N. 389 SENTENZA 13 - 22 ottobre 1999

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e provincia
 autonoma.
 
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Parchi  e  riserve  naturali  - Elenco
 ufficiale delle aree protette - Approvazione da  parte  dell'apposito
 comitato - Omesso inserimento, nell'elenco approvato, di sette parchi
 e  di  dodici  riserve  naturali,  gia'  istituiti dalla provincia di
 Bolzano nel  proprio  territorio,  a  cagione  del  regime  venatorio
 vigente  in  tali  aree - Ricorso per conflitto di attribuzione della
 stessa provincia - Potere di accertamento, esercitato,  dal  comitato
 predetto,  oltre  i  limiti  prescritti,  con conseguente menomazione
 delle  attribuzioni  provinciali  -  Accoglimento   del   ricorso   -
 Annullamento conseguente, in parte qua, dell'atto impugnato.
 
 (Deliberazione  del comitato per le aree naturali protette 2 dicembre
 1996).
 
 (Statuto Trentino-Alto Adige, art. 8, primo comma, nn. 6, 15, 16 e 21
 e titolo VI; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279; legge 30 novembre 1989, n.
 386, art. 5; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 12, comma  1;  d.lgs.
 16 marzo 1992, n. 266, art. 4, ultimo comma).
 
 Ambiente  (tutela  dell')  - Divieto di caccia nelle aree protette -
 Finalita' -  Vincoli  conseguenti,  anche  rispetto  alle  competenze
 regionali e provinciali.
 
(GU n.43 del 27-10-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI,  prof.  Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio per conflitto di  attribuzione  sorto  a  seguito  della
 deliberazione  del  comitato  per  le  aree  naturali  protette del 2
 dicembre  1996,  recante  "Elenco  ufficiale  delle   aree   naturali
 protette",   promosso   con   ricorso  della  provincia  di  Bolzano,
 notificato  l'11  agosto  1997,  depositato  in  cancelleria  il   26
 successivo ed iscritto al n. 46 del registro conflitti 1997;
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 aprile 1999 il giudice  relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Uditi  gli  avv.ti Sergio Panunzio e Roland Riz per la provincia di
 Bolzano e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Con ricorso  notificato  l'11  agosto  1997,  depositato  il
 successivo  26 agosto, la provincia di Bolzano ha sollevato conflitto
 di  attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in   relazione   alla
 deliberazione  del  comitato  per  le  aree  naturali  protette del 2
 dicembre  1996,  recante  "Elenco  ufficiale  delle   aree   naturali
 protette".
   Secondo  la ricorrente, il comitato, omettendo di inserire in detto
 elenco, previsto dalla legge 6 dicembre 1991, n.  394  (legge  quadro
 sulle  aree protette), numerose riserve istituite dalla provincia sul
 proprio territorio, ha leso le proprie competenze, di tipo esclusivo,
 in materia di tutela del paesaggio, di caccia e pesca, di alpicoltura
 e parchi per la protezione della flora e fauna,  nonche'  la  propria
 autonomia  finanziaria, con conseguente violazione dell'art. 8, primo
 comma, nn. 6, 15, 16 e 21 dello statuto speciale,  e  del  d.P.R.  22
 marzo 1974, n. 279 (norme di attuazione dello statuto speciale per la
 regione   Trentino   Alto-Adige   in  materia  di  minime  proprieta'
 colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste), delle disposizioni
 del titolo VI dello stesso statuto e  della  relativa  disciplina  di
 attuazione stabilita dall'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386
 (Norme  per  il  coordinamento  della  finanza della regione Trentino
 Alto-Adige e delle province autonome di Trento e di  Bolzano  con  la
 riforma  tributaria),  dall'art. 12, comma 1, del decreto legislativo
 16 marzo 1992, n.  268 (Norme di attuazione  dello  Statuto  speciale
 per  il  Trentino  Alto-Adige  in  materia  di  finanza  regionale  e
 provinciale), e dall'art. 4, ultimo comma, del decreto legislativo 16
 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il
 Trentino Alto-Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
 statali  e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale
 di indirizzo e coordinamento).
   1.1. - La Provincia premette che, in  occasione  dell'aggiornamento
 dell'elenco  precedente, approvato il 21 dicembre 1993, aveva chiesto
 che fossero inseriti nell'elenco  ufficiale  delle  aree  protette  i
 sette  parchi naturali ed altre 27 riserve naturali, ovvero bio'topi,
 esistenti nel suo territorio, e che il Comitato per le aree  protette
 ha  rigettato  la  richiesta per tutti i sette parchi naturali e l'ha
 accolta soltanto per 15  dei  27  bio'topi.  Secondo  la  ricorrente,
 l'omesso  inserimento  nell'elenco  delle  aree escluse sarebbe stato
 determinato dalla circostanza che la normativa  provinciale  consente
 in  esse  l'attivita'  venatoria,  in  quanto il nono capoverso della
 delibera impugnata richiama espressamente la decisione  del  Comitato
 di  non  inserire le aree protette per le quali le deroghe al divieto
 di caccia non sono riconducibili alle ipotesi previste  dal  comma  4
 dell'art.  11  della  legge  quadro  n.  394  del  1991. La Provincia
 sostiene che  il  Comitato  non  avrebbe  potuto  adottare  una  tale
 determinazione  e  che,  ai sensi dell'art.  4 della legge n. 394 del
 1991, avrebbe dovuto soltanto  limitarsi  a  verificare  se  le  aree
 fossero   state  istituite  quali  "aree  protette"  ai  sensi  della
 normativa della Provincia. Infatti, a suo avviso, la sentenza n.  366
 del  1992  della Corte avrebbe chiarito che il potere del Comitato di
 specificare i territori sottoposti a tutela non  lede  le  competenze
 provinciali,  proprio  perche' "la specificazione delle aree naturali
 protette   di   rilievo   regionale   deve   avvenire   sulla    base
 dell'individuazione gia' effettuata dalle leggi regionali".
   1.2.  - Secondo la ricorrente, non spetterebbe al Comitato valutare
 il regime dell'attivita' venatoria nelle aree  protette  provinciali,
 in  quanto essa e' titolare di competenza esclusiva nella materia, ed
 il divieto di caccia nelle aree protette non costituisce un principio
 vincolante per la sua legislazione. Inoltre, la legge provinciale  17
 luglio  1987,  n.  14  disciplina  rigorosamente il profilo in esame,
 stabilendo che i bio'topi istituiti con le leggi  ivi  indicate  sono
 tutti  delimitati  come  oasi  di  protezione, per le quali vige "una
 determinata disciplina di caccia in armonia con esigenze  dell'area".
 Di  conseguenza,  tutti  gli abbattimenti consentiti anche nelle aree
 protette sarebbero "selettivi", compatibili con il  regime  venatorio
 previsto  dalla  disciplina  statale,  la quale non impone un divieto
 assoluto di caccia nei parchi  naturali,  consentendo  (all'art.  22,
 comma  6,  della  legge  n.  394  del  1991)  "prelievi faunistici ed
 abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici".
   La Provincia lamenta, infine, la lesione  della  propria  autonomia
 finanziaria,  in  quanto l'inserimento dell'area protetta nell'elenco
 ufficiale costituisce condizione, ai sensi dell'art. 5 della legge n.
 394 del 1991, per l'assegnazione di contributi a carico dello  Stato.
 In particolare, sarebbe violato l'art. 5 della legge n. 386 del 1989,
 che   dispone   la   partecipazione   delle   Province   autonome  ai
 finanziamenti   comunque   previsti   a   favore    delle    regioni,
 prescindendosi da qualunque adempimento previsto dalle leggi relative
 che non siano i criteri per il relativo riparto.
   1.3.   -  Nella  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza
 pubblica, la Provincia autonoma di Bolzano deduce che il  potere  del
 Comitato  per  le  aree  naturali protette di specificare i territori
 sottoposti  a  tutela  naturalistica  non   riguarda   l'approvazione
 dell'elenco,  bensi' la predisposizione del programma triennale delle
 aree interessate.  A suo avviso, posto che la definizione dei confini
 delle aree protette deve avvenire sulla base del  vincolo  costituito
 dalla  "individuazione  delle  aree  gia' effettuata (...) dagli enti
 competenti", a maggior ragione un tale vincolo, sussistente in via di
 programmazione del  sistema  delle  aree  naturali  protette,  limita
 l'attivita'  del  Comitato  allorche'  si  tratta  di  approvarne  il
 relativo elenco. L'esclusione dall'elenco di aree protette  istituite
 come  tali dalle regioni sarebbe possibile "solo in casi eccezionali,
 di palese e radicale non corrispondenza" delle stesse  rispetto  alla
 classificazione  e definizione legislativa, nessuno dei quali ricorre
 nella fattispecie in esame.
   La  Provincia  deduce,  infine,  che  l'atto   impugnato   richiama
 erroneamente  l'art.  11  della  legge quadro sulle aree protette, in
 quanto la disposizione riguarda esclusivamente i parchi e le  riserve
 naturali  di  carattere nazionale, mentre il divieto di caccia per le
 riserve regionali e' contenuto nell'art. 22 della stessa  legge,  che
 pero',  sul  punto,  non  e'  applicabile,  sempre  ad  avviso  della
 ricorrente, alla Provincia di Bolzano, in quanto non richiamato dallo
 stesso  art.  22  fra  i  principi  vincolanti  anche  la  competenza
 esclusiva delle autonomie speciali.
   2.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile o
 comunque infondato.
   La difesa dello Stato rileva che l'art. 4, comma 1, lett. a)  della
 legge  n.  394  del  1991,  stabilendo  che  il  Comitato per le aree
 naturali "specifica i territori che formano oggetto del sistema delle
 aree naturali protette", attribuisce a detto organo anche  il  potere
 di escludere dal relativo elenco aree gia' individuate dai competenti
 organi  locali.  Di  conseguenza,  ad  avviso  della difesa erariale,
 oggetto del contendere non e' tanto  la  competenza  della  Provincia
 autonoma  di  istituire  e disciplinare le aree naturali protette del
 proprio territorio, quanto piuttosto la  competenza  dello  Stato  di
 "sottoporre alla valutazione del Comitato, ai fini dell'inserimento o
 meno  nell'elenco  ufficiale (...) anche i parchi regionali istituiti
 all'interno del territorio di Bolzano". Al riguardo, la tesi  che  il
 Comitato  "debba  recepire  in  modo  puramente  notarile  le istanze
 provinciali (...)  senza poter operare alcun tipo di valutazione"  e'
 smentita,  secondo  l'Avvocatura  generale, dalla sentenza n. 366 del
 1992 di questa Corte,  che  avrebbe  individuato  la  competenza  del
 Comitato   nel   "determinare,   in   via   di   massima  sulla  base
 dell'individuazione  effettuata  dalle  vigenti   leggi   statali   o
 regionali  (o  provinciali),  l'insieme  dei  territori sottoposti al
 sistema di tutela naturalistica".
                         Considerato in diritto
   1.  -    Il  ricorso  per  conflitto di attribuzione proposto dalla
 Provincia di Bolzano nei confronti dello  Stato  ha  per  oggetto  la
 deliberazione  in  data  2  dicembre 1996, con cui il Comitato per le
 aree naturali protette non ha inserito nell'"Elenco  ufficiale  delle
 aree  naturali protette", in riferimento a presunte difformita' dalla
 vigente normativa venatoria, 7 parchi e 12  aree  naturali  istituite
 dalla  Provincia  nel  proprio  territorio, cosi' violando, ad avviso
 della ricorrente, l'art. 8, comma primo, nn. 6, 15,  16  e  21  dello
 statuto  speciale,  come  attuato  dal  d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279,
 nonche' le disposizioni del titolo VI  dello  stesso  statuto,  quali
 risultano  dai  decreti  legislativi nn. 266 e 268 del 16 marzo 1992,
 anche in relazione all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386.
   Secondo la Provincia ricorrente non spetta infatti al  Comitato  di
 valutare  il  regime  dell'attivita'  venatoria  vigente  nelle  aree
 protette al fine del loro inserimento nel  predetto  elenco,  dovendo
 invece tale organo limitarsi a verificare soltanto che le aree stesse
 siano state istituite quali "aree protette", ai sensi della normativa
 della Provincia, competente in materia.
   2. - Il ricorso deve essere accolto.
   Il  profilo  costituzionalmente rilevante del conflitto in esame si
 incentra  sulla  menomazione  delle  attribuzioni  che  la  Provincia
 ricorrente   avrebbe   subi'to   in  relazione  all'asserito  cattivo
 esercizio,  da  parte   dell'apposito   Comitato,   del   potere   di
 approvazione dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette.
   In proposito occorre ricordare che la legge quadro 6 dicembre 1991,
 n.  394  ha  previsto  l'affidamento al Comitato per le aree naturali
 protette (soppresso peraltro dal  d.lgs.  28  agosto  1997,  n.  281)
 principalmente  dei  compiti  di  individuare  e classificare le aree
 protette nonche' di adottare  il  programma  triennale  per  le  aree
 naturali  da  tutelare.    Si  tratta  di competenze rilevanti per la
 complessiva gestione delle aree  protette,  che  proprio  per  questa
 ragione  sono  affidate  ad  un  organo a composizione paritetica fra
 Stato e regioni,  nel  quale  appunto  "si  compiono  valutazioni  di
 interesse  per l'intera collettivita' e si determinano globalmente le
 articolazioni territoriali delle aree sottoposte tanto alla tutela di
 rilievo nazionale (o  internazionale)  quanto  a  quella  di  rilievo
 regionale (o provinciale)" (sentenza n.  366 del 1992).
   Nel quadro di queste funzioni primarie va considerato l'ulteriore e
 piu'  circoscritto  compito del Comitato, previsto dall'art. 3, comma
 4, lettera c della  citata  legge  n.  394  del  1991,  di  approvare
 l'elenco  ufficiale  delle  aree  naturali protette. Si tratta di una
 competenza che  viene  esercitata  periodicamente  sulla  base  delle
 proposte   di   aggiornamento   dell'elenco  formulate  dal  Ministro
 dell'ambiente (art.    5,  comma  2),  previa  apposita  istruttoria,
 affidata   ad  una  segreteria  tecnica,  sulle  caratteristiche  dei
 territori  segnalati  dai  rispettivi  enti  titolari   al   Ministro
 dell'ambiente.
   Questo  procedimento  naturalmente  implica,  ai  fini del corretto
 esercizio    del     potere     di     approvazione,     una     fase
 ricognitivo-accertativa,  da  parte  del  Comitato,  in  ordine  alla
 conformita' dei  provvedimenti  istitutivi  di  forme  di  protezione
 naturalistica  del territorio ai criteri che definiscono la tipologia
 legislativa   delle   aree  naturali  protette.  L'accertamento  deve
 peraltro intendersi limitato, in coerenza con la  natura  e  il  tipo
 delle  competenze  legislativamente attribuite al Comitato stesso, ai
 soli profili che riguardano la delimitazione dell'area protetta e  la
 correttezza  della  classificazione  adottata  in  base  ai caratteri
 naturalistici ed ambientali presenti nel territorio, senza estendersi
 agli aspetti contenutistici delle misure  regolamentari-organizzative
 dell'area  stessa,  tra  cui  appunto quelli relativi alla disciplina
 venatoria, i quali rientrano  invece  nell'ambito  di  una  specifica
 competenza  dell'organismo  di  gestione  del  parco  o  comunque del
 soggetto che ha istituito il parco stesso.
   Il carattere limitato dell'accertamento rimesso al  Comitato  trova
 del  resto  conferma  anche nello stesso provvedimento impugnato, che
 richiama, nel  preambolo,  la  deliberazione  21  dicembre  1993  del
 Comitato  medesimo,  la  quale,  a sua volta, fa espresso rinvio alla
 deliberazione 1 dicembre 1993 recante le "modalita' per la  redazione
 e  l'approvazione  dell'Elenco  ufficiale  delle  aree protette", che
 appunto  prevede,  all'art.  4,  quali  requisiti  per   l'iscrizione
 nell'elenco:  la presenza nell'area protetta dei valori naturalistici
 ed ambientali indicati all'art. 1, comma 2, della legge  n.  394  del
 1991,  l'esistenza  di  un  formale  provvedimento  istitutivo, di un
 soggetto gestionale e di un bilancio economico-finanziario.
   Se questi sono i requisiti che anche  lo  stesso  Comitato  ritiene
 necessari   per  l'iscrizione  di  determinate  zone  nell'elenco  e'
 evidente che il suo potere di accertamento debba limitarsi ai profili
 corrispondenti.   D'altronde, solo in  riferimento  ai  casi  in  cui
 un'area  protetta  venga  istituita  per  ragioni  di  necessita'  ed
 urgenza, la legge prescrive esplicitamente al Comitato  l'obbligo  di
 esaminare,  oltre agli altri requisiti, anche le specifiche misure di
 salvaguardia adottate (art.   6, comma 1),  mentre  nulla  in  questo
 senso e' disposto in riferimento a tutti gli altri casi.
   Il potere di approvazione del Comitato e' dunque configurabile come
 attivita'  di  certazione  legale  dei  requisiti  prescritti, che si
 esplica nella forma dell'iscrizione nell'elenco ufficiale delle  aree
 naturali   protette,   la   quale   costituisce  il  presupposto  per
 l'assegnazione alle sole aree "iscritte" di particolari contributi  a
 carico  dello  Stato (art. 5, comma 3) nonche', piu' in generale, per
 l'applicazione delle specifiche norme della legge  n.  394.  Da  tale
 forma  di certazione deve ritenersi escluso, per le ragioni indicate,
 ogni sindacato di legittimita' inerente, come  nella  fattispecie  in
 esame,  a  misure  di  disciplina  venatoria  relative  al divieto di
 caccia, vigenti all'interno delle predette aree, poiche'  verrebbe  a
 riguardare profili regolamentari-organizzativi, la cui valutazione e'
 invece rimessa a sedi e tempi diversi da quelli propri del Comitato.
   Per   tutti   questi   motivi   e'  pertanto  individuabile,  nella
 deliberazione oggetto del conflitto in esame, una  forma  di  cattivo
 esercizio  del  potere,  giacche'  la  menomazione delle attribuzioni
 provinciali non e' stata causata dal contenuto dispositivo  dell'atto
 impugnato,  di per se' rientrante, in linea di principio, nella sfera
 di competenza del Comitato, ma piuttosto dalla motivazione addotta  a
 sostegno.
   3.  - L'accoglimento del ricorso in quanto al Comitato non compete,
 in sede di approvazione dell'elenco ufficiale delle aree protette, di
 valutare la legittimita' di misure di disciplina  venatoria  relative
 al  divieto  di  caccia,  vigenti nei territori interessati, non puo'
 tuttavia  in  alcun  modo  significare l'irrilevanza del regime della
 caccia rispetto alle aree naturali protette. Va invece  ribadito  che
 il  divieto  della  caccia  nella  zona  protetta inerisce, come gia'
 affermato da questa Corte, alle finalita' essenziali della protezione
 della natura, sicche' il vincolo che ne deriva  anche  nei  confronti
 delle  competenze esclusive regionali (o provinciali) "non dipende da
 una determinata  qualificazione  della  norma  che  ne  esplicita  la
 consistenza,  ma  dalla stessa previsione costituzionale della tutela
 della natura attraverso lo strumento delle  aree  naturali  protette"
 (sentenza  n.    366  del 1992). L'istituzione di riserve naturali si
 configura quindi come una  tipica  forma  di  intervento  preordinato
 "alla  conservazione  del  bene  naturale, in quanto tale comportante
 l'esclusione di ogni attivita' che possa comprometterne  il  relativo
 stato" (sentenza n.  35 del 1995).
   Si  spiega  cosi'  perche' vincoli del genere, piu' o meno modulati
 sul criterio dei prelievi faunistici e degli  abbattimenti  selettivi
 autorizzati  in funzione della ricomposizione di squilibri ecologici,
 siano presenti nella legislazione relativa alle aree protette ed alla
 disciplina della caccia (cfr. sentenza n. 168 del 1999).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato  per  le
 aree  naturali  protette,  non  accogliere le richieste di iscrizione
 nell'Elenco ufficiale delle aree naturali protette  di  sette  parchi
 naturali  provinciali  e  di dodici riserve naturali gia' individuati
 dalla Provincia di Bolzano, sotto il profilo che  in  tali  aree  "le
 deroghe  al  divieto  di  cui  al comma 3 punto a) dell'art. 11 della
 legge 6 dicembre 1991, n. 394 non siano esplicitamente  riconducibili
 a quanto indicato dal comma 4, art. 11 della legge medesima";
   Annulla    di   conseguenza,   nella   parte   corrispondente,   la
 deliberazione del Comitato medesimo 2 dicembre 1996.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 1999.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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