N. 598 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 1998

                                N.  598
  Ordinanza emessa il 10 settembre 1999  dalla  Corte  dei  conti  nel
 deferimento   sull'esame   e   pronuncia   sul  visto  e  conseguente
 registrazione del decreto d.P.R. datato 21 dicembre 1998
 Istruzione artigiana e formazione professionale - Regolamento recante
    disposizioni  sulla  formazione  professionale  -  Misure  per  la
    ristrutturazione  degli  enti formativi - Emanazione con d.P.R. in
    base al decreto legislativo impugnato - Disciplina con regolamento
    delegato (abrogativo di  norme  legislative  statali  individuanti
    "principi    fondamentali")   della   materia   della   formazione
    professionale, oggetto di riserva assoluta di legge  -  Previsione
    di  decorrenza  dell'esercizio  delle  nuove attribuzioni da parte
    delle Regioni e dell'abrogazione  di  fondamentali  norme  statali
    disciplinanti  la  materia  dall'effettivo trasferimento di beni e
    risorse alle Regioni stesse - Violazione della sfera di competenza
    e dell'autonomia finanziaria regionale.
 Istruzione artigiana e professionale  -  Previsione,  in  materia  di
    formazione  continua dei lavoratori, di interventi sia statali che
    regionali, non definitivi e non differenziati, finanziati  con  le
    medesime   risorse  -  Violazione  della  sfera  di  competenza  e
    dell'autonomia finanziaria regionale.
 Istruzione  artigiana  e  professionale  - Attribuzione allo Stato di
    competenze circa l'analisi dei fabbisogni formativi, la formazione
    continua, i contratti di formazione e lavoro  -  Violazione  della
    sfera di competenza regionale - Eccesso di delega.
 (Legge  24 giugno 1997, n. 196, art. 17, commi 1 e 2, d.-l. 20 maggio
    1993, n. 148, art. 9,  commi  3,  e  3-bis  e  4,  convertito  con
    modificazioni  nella  legge  19  luglio 1993, 236, d.lgs. 31 marzo
    1998, n. 112, artt.  7, 142, commi 1, lett. c), e) e f), 2 e 3).
 (Cost., artt. 76, 117 e 119).
(GU n.43 del 27-10-1999 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Nell'adunanza del 10 settembre 1999;
   Visto il d.P.R. in data 21 dicembre 1998  con  il  quale  e'  stato
 emanato  il regolamento recante disposizioni in materia di formazione
 professionale, a norma dell'art. 17, comma 1, della legge  24  giugno
 1997,  n.  196,  e dell'art. 20 comma 8, della legge 15 marzo 1997, n
 59;
   Vista la nota in data 26 agosto 1999 del  consigliere  delegato  al
 controllo sugli atti di governo e la relazione in data 23 agosto 1999
 del consigliere istruttore;
   Vista  l'ordinanza  in  data  27  agosto  1999,  con  il  quale  il
 Presidente della  Corte  dei  conti  ha  deferito  alla  sezione  del
 controllo,   convocata   per   l'adunanza   odierna,   l'esame  della
 legittimita' del decreto presidenziale sopra indicato;
   Vista la nota della segreteria della sezione  del  controllo  prot.
 n. 1016/99 in data 30 agosto 1999.
   Visto l'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161;
   Vista la legge 14 gennaio l994, n. 20;
   Udito il relatore consigliere Maurizio Meloni;
   Uditi  i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri
 e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
                           Ritenuto in fatto
   In data 28 gennaio 1999 e' pervenuto alla Corte dei conti - Ufficio
 di controllo sugli atti  di  governo,  per  il  prescritto  controllo
 preventivo di legittimita' il decreto del Presidente della Repubblica
 in data 28 dicembre 1998 con il quale e' stato emanato il regolamento
 recante  disposizioni in materia di formazione professionale, a norma
 dell'art.   17, comma 1, della  legge  24  giugno  1997,  n.  196,  e
 dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
    In  sede istruttoria l'ufficio di controllo sugli atti di governo,
 con foglio di rilievo  n.  2  del  12  febbraio  1999,  ha  richiesto
 all'amministrazione una serie di chiarimenti attinenti sia all'esatta
 portata  del  disposto  dell'art.  17  della legge n. 196 del 1997 in
 relazione  anche  alla  sua  compatibilita'  con  l'art.  117   della
 Costituzione,  sia  alla  conformita'  a legge di alcune disposizioni
 contenute nel regolamento.
   L'amministrazione, con nota in data 2 luglio 1999, ha controdedotto
 alle osservazioni formulate dall'Ufficio di controllo.
   Con relazione in data 23 agosto 1999 il consigliere istruttore,  in
 base  anche alle risposte fornite dall'amministrazione, anzitutto, ha
 prospettato   ulteriori   dubbi   in   merito    alla    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  17 della legge n. 196 del 1997, nonche' in
 relazione a diverse altre norme di  cui  il  regolamento  costituisce
 esplicazione,  attinenti alle materie della formazione professionale.
 Inoltre, e' stata contestata la non conformita' a legge  di  numerose
 disposizioni del regolamento.
   Il  consigliere  delegato  al  controllo  sugli  atti  di  governo,
 concordando con il  consigliere  istruttore,  con  nota  in  data  26
 agosto, 1999, ha inviato gli atti al Presidente della Corte dei conti
 per   il  deferimento  alla  sezione  del  controllo  dell'esame  del
 regolamento,  richiedendo  espressamente   che   oggetto   dell'esame
 collegiale fossero tutte le prospettate questioni, attinenti sia alla
 legittimita'  costituzionale dell'art. 17, commi 1 e 2 della legge n.
 196 del 1997, dell'art.  9, commi 3, 3-bis e 4, del decreto-legge  20
 maggio  1993,  n.  148  (convertito con modificazioni, dalla legge 19
 luglio 1993, n. 236), nonche' degli artt. 7 e 142, comma  1,  lettere
 c),  e)  ed f) commi 2 e 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
 112,  sia  alla  conformita'  a  legge  di  tutte   le   disposizioni
 regolamentari  indicate  nella menzionata relazione in data 23 agosto
 1999.
   Nel  corso   dell'adunanza   odierna   sono   stati   ascoltati   i
 rappresentanti  della  Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri e del
 Ministero del lavoro e della previdenza sociale, i quali tra l'altro,
 hanno esposto oralmente il contenuto di una "memoria"  depositata  in
 data odierna.
                        Considerato in diritto
   Alla  luce  delle  conclusioni  esposte  nella relazione in data 23
 agosto 1999, ribadite nel corso dell'odierna adunanza dal consigliere
 delegato al controllo sugli atti di governo, ritiene il collegio che,
 preliminarmente rispetto all'esame  della  conformita'  a  legge  del
 regolamento,  debba  essere  affrontata  la  questione concernente la
 legittimita' costituzionale delle norme di  rango  primario  indicate
 nella menzionata relazione del consigliere istruttore.  Nessun dubbio
 sussiste  in  merito  alla  rilevanza  delle questioni attinenti alla
 legittimita' costituzionale di tale normativa (art.  17 commi 1 e  2,
 della  legge  n.  196  del  1997, dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4 del
 decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito  con  modificazioni,
 dalla  legge  19    luglio 1993, n. 236, nonche' degli artt. 7 e 142,
 comma 1, lettere c), e) ed f), commi 2 e 3, del  decreto  legislativo
 31   marzo   1998.  n.  112)  rispetto  all'esercizio  del  controllo
 preventivo avente ad oggetto il suindicato  regolamento  in  tema  di
 formazione  professionale.    Il controllo preventivo di legittimita'
 esercitato sui regolamenti, infatti, consiste  nella  verifica  della
 conformita'  della  normativa  di  rango secondario alle prescrizioni
 dettate nella materia trattata dalla normativa di rango primario e in
 particolare in quella che prevede il regolamento (art. 17, commi 1  e
 2,  della  legge  n.  196 del 1997), nonche' in quella che in termini
 generali disciplina la materia oggetto del regolamento stesso  (d.-l.
 n.  148  del  1993.  artt.   1-10, 140-147 del decreto legislativo 31
 marzo 1998. n. 112).  Cio' premesso, anzitutto, si  ritiene  che  non
 sia   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 17, commi 1 e 2,  della  legge  n.  196  del
 1997.    Nel foglio di rilievo n. 2/99 e' stato espresso l'avviso che
 la disciplina contenuta nei primi due commi dell'art. 17 della  legge
 n. 196 del 1997 sia costituzionalmente illegittima, per contrasto con
 l'art.  117  della  Costituzione  (che  fissa  una  riserva  di legge
 "assoluta"), nella parte in cui prevede che i principi  fondamentali,
 ivi  indicati,  ai quali le regioni si devono ispirare nell'esercizio
 della potesta' legislativa loro riconosciuta in  tema  di  formazione
 professionale  (integrativi di quelli dettati dalla legge 21 dicembre
 1978,  n.  845,  legge-quadro in materia di formazione professionale)
 siano esplicitati ed ulteriormente definiti  tramite  un  regolamento
 delegato  (emanato  ai  sensi  dell'art.  17, comma 2, della legge 23
 agosto 1988, n. 400) a seguito della delegificazione  della  materia.
 In  base al disposto del comma 1, dell'art. 17 della legge n. 196 del
 1997 le "norme di natura  regolamentare"  dovrebbero  "costituire  la
 prima  fase  di  un  piu'  generale,  ampio processo di riforma della
 disciplina in materia" di formazione professionale.   Il  regolamento
 in  esame  (cfr. l'art. 1) attua il disposto di tutto il comma 1, del
 menzionato art. 17, ad eccezione della lettera a).    Nel  foglio  di
 rilievo,  inoltre,  e'  stato osservato che l'intervento statale, per
 quel che concerne le materie in relazione alle quali le regioni  sono
 dotate  di  potesta' legislativa concorrente, deve essere finalizzato
 precipuamente alla definizione dei principi fondamentali (tramite  le
 c.d.  leggi-quadro,  e  non  anche per mezzo di norme regolamentari),
 nonche' allo svolgimento delle funzioni di indirizzo e  coordinamento
 dell'attivita'  amministrativa  delle  regioni  (cfr.  l'art. 8 della
 legge 15 marzo 1997, n. 59).  In merito alle  osservazioni  formulate
 dall'ufficio di controllo la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha
 affermato  che "con lo strumento della delega si e' voluto in realta'
 procedere ad un riordino, sia pure transitorio, delle sole competenze
 statali in materia, non intervenendo  minimamente  sul  quadro  delle
 attribuzioni  regionali".    Ad avviso della Presidenza del Consiglio
 dei  Ministri,  infatti,  tutte   le   disposizioni   contenute   nel
 regolamento  troverebbero  fondamento  nell'art.  142,  comma  1, del
 d.lgs. n. 112 del  1998  che  "individua  le  funzioni  e  i  compiti
 riservati  allo  Stato  in  materia  di formazione professionale". In
 particolare, con riferimento alle disposizioni contenute negli  artt.
 10-16 del regolamento, l'amministrazione ha affermato:
     a)  l'art.  2  trova "fondamento nella previsione di cui all'art.
 142, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998";
     b)  "le  disposizioni  di  cui  all'art.  10,   in   materia   di
 accreditamento delle strutture formative, trovano puntuale fondamento
 nell'art.   142, comma 2 (recte: comma 1), lett. d), che demanda allo
 Stato il compito di definire i requisiti minimi per  l'accreditamento
 delle strutture che gestiscono l'attivita' formativa";
     c)  "la disposizione di cui all'art. 11 ... non pone problemi sul
 piano  della  lesione  dell'autonomia  regionale   in   quanto   gia'
 attribuisce  alle  regioni  un  ruolo centrale nella ristrutturazione
 degli enti formativi";
     d) la disciplina di cui all'art. 12. che definisce il ruolo delle
 universita' in materia di formazione professionale, fa comunque salvo
 il rispetto delle competenze di cui al decreto legislativo n. 112 del
 1998, e quindi non appare lesivo delle prerogative regionali";
     e) "le norme di cui agli  artt.  13  e  14,  che  istituiscono  e
 rgolamentano  il fondo interprofessionale per la formazione continua,
 trovano copertura nell'art. 142, comma 1,  lett.  f),  che  riconosce
 allo  Stato  i compiti in materia di promozione e finanziamento delle
 attivita' di formazione continua dei lavoratori";
     f) le previsioni di cui  agli  artt.  15  e  16,  in  materia  di
 certificazione  delle  competenze  professionali  e crediti formativi
 dando vita ad un sistema  unitario  valido  su  tutto  il  territorio
 nazionale,  trovano  fondamento  nell'art. 142, lett. c), del decreto
 legislativo n. 112 del 1998".   Conclusivamente l'amministrazione  ha
 affermato  che  "l'art.  17,  commi  1  e 2, della legge 196/1997 non
 presenta profili di illegittimita' costituzionale in quanto a livello
 regolamentare   non   vengono   affatto   modificati   "i    principi
 fondamentali"  in  tema  di  formazione professionale che rimangono -
 nella loro interezza -  definiti  dalla  legge  quadro  n.  845/1978,
 nonche' dallo stesso art. 17".
   Le  controdeduzioni  dell'amministrazione non appaiono convincenti.
 Si ritiene, infatti che:
     a) le disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del  regolamento
 non  attengano  alle  funzioni riservate allo Stato dall'art. 142 del
 d.lgs.  n.  112  del  1998  riferendosi  invece,   all'attivita'   di
 competenza delle regioni in materia di formazione professionale.
   In   merito  all'art.  11  del  regolamento  -  che  disciplina  la
 ristrutturazione degli enti formativi e che trova il  suo  fondamento
 normativo  nell'art.    17, comma 1, lett. f), della legge n. 196 del
 1997 - nelle controdeduzioni dell'amministrazione si legge  che  tale
 disposizione   "non   pone   problemi   sul   piano   della   lesione
 dell'autonomia regionale in quanto gia' attribuisce alle  regioni  un
 ruolo  centrale  nella  ristrutturazione degli enti formativi".  Tale
 considerazione tuttavia non centra il problema affrontato nel  foglio
 di  rilievo  ove  e'  stata  formulata una censura concernente non la
 lesione dell'autonomia regionale (che  determinerebbe  la  necessita'
 della  verifica  della  disciplina  con  l'art.  119 Cost.) bensi' la
 violazione della riserva assoluta  di  legge  sancita  dall'art.  117
 Cost.    In  quest'ottica,  non  appare  dubbio  che  l'art.  11  del
 regolamento attua il disposto dell'art. 17, comma 1, lett.  f)  della
 legge  n.    196  del  1997  (che si limita a prevedere l'adozione di
 misure idonee a favorire la ristrutturazione degli  enti  formativi),
 dettando  una  disciplina  integrativa  di  quella  statale  di rango
 primario, invasiva dell'ambito in cui le regioni  esplicano  la  loro
 potesta'  legislativa  e  non derogabile dalla legislazione regionale
 concorrente.    Considerazioni  analoghe  vanno  formulate  anche  in
 relazione  all'art.    12  del  regolamento,  intitolato  "formazione
 professionale e universita'".  Con riguardo a tale  disposizione,  da
 valutare  alla  luce  della  modifica  dell'art.  17,  comma 1, primo
 alinea, della legge n. 196 del 1997 operata  dall'art.  67  comma  1,
 lett.  a),  della  legge  n.  144  del 1999, nelle controdeduzioni si
 afferma che l'art. 12 "fa salvo il rispetto delle competenze  di  cui
 al  decreto  legislativo  n. 112 del 1998, e quindi non appare lesivo
 delle prerogative regionali".  Tale osservazione  appare  ininfluente
 poiche'  cio'  che  in  questa  sede assume rilevanza e unicamente la
 circostanza che  l'art.  12  del  regolamento  attua  ed  integra  il
 disposto  del  comma 1, dell'art. 17 della legge n. 196 del 1997 (nel
 testo modificato dall'art. 67, comma 1, lett. a), della legge n.  144
 del  1999),  che  nel  primo  alinea,  tramite  una  affermazione  di
 principio, si limita  a  garantire  in  via  del  tutto  astratta  ai
 lavoratori   "adeguate   opportunita'  di  formazione  ed  elevazione
 professionale  anche  attraverso  l'integrazione   del   sistema   di
 formazione  con  il sistema scolastico e universitario e con il mondo
 del lavoro";
     b)  gli  artt.  13  e  14  disciplinano  una  materia,  la   c.d.
 "formazione  continua"  che  precipuamente  rientra  nelle competenze
 regionali in tema di formazione  professionale:  cfr.  in  tal  senso
 l'art.  141  comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998, che inserisce nella
 "formazione  professionale"  tra  l'altro,  "la  formazione continua,
 permanente e ricorrente". L'art.   142, comma 1, lettere  e)  ed  f),
 infatti,   individua   competenze  statali  in  tema  di  "formazione
 continua" meramente residuali (su cio' v.  in seguito).    L'articolo
 13, peraltro non si riferisce soltanto alle competenze statali di cui
 alle  menzionate  lettere  e)  ed  f) del comma 1, dell'art.  142 del
 d.lgs.  n.  112  del  1998,  bensi'  esplicitamente  dispone  che  la
 disciplina  regolamentare  si applica anche alle "politiche formative
 regionali", cioe' all'attivita' posta  in  essere  dalle  regioni  in
 materia di "formazione continua".  Pertanto non puo' essere condivisa
 l'affermazione  contenuta  nelle controdeduzioni dell'amministrazione
 secondo cui "gli artt. 13 e 14 ... trovano copertura  nell'art.  142,
 comma  1,  lett.  f)".    La  disposizione  regolamentare  in  esame,
 peraltro, non tende unicamente alla individuazione (o specificazione)
 di principi fondamentali della materia, bensi' detta  una  disciplina
 concernente  anche  il  reperimento  e  la  gestione delle risorse da
 destinare al finanziamento delle attivita' di "formazione  continua".
 In  relazione  all'art.  13 del regolamento, conseguentemente sorgono
 problemi in parte diversi rispetto a quelli trattati in sede di esame
 degli artt. 11 e 12 del regolamento (mancato rispetto  della  riserva
 assoluta  fissata dall'art. 117 Cost.).  La tematica da affrontare in
 sede di valutazione della disciplina legislativa (art. 17,  comma  1,
 lett.  d),  della legge n. 196 del 1997) e regolamentare (art. 13 del
 regolamento) in esame, infatti, e' anche quella  del  rispetto  delle
 attribuzioni  e  dell'autonomia  delle  regioni (art. 119 Cost.).  In
 materia risulta vigente l'art. 4, primo comma, lett. a), della  legge
 n.  845  del  1978,  secondo  cui le regioni, attenendosi ai principi
 fondamentali  stabiliti  con  leggi   dello   Stato,   provvedono   a
 disciplinare  con proprie leggi "la programmazione, l'attuazione e il
 finanziamento delle attivita' di  formazione  professionale".    Tale
 norma  appare  rispettosa  del  disegno ordinamentale delineato dagli
 artt. 117-119 della Costituzione, dai quali si desume che le regioni,
 titolari  in  materia  di  formazione  professionale  della  potesta'
 legislativa  (seppur  concorrente),  nonche' della correlata potesta'
 amministrativa, sia programmatoria  che  gestionale,  sono  enti  che
 devono  essere  dotati di una sfera di autonomia tale da garantire la
 possibilita' di gestire gli interessi devoluti alla loro  cura.    Da
 cio'   deriva   l'illegittimita'  costituzionale  della  legislazione
 statale di rango primario in base  alla  quale  tali  interessi  sono
 soddisfatti  (anche  o  esclusivamente) mediante l'attivita' posta in
 essere da terzi, siano essi lo Stato stesso ovvero  soggetti  privati
 (organizzazioni  sindacali).   Inoltre, nella legislazione vigente e'
 previsto un  sistema  di  programmazione  della  distribuzione  delle
 risorse  a  livello  nazionale affidato alle cure del CIPE. Alla luce
 delle determinazioni di tale organo,  al  quale  sono  attribuite  le
 competenze  in materia di ripartizione delle risorse utilizzabili per
 il finanziamento di tutte  le  attivita'  concernenti  la  formazione
 professionale,  lo  Stato  dovrebbe  erogare  a  ciascuna  regione le
 risorse finanziarie ad essa spettanti. La regione successivamente, in
 base alle risorse assegnatele, dovrebbe provvedere alla  redazione  e
 al  finanziamento  dei  programmi  e  dei  piani  (regionali)  e alla
 valutazione dei singoli progetti (per la disciplina comunitaria degli
 interventi in tema -  non  soltanto  -  di  formazione  professionale
 finanziati  con  i  fondi  strutturali  comunitari cfr. i regolamenti
 (CEE) n. 2081/1993 e n. 2082/1993).  Con riferimento agli  interventi
 in  materia  di  formazione professionale di competenza delle regioni
 finanziati con risorse comunitarie, anzitutto, puo' essere richiamato
 l'art. 24 della legge n. 845 del 1978 in base al quale:
     a) le regioni, in conformita' dei  programmi  pluriennali  e  dei
 piani annuali da esse predisposti per l'attuazione delle attivita' di
 formazione  professionale  (cfr.  l'art.  5  della legge n. 845 del l
 978), autonomamente autorizzano, per l'area di propria competenza, la
 presentazione  dei  progetti  di  formazione  ai  competenti   organi
 comunitari, tramite il Ministero del lavoro (in tal senso, cfr. anche
 l'art. 18, lett. g), della legge n. 845 del 1978);
     b)  l'unico  intervento statale in materia e' quello spettante al
 CIPE, che annualmente "indica in  conformita'  di  parametri  fissati
 dalla  commissione  interregionale  di cui all'art. 13 della legge 16
 maggio 1970, n. 281, il limite massimo di spesa  entro  cui  ciascuna
 regione  puo'  autorizzare  l'inoltro dei progetti" da finanziare con
 fondi comunitari.
   La legislazione successiva alla legge-quadro in tema di, formazione
 professionale ha ulteriormente puntualizzato l'ambito dell'intervento
 del CIPE.
   In particolare, gli artt. 2, comma 1, lett. c), e 3 della legge  16
 aprile 1987, n. 183 attribuiscono al CIPE il potere di:
     1)  adottare  "direttive  generali  per  il proficuo utilizzo dei
 flussi finanziari nazionali e comunitari, indicandone  le  quote  per
 amministrazioni competenti";
     2)  determinare  annualmente "le linee di fabbisogno finanziario,
 statale e regionale, connesso all'azione in  Italia  delle  politiche
 comunitarie";
     3) definire annualmente "il programma degli interventi finanziari
 da  effettuarsi  nel  corso  dell'anno  successivo  con  il  concorso
 comunitario,  coordinando  fra  loro   i   programmi   statali"   (da
 predisporre,  ove  previsti, con riferimento alle funzioni in tema di
 formazione professionale "mantenute" in capo allo Stato) e  regionali
 in materia.
   In  relazione  a  tale  ultima  attivita'  programmatoria del CIPE,
 l'art.  9, comma 7, del d.-l. n. 148 del 1993  ha  stabilito  che  il
 Ministro  del  lavoro, di concerto con quello del tesoro, annualmente
 propone  al  CIPE  l'ammontare  (pari  a  due  terzi)  delle  risorse
 nazionali  del  fondo  di  rotazione  per la formazione professionale
 previsto dall'art.  25 della legge n. 845 del  1978  disponibili  per
 essere  corrisposte  agli  operatori  in  attesa della erogazione dei
 fondi comunitari.
   Per quel che attiene, invece, alle iniziative regionali in tema  di
 formazione professionale finanziate con risorse nazionali l'art.  22,
 primo  comma, della legge n. 845 del 1978 stabilisce che le attivita'
 promosse dalle regioni sono finanziate nell'ambito del  fondo  comune
 di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281.
   Al  predetto  fondo  sono conferiti tutti gli stanziamenti di spesa
 iscritti  nel  bilancio  dello  Stato  attinenti  ad   attivita'   di
 formazione professionale trasferite alle regioni.
   Successivamente,  l'art. 9, comma 7, (ultimo alinea), del d.-l.  n.
 148 del 1993 ha integrato tale normativa prevedendo che  il  Ministro
 del  lavoro, d'intesa con le regioni, programma l'utilizzazione di un
 terzo delle risorse inserite nel Fondo di rotazione per la formazione
 professionale  per  lo  svolgimento  dei programmi regionali, in modo
 appropriato rispetto ai bisogni formativi, acquisendo  il  preventivo
 parere della commissione centrale per l'impiego.
   Per  quel  che  concerne,  infine, il finanziamento delle (residue)
 attivita' di competenza statale, trova applicazione il  disposto  del
 menzionato  art.  2  della  legge  n. 183 del 1987 - che individua le
 competenze programmatorie del CIPE -  e  l'art.  22,  secondo  comma,
 della  legge  n.  845 del 1978 (a conferma di quanto precede, cfr. la
 deliberazione  CIPE  del  13  aprile  1994,   relativa   al   periodo
 1994-1999).
   Riassumendo, in considerazione di quanto esposto, si e' dell'avviso
 che  i  "principi  fondamentali"  vigenti  in  materia  di formazione
 professionale, in contrasto con la riserva assoluta di legge  fissata
 dall'art.  117  della  Costituzione.  risultino  attuati, integrati e
 specificati dalla  normativa  contenuta  negli  artt.  11  e  12  del
 decreto.  In  relazione  al  disposto  di tali norme regolamentari il
 collegio ritiene che debba essere sottoposta  all'esame  della  Corte
 costituzionale    la    questione    attinente    alla   legittimita'
 costituzionale dell'art. 17, comma 1, (alinea e lett. f) e  comma  2,
 della legge n. 196 del 1997.
   In  relazione  all'art.  13,  invece,  dovrebbe  essere valutata la
 compatibilita' dell'art. 17, comma 1, lett. d), della  legge  n.  196
 del l997 con gli artt. 117 e 119 della Costituzione.
   Osservazioni  analoghe a quelle esposte in relazione agli artt.  11
 e 12, infine, vanno formulate in merito all'art. 18  del  regolamento
 in  esame,  che  dispone l'abrogazione di alcune norme della legge n.
 845 del 1978 (cioe'  della  legge-quadro  in  materia  di  formazione
 professionale),  ed in particolare dell'art. 5 (dalla lettera b) sino
 alla fine) di tale legge. che detta un principio  fondamentale  della
 materia,  e  precisamente  quello  secondo  il  quale le regioni, per
 l'attuazione dei propri programmi, (oltre che  direttamente)  possono
 procedere  mediante  la  stipulazione  di  "convenzioni" con soggetti
 appartenenti  a  determinate  categorie  in  possesso  di   specifici
 requisiti.
   L'art.  18 trova il suo fondamento normativo nell'art. 17, comma 1,
 lett. h), e comma 2, della legge n. 196 del 1997.  Tale  disposizione
 appare  costituzionalmente  illegittima, per violazione dell'art. 117
 Cost., poiche' non rispettando la riserva assoluta di legge  disposta
 dalla   norma   costituzionale,   prevede   l'emanazione   di   norme
 regolamentari delegate (ex art. 17, comma  secondo,  della  legge  23
 agosto   1988,   n.   400)  abrogative  di  norme  di  leggi  statali
 individuanti  "principi   fondamentali"   in   tema   di   formazione
 professionale.
   Condivisibile,  invece, appare l'affermazione della amministrazione
 secondo  cui  altre  disposizioni  del  regolamento  in  esame   sono
 riconducibili  (unicamente  -  cfr. gli artt. 2, 10, 15 e 16 - ovvero
 anche - cfr.  gli artt. 13 e 14) alle "competenze statali" in materia
 di formazione professionale. Come accennato in  precedenza,  infatti,
 l'amministrazione   ritiene   che  l'art.  2  del  regolamento  trovi
 fondamento nella lett.  a), l'art. 10 nella lett. d), gli artt. 13  e
 14  nella  lett.  f), gli artt. 15 e 16 nella lett. c) dell'art. 142,
 comma 1, del d.lgs. n.  112 del 1998.
   Da  cio'  deriva  che  le  norme  regolamentari  in  esame non sono
 "delegate" (pertanto non possono modificare norme di legge),  poiche'
 esse  non  rinvengono  il  proprio  fondamento normativo nell'art. 17
 della legge n. 196 del 1997 (che, al comma  2,  richiama  l'art.  17,
 comma  2, della legge n. 400 del 1988). Conseguentemente, esse devono
 essere  qualificate  norme  regolamentari  di  esecuzione  ovvero  di
 attuazione,  ai  sensi  dell'art. 17, comma 1, della legge n. 400 del
 1988.
   Al riguardo, peraltro, si osserva che la normativa contenuta  negli
 artt. 140-147 del d.lgs. n. 112 del 1998 non e' attualmente operativa
 in  quanto  a)  il  trasferimento di funzioni, b) l'abrogazione (cfr.
 l'art. 147 del d.lgs. n. 112 del 1998) di alcune  fondamentali  norme
 preesistenti  disciplinanti la materia della formazione professionale
 e c) l'esercizio delle "nuove" attribuzioni da  parte  delle  regioni
 decorrono   non   dalla   data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
 legislativo, bensi' dall'effettivo trasferimento  dei  beni  e  delle
 risorse  finanziarie,  umane,  strumentali e organizzative" in favore
 degli  enti  regionali  (cfr.  l'art.  7   del   menzionato   decreto
 legislativo).
   E'  il  medesimo  meccanismo  di  rinvio  della  operativita' della
 normativa delegata emanata in attuazione  delle  deleghe  legislative
 contenute  nella  legge  n. 59 del 1997, recentemente censurato dalla
 sezione del controllo (cfr. l'ordinanza n. 2/1999, con  la  quale  e'
 stata sottoposta all'esame della Corte costituzionale la legittimita'
 costituzionale del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143).
   Attualmente,  quindi,  al  fine  della  individuazione  dei compiti
 riservati allo Stato in materia di formazione  professionale  occorre
 fare  riferimento  alla normativa vigente in epoca anteriore rispetto
 alla entrata in vigore del d.lgs. n. 112  del  1998,  e  precisamente
 all'art.  18  della  legge n. 845 del 1978, all'art. 40 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n.  616 e all'art. 9 del d.lgs. n. 148 del 1993).
   In relazione all'art. 2 occorre fare  riferimento  all'art.  4  del
 d.P.R.  n.  616 del 1977 e all'art. 18, primo comma, lettere c) e g),
 della legge n. 845 del 1978.
   L'art.  10,  che  disciplina   l'accreditamento   delle   strutture
 formative,  trova  fondamento  nell'art.  18,  primo comma, lett. l),
 della legge n. 845 del  1978,  secondo  cui  spetta  allo  Stato  "la
 definizione, su parere conforme della commissione di cui all'art. 17,
 dei  requisiti  tecnici  per  il  riconoscimento dell'idoneita' delle
 strutture   e   delle   attrezzature    adibite    alla    formazione
 professionale".
   In  merito  agli  artt.  13  e  14  del  regolamento,  che  dettano
 disposizioni in materia di "formazione continua" dei lavoratori e che
 disciplinano (anche) le funzioni e i compiti "mantenuti" allo  Stato,
 la  normativa alla quale occorre fare riferimento e' quella contenuta
 nell'art.  9, commi 3, 3-bis e 4, del d.-l. 20 maggio 1993, n. 148.
   Trattasi, tuttavia, di una normativa che appare in contrasto con il
 disposto degli artt. 117 (che individua puntualmente  le  materie  di
 competenza  regionale)  e  119 (che garantisce l'autonomia regionale)
 della Costituzione, poiche'  prevede  che  nell'ambito  della  stessa
 (sub)  materia siano contemporaneamente possibili (non definiti e non
 differenziati) interventi sia statali che regionali finanziati con le
 medesime risorse.
   Il  fondamento  normativo  dell'art.  15 del regolamento, attinente
 alla certificazione delle competenze professionali,  potrebbe  essere
 rinvenuto  nel  disposto dell'art. 17, comma 1, lett. e), della legge
 n. 196 del 1997.
   Infine,  la  materia  disciplinata  dall'art.  16  del  regolamento
 (crediti  formativi)  non  risulta  spettante  allo  Stato in base ad
 alcuna norma precedente rispetto all'art. 142, comma 1, lett. c), del
 d.lgs. n.  112 del 1998.
   Applicando la normativa vigente in epoca anteriore  all'entrata  in
 vigore  del  d.lgs.  n.  112  del  1998,  l'art.  16  dovrebbe essere
 dichiarato illegittimo. In relazione, invece,  agli  artt.  13  e  14
 (riferibili,  come  detto,  anche alle funzioni statali in materia di
 formazione  continua)  deve  essere   sollevata   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  per  violazione  degli  artt. 117 e 119
 Cost.) dell'art. 9, commi 3 3-bis e 4 del d.-l. n. 148 del 1993.
   Non appare dubbio peraltro che il Governo con  gli  artt.  2,  3-6,
 8-10,  13,  14  (le  ultime  due  disposizioni  nella parte in cui si
 riferiscono, alle funzioni esercitate  dallo  Stato),  15  e  16  del
 regolamento abbia voluto attuare il disposto dell'art. 142 del d.lgs.
 n. 112 del 1998.
   Appare necessario, pertanto, esaminare anzitutto la correttezza del
 condizionamento  dell'operativita'  della  disciplina  contenuta  nel
 d.lgs. n. 112 del 1998 al trasferimento alle regioni dei beni e delle
 risorse finanziarie, umane, strumentali  e  organizzative  necessarie
 per l'esercizio delle funzioni "trasferite" (cfr. l'art. 7 del d.lgs.
 n. 112 del 1998).
   In materia, la Sezione del controllo, nella menzionata ordinanza n.
 2/1999 (di rinvio alla Corte costituzionale della questione attinente
 alla  legittimita'  costituzionale  della analoga normativa contenuta
 nel d.lgs. n. 143 del 1997, istitutivo del Ministero per le politiche
 agricole) ha espresso l'avviso che  il  meccanismo  di  rinvio  sopra
 delineato  non  trova  fondamento  in  alcuno  del  criteri direttivi
 indicati dalla legge n. 59 del  1997  e  viola  il  limite  temporale
 imposto al Governo per l'esercizio della delega.
   In  merito,  ritiene  il  collegio  che  il  condizionamento  della
 operativita' della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 112 del 1998 al
 trasferimento dei beni e delle risorse in favore degli enti regionali
 sia in contrasto:  a) con i criteri direttivi previsti nella legge n.
 59 del 1997; b) con  il  limite  temporale  imposto  al  Governo  per
 l'esercizio della delega.  Per quel che concerne il primo aspetto, si
 osserva  che  nessun  criterio  tra quelli indicati nella legge n. 59
 prevede tale "condizionamento".   Al riguardo, si  pone  in  rilievo,
 altresi',  la  irrazionalita'  della normativa in esame, in base alla
 quale la disciplina contenuta  nel  d.lgs.  n.  112  del  1998  avra'
 nell'ambito  del territorio nazionale una applicazione per cosi' dire
 "a pelle di leopardo" qualora  il  trasferimento  dei  beni  e  delle
 risorse  non  intervenga  contemporaneamente  in  favore  di tutte le
 Regioni.  Sotto il secondo profilo, si ritiene che i "tempi" concessi
 al  Governo  risultino  sostanzialmente  violati  se,  nonostante  la
 formale  emanazione  della  normativa  delegata,  nulla cambia per un
 tempo  indefinito   e   non   definibile,   essendo   lasciate   alla
 discrezionalita'   del   Governo   tutte   le  decisioni  concernenti
 l'emanazione dei provvedimenti  attuativi  (in  materia,  cfr.  anche
 l'ordinanza di rinvio n. 17/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale -
 prima  serie speciale, 25 agosto 1999, n. 34, con la quale - v. punto
 5  -  e'  stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'analoga norma contenuta nell'art.   49  del  d.lgs.  n.  96  del
 1999).    Si  ritiene,  pertanto,  analogamente  a  quanto  deciso in
 precedenza,  che  debba  essere  sottoposta  all'esame  della   Corte
 costituzionale   la   questione   della  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 7 del d.lgs.  n. 112 del 1998.  Inoltre, poiche' alla Corte
 dei conti non sara' sottoposto nuovamente  il  regolamento  in  esame
 quando  la normativa contenuta nel d.lgs.  n. 112 del 1998 diventera'
 operativa, appare necessario prendere in esame adesso l'art.  142  di
 tale  decreto  legislativo,  il  quale,  tuttavia,  per potere essere
 applicato  deve  essere  esso  stesso   ritenuto   costituzionalmente
 legittimo.      In  ogni  caso,  la  valutazione  della  legittimita'
 costituzionale dell'intero art. 142 del d.lgs. n. 112 del  1998  puo'
 essere  sicuramente  affrontata in correlazione all'esame degli artt.
 3-6, 8-9 del regolamento che  disciplinano  il  procedimento  che  lo
 Stato  deve porre in essere per lo svolgimento delle attivita' di sua
 competenza nell'ambito della materia della  formazione  professionale
 (l'art. 3 del regolamento fa espresso riferimento alle "attivita' che
 rimangono allo Stato dopo la entrata in vigore" del d.lgs. n. 112 del
 1998).    In  merito all'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998, possono
 essere formulate considerazioni analoghe a quelle espresse nella piu'
 volte menzionata ordinanza della sezione del controllo n. 2/99. Nella
 fattispecie in esame, infatti, sembra che in contrasto con l'art.  76
 della  Costituzione e con gli artt. 1, 2 e 3 della legge di delega n.
 59 del 1997, l'art.  142 del d.lgs. n. 112 del 1998 abbia "mantenuto"
 in capo allo Stato funzioni e compiti non riservati  alla  competenza
 statale  dalla  normativa  precedente (art. 18 della legge n. 845 del
 1978, art. 40 del d.P.R.  n. 616 del 1977 e art. 9 del d.-l.  n.  148
 del  1993).    Al  fine  di  affrontare  compiutamente  la  questione
 attinente alla legittimita' costituzionale dell'art. 142  del  d.lgs.
 n.  112  del  1998,  si  ritiene opportuno prendere in esame ciascuna
 competenza attribuita allo Stato dalla norma in questione al fine  di
 verificare l'esistenza di una previgente norma attributiva allo Stato
 di  uguali  competenze.    L'art. 3, comma 1, lett. a) della legge di
 delega n. 59 del 1997  infatti,  testualmente  afferma  che  mediante
 decreti  legislativi  sono individuati tassativamente le funzioni e i
 compiti da mantenere in capo alle  amministrazioni  statali".    Cio'
 premesso,  si procede alla disamina di tutte le "lettere".  contenute
 nell'art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998:
     lett. a): le  competenze  ivi  previste  risultano  correttamente
 "mantenute"  in  capo  allo  Stato  (cfr.  l'art. 4, primo comma, del
 d.P.R.  n. 616 del 1977, nonche' l'art. 18, primo comma, lett.  c)  e
 g), della legge n. 845 del 1978);
     lett.  b):  lo  stesso  dicasi  per  le competenze elencate nella
 disposizione in esame (cfr. l'art. 8 delle legge n.  59  del  1997  e
 l'art. 18, primo comma, lett. f), della legge n. 845 del 1978);
     lett.  c): tale norma "mantiene" allo Stato le competenze in tema
 di "individuazione degli standard delle qualifiche professionali, ivi
 compresa la formazione tecnica superiore, e dei crediti  formativi  e
 delle  loro  modalita'  di  certificazione,  in  coerenza  con quanto
 disposto dall'art. 17 della legge 24 giugno  1997,  n.  196".    Come
 accennato  in  precedenza, per quanto a conoscenza della sezione, non
 sussiste  una  normativa  statale  che   giustifica   la   perdurante
 competenza  dello  Stato  in relazione a tutte le attivita' di cui si
 discute (la norma giustificatrice del parziale "mantenimento" in capo
 allo  Stato  delle  competenze in questione potrebbe essere rinvenuta
 nell'art.  17, comma 1, lett. e), della legge n.  196  del  1997  per
 quel  che  attiene alla certificazione delle competenze acquisite con
 la formazione professionale).
   In materia, risulta  tuttora  vigente  il  disposto  dell'art.  14,
 secondo  e  terzo  comma, della legge n. 845 del 1978, secondo cui le
 regioni, alla fine dei corsi di formazione, rilasciano  agli  allievi
 "attestati"  in base ai quali gli uffici di collocamento assegnano le
 qualifiche   valide   ai   fini   dell'avviamento   al    lavoro    e
 dell'inquadramento  aziendale.   Tali attestati "costituiscono titolo
 per l'ammissione ai pubblici concorsi";
     lett. d): corretto appare il "mantenimento" in capo allo Stato di
 competenze  in  tema  di  "definizione  dei  requisiti   minimi   per
 l'accreditamento   delle   strutture  che  gestiscono  la  formazione
 professionale" (cfr.  l'art. 18, primo comma, lett. l),  della  legge
 n. 845 del 1978);
     lett.  e):  la  disposizione  in  esame "mantiene" allo Stato "le
 funzioni statali previste dalla legge 24  giugno  1997,  n.  196,  in
 materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di
 formazione  e lavoro".  La materia dell'apprendistato e' disciplinata
 dall'art. 16 della legge n. 196 del 1997, che effettivamente  prevede
 specifiche  competenze  del  Ministro  del  lavoro e della previdenza
 sociale.
   I  "tirocini  formativi  e  di  orientamento",  invece,   risultano
 disciplinati  dall'art.  18 della legge n. 196 del 1997.  I contratti
 di formazione e lavoro sono menzionati dall'art. 15  della  legge  n.
 196  del 1997 (l'unica funzione attribuita ad un organo dello Stato -
 commissione  regionale  per  l'impiego  -  e'  quella,  avente  quali
 destinatari i portatori di handicap, prevista dal secondo comma della
 norma  stessa).  Ingiustificato appare, invece, il disposto dell'art.
 142, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 112 del 1998 nella parte in cui
 conserva allo Stato le funzioni e i compiti  amministrativi  inerenti
 alle  funzioni:  statali previste dalla legge n. 196 del 1997 in tema
 di "formazione continua" (in termini generali, l'art. 141,  comma  1,
 del  d.lgs.  n.    112 del 1998 dispone che la "formazione continua",
 permanente e ricorrente, e' di competenza regionale). Al riguardo, si
 osserva che: a) l'art.  35 del d.P.R. n.  616  del  1977  attribuisce
 alle regioni tutte le competenze in tema di "formazione continua"; b)
 l'art.  18  della legge n. 845 del 1978 non riserva alcuna competenza
 allo Stato in tema di "formazione continua" dei lavoratori; c)  nella
 legge  n.  196  del 1997 non e' inserita alcuna norma che attribuisce
 allo Stato una qualsiasi competenza nella materia de qua;
     lett. f): la  disposizione  "mantiene"  in  capo  allo  Stato  le
 funzioni  statali  previste dal d.-l. n. 148 del 1993 "in particolare
 per quanto concerne la formazione continua, l'analisi dei  fabbisogni
 formativi  e  tutto  quanto connesso alla ripartizione e gestione del
 Fondo per l'occupazione".
   Al riguardo, si osserva che: a) l'unica norma, contenuta nel  d.-l.
 n.  148  del  1993,  che  prevede la possibilita' di intervento dello
 Stato  nell'ambito  delle  iniziative  volte  a  realizzare  la  c.d.
 formazione  continua  e'  l'art.  9,  commi  3,  3-bis e 4, sulla cui
 legittimita' costituzionale v. in precedenza.
   Inoltre,  non  e'  stata rinvenuta alcuna specifica norma del d.-l.
 n. 148 del 1993  attributiva  allo  Stato  di  competenze  aventi  ad
 oggetto  "l'analisi dei fabbisogni formativi" (che logicamente appare
 correlata alle potesta' legislativa e programmatoria  spettanti  alle
 regioni).
   Infine,  si  fa  presente  che  il  "Fondo  per  l'occupazione"  e'
 disciplinato dall'art. 1 del d.-l. n. 148 del 1993;
     lett.  g)  ed  h):   le   competenze   ivi   previste   risultano
 correttamente  "mantenute"  allo  Stato (cfr. l'art. 18, primo comma,
 lettere d) ed e), della legge n. 845 del 1978);
     lett. i): lo stesso dicasi per quanto attiene  alla  disposizione
 in esame (v. l'art. 8, terzo comma, della legge n. 845 del 1978).
     lett. l): le competenze "mantenute" allo Stato dalla disposizione
 in  esame  trovano  il loro fondamento nell'art. 40 del d.P.R. n. 616
 del 1977, espressamente fatto salvo dall'art. 18, ultimo comma, della
 legge n. 845 del 1978.
   In conclusione appare  costituzionalmente  illegittimo  l'art.  142
 comma 1, lettere c) (per cio' che riguarda i "crediti formativi"), e)
 (per quel che concerne la "formazione continua"), ed f) (per quel che
 attiene  alla  "formazione  continua"  e alla "analisi dei fabbisogni
 formativi") del d.lgs. n. 112 del 1998.
   In ordine al secondo comma dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1997
 si osserva  che  vengono  attribuite  alla  conferenza  Stato-regioni
 funzioni  "di  parere  obbligatorio  e  di  proposta" non previsti in
 precedenza da alcuna norma (la questione rileva  ai  fini  dell'esame
 degli  artt.    3-6  ed 8-9 del regolamento, atteso che tali funzioni
 dovrebbero essere esercitate  anche  in  relazione  al  finanziamento
 delle  attivita').  Inoltre, viene prevista l'"intesa" tra lo Stato e
 la conferenza Stato-regioni in relazione ad una serie  di  compiti  e
 funzioni  in precedenza non attribuiti allo Stato da alcuna norma (le
 lettere a) e b) della norma in  esame  non  possono  essere  ritenute
 legittime  neanche in virtu' del disposto dell'art. 8, comma 1, della
 legge n. 59 del 1997  che  prevede  "l'intesa"  tra  lo  Stato  e  la
 "conferenza"  unicamente  per  gli  atti di indirizzo e coordinamento
 delle funzioni amministrative regionali).   Con riguardo al  comma  3
 dell'art.  142 del d.lgs. n. 112 del 1998,.  l'art. 18 della legge n.
 845 del 1978 non  menziona gli istituti professionali per i ciechi di
 cui al r.d. 29 agosto 1941, n. 1449.   In merito alla  disciplina  di
 tale  regio decreto e a quella contenuta negli artt. 64-66, 68-71 del
 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (relativi agli  istituti  professionali
 per  minorati  di vista, sordomuti e non vedenti), si fa presente che
 l'art. 4, primo  comma,  lett.  d),  della  legge  n.  845  del  1978
 attribuisce alla competenza regionale la qualificazione professionale
 dei   disabili.      Si   e'  dell'avviso,  pertanto,  che  la  Corte
 costituzionale debba esaminare anche la questione della  legittimita'
 costituzionale  dell'art.    142,  commi  2 e 3 del d.lgs. n. 112 del
 1998.   Per i motivi che  precedono,  ad  avviso  della  sezione,  le
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  sopra esaminate appaiono
 rilevanti e non manifestamente infondate.
                               P. Q. M.
   Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1   della   legge
 costituzionale 9 febbraio1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo,
 1953, n. 87.
   Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata la questione
 costituzionale: a)  dell'art.  17,  commi  1  e  2,  della  legge  24
 giugno1997,  n.  196  per  violazione  degli  artt.  117  e 119 della
 Costituzione (l'art.  119 in relazione al primo comma, lett.  d);  b)
 dell'art.  9,  commi  3, 3-bis e 4, del d.-l. 20 maggio 1993. n. 148,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio  1993,  n.  236,
 per  violazione  degli  artt.  117 e 119 della Costituzione; c) degli
 artt. 7 e 142, primo comma, lett.   c), e) ed f), commi  2  e  3  del
 d.lgs.  31  marzo  1998,  n.  112,  per violazione dell'art. 76 della
 Costituzione in relazione alla mancata attuazione e  alla  violazione
 degli  artt.  1, 2 e 3 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (per quel che
 attiene alla "formazione continua"  menzionata  nella  lettera  f)  a
 condizione  che  vena  dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, del d.-l. n. 148 del 1993);
   Dispone la sospensione del procedimento di controllo;
   Ordina alla segreteria di trasmettere  gli  atti  alla  cancelleria
 della Corte costituzionale;
   Ordina alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza
 al Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Ordina,  infine,  che  la  presente  ordinanza  venga comunicata ai
 presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Roma, addi' 10 settembre 1999
                         Il presidente: Delfini
 99C1058