N. 615 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 1999

                                N. 615
  Ordinanza emessa il 23  giugno  1999  dal  tribunale  amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Costantino Claudio contro
 il Ministero di grazia e giustizia
 Impiego  pubblico  -  Corpo  degli  agenti di polizia penitenziaria -
    Corso per la nomina in ruolo quale agente di polizia penitenziaria
    - Assenza dell'allievo per malattia per piu' di sessanta giorni  -
    Dimissione  dal  corso - Conseguente automatica cessazione di ogni
    rapporto con l'amministrazione - Possibilita'  di  partecipare  ad
    uno   dei   corsi  successivi  indetti  dall'amministrazione  come
    previsto, a seguito della sentenza della Corte  costituzionale  n.
    212/1998,  per  gli  agenti  della Polizia di Stato - Esclusione -
    Disparita' di trattamento di situazioni omogenee -  Incidenza  sul
    diritto  al  lavoro,  sul  diritto  alla  salute e sui principi di
    imparzialita' e buon andamento della P.A.
 - D.Lgs. del 30 ottobre 1992, n. 443, art. 7, comma  1,  lettera  d);
    d.-l.  del  13 settembre 1996, n. 479, art. 1, comma 7, convertito
    in legge 15 novembre 1996, n. 579.
 - Cost., artt. 3, 4, 34 (recte: art. 32) e 97.
(GU n.44 del 3-11-1999 )
                               IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  7541/1999
 proposto dal sig. Claudio Costantino rappresentato e difeso dall'avv.
 Lorenzo   Carini   ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio
 dell'avv.to Antonio Funari in Roma, piazza Acilia  n.  4,  contro  il
 Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore,
 rappresentato  e difeso dall'avvocatura generale dello Stato e presso
 la  stessa  domiciliato  in  Roma,  via  dei  Portoghesi,   12,   per
 l'annullamento:
     del  provvedimento del 24 marzo 1999 con il quale il ricorrente e
 stato  dimesso  al  corso  di  formazione  per  agente   di   polizia
 penitenziaria;
     degli atti connessi;
   Visto l'atto  di costituzione in giudizio del Ministero di grazia e
 giustizia;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi  alla  pubblica  udienza  del  23  giugno  1999 - relatore il
 consigliere Alberto Novarese - 1' avv. Lorenzo Carini e l'avv.  dello
 Stato Massimo Banchetti;
                            Fatto e diritto
     1.  -  Il  ricorrente,  gia'  ausiliario  del  corpo  di  polizia
 penitenziaria, ed avviato - dopo la scadenza della rafferma -  presso
 la  scuola  di  formazione  ed  aggiornamento di Cairo Montenotte per
 frequentare il corso per l'immissione in ruolo, dopo aver  effettuato
 assenze  saltuarie  per  complessivi  10  giorni, per i postumi di un
 incidente stradale, si e' dovuto assentare per  ulteriori  30  giorni
 per  "frattura  composta  ..."  come  confermato  dal sanitario della
 scuola.
   Con  provvedimento  del  24  marzo  1999  il direttore generale del
 dipartimento  per  l'amministrazione  penitenziaria  ha  dimesso   il
 ricorrente  dal  corso  per  il  superamento  del  periodo massimo di
 assenze previsto dall'art. 7, comma  1,  lettera  d)  del  d.lgs.  30
 ottobre  1992,  n. 443 come ridotto dall'art. 1 comma 7, del d.-l. 13
 settembre 1996, n.  479, convertito dalla legge 15 novembre 1996,  n.
 579.
   Con   il   presente   gravame  il  ricorrente  ha  impugnato  detto
 provvedimento sulla base dei seguenti motivi:
     a. - Violazione di legge: art. 7, comma l, d.lgs. n. 443 del 1996
 con riferimento all'art. 7 del d.-l. 13 settembre 1996, n. 479;
     b. - Violazione di legge; eccesso  di  potere  sotto  il  profilo
 della erroneita' e del difetto dei presupposti;
     c.  - Eccezione di illegittimita' costituzionale; violazione art.
 3 della Costituzione.
   Si  e'  costituita  l'amministrazione   penitenziaria   opponendosi
 all'accoglimento del gravame;
     2.  -  Osserva  il collegio che ai fini dell'istanza cautelare e'
 principio giurisprudenziale consolidato che  una  pronuncia  positiva
 sull'istanza   di  sospensione  avanzata  dal  ricorrente  non  debba
 conseguire soltanto alla verifica del  periculum  in  mora  derivante
 dall'esecuzione  dell'atto  del  quale  si  chiede l'annullamento, ma
 anche dalla sussistenza, ad una sommaria delibazione, di elementi  di
 fumus boni iuris che ne rendano probabile  l'accoglimento.
   A  questo  riguardo  l'unico  profilo che possa alimentare il fumus
 boni  iuris  e  consentire   la   sospensione   dell'esecuzione   del
 provvedimento   si   correla   alla   eccezione   di   illegittimita'
 costituzionale sollevata dal ricorrente nei  confronti  dell'art.  7,
 comma  1,  lett.  d)  del  decreto  legislativo  n.  443 del 1992 per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione e che il  collegio  ritiene
 di  dover  estendere  d'ufficio  all'art.  1,  comma  7, del d.-l. 13
 settembre 1996, n 497 e al contrasto con gli artt. 4, 32 e  97  della
 Costituzione.
   In  merito all'ammissibilita' della proposizione della questione di
 legittimita' in sede cautelare e' ormai insegnamento  pacifico  della
 stessa  Corte  che  tale  questione  puo'  ricevere  ingresso, ove il
 giudice remittente abbia disposto la sospensione dell'atto  impugnato
 solo  in  via provvisoria e temporanea fino alla ripresa del giudizio
 cautelare dopo l'incidente di costituzionalita'.
   Nella specie questa sezione con separata ordinanza  del  23  giugno
 1999,  ritenuta  la  rilevanza  e la non manifesta infondatezza della
 questione  di  costituzionalita',  ha  disposto  la  sospensione  del
 provvedimento impugnato in via interinale, rinviando ad una ulteriore
 camera  di consiglio, da fissarsi successivamente alla definizione da
 parte della Corte costituzionale della questione stessa, il prosieguo
 dell'esame della domanda di sospensione, in tal  modo  non  esaurendo
 l'esercizio  dello  specifico  potere (t.a.r Lazio I 435 del 22 marzo
 1996).
   La  rilevanza  della  questione   appare   certa   in   quanto   il
 provvedimento impugnato e' stato adottato in applicazione della norma
 sospetta di illegittimita' costituzionale.
   La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
   Preliminarmente deve farsi riferimento alla recente pronuncia della
 Corte  n.  212 del 19 giugno 1998 con la quale e' stata dichiarata la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 4, punto 1, lett. d) e  punto
 5  del  d.-l.  4  agosto 1987, n. 325 relativo ai corsi di accesso ai
 ruoli di polizia di Stato, disposizione che ha un contenuto e un fine
 identico a quello  della  norma  sospettata  di  incostituzionalita',
 differenziandosene   solo  per  i  destinatari  (allievi  di  polizia
 ausiliari,   anziche'   allievi   agenti   del   Corpo   di   polizia
 penitenziaria).
   Con  tale  decisione  la  Corte ha giustificato la dichiarazione di
 incostituzionalita' della norma, nella  parte  in  cui  non  consente
 all'amministrazione di ammettere ad altro corso successivo gli agenti
 di  polizia  ausiliari  che  siano stati assenti per piu' di quaranta
 giorni  durante  il  corso  ed  abbiano  nel   frattempo   recuperato
 l'idoneita', rilevando l'irragionevolezza dell'automatismo insito nel
 provvedimento  di  dimissioni  per  assenza dal corso che impedirebbe
 all'amministrazione  di  verificare  l'eziologia  e  le   conseguenze
 dell'infermita',  in contraddizione alla discrezionalita' alla stessa
 riconosciuta quando entri in gioco un interesse generale, come quello
 di  privarsi  della  professionalita'  utile   all'apparato   statale
 presumibilmente   gia'   acquisita  dall'agente  nel  suo  precedente
 servizio.
   Nella specie si rinvengono gli stessi presupposti  di  fatto  e  di
 diritto che hanno condotto alla declaratoria di incostituzionalita'.
   Gli  artt.  5  e  6 del d.lgs 443 del 1992 prevedono, a regime, due
 modalita' di nomina degli agenti del corpo di polizia  penitenziaria,
 o  mediante  assunzione per concorso pubblico e frequenza di un corso
 della durata  di  12  mesi,  diviso  in  due  semestri  (termini  ora
 modificati  dal  d.-l.  479  del 1996) o mediante immissione in ruolo
 previa frequenza di un corso  semestrale  (art.  6,  comma  2)  degli
 agenti ausiliari, personale questo reclutato tra le unita' di leva da
 collocare  in  congedo,  che  sia  stato trattenuto per un biennio ed
 abbia in tale periodo prestato lodevole servizio.
   L'art. 7, comma 1, lett. d) prevede che gli allievi  e  gli  agenti
 che  siano  stati  per qualsiasi motivo assenti dal corso per piu' di
 sessanta giorni, anche se non consecutivi siano dimessi dal  corso  e
 che  la  dimissione  comporta  la  cessazione  di  ogni  rapporto con
 l'amministrazione.
   L'art. 1, comma 7 del d.-l. n.  479  del  1996  si  e'  limitato  a
 disporre  la  riduzione dei periodi di tempo previsti dall'art. 7 del
 d.lgs.
   Tali norme si pongono in contrasto, a parere del  collegio,  con  i
 parametri  costituzionali  e  di  cui agli artt. 3, 4, 32 e 97, primo
 comma, della Costituzione, nella parte in cui prevedono la cessazione
 da ogni rapporto con l'amministrazione anche per gli agenti ausiliari
 del corpo di polizia penitenziaria che  per  motivi  di  malattia  si
 assentano  dal  corso semestrale per piu' di sessanta giorni e in via
 transitoria per un periodo ridotto, impedendo pertanto ai medesimi di
 partecipare ad uno dei successivi corsi indetti dall'amministrazione.
   In particolare contrastano:
     a)  con  l'art.  3   della   Costituzione,   sotto   il   profilo
 dell'irragionevolezza,  consistente  nella gravita' delle conseguenze
 connesse al superamento, anche di un solo giorno del periodo  massimo
 di   assenza   consentito   e   nell'aver  altrettanto  illogicamente
 equiparato, quanto meno nell'effetto della cessazione  del  rapporto,
 fattispecie  del  tutto  diverse  tra  loro,  quali  quelle  previste
 dall'art.  7  riconducibili o al previo accertamento dell'inidoneita'
 del soggetto (mancato superamento del  primo  ciclo,  inidoneita'  al
 servizio,  mancato  superamento  del  secondo semestre del corso dopo
 l'esito negativo degli esami teorico pratici di fine corso) o ad  una
 espressa manifestazione di volonta' dell'allievo (rinuncia al corso);
     b)  con  gli  artt.  4  e  32  della Costituzione che tutelano il
 diritto  al  lavoro  e  il  diritto  alla  salute,  entrambi  diritti
 fondamentali  del  cittadino,  in  quanto  o  l'agente  che si ammala
 provvede a curarsi e perde  di  conseguenza  il  posto  di  lavoro  o
 trascura di curarsi con nocumento alla salute;
     c)  con  l'art.  97  della  Costituzione  e  con  i  principi  di
 efficienza e di buon andamento  della  pubblica  amministrazione,  in
 quanto  imponendo  la cessazione automatica del rapporto allo scadere
 di un termine prefissato, in caso di evento morboso dipendente  dalla
 volonta'  dell'interessato, non consentono all'amministrazione alcuna
 verifica in ordine all'eventuale recupero dell'idoneita' fisica e  la
 costringono  a  privarsi,  senza alcun plausibile motivo, di soggetti
 gia' dotati di non irrilevante esperienza lavorativa biennale,  quali
 agenti ausiliari e nei confronti dei quali la stessa amministrazione,
 per almeno un biennio, ha investito risorse sia materiali che umane.
   Il  dubbio e' ulteriormente giustificato quando l'assenza dal corso
 come nella specie, debba farsi risalire almeno in parte alla volonta'
 della  stessa  amministrazione  che  impone  al  soggetto  di  subire
 accertamenti  medici, senza poi essere messa in grado di valutare gli
 effetti dell'esecuzione di un  suo  ordine  sulla  impossibilita'  di
 frequentare il corso.
   L'incongruenza  e  l'irragionevolezza della disposizione ne vengono
 ulteriormente rafforzati.
                                P. Q. M.
   Ritenuta la rilevanza, ai fini della fase incidentale cautelare,  e
 la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 7, comma 1, lett. d) del d.lgs.  30  ottobre
 1992  n.  443  e dell'art. 1, comma 7 del d.-l. 13 settembre 1996, n.
 479 nella parte in cui prevedono la cessazione da ogni  rapporto  con
 l'amministrazione  per  gli  agenti  ausiliari  del  corpo di polizia
 penitenziaria che per motivi  di  malattia  si  assentano  dal  corso
 semestrale   per   piu'   di   sessanta  giorni,  o  per  il  termine
 temporaneamente  ridotto,   impedendo   pertanto   ai   medesimi   di
 partecipare  ad uno dei successivi corsi indetti dall'amministrazione
 in  relazione  agli  artt.  3,  4,  34  e  97,  primo  comma,   della
 Costituzione;
   Visti  gli  artt.  134  della  Costituzione,  1  della  legge della
 costituzionale 9 febbraio 1948, 1 e 23 della legge 11 marzo 1953,  n.
 87;
   Sospeso con separata ordinanza il provvedimento impugnato sino alla
 comunicazione dell'esito del giudizio di costituzionalita';
   Ordina    l'immediata    trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e la notifica della presente ordinanza alla Presidenza
 del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'  la  sua   comunicazione   ai
 Presidenti del Senato e della Camera dei  deputati;
   Sospende per l'effetto il giudizio in corso.
   Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 giugno 1999.
                        Il presidente: Schinaia
                                                 L'estensore: Novarese
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