N. 593 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 1999

                                N. 593
  Ordinanza  emessa  il  3  maggio  1999  dal  pretore  di  Napoli nel
 procedimento civile vertente  tra  Sessa  Virginia  e  Ente  autonomo
 acquedotto pugliese ed altro
 Ente  autonomo  dell'acquedetto  pugliese  -  Entrate  di  natura non
    tributaria - Riscossione coattiva  mediante  ruoli  esattoriali  -
    Impossibilita',   per  il  debitore  che  contesti  l'esistenza  o
    l'entita' del  credito,  di  proporre  opposizione  all'esecuzione
    dinanzi  all'autorita' giudiziaria ordinaria (ex artt. 615-618 del
    codice di procedura  civile)  -  Compromissione  dell'effettivita'
    della  tutela  giudiziaria  -  Richiamo  alla sentenza n. 239/1997
    della Corte costituzionale.
 (Legge 13 dicembre 1928, n. 3233, art. 1  della  legge  23  settembre
    1920,  n.  1365, artt. 11 e 11-bis recte: r.d.-l. 19 ottobre 1919,
    n. 2060, artt. 11 e 11-bis,  convertito  con  modificazioni  dalla
    legge  23 settembre 1920, n. 1365, r.d.-l. del 19 ottobre 1919, n.
    2060).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.43 del 27-10-1999 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  iscritta  al  n.
 17823/1997  del  r.g.a.c.,  vertente tra Sessa Virginia, residente in
 Napoli, alla via Tasso n.  432/D,  ed  elettivamente  domiciliata  in
 Napoli,  via  dei  Mille  n. 59, presso l'avv. Stefano Cianci, che la
 rappresenta  e  difende,  giusta  procura  a  margine   del   ricorso
 introduttivo,  opponente  e  Ente  autonomo  acquedotto  pugliese, in
 persona  del  legale  rappresentante  pro-tempore,  rappresentato   e
 difeso,  anche  in virtu' di procura a margine della copia notificata
 del ricorso introduttivo, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di
 Napoli, con sede in Napoli, alla via A. Diaz n. 11,  opposto  nonche'
 Banco   di  Napoli  S.p.a.,  quale  commissario  governativo  per  la
 riscossione dei tributi per la provincia di Napoli,  in  persona  del
 collettore  dott.  Fabio Fronza, elettivamente domiciliato in Napoli,
 corso Umberto I  n.  237,  presso  la  dr.  Maria  Ruggiero,  che  lo
 rappresenta  e difende, giusta procura in calce alla copia notificata
 del ricorso introduttivo, opposto.
                               F a t t o
   Con ricorso depositato in data 4 dicembre 1997, Virginia  Sessa  ha
 proposto   opposizione   avverso   l'esecuzione   promossa  nei  suoi
 confronti, nelle forme di cui al d.P.R.  29  settembre  1973  n.  602
 (esecuzione  esattoriale),  dal  concessionario  del  servizio  della
 riscossione  dei  tributi  per  la provincia di Napoli, su delega del
 concessionario del servizio della  riscossione  dei  tributi  per  la
 provincia  di  Potenza,  con  atto  di  pignoramento mobiliare del 24
 novembre 1997, sulla base della cartella esattoriale n.  5600186  del
 10  agosto  1995  della  S.E.M.   S.p.a. (concessionario del servizio
 della riscossione dei tributi della provincia di  Potenza),  relativa
 ad  una  pretesa  di complessive L. 14.368.937 dell'Ente autonomo per
 l'acquedotto  pugliese  per  forniture  idriche  relative  alla   sua
 abitazione  sita  in  Maratea (PZ), effettuate negli anni 1991, 1992,
 1993 e 1994, nonche' del successivo avviso di mora, fatto  notificare
 dal Banco di Napoli S.p.a. (commissario governativo della concessione
 del  servizio  di riscossione dei tributi per la provincia di Napoli)
 in data 29 settembre 1997,  con  il  quale  le  veniva  richiesto  il
 pagamento della somma di L. 4.471.502.
   La  Sessa,  a fondamento dell'opposizione proposta, ha dedotto che,
 dopo la notificazione della cartella esattoriale,  aveva  chiesto  ed
 ottenuto  dall'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese le rilevazioni
 dei propri consumi idrici inerenti agli anni per i  quali  era  stato
 intimato  il  pagamento,  ed aveva potuto riscontrare che erano stati
 commessi errori di conteggio. In particolare:
     per l'anno 1991, a fronte di un consumo di 1.552 mc di acqua, con
 eccedenza - rispetto al consumo base di 90 mc - di 1.462 mc,  le  era
 stato  richiesto  il  pagamento di una somma di L. 1.198.279, per una
 eccedenza pari a 1.498 mc;
     per l'anno 1992, a fronte di un consumo di 1.476 mc di acqua, con
 eccedenza - rispetto al consumo base di 73 mc - di 1.403 mc,  le  era
 stato  richiesto  il  pagamento di una somma di L. 5.721.054, per una
 eccedenza pari a 2403 mc.
   Dopo avere informato di cio' sia l'ente creditore  che  l'esattore,
 chiedendo  le  opportune  rettifiche,  in mancanza di risposta, aveva
 provveduto al  pagamento  della  somma  che  riteneva  effettivamente
 dovuta, pari a L. 11.368.937, in data 30 gennaio 1996.
   Cio'  nonostante  l'ente  creditore, a mezzo del concessionario del
 servizio  per   la   riscossione   dei   tributi,   aveva   proceduto
 all'esecuzione per la differenza.
   Tanto premesso, richiamando la sentenza 13 luglio 1995 n. 318 della
 Corte costituzionale, la opponente ha chiesto:
     in  via  principale, accertarsi e dichiararsi che l'Ente autonomo
 per l'acquedotto  Pugliese  ed  il  concessionario  del  servizio  di
 riscossione  dei  tributi  per  la  provincia di Napoli (quest'ultimo
 quale delegato del concessionario del  servizio  di  riscossione  dei
 tributi  per  la  provincia di Potenza) non hanno diritto a procedere
 all'esecuzione forzata  nei  propri  confronti  in  base  alle  norme
 sull'esecuzione esattoriale, trattandosi di materia di competenza del
 giudice ordinario;
     in via subordinata, e nel merito, accertarsi e dichiararsi che il
 proprio  debito  nei  confronti  dell'Ente  autonomo per l'acquedotto
 Pugliese, pari a L. 11.368.937 era stato gia'  integralmente  estinto
 prima del pignoramento;
     conseguentemente   accertarsi   e   dichiararsi   la  nullita'  e
 l'inefficacia dell'avviso di mora e del pignoramento esattoriale;
     condannarsi l'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese e la S.E.M.
 S.p.a. al rimborso delle spese di giudizio.
   Sospesa  l'esecuzione con decreto, ed instaurato il contraddittorio
 nei confronti dell'ente creditore e del concessionario  del  servizio
 di  riscossione  dei  tributi  per  la  provincia  di Napoli, si sono
 regolarmente costituiti in giudizio:
     l'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese, in persona del  legale
 rappresentante  pro-tempore il quale, in via preliminare, ha eccepito
 l'inammissibilita' dell'opposizione,  in  quanto  la  stessa  avrebbe
 dovuto essere proposta avverso la cartella esattoriale nei termini di
 legge,  e,  nel merito, ha contestato il fondamento della stessa, per
 essere integralmente dovute le somme di cui  era  stato  ingiunto  il
 pagamento come rilevabile dalle proprie note allegate agli atti;
     il  Banco  di Napoli S.p.a., quale commissario governativo per il
 servizio della riscossione dei tributi nella provincia di Napoli,  in
 persona   del  collettore  dott.  Fabio  Fronza,  il  quale,  in  via
 preliminare,  ha  eccepito  il  proprio  difetto  di   legittimazione
 passiva,  chiedendo  in  subordine  l'autorizzazione alla chiamata in
 garanzia della S.E.M.  S.p.a., quale concessionario del  servizio  di
 riscossione  dei  tributi per la provincia di Potenza, e, nel merito,
 ha affermato l'infondatezza dell'opposizione, per mancanza di prova.
   Dopo istruzione esclusivamente documentale,  sulle  conclusioni  di
 cui in epigrafe, la causa e' stata assegnata in decisione all'udienza
 del  3  febbraio  1999,  con termine di trenta giorni per il deposito
 delle comparse conclusionali e ulteriore termine di venti giorni  per
 il deposito di eventuali memorie di replica.
                             D i r i t t o
   Ritiene   questo   pretore  di  dover  sollevare  la  questione  di
 costituzionalita' dell'art. 1 della legge 13 dicembre  1928  n.  3233
 (nonche'  degli  artt.   11 e 11-bis della legge 23 settembre 1920 n.
 1365, di conversione del r. d.-l.  19  ottobre  1919  n.  2060,  come
 modificati  dal  suddetto art. 1), nella parte in cui, rinviando alle
 norme previste per  la  riscossione  delle  imposte  dirette  per  la
 soddisfazione   di  crediti  non  tributari  dell'Ente  autonomo  per
 l'acquedotto pugliese (ed in particolare gli artt. 53 e 54 del d.P.R.
 29 settembre 1973 n. 602, modificato dal d.P.R. 28  gennaio  1988  n.
 43), impedisce al debitore - nell'ipotesi in cui contesti l'esistenza
 o  l'entita'  del  credito  -  di proporre opposizione all'esecuzione
 dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria.
   Detta questione appare infatti rilevante ai  fini  della  decisione
 del presente giudizio, nonche' non manifestamente infondata.
                       Rilevanza della questione
   L'opponente  Virginia  Sessa  ha,  in via principale, contestato in
 radice il diritto dell'Ente autonomo  per  l'acquedotto  pugliese  di
 procedere  ad  esecuzione  forzata nei propri confronti, in base alle
 norme sull'esecuzione esattoriale, assumendo trattarsi di materia  di
 competenza del giudice ordinario.
   In  via  subordinata al mancato accoglimento di questo primo motivo
 di opposizione, ha inoltre proposto  due  distinte  domande:  con  la
 prima  ha  chiesto accertarsi e dichiararsi che il proprio debito nei
 confronti dell'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese era stato gia'
 integralmente estinto prima del  pignoramento;  con  la  seconda,  ha
 chiesto   accertarsi   e  dichiararsi  la  nullita'  e  l'inefficacia
 dell'avviso di mora e del pignoramento esattoriale.
   Orbene,  la  domanda  principale  deve certamente qualificarsi come
 opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., avendo  ad
 oggetto  la negazione del diritto dell'ente creditore di procedere ad
 esecuzione forzata (secondo le forme dell'espropriazione esattoriale,
 concretamente prescelte).
   Inoltre,  mentre  la  prima  delle  due  domande  subordinate  puo'
 qualificarsi  come  azione  di  accertamento  negativo  della pretesa
 dell'ente  creditore,  la  seconda  (in  coerenza   con   la   stessa
 intitolazione   del   ricorso)  configura  anch'essa  certamente  una
 opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., avendo ad  oggetto  la
 dichiarazione  di  inefficacia  degli  atti  esecutivi  compiuti  dal
 creditore procedente in conseguenza dell'inesistenza del suo  credito
 e del suo conseguente diritto di procedere ad esecuzione forzata.
   In  base  all'art.  1  della legge 13 dicembre 1928 n. 3233 (che ha
 modificato il testo dell'art. 11 della legge 23  settembre  1920,  n.
 1365, di conversione, con modifiche, del r. d.-l. 19 ottobre 1919, n.
 2060,  ed  ha  aggiunto  gli  artt.  11-bis, 11-ter ed 11-quater), la
 riscossione di tutte le entrate dell''Ente autonomo per  l'acquedotto
 pugliese  "e'  fatta  dagli  esattori comunali, ovvero da un esattore
 unico particolare, in base a ruoli, approvati da  presidente  e  resi
 esecutori",  con  tutte le modalita' e secondo le norme in vigore per
 la riscossione delle imposte dirette (art. 11),  e  gli  utenti  sono
 tenuti  al  pagamento  delle  somme  comprese  nei  ruoli, nonostante
 qualsiasi  reclamo  e  contestazione,  salvo  i  rimborsi  dovuti   a
 contestazione definita (art. 11-bis).
   In  base  al  rinvio come sopra disposto, trova percio' attualmente
 applicazione nella materia di cui trattasi la procedura  di  esazione
 delle  entrate  disciplinata  dal  d.P.R.  29  settembre  1973 n. 602
 (modificato dal d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43).
   In base a detta normativa era, tra l'altro, esclusa la possibilita'
 di sospensione dell'esecuzione da parte del giudice ordinario,  salvo
 che  nel  caso  di opposizione di terzo ai sensi dell'art. 619 c.p.c.
 (art. 54 d.P.R. n. 602 del 1973, primo comma) nonche' la possibilita'
 per il debitore di proporre le opposizioni regolate  dagli  artt.  da
 615 a 618 del c.p.c. (art. 54 d.P.R. n. 602 del 1973, secondo comma).
   Il   primo   di   tali   divieti   e'   stato  peraltro  dichiarato
 costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt.  3  e  24
 della Costituzione con la sentenza 13 luglio 1995, n. 318 della Corte
 costituzionale,  nell'ipotesi  in cui l'utente contesti l'esistenza o
 l'entita' del credito, per la  disparita'  di  trattamento  che,  dal
 punto  di  vista  della  difesa  giurisdizionale  - alla cui maggiore
 intensita' concorre comunque anche la  tutela  cautelare  -  l'utente
 stesso  subisce  rispetto  alle  controversie  concernenti  gli altri
 servizi non compresi nel sistema di riscossione esattoriale, e per la
 irragionevolezza  della  esclusione   del   potere   di   sospensione
 cautelare,  nel  caso  in cui, trattandosi di entrate non tributarie,
 alle stesse non sia  applicabile  il  sistema  di  gradualita'  della
 realizzazione  del  credito, previsto per le imposte dall'art. 15 del
 citato d.P.R. n. 602 del 1973.
   Nella   motivazione   della   richiamata   decisione,   la    Corte
 costituzionale  ha  precisato  che, per effetto del sistema normativo
 sottoposto al suo giudizio, da essa in passato giudicato  conforme  a
 costituzione in relazione all'esazione dei tributi (tra l'altro nella
 sentenza  n.  63  del  1982),  "nel  caso  di  entrate non tributarie
 riscosse secondo la procedura esattoriale,  il  debitore,  mentre  e'
 legittimato  a  proporre  un'azione  di  accertamento  negativo della
 pretesa dell'ente creditore, non puo', invece, invocare,  innanzi  al
 giudice,  la  tutela  cautelare",  ed  ha ritenuto discriminatorio il
 "regime al quale risulta assoggettata la riscossione delle entrate di
 natura non tributaria  quando  l'utente  avanzi  contestazioni  circa
 l'esistenza  o l'entita' del credito, atte a legittimare un'azione di
 accertamento negativo".
   Appare  dunque  chiaro   che   la   illegittimita'   costituzionale
 dell'inesistenza  di  un  potere  cautelare  del giudice ordinario di
 sospendere l'esecuzione esattoriale in caso  di  contestazione  circa
 l'esistenza  o l'entita' del credito azionato e' stata affermata, con
 la sentenza n. 318 del  1995,  in  relazione  alla  possibilita'  del
 debitore  di  proporre  una  normale  azione di accertamento negativo
 circa  l'esistenza  o  l'entita'  del   credito   vantato   dall'ente
 procedente,  e  non in relazione alla possibilita' per il debitore di
 proporre opposizione all'esecuzione esattoriale  ai  sensi  dell'art.
 615 c.p.c.
   Ed  e'  appena il caso di osservare, in proposito, che, pur essendo
 estremamente   discussa   la   natura   giuridica    dell'opposizione
 all'esecuzione  - trattandosi di azione di mero accertamento negativo
 della legittimita' dell'esecuzione, secondo alcuni, ovvero di  azione
 costitutiva  che  invalida  ex nunc tutti gli effetti dell'esecuzione
 compiuta, secondo altri - e' comunque certo che tale azione non  puo'
 identificarsi con quella di mero accertamento negativo dell'esistenza
 e/o  dell'entita'  del  credito  per  cui  si procede esecutivamente,
 avendo essa comunque ad oggetto non il credito in se', ma il  diritto
 del  creditore di procedere ad esecuzione forzata sulla base di detto
 credito (e segnatamente,  secondo  la  tesi  che  pare  prevalere  in
 dottrina e giurisprudenza, in ogni caso la nullita' o l'insussistenza
 dell'azione  esecutiva  in  senso  sostanziale,  ed  eventualmente la
 nullita' o l'annullamento degli atti esecutivi compiuti).
   Per quanto sin qui osservato, e' quindi chiaro che, pur  dichiarata
 la  illegittimita'  costituzionale  delle  norme  che  impediscono la
 sospensione dell'esecuzione esattoriale nell'ambito del processo  per
 la  riscossione  delle  entrate  dell'ente  autonomo per l'acquedotto
 pugliese, in relazione alla possibilita'  del  debitore  di  proporre
 l'azione  di  accertamento  negativo  dell'entita'  o  esistenza  del
 credito azionato (art. 54 d.P.R.   n. 602  del  1973,  primo  comma),
 resta  tuttora esclusa la possibilita' per il debitore di proporre le
 opposizioni regolate dagli artt. da 615 a 618  del  c.p.c.  (art.  54
 d.P.R. n. 602 del 1973, secondo comma).
   Avendo    Virginia   Sessa   proposto   proprio   una   opposizione
 all'esecuzione,  in  via  principale,  nel  presente   giudizio,   la
 eventuale  illegittimita' costituzionale delle norme che ne escludono
 l'ammissibilita', deve ritenersi certamente rilevante ai  fini  della
 decisione.  Non manifesta infondatezza della questione
   Per  quanto attiene al giudizio di non manifesta infondatezza della
 questione di costituzionalita' sollevata, pare  opportuno  richiamare
 le  considerazioni svolte nella sentenza 18 luglio 1997, n. 239 della
 Corte   costituzionale,   che    ha    dichiarato    l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (norme
 in materia di previdenza per gli ingegneri e gli  architetti),  nella
 parte  in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle
 imposte dirette, impedisce al debitore - nell'ipotesi in cui contesti
 l'esistenza  o  l'entita'  del  credito  -  di  proporre  opposizione
 all'esecuzione dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria.
   La questione sottoposta all'esame della corte, in tale caso,  aveva
 ad  oggetto  un  caso  assolutamente  simile  a quello attualmente in
 esame, caratterizzato cioe' dalla previsione dell'applicabilita'  del
 sistema   di  riscossione  delle  imposte  dirette  per  crediti  non
 tributari (nella specie crediti previdenziali relativi alle categorie
 degli ingegneri e degli architetti).
   In relazione a detta  fattispecie  si  lamentava  una  lesione  del
 principio di effettivita' della tutela giurisdizionale dei diritti in
 conseguenza sia del divieto di proporre "nelle forme dell'opposizione
 all'esecuzione",  l'azione  di  accertamento  dell'inesistenza  della
 relativa obbligazione pecuniaria,  sia  del  divieto  di  sospensione
 dell'esecuzione da parte dell'autorita' giudiziaria ordinaria.
   La Corte costituzionale, precisato preliminarmente doversi ritenere
 escluso  dall'area  di  rilevanza  della  questione sottoposta al suo
 vaglio  il  profilo  attinente  alle  norme   che   disciplinano   la
 sospensione  dell'esecuzione  (avendo il giudice a quo gia' rigettato
 la proposta istanza di sospensione), la ha poi riconosciuta  fondata,
 in  relazione al diverso profilo attinente al divieto di proposizione
 dell'opposizione all'esecuzione, richiamando le censure operate nella
 sentenza n.  318 del 1995 al "discriminatorio regime al quale risulta
 assoggettata la ricossione delle entrate di  natura  non  tributaria,
 quando  l'utente  avanzi contestazioni circa la esistenza o l'entita'
 del credito, atte a legittimare un'azione  di  accertamento  negativo
 peraltro  esperibile,  ai  sensi  dell'art.  54 del d.P.R. n. 602 del
 1973, solo "dopo  il  compimento  dell'esecuzione  stessa",  ed  alla
 mancanza,  nel  caso  delle  entrate  di natura non tributaria, di un
 sistema di gradualita' della riscossione in  relazione  all'andamento
 del processo.
   Ha    infatti    osservato    che   la   carenza   di   graduazione
 dell'esecutivita',  oltre  ad  imporre  al  debitore  un   sacrificio
 assolutamente  sproporzionato  rispetto alle finalita' ed alla natura
 dell'ente creditore, comporta altresi', anche  in  considerazione  di
 taluni effetti di irreversibilita' tipici del processo esecutivo, una
 inammissibile  limitazione  della  tutela alla proponibilita' di sole
 iniziative   risarcitorie,   potendo   queste   corrispondere    alla
 specificita' ed all'intensita' della tutela giurisdizionale postulata
 dall'art.  24  della  Costituzione, solo se inserite in un piu' ampio
 quadro  di  garanzie,  quale  appunto  si  delinea  per  le   entrate
 tributarie.
   Le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nella pronunzia
 da  ultimo  richiamata  (n. 239 del 1997), da un lato sottolineano la
 distinzione che deve ritenersi operare, nella materia dell'esecuzione
 esattoriale, tra  il  profilo  relativo  al  divieto  di  sospensione
 dell'esecuzione  da  parte del giudice ordinario e quello relativo al
 potere del debitore di proporre l'opposizione all'esecuzione regolata
 dall'art. 615 c.p.c.,  dall'altro  lato  evidenziano  l'inadeguatezza
 delle   norme   di   cui   si   intende  denunziare  l'illegittimita'
 costituzionale nella presente sede, a concretare l'effettivita' della
 tutela  giurisdizionale  postulata  dagli  artt.   3   e   24   della
 Costituzione, sotto il secondo degli indicati profili, per i medesimi
 motivi   che  hanno  portato  alla  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 17 della legge 3 gennaio 1981, n.  6  (norme
 in  materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti),  nella
 parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione  delle
 imposte dirette, impedisce al debitore - nell'ipotesi in cui contesti
 l'esistenza   o  l'entita  del  credito  -  di  proporre  opposizione
 all'esecuzione dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata,  in  riferimento
 agli  artt.  3  e 24 della Costituzione, la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge  13  dicembre  1928,  n.  3233
 (nonche'  degli  artt.  11 e 11-bis della legge 23 settembre 1920, n.
 1365, di conversione, con modifiche, del regio d.-l. 19 ottobre 1919,
 n. 2060, come modificati dal suddetto art. 1), nella  parte  in  cui,
 rinviando  alle  norme  previste  per  la  riscossione  delle imposte
 dirette per la  soddisfazione  di  crediti  non  tributari  dell'Ente
 autonomo per l'acquedotto pugliese (ed in particolare agli artt. 53 e
 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 come modificato dal d.P.R. 28
 gennaio  1988,  n.  43),  impedisce al debitore - nell'ipotesi in cui
 contesti  l'esistenza  o  l'entita'  del  credito   -   di   proporre
 opposizione    all'esecuzione   dinanzi   all'autorita'   giudiziaria
 ordinaria;
   Ordina la sospensione del giudizio fino alla decisione della  Corte
 costuzionale;  dispone  la  immediata  trasmissione  degli  atti alla
 cancelleria della Corte costituzionale;
   Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  venga
 notificata  alle  parti,  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera  dei  Deputati  e  del
 Senato.
     Napoli, addi' 3 maggio 1999
                         Il pretore: Tatangelo
 99C1053