufficio del registro di Torino,  iscritta  al
 n.  647  del  registro  ordinanze  1998 e pubblicata nella   Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 38,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  23  giugno  1999  il  giudice
 relatore Annibale Marini.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio di impugnazione di un avviso di
 liquidazione  dell'imposta  di   successione   promosso   dal   terzo
 acquirente  di  un  immobile  facente  parte dell'asse ereditario, la
 Commissione tributaria provinciale di Torino,  con  ordinanza  del  2
 aprile  1998, ha sollevato, in riferimento agli articoli 24, 113 e 53
 della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  degli
 articoli  34  e  41  del  decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346
 (Approvazione  del  testo  unico   delle   disposizioni   concernenti
 l'imposta sulle successioni e donazioni).
   Premette  il  giudice  rimettente  che la disciplina legislativa in
 materia, mentre accorderebbe al fisco privilegio sull'immobile caduto
 in successione per il pagamento della relativa imposta, precluderebbe
 al terzo acquirente di  tale  bene  la  possibilita'  di  contestare,
 nell'inerzia  del  successore  mortis  causa, la pretesa dell'ufficio
 impositore in ordine all'entita' del maggior valore accertato.
   Diversamente da quanto disposto per l'INVIM, il suddetto acquirente
 non solo non sarebbe posto  in  condizione  di  venire  a  conoscenza
 dell'accertamento  di  maggiore  valore, ma "anche se a conoscenza di
 tale accertamento, non avrebbe alcuna legittimazione  a  interloquire
 in  merito  alla  determinazione  da  parte dell'ufficio del maggiore
 valore" essendo  tale  legittimazione  attribuita  in  via  esclusiva
 all'erede.
   Il  dubbio  di costituzionalita' riguarderebbe, pertanto, ad avviso
 del rimettente, non gia' la previsione del privilegio  immobiliare  a
 garanzia    dell'obbligazione    tributaria,    ma    la   disciplina
 dell'accertamento di maggior valore che  non  accorderebbe  al  terzo
 acquirente  del bene successorio alcuna possibilita' di intervento in
 giudizio  e  che  potrebbe  essere  agevolmente  modificata  in   via
 additiva,  ponendo  a  carico  dell'ufficio  impositore  l'obbligo di
 notificare  l'atto  di  accertamento  al  terzo  e   riconoscendo   a
 quest'ultimo la legittimazione ad impugnare l'atto medesimo.
   La rilevanza della questione sollevata sarebbe, infine, resa palese
 dagli  stessi  termini  del  giudizio  a  quo  che, come si e' detto,
 riguarda l'impugnazione da parte del terzo acquirente del bene caduto
 in successione dell'accertamento relativo  all'imposta  complementare
 di successione.
   2.  -  Nel  giudizio  dinanzi  alla Corte ha spiegato intervento il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria
 di manifesta infondatezza della questione.
   Rileva, in particolare, l'interveniente come il richiamo all'INVIM,
 contenuto  nell'ordinanza  di rimessione, sia del tutto fuorviante in
 considerazione della essenziale diversita' della posizione del  terzo
 acquirente rispetto all'imposta di successione e rispetto all'INVIM.
   Riguardo   a  quest'ultima,  infatti,  la  possibilita'  del  terzo
 acquirente di contestare l'accertamento di maggior valore deriverebbe
 dal fatto che egli, pur non essendo soggetto passivo dell'imposta, e'
 parte del negozio giuridico fonte dell'obbligazione tributaria.
   Nella disciplina dell'imposta di successione, invece,  l'acquirente
 del  bene  ricompreso nell'asse ereditario sarebbe del tutto estraneo
 al presupposto impositivo del tributo  (trasferimento  del  bene  per
 successione  mortis  causa)  e, pertanto, non solo non avrebbe titolo
 per  venire  a  conoscenza  dell'accertamento   di   maggior   valore
 dell'ufficio, ma nemmeno sarebbe legittimato a contestare, in caso di
 inerzia dell'erede, tale accertamento.
   Inoltre, sempre ad avviso dell'Avvocatura, occorrerebbe considerare
 che l'amministrazione finanziaria richiede di regola il pagamento del
 proprio  credito in primo luogo all'erede, quale soggetto passivo del
 tributo, e solo nell'ipotesi di insolvenza di quest'ultimo escute  il
 terzo  proprietario  dell'immobile.  Ferma restando, in ogni caso, la
 possibilita' del terzo escusso di rivalersi sul debitore d'imposta.
   Rileva, infine, l'Avvocatura che, attesa la normativa  in  materia,
 l'acquisto  di  un  bene ereditario sarebbe "a rischio" ed imporrebbe
 l'adozione di  particolari  cautele.  In  particolare,  l'acquirente,
 prima della stipula dell'atto di compravendita, dovrebbe farsi carico
 di  richiedere  una  certificazione dell'avvenuta definizione di ogni
 pendenza tributaria, pretendendo, in caso contrario, il  deposito  da
 parte  del  venditore,  solitamente  presso il notaio rogante, di una
 somma di denaro a garanzia di una eventuale  imposizione  di  maggior
 valore.
   Cio' che farebbe venir meno o, comunque, attenuerebbe il rischio di
 un pregiudizio collegato al pagamento dell'imposta.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Commissione  tributaria provinciale di Torino dubita, in
 riferimento agli  artt.  24,  53  e  113  della  Costituzione,  della
 legittimita'   costituzionale   degli  artt.  34  e  41  del  decreto
 legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (Approvazione  del  testo  unico
 delle   disposizioni   concernenti   l'imposta  sulle  successioni  e
 donazioni), in quanto non consentirebbero al terzo acquirente  di  un
 bene  immobile  ereditario, gravato da privilegio speciale a garanzia
 del  pagamento  dell'imposta  di   successione   e   delle   sanzioni
 amministrative,   di   contestare   in   sede  giudiziale,  supplendo
 all'inerzia  del  successore mortis causa la maggior imposta (imposta
 complementare) liquidata dall'amministrazione in  sede  di  rettifica
 della dichiarazione del contribuente.
   2. - La questione non e' fondata nei sensi di seguito precisati.
   Il   dubbio   di   costituzionalita'  sollevato  dalla  Commissione
 rimettente riguarda, come  dalla  stessa  specificato,  non  gia'  la
 "previsione    del    privilegio   immobiliare   posto   a   presidio
 dell'obbligazione  tributaria"  ma,  esclusivamente,  la   disciplina
 dell'accertamento  di maggior valore dell'imposta di successione che,
 nella inerzia del successore mortis causa non  riconoscerebbe  alcuna
 possibilita' di tutela giudiziale al terzo acquirente del bene caduto
 in successione (art. 34 e seguenti del decreto legislativo n. 346 del
 1990).
   Il  giudice a quo mostra, in tal modo, di aderire, pur affermandone
 la incostituzionalita', a quell'indirizzo  giurisprudenziale  secondo
 il  quale  il  terzo  acquirente  del  bene  oggetto  del  privilegio
 immobiliare  sarebbe  privo   della   legittimazione   a   contestare
 l'accertamento  di  maggior  valore  operato  dall'ufficio, assumendo
 soltanto la veste di soggetto  passivo  della  (eventuale)  procedura
 esecutiva.
   Una  interpretazione  siffatta non e', tuttavia, la sola consentita
 dal testo e dalla ratio delle disposizioni impugnate le  quali,  come
 si vedra', possono essere intese in un senso che consenta di superare
 il  denunciato  contrasto  con la Costituzione in relazione a tutti i
 parametri evocati dal rimettente. Ed e' costante nella giurisprudenza
 di questa Corte l'enunciazione del principio  che  nel  concorso  tra
 piu'  possibili interpretazioni occorre preferire quella che eviti di
 attribuire alla norma un significato incostituzionale  (ex  plurimis,
 sentenze n. 66 del 1999, nn. 453 e 452 del 1998, n. 356 del 1996).
   3.  -  Una  precisazione appare, anzitutto, necessaria ed e' quella
 riguardante la c.d. estraneita'  del  terzo  acquirente  al  rapporto
 tributario.
   Estraneita'  che  deve  correttamente intendersi nel senso che tale
 terzo non diventa,  per  il  fatto  dell'acquisto,  soggetto  passivo
 dell'obbligazione   tributaria,  pur  rispondendo,  per  effetto  del
 privilegio, con il bene acquistato e nei limiti del  valore  di  tale
 bene,  del  pagamento  dell'imposta  di  successione.  La funzione di
 garanzia del credito tributario che il privilegio viene, pertanto, ad
 assolvere vale, poi, a spiegare come la  giurisprudenza,  al  di  la'
 della ritenuta estraneita' del terzo acquirente al rapporto d'imposta
 e  della  pacifica  insussistenza di un obbligo di notificare anche a
 lui l'accertamento, abbia correttamente equiparato la sua posizione a
 quella del terzo proprietario di immobile gravato  da  ipoteca.  Cio'
 che non puo', logicamente, non riflettersi sul piano della disciplina
 applicabile  che,  nei  limiti  della  compatibilita', deve essere la
 stessa per entrambe le figure.
   Sotto tale aspetto, viene in considerazione, ai fini della presente
 questione, la norma di cui all'art. 2859 cod. civ. che, com'e'  noto,
 riconosce  al  terzo,  il  quale  abbia  trascritto il proprio titolo
 d'acquisto anteriormente alla proposizione della domanda di  condanna
 nei  confronti  del debitore, e non abbia poi preso parte al relativo
 giudizio, la possibilita' di opporre al creditore procedente anche in
 sede di espropriazione qualsiasi eccezione non opposta dal debitore e
 quelle che spetterebbero a questo dopo la condanna.
   Si   tratta  di  una  disposizione  che,  accordando  una  autonoma
 legittimazione processuale al terzo acquirente del bene ipotecato, e'
 diretta  ad  evitare  che  il  giudizio   relativo   all'obbligazione
 garantita possa comportare, a causa della negligenza o della malafede
 del  debitore,  effetti  pregiudizievoli  per  il  terzo al quale, in
 quanto avente causa del debitore, tali effetti sarebbero, in  via  di
 principio, senz'altro opponibili (art. 2909 cod. civ.).
   E, per quanto detto, una tutela siffatta non puo' non estendersi al
 terzo   acquirente  del  bene  oggetto  del  privilegio  immobiliare,
 limitatamente all'ipotesi in cui l'accertamento di maggior  valore  -
 in  analogia  a  quanto  disposto per la domanda giudiziale dall'art.
 2859 cod. civ. - sia  successivo  alla  trascrizione  del  titolo  di
 acquisto
  del bene.
   La disciplina censurata deve, dunque, essere interpretata nel senso
 che  il terzo acquirente del bene oggetto del privilegio immobiliare,
 nell'ipotesi in cui l'accertamento di maggior valore dell'imposta  di
 successione  sia  successivo  alla trascrizione del titolo d'acquisto
 del bene, mentre puo' intervenire volontariamente  o  su  istanza  di
 parte  nel  giudizio  promosso  avverso  l'accertamento  dal debitore
 d'imposta,  resta,  comunque,  legittimato  ad  opporre  in  sede  di
 espropriazione  - nel caso in cui non abbia partecipato al giudizio -
 le eccezioni non sollevate dal successore mortis causa, supplendo, in
 tal modo, all'inerzia di quest'ultimo.
   Resta,  cosi',  superata  la  censura  di  incostituzionalita'   in
 riferimento a tutti i parametri evocati dalla Commissione rimettente.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  34  e  41 del decreto
 legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (Approvazione  del  testo  unico
 delle   disposizioni   concernenti   l'imposta  sulle  successioni  e
 donazioni) sollevata, in riferimento agli artt. 24, 53  e  113  della
 Costituzione,  dalla Commissione tributaria provinciale di Torino con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Marini
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 15 ottobre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C1047