N. 398 ORDINANZA 13 - 22 ottobre 1999

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' del ricorso per conflitto di
 attribuzione tra poteri dello Stato.
 
 Procedimento  civile  - Controversie dinanzi al giudice del lavoro -
 Tentativo obbligatorio di conciliazione - Termine di  espletamento  -
 Ritenuta   condizione   per   la  proponibilita'  (anziche'  di  mera
 procedibilita', come anteriormente previsto) delle domande giudiziali
 - Ricorso per  conflitto  tra  poteri  del  Pretore  di  Brescia,  in
 funzione  di  giudice  del  lavoro,  nei  confronti del Consiglio dei
 ministri, in  relazione  a  provvedimenti  legislativi  adottati  dal
 Governo, per lesione delle sue attribuzioni costituzionali di giudice
 -  Contestuale  eccezione  da  parte  del  giudice ricorrente, in via
 pregiudiziale e previa sospensione del giudizio sul conflitto,  della
 illegittimita'  costituzionale  della  normativa richiamata - Assunta
 incompetenza del Consiglio dei ministri,  per  mancato  rispetto  dei
 principi  e    criteri  fissati  nella delega legislativa al Governo,
 nonche' incongrua limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale
 e  del  principio  di   eguaglianza   -   Preliminare   deliberazione
 sull'ammissibilita'  del  conflitto - Impropria   utilizzazione dello
 strumento del conflitto, in luogo  della  mancata  attivazione  della
 questione    incidentale    di    legittimita'    costituzionale    -
 Inammissibilita' del conflitto.
 
 (D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 69,  comma  3,  come  modificato
 dall'art.  19  del  d.lgs.  29  ottobre  1998, n. 387;   c.p.c., art.
 412-bis, terzo comma, come modificato dal comma 9  dell'art.  19  del
 d.lgs. n. 387 del 1998).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 76 e 77, primo comma).
 
(GU n.43 del 27-10-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando   SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri  dello  Stato
 sorto  a  seguito  delle  modifiche  al  codice  di  procedura civile
 relative alla proponibilita' delle domande giudiziali al Pretore,  in
 funzione di giudice del lavoro, subordinatamente all'espletamento del
 tentativo  obbligatorio  di  conciliazione,  promosso  dal Pretore di
 Brescia, con ricorso depositato il 30 marzo 1999 ed  iscritto  al  n.
 114 del registro ammissibilita' conflitti.
   Udito  nella  camera  di consiglio del 29 settembre 1999 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto che il Pretore di Brescia,  in  funzione  di  giudice  del
 lavoro,  con  ordinanza emessa al di fuori di un processo il 25 marzo
 1999, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri  dello  Stato
 nei  confronti  del Consiglio dei ministri, in relazione all'art. 69,
 comma  3,  del  decreto  legislativo   3   febbraio   1993,   n.   29
 (Razionalizzazione    dell'organizzazione    delle    amministrazioni
 pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
 impiego,  a  norma  dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421),
 come modificato dall'art. 19 del decreto legislativo 29 ottobre 1998,
 n. 387 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive  del  decreto
 legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e del
 decreto  legislativo 31 marzo 1998, n. 80), nonche' all'art. 412-bis,
 terzo comma, del codice di  procedura  civile,  come  modificato  dal
 comma 9 dello stesso art. 19 del decreto legislativo n. 387 del 1998,
 i quali - la' dove condizionano, a giudizio del ricorrente, la stessa
 proponibilita'  (e  non  gia',  come prima di tali modifiche, la mera
 procedibilita') delle domande giudiziali  in  materia  di  lavoro  al
 decorso  del  termine,  rispettivamente di novanta e sessanta giorni,
 dalla  data   di   proposizione   del   tentativo   obbligatorio   di
 conciliazione  -    lederebbero le sue attribuzioni costituzionali di
 Pretore in funzione  di  giudice  del  lavoro,  creando  un  ostacolo
 temporale  all'esercizio  del  diritto  dell'interessato  e  rendendo
 quindi disagevole la tutela giurisdizionale;
     che, ad avviso del ricorrente - il quale sottolinea che  sul  suo
 ruolo  sono  pendenti molte controversie instaurate dopo l'entrata in
 vigore  delle  disposizioni  contestate  -   "qualsiasi   limitazione
 incongrua  al pieno esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale
 non solo determina la violazione dell'art. 24 Cost., ma e', altresi',
 idonea a causare anche una lesione delle attribuzioni  dell'Autorita'
 giudiziaria",  essendo  peraltro  "assai  difficile,  se  non (forse)
 impossibile" sollevare in via incidentale questione  di  legittimita'
 costituzionale  delle  richiamate  norme "che non eliminano la tutela
 giurisdizionale, ma solo ne rendono  possibile  l'esercizio  dopo  il
 decorso del termine legale che determina l'espletamento del tentativo
 obbligatorio di conciliazione";
     che,  in  conseguenza,  dette disposizioni di legge sarebbero: a)
 viziate da difetto di competenza del   Consiglio  dei  ministri,  per
 violazione  degli  artt.  76  e  77, primo comma, della Costituzione,
 avendo il Governo "esercitato la funzione legislativa oltre i limiti,
 criteri e principi - valutati nel  loro  complesso,  come  risultanti
 dall'insieme  delle  relative  norme delle leggi n. 421 del 1992 e n.
 59 del 1997 - fissati nella delega, non rispettando il  criterio  che
 gli  imponeva  di regolare il tentativo obbligatorio quale condizione
 di procedibilita' e non di proponibilita'"; b)  lesive  dell'art.  24
 della  Costituzione,  in  quanto, "a fronte di una scelta legislativa
 che ha regolato il  processo del lavoro in modo tale da  imporre  (o,
 quantomeno, consentire) la definizione del giudizio entro un  termine
 fisiologico  di  circa  sessanta  giorni  dalla data del deposito del
 ricorso,  l'imposizione  del  decorso  del      termine   legale   di
 espletamento    del    tentativo   di   conciliazione,   fissato   in
 sessanta/novanta giorni, ai fini della proponibilita'  della  domanda
 giudiziale,  si  pone  come  abnormemente defatigatorio e lo sarebbe,
 comunque, anche se il  termine  fosse  di  un  solo  giorno,  perche'
 evidentemente  incompatibile  con  le  regole  processuali  dirette a
 determinare una rapida definizione delle cause dinanzi al giudice del
 lavoro"; c) lesive dell'art. 3 della Costituzione, in quanto, "mentre
 non  (sono)  idonee  a  rendere  piu'  efficace   il   tentativo   di
 conciliazione   obbligatorio,  quale  strumento  deflazionistico  del
 contenzioso  giudiziario  -  perche'  non   sono   state   introdotte
 innovazioni, di struttura e di sostanza, tali da rendere il tentativo
 preprocessuale  piu'  vantaggioso  per le parti interessate e tali da
 non  farlo  considerare  come   mero   adempimento   burocratico   -,
 sicuramente crea(no) un ostacolo temporale all'esercizio del diritto,
 rendendo  disagevole  la tutela giurisdizionale, in danno della parte
 piu'  debole  e,  comunque,  di  quella  piu' interessata alla rapida
 definizione della controversia dinanzi al giudice del lavoro";
     che, in via pregiudiziale, il ricorrente  dichiara  di  sollevare
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 3, del
 decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 19  del
 decreto legislativo n. 387 del 1998, nonche' dell'art. 412-bis, terzo
 comma,  cod.  proc.  civ., come modificato dall'art. 19, comma 9, del
 decreto legislativo n. 387 del  1998,  "nelle  rispettive  parti  che
 condizionano  la  proponibilita'  delle domande giudiziali al decorso
 del termine (rispettivamente di novanta e sessanta giorni) dalla data
 di proposizione del tentativo  obbligatorio  di  conciliazione",  per
 violazione   degli   artt.  3,  24,  76  e  77,  primo  comma,  della
 Costituzione;
     che, in conseguenza, chiede  a  questa  Corte  di  sospendere  il
 giudizio  di ammissibilita' del ricorso per  conflitto e di rimettere
 davanti a se' la questione pregiudizialmente sollevata.
   Considerato che, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma,  della
 legge  11 marzo 1953, n. 87, questa Corte e' chiamata a deliberare in
 camera di consiglio e senza contraddittorio  sull'ammissibilita'  del
 ricorso,  accertando  se  esiste  la  materia  di un conflitto la cui
 risoluzione spetti alla sua competenza;
     che l'art. 69, comma 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993  e
 l'art.  412-bis,  terzo  comma,  cod.  proc.  civ.,  come  modificati
 dall'art.    19  del  decreto  legislativo  n.  387  del  1998,  sono
 palesemente  inidonei  per  il loro contenuto a ledere la sfera delle
 attribuzioni costituzionali del giudice, recando una  disciplina  che
 riguarda  unicamente le modalita' di esercizio dell'azione e, dunque,
 interessando  solo  il  diritto  di  difesa  delle  parti   (la   cui
 prospettata  violazione  viene  a  torto assunta come necessariamente
 menomativa di tali attribuzioni);
     che in realta' il Pretore di  Brescia,  con  un'ordinanza  emessa
 fuori  dall'a'mbito d'un processo, tende ad ottenere surrettiziamente
 la declaratoria d'illegittimita' costituzionale di  detta  normativa,
 sollevando  in  via  pregiudiziale  una  questione concernente invece
 l'oggetto stesso del conflitto, laddove  egli  avrebbe  correttamente
 dovuto  utilizzare  a  tal  fine - non potendosene di certo escludere
 l'attivabilita' in concreto - lo strumento del  giudizio  incidentale
 nei  processi  (a  suo  dire  gia')  instaurati  davanti  a  lui dopo
 l'entrata in vigore delle disposizioni contestate;
     che, pertanto, il conflitto e' inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11  marzo
 1953,  n.  87,  il  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,
 proposto dal Pretore di  Brescia  nei  confronti  del  Consiglio  dei
 ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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