N. 37 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 novembre 1999

                                 N. 37
  Ricorso  per  conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il
 19 novembre 1999 (della regione Veneto)
 Agricoltura - Quote latte - Adozione del regolamento impugnato, senza
    la prescritta previa intesa con la  Conferenza  permanente  per  i
    rapporti tra Stato e regioni, essendo state disattese le richieste
    di  modifica  espressamente  avanzate  dalla  regione  nonche' dal
    Presidente - Violazione del principio di  leale  collaborazione  -
    Lesione   della  sfera  di  competenza  regionale  in  materia  di
    agricoltura.
 Agricoltura - Quote latte  -  Individuazione,  rispetto  al  d.m.  n.
    309/1999,  di  ulteriori  limitate  ipotesi di correzione dei dati
    gia' accertati dalle regioni stesse in  sede  di  istruttoria  dei
    ricorsi  di  riesame  -  Attribuzione  alle  regioni dell'onere di
    procedere ad immediata sanatoria,  con  proprie  risorse  umane  e
    finanziarie  -  Violazione del principio di leale collaborazione -
    Lesione  della  sfera  di  competenza  regionale  in  materia   di
    agricoltura,  nonche'  dell'autonomia  finanziaria della regione e
    dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a.
 Agricoltura - Quote latte - Previsione che le rettifiche  conseguenti
    all'applicazione  del  decreto impugnato non dovrebbero comportare
    rideterminazione  del  prelievo  eventualmente   ed   erroneamente
    attribuito  sulla  base dei dati non ancora corretti - Impedimento
    di qualsiasi forma di controllo a livello regionale ed esposizione
    delle regioni ad un vastissimo contenzioso in ordine alla corretta
    individuazione dei dati  quantitativi  di  riferimento  utilizzati
    dall'AIMA   ai   fini   dell'effettuazione   delle  operazioni  di
    competenza regionale in  materia  di  agricoltura  -  Lesione  del
    principio   di  leale  collaborazione,  nonche'  dei  principi  di
    imparzialita'  e  buon  andamento  della  p.a.  e   di   autonomia
    finanziaria della regione.
 Agricoltura  -  Quote  latte - Previsione, con disposizione meramente
    riproduttiva, di  quella  contenuta  nell'art.  5,  comma  1,  del
    precedente  d.m.  n.  309,  dell'obbligo  di  concertazione  delle
    regioni con il Ministero delle politiche  agricole  e  l'AIMA,  ai
    fini   della   determinazione   delle   modalita'  e  dei  termini
    dell'inserimento  nel  sistema  informatico  delle   modificazioni
    conseguenti   alle  decisioni  assunte  dalla  regione  stessa  in
    attuazione del decreto impugnato - Attribuzione al Ministero delle
    politiche  agricole  e  l'AIMA  di  un  potere  di   indirizzo   e
    coordinamento,  senza  la  prescritta  procedura  dell'adozione da
    parte del Consiglio dei Ministri e  della  previa  intesa  con  la
    Conferenza  permanente  -  Violazione  della  sfera  di competenza
    regionale  in  materia  di  agricoltura,  dei  principi  di  leale
    collaborazione,  di imparzialita' e buon andamento della p.a. e di
    autonomia finanziaria della regione.
 Agricoltura - Quote latte - Attribuzione, nell'ambito  di  un  quadro
    procedurale  confuso, alle regioni, in assenza di trasferimento di
    risorse, di un ruolo meramente esecutivo  senza  alcun  potere  di
    intervento  -  Violazione  del  principio di leale collaborazione,
    della sfera di competenza regionale in materia  di  agricoltura  e
    dell'autonomia  finanziaria  della regione.  Decreto del Ministero
    per le politiche agricole 10 agosto 1999, n.    310,  interamente,
    310, art. 1, commi 1, 2, 3  e 4, 2, commi 1, 2, 3 e 4, 3, comma 1.
  Costituzione,  artt.  5,  97,  115,  117, 118 e 119; d.lgs. 4 giugno
    1997, n. 143, art. 2.
(GU n.3 del 19-1-2000 )
   Ricorso della  regione  Veneto,  in  persona  del  vice  presidente
 pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella, rappresentata
 e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di
 deliberazione  di G.R. del 3 novembre 1999, di autorizzazione a stare
 in giudizio, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco  Ferrari  e  Massimo
 Luciani,   ed   elettivamente   domiciliata   presso   lo  studio  di
 quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30 per conflitto  di
 attribuzione;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, in persona del
 Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri,  in  relazione  al
 decreto  del  Ministero  per le politiche agricole 10 agosto 1999, n.
 310, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n.  210  del  7
 settembre  1999,  recante  ad  oggetto  "Regolamento recante norme di
 attuazione dell'art. 1, comma 14, del  d.l.  1  marzo  1999,  n.  43,
 convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 27 aprile 1999, n. 118,
 concernente ulteriori norme per la definizione  delle  operazioni  di
 riesame  effettuate  dalle  regioni in materia di quote latte", nella
 sua interezza ed in particolare:
     quanto all'art. 1, comma 1, in quanto  dispone  che,  qualora  la
 parte  dispositiva  del  provvedimento  che  ha  deciso il ricorso di
 riesame presentato ai sensi dell'art. 2 del d.l.  n.  411  del  1997,
 convertito  in  legge n. 5 del 1998, non sia coerente per mero errore
 materiale con le motivazioni contenute nello stesso provvedimento, le
 regioni e le province autonome debbano procedere alle correzioni  dei
 dati rendendoli conformi alle motivazioni a suo tempo adottate;
     quanto all'art. 1, comma 2, in quanto dispone che le regioni e le
 province  autonome provvedano alla correzione dei dati risultanti dal
 provvedimento che ha deciso il ricorso che risultassero  erroneamente
 trasporti nel sistema informatico;
     quanto  all'art.  1, comma 3, in quanto dispone che le operazioni
 di rettifica di cui ai commi 1 e  2  debbano  essere  eseguite  dalle
 regioni   e   le   province   autonome   entro  trenta  giorni  dalla
 pubblicazione  del  decreto  impugnato,  dandone  comunicazione   con
 lettera   raccomandata   con   ricevuta   di  ritorno  ai  produttori
 interessati;
    quanto all'art. 1, comma 4, in quanto dispone  che  il  versamento
 dell'intero  importo  o  della  prima  rata  del  prelievo comunicato
 dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 1, del d.l.  n.  43  del  1999,
 convertito  in  legge  n.  118  del  1999,  ed effettuato nei termini
 previsti dai commi 15 e 16 della medesima legge n. 118 del 1999,  non
 comporta,  per  il  produttore soggetto a rettifica, accettazione del
 prelievo comunicato che, ove non dovuto, e' restituito dall'AlMA;
     quanto all'art. 2, comma 1, in quanto dispone  che  l'inserimento
 nel    sistema    informatico    delle    modificazioni   conseguenti
 all'applicazione  del  decreto  impugnato  debba  essere   effettuato
 secondo  le modalita' ed i termini concordati tra il Ministero per le
 politiche agricole, l'AIMA e le regioni e le province autonome;
     quanto  all'art.  2,  comma  2,  in  quanto  dispone   che   alle
 determinazioni   assunte   dalle   regioni  e  province  autonome  in
 esecuzione del decreto impugnato si applicano le disposizioni di  cui
 all'art. 1, comma 13, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n.
 118    del    1999   (concernente   l'inefficacia   delle   decisioni
 amministrative  o  giurisdizionali  comunicate  oltre  il  trentesimo
 giorno precedente la scadenza del termine fissato per l'effettuazione
 delle compensazioni);
     quanto  all'art.  2,  comma  3,  in quanto dispone che sulla base
 delle rettifiche di cui ai commi 1  e  2  dell'art.  1  dello  stesso
 decreto  impugnato, nonche' di quelle derivanti dall'applicazione dei
 provvedimenti regolamentari adottati ai sensi dell'art. 1, comma  14,
 del  d.l.  n.    43  del  1999,  convertito  in legge n. 118 del 1999
 (ovvero, oltre a quello impugnato con il presente atto,  il  d.m.  n.
 309  del  1999), l'AIMA provvede a ricalcolare la compensazione per i
 soli produttori interessati alle  rettifiche  stesse  utilizzando  le
 medesime  regole  e  le  stesse  percentuali  di  quelle adottate per
 l'esecuzione  della  compensazione  nazionale  effettuata  ai   sensi
 dell'art. 1, comma 1, della medesima legge n. 118 del 1999;
     quanto  all'art. 2, comma 4, in quanto dispone che le imputazioni
 del prelievo derivanti dalle operazioni di cui  allo  stesso  decreto
 impugnato  sono comunicate dall'AIMA ai produttori ed agli acquirenti
 interessati, nonche' alle regioni e province autonome, con le  stesse
 modalita'  di  cui  all'art. 1, comma 1, della legge n. 118 del 1999,
 entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui all'art.   1,
 comma 2 (presumibilmente - il riferimento al comma 2 dell'art.  1 non
 e'  corretto  -,  entro quindici giorni dalla scadenza del termine di
 trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione del  decreto,  previsto
 dall'art.  1,  comma  3),  e  che dette comunicazioni sostituiscono a
 tutti gli effetti quelle gia' inviate ai sensi del piu' volte  citato
 art. 1, comma 1, della legge n. 118 del 1999;
     quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone che, qualora l'AIMA
 abbia provveduto ad inviare le comunicazioni di cui all'art. 1, comma
 3,  della  legge  n.  118  del  1999  (afferenti  l'aggiornamento dei
 quantitativi individuali per il periodo  1997-1998),  queste  vengano
 conseguentemente   rettificate   a  cura  delle  regioni  e  province
 autonome.
                               F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione  nel  mercato  europeo,  e'  stato   introdotto   con   il
 Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.  In forza del
 predetto   Regolamento,   la   Comunita'  europea  ha  attribuito  un
 quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro -
 per l'italia determinato in t. 9.212.000 -, e sottoposto le eventuali
 eccedenze al pagamento di una penalita' ad esse  proporzionale  (c.d.
 prelievo).    L'attuazione del predetto regime presupponeva il previo
 accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la
 successiva proporzionale attribuzione dei  quantitativi  in  capo  ai
 singoli  produttori.    In  Italia,  i  relativi  accertamenti furono
 inizialmente demandati all'UNALAT e poi, in ragione dei  dubbi  sorti
 in  ordine  alla correttezza di tali rilevazioni, che si discostavano
 marcatamente  dalle   indicazioni   comunitarie,   al   C.C.I.A.   In
 conclusione,  la produzione complessiva nazionale risultava superiore
 comunque di circa un milione di tonnellate rispetto  al  quantitativo
 attribuito.  Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992
 n.  468,  recante attuazione del regime delle quote latte istituito a
 livello comunitario.  Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva
 quindi diramato il bollettino per la campagna  1994/1995  contenente,
 nel  rispetto del quantitativo complessivamente assegnato all'Italia,
 i  limiti  individuali  di  produzione.    Ne  discendeva  un   ampio
 contenzioso sui quantitativi assegnati, che risultavano di gran lunga
 inferiori allo stesso fabbisogno nazionale complessivo.
   2.  - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva
 entro il limite  quantitativo  imposto  a  livello  comunitario  (nel
 frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.l. n.
 727  del  1994,  convertito  in  legge  n.  46  del  1995, operava un
 generalizzato taglio della quota B (che,  come  noto,  e'  costituita
 dalla  maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel
 periodo  1991/1992  rispetto  al  periodo  1988/1989).    Gia'   tali
 provvedimenti  legislativi introducevano, in totale assenza di intesa
 o di qualsivoglia  altra  forma  di  coordinamento  con  le  regioni,
 criteri   di  riduzione  delle  quote  chiaramente  penalizzanti  nei
 confronti delle regioni a piu' alta vocazione produttiva.   Pertanto.
 veniva  da  molte regioni - tra le quali il Veneto - proposto ricorso
 in   via   principale    per    l'affermazione    dell'illegittimita'
 costituzionale  dei  provvedimenti legislativi citati, in riferimento
 alla grave lesione delle  prerogative  regionali  riconosciute  dalla
 Costituzione  dagli  stessi perpetrata.   Codesta  ecc.ma Corte si e'
 sul punto pronunciata con  sentenza  n.  520  del  1995,  dichiarando
 l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte
 in   cui   non  prevede  il  parere  delle  regioni  interessate  nel
 procedimento  di  riduzione  delle  quote  individuali  spettanti  ai
 produttori di latte bovino".
   3.   -   Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto  con  la
 decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.ll. nn. 124, 260,  353,  440,
 463,  542  e  552  del  1996,  nel  dichiarato  intento di operare un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione  esistente,  con  disposizioni  contraddittorie e comunque
 sempre lesive  delle  prerogative  regionali.    In  particolare,  il
 sistema  di  compensazione  a livello nazionale introdotto, sempre in
 assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con  le  regioni,  per
 mezzo  delle  citate disposizioni in sostituzione di quello vigente a
 livello di APL ha moltiplicato gli effetti distorsivi  dei  tagli  di
 quota (peraltro confermati) a danno delle regioni del nord.  I dd.ll.
 nn.  542  e  552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono poi stati
 rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649  del  1996,  subito
 seguite dalla legge n. 662 del 1996, sostanzialmente ripetitiva delle
 medesime  disposizioni  in  esse  contenute.    In ordine ai suddetti
 provvedimenti  legislativi,  codesta   ecc.ma   Corte,   su   ricorso
 presentato  da  numerose  regioni  -  tra  le  quali  il Veneto -, ha
 pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale ha, da un lato,
 dichiarato la cessazione della materia del contendere in  riferimento
 ad  alcune  delle  disposizioni  impugnate,  in quanto sostituite nel
 contenuto  dai  successivi  provvedimenti  legislativi  adottati   in
 materia  nel  corso  del  1997  (che  piu'  oltre  ci  si  riserva di
 illustrare), e, dall'altro, dichiarato costituzionalmente illegittime
 quelle  tra  le  disposizioni  impugnate  ancora  in  vigore.      In
 particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza delle
 censure   sollevate   in  riferimento  ai  criteri  di  compensazione
 inizialmente introdotti con il d.l. n. 124 del 1996 e poi  da  ultimo
 recepiti  nell'art.  2,  comma  168,  della  legge  n. 662 del 1996 -
 specifico oggetto della pronuncia de qua - ed  ha  dunque  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  della  predetta  disposizione nella
 parte in cui stabilisce i  criteri  in  base  ai  quali  deve  essere
 effettuata   la   compensazione   nazionale   senza   che  sia  stato
 preventivamente acquisito il parere delle regioni  e  delle  province
 autonome".     Sono  stati,  inoltre,  dichiarati  costituzionalmente
 illegittimi i commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3  del  d.l.  n.  552  del
 1996,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge n. 642 del 1996,
 nella parte in cui prevedono "l'adozione di  un  piano  di  abbandono
 totale  o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia
 stato previamente acquisito il parere delle regioni e delle  province
 autonome",  attribuiscono  "all'AIMA  anziche'  alle  regioni  e alle
 province autonome il compito di provvedere  alla  riassegnazione,  in
 ambito  regionale  e  provinciale,  delle  quote  latte abbandonate",
 stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione  di  dette
 quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione
 su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito
 regionale  e  provinciale, senza previa consultazione delle regioni e
 delle province autonome".   Infine, del  pari  illegittima  e'  stata
 dichiarata  la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge
 n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce  i  termini  ivi
 previsti   -   ovvero,  il  termine  di  efficacia  della  vendita  o
 dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre  al  31  dicembre  di
 ciascun  anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni
 e delle province autonome".  La summenzionata pronuncia  ha  peraltro
 in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera
 appartiene  alla  materia  dell'agricoltura.    di  competenza  delle
 regioni, e non della regolazione dei  mercati,  di  competenza  dello
 Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto
 specifico  delle  misure  in  questione  e  la  politica  del mercato
 agricolo non puo' giustificare l'attrazione della  prima  nell'ambito
 della  seconda, poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe
 integralmente sacrificata in materia di agricoltura, posto  che  ogni
 attivita'  agricola  puo' sempre essere strumentale al mercato" (cfr.
 Corte cost., sent. n. 398  del  1998,  punto  2  del  Considerato  in
 diritto).    La  regolamentazione  della produzione lattiera rientra,
 dunque, senza dubbio alcuno nel piu' ampio settore  dell'agricoltura,
 di  dichiarata  competenza  regionale  ai  sensi  dell'art. 117 della
 Costituzione, come del resto e' confermato da ultimo  dal  d.lgs.  n.
 143  del  1997,  recante  "Conferimento  alle  regioni delle funzioni
 amministrative in materia di agricoltura e pesca  e  riorganizzazione
 dell'Amministrazione  centrale".  Ne deriva che, nella determinazione
 degli indirizzi generali di politica  agricola  -  sia  pure  rimessi
 all'elaborazione  statale  per  garantirne la coerenza con i principi
 comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in
 quanto,   appunto,   titolari   delle   relative   competenze;   tale
 coinvolgimento  richiede  - in termini generali, ma ancor prima sulla
 base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs.  n.  143
 citato  -  il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e
 regioni in sede di Conferenza permanente ai  sensi  dell'art.  3  del
 d.lgs.  n.  281 del 1997, e non certo la mera consultazione, sia essa
 preventiva o addirittura successiva,  delle  regioni,  che  non  puo'
 garantire  la  reale  partecipazione  delle  stesse  al  procedimento
 decisionale.
   4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto  nel
 settore  de  quo per mezzo del d.l. n. 11 del 1997, poi convertito in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra le altre, dalla regione Veneto con ricorsi nn. rr. gg.   26 e  37
 del  1997).    In sede di conversione, si riconoscevano finalmente in
 capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in
 materia di quote latte, ma  cio'  solo  a  decorrere  dalla  campagna
 1997/1998,  e  comunque  facendo salve - in attesa di una fantomatica
 riforma organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA.  Veniva
 inoltre istituita una Commissione governativa d'indagine, nell'ambito
 della  quale  non  era  peraltro  contemplata  la  partecipazione  di
 rappresentanti  regionali,  e  si  prevedeva  altresi'  un  regime di
 incentivi  a  fronte  dell'abbandono   della   produzione   lattiera.
 Successivamente,  ancora  ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con
 d.l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte,  tra  le
 altre,  dalla  regione  Veneto  con  ricorso n.r.g. 41 del 1997), poi
 convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga
 dei lavori  della  Commissione  governativa  piu'  sopra  menzionata,
 nonche',  sulla  base  delle  risultanze dell'indagine condotta dalla
 Commissione stessa, l'aggiornamento da parte dell'AIMA degli  elenchi
 dei  produttori  sottoposti  a  prelievo supplementare per il periodo
 1995/1996.    In  sede  di  conversione  si  aggiungeva,  infine,  la
 sospensione  dei  programmi  di abbandono istituiti con il precedente
 d.l. n. 11 dello stesso anno.  Nel frattempo, in  esito  all'indagine
 effettuata, la Commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e
 dell'agosto  dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno
 dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i  risultati  delle
 simulazioni  di  compensazione  per  l'annata  1995/1996 effettuate a
 livello sia di APL che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -   riforma   del   settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e' poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza per mezzo del d.-l. n. 411 del 1997 (impugnato
 avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione  Veneto  con
 ricorso  n.r.g.  3  del  1998).    In  sintesi, il decreto, nel testo
 coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione
 n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalla regione  Veneto  con  ricorso
 n.r.g.  19  del  1998),  quanto al procedimento di accertamento della
 produzione lattiera, prevedeva:  che l'AIMA accertasse la  produzione
 effettiva  per  i  periodi  1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare
 riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme  apocrife;  b)  ai
 modelli  L1  privi dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1
 con  quantita'  di  latte  commercializzata  incompatibile   con   la
 consistenza numerica del bestiame; d) ai contratti di circolazione di
 quote  latte  (quelli  ritenuti atipici dalla Commissione) con durata
 inferiore ai  6 mesi; e) ai modelli L1 con codici  fiscali  errati  o
 partite  IVA  errate  o  inesistenti,  o  relativi  ad  aziende senza
 bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o  per
 abbattimento  (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente
 punto d) dovessero essere inviati all'AIMA a  cura  degli  acquirenti
 entro  15  giorni  dall'entrata in vigore del decreto legge medesimo,
 pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. n.
 569/1993 (art. 2, comma 2); che l'AIMA aggiornasse i quantitativi  di
 riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997
 e  1997/1998  tenendo  conto:  a) delle istanze di riesame presentate
 entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle  province  autonome;
 b)  degli  azzeramenti  di  doppie  quote,  delle revoche e riduzioni
 operate  dalle  regioni e province autonome, pervenute all'AIMA entro
 la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti
 di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati
 dalle regioni e province autonome e pervenuti entro  il  15  novembre
 1997;  d)  della  correzione,  in base alle risultanze del censimento
 1993/1994, delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate  (art.
 2,  comma  3);  che  l'AIMA,  compiuto l'accertamento de quo nei modi
 sopradescritti, comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta  giorni
 dalla  entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante lettera
 raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi  di  riferimento
 individuali  assegnati  ed  i  quantitativi di latte commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli  interessati  potessero
 presentare  alla  regione,  a  pena  di decadenza, ricorso di riesame
 entro quindici giorni dalla data  di  ricezione  della  summenzionata
 comunicazione  (art.  2,  comma  5,  seconda parte e comma 6); che le
 regioni dovessero decidere  sui  ricorsi  de  quibus  entro  sessanta
 giorni a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione ed
 entro  lo stesso termine comunicare all'AIMA la relativa decisione, a
 pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile,  penale  e
 disciplinare   (art.  2,  comma  8).    Nelle  more  della  effettiva
 attuazione di quanto sopra descritto, il  Governo  disponeva  poi  in
 favore  dei  produttori  -  limitatamente  al  periodo 1996/1997 - la
 restituzione dell'80% degli importi  trattenuti  dagli  acquirenti  a
 titolo  di  prelievo  supplementare e quanto al periodo 1997/1998, la
 restituzione dell'intero importo  trattenuto  a  titolo  di  prelievo
 supplementare  relativo alla parte di quota B ridotta dall'art, 2 del
 d.l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.  46  del  1995,  nonche'
 dell'importo  relativo agli esuberi conseguiti da produttori titolari
 esclusivamente di quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1).
 Inoltre, l'art. 3 disponeva che  l'AIMA  provvedesse  alla  rettifica
 della  compensazione  nazionale  per  i periodi 1995/1996 e 1996/1997
 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di  entrata  in  vigore
 del  decreto,  nonche'  degli accertamenti compiuti e delle decisioni
 dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.   Si prevedeva,  poi,  che,
 limitatamente  al  periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i
 dati   della   compensazione    nazionale    e    quelli    derivanti
 dall'applicazione  delle  regole  di compensazione precedentemente in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il  produttore.  L'art.
 4,  quanto  alla  campagna 1997/1998, disponeva che l'AIMA procedesse
 all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e  dei
 quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5
 dell'art. 2.  Tali aggiornamenti erano destinati a sostituire ad ogni
 effetto  i  bollettini  pubblicati  precedentemente.    Ai fini delle
 trattenute  e  del  versamento  del  prelievo  supplementare  -  come
 espressamente  recitava il medesimo art. 4 - gli acquirenti sarebbero
 stati tenuti a considerare esclusivamente  le  quote  risultanti  dal
 suddetto  elenco.  L'art. 4-bis istituiva una Commissione di garanzia
 - nell'ambito della quale non era prevista la partecipazione di alcun
 membro di provenienza regionale - con il  compito  di  verificare  la
 conformita'   alla  vigente  legislazione  delle  procedure  e  delle
 operazioni effettuate per la determinazione della quantita' di  latte
 prodotta e commercializzata e per l'aggiornamento dei quantitativi di
 riferimento   spettanti   ai  produttori  per  i  periodi  1995/1996,
 1996/1997  e 1997/1998.  Quanto alla campagna 1998/1999, l'art. 5, in
 espressa deroga all'art.  1 del d.l. n. 11 del  1997,  convertito  in
 legge n. 81 del 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la competenza in
 ordine  alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota
 e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero  per  le  politiche  agricole
 emanava  un  decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di
 attribuzione con  ricorso  n.r.g.  12/1998  pendente  avanti  codesta
 ecc.ma Corte) disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria
 dei  ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di applicazione del
 d.l. n. 411, cosi' come convertito dalla legge  n.  5,  in  tal  modo
 aggravando  ulteriormente,  a  discapito dell'autonomia organizzativa
 delle regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale  delle
 disposizioni legislative che pretendeva di attuare.  Successivamente,
 con  d.l. n. 187 del 1998, convertito, con modificazioni, in legge n.
 276 del 1998 (impugnata avanti codesta  ecc.ma  Corte  dalla  regione
 Veneto  con  n.r.g.  38 del 1998), veniva prorogato il termine per la
 decisione da parte  delle  giorni  dei  ricorsi  di  riesame  di  cui
 all'art. 2, comma 5, del d.l. n. 411 avverso le determinazioni AIMA e
 si  confermavano  in  capo alla stessa AIMA le attribuzioni in ordine
 all'aggiornamento  degli  elenchi  dei  titolari  di  quota   e   dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   7.  - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio'
 sommaria,  la  definitiva  riorganizzazione  del   settore   lattiero
 caseario  si  rendeva  dunque  -  e  si  rende  tuttora  - tanto piu'
 necessaria  in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla   Commissione
 governativa  di  indagine  e  dalla Corte dei conti.  Dalle relazioni
 redatte  sul  punto  dagli  organi  citati  emergeva,   infatti,   la
 necessita'  di  approntare un valido e definitivo sistema di gestione
 alternativo a quello che si e' venuto  formando  sotto  l'assillo  di
 fatti  contingenti  e  per  cio'  stesso  privo  di qualsiasi disegno
 programmatico  e  di  adeguata  stabilita'.     In  particolare,   si
 sottolineava  come  tale  sistema  alternativo dovesse essere attuato
 mediante  una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia   di
 agricoltura.    Di  conseguenza,  il  Governo,  nella  consapevolezza
 dell'inidoneita' dello strumento del decreto legge  ai  fini  di  cui
 sopra,  aveva  finalmente predisposto un disegno di legge preordinato
 alla definitiva regolamentazione del settore.  Senonche',  di  fronte
 all'opposizione  della  maggioranza  dei  rappresentanti regionali in
 sede di  Conferenza  permanente  del  24  febbraio  1999,  ed  ancora
 ignorando  totalmente  il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs.
 n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di
 piu' necessariamente preventiva, tra Stato e regioni, il  Governo  ha
 abbandonato  l'iniziale  intento,  ed  ha  trasfuso  parte  del testo
 originario nel d.-l. n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta  ecc.ma
 Corte,  tra  le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 15 del
 99).  Quanto ai contenuti, il d.l., cosi' come modificato dalla legge
 di conversione n. 118 del 1999  (del  pari  impugnata  dalla  regione
 Veneto  con ricorso tuttora pendente avanti codesta ecc.ma Corte), in
 estrema sintesi, prevede:   l'obbligo di  comunicazione  all'AIMA  da
 parte  delle regioni e province autonome, entro il brevissimo termine
 di 30 giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto,  dei
 "motivati"  errori  intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al
 d.l. n. 411 del 1997 e delle relative correzioni,  sulla  base  delle
 risultanze della relazione finale della Commissione di garanzia quote
 latte,  e  la "recezione" di tali correzioni da parte dell'AIMA (art.
 1, comma 2), nonche' la definizione, entro 60 giorni  dalla  data  di
 entrata  in  vigore  del decreto, con uno o piu' decreti del Ministro
 delle politiche agricole, di ogni ulteriore questione  relativa  alle
 stesse operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2
 (art. 1, comma 14); l'aggiornamento, ancora ad opera dell'AIMA (entro
 30  giorni dal termine fissato al comma 1 ai fini della effettuazione
 della compensazione per le annate  1995/1996  e  1996/1997  -  ovvero
 entro  90  giorni  dall'entrata  in vigore del decreto impugnato) dei
 quantitativi individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati  ai
 sensi  del  d.l.  n.  411,  sulla base dei mutamenti di titolarita' e
 delle informazioni relative ai contratti ed  alle  mobilita'  fornite
 dalle  regioni  e  province autonome (art. 1, comma 3, lett. a), e la
 comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi  individuali
 sopra   citati  delle  produzioni  commercializzate  per  il  periodo
 1997/1998 risultanti dai  modelli  L1  pervenuti  all'AIMA,  e  delle
 anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei
 ricorsi  relativamente  al numero di capi accertato (art. 1, comma 3,
 lett. b), la trasmissione ad iniziativa dei produttori della suddetta
 comunicazione agli acquirenti ai fini della determinazione  da  parte
 di  questi  ultimi  del  prelievo supplementare dovuto (art. 1, comma
 3-bis), la trasmissione delle comunicazioni stesse, questa  volta  ad
 iniziativa  dell'AIMA  alle  regioni  che  dovranno  poi a loro volta
 trasmetterla agli acquirenti, loro organizzazioni e alle associazioni
 di  produttori  (art.  1,  comma  3-ter),   nonche'   l'aggiornamento
 definitivo dei quantitativi individuali per il periodo 1998/1999, che
 costituiranno   anche   attribuzione   provvisoria   per  il  periodo
 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di  cui  al  predetto
 comma  3, lett. b) (art.  1, comma 4); l'autorizzazione al1e regioni,
 in attesa dell'aggiornamento definitivo, a rilasciare  certificazioni
 provvisorie  dei  trasferimenti  di azienda con quota o di sola quota
 che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, a condizione che tali
 trasferimenti riguardino aziende con quote ovvero solo quote,  i  cui
 dati  siano stati regolarmente verificati ed accertati ai sensi della
 normativa vigente (art. 1, comma 4-bis); la definizione da parte  del
 Ministro  per  le  politiche  agricole,  con  proprio  decreto, delle
 modalita' procedurali per addivenire alle  determinazioni  definitive
 dei  dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati da parte delle regioni e
 province  autonome  (art.  1,  comma  5)  e  per   la   comunicazione
 individuale  ai  produttori  dei dati afferenti   anche alla campagna
 1998/1999 (art. 1, comma 10, applicabile anche al  periodo  1999-2000
 in  base  all'art  1,  comma  21-ter); il versamento, a seguito delle
 operazioni di compensazione di cui al comma 10, del  prelievo  dovuto
 per  il  periodo 1998/1999 agli acquirenti, entro il termine di venti
 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte  dell'AIMA  (art.
 1,   comma   19);  l'attribuzione  ancora  in  capo  all'AIMA,  delle
 competenze  in   ordine   all'effettuazione   delle   operazioni   di
 compensazione  -  i  cui risultati acquistano dichiarato carattere di
 definitivita' ai sensi del comma 12 -, sia in riferimento alle annate
 1995/1996 e 1996/1997 (art. 1, comma  1)  che  con  riferimento  alle
 annate  1997/1998 e 1998/1999 (art. 1, commi 7 e 9), e la sostanziale
 riproduzione degli stessi criteri di compensazione - che,  in  attesa
 della riforma del settore, si applicheranno anche per l'effettuazione
 della compensazione per il periodo 1999-2000 (art. 1, comma 21-ter) -
 di  cui  al  d.l. n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed
 all'art. 662 del 1996, mantenendo il medesimo ordine di  priorita'  -
 salvo l'incomprensibile riferimento, in sede di conversione in legge,
 ai  "produttori titolari di quota" e a "tutti gli altri produttori" -
 (art. 1, comma 8), salvo che per le annate 1997/1998 e 1998/1999, per
 le quali, in deroga ai suaccennati criteri ed al loro  ordine,  viene
 istituita  una  priorita'  assoluta in favore delle regioni Marche ed
 Umbria (art. 1, comma 9); la non applicazione da parte dell'AIMA, per
 il solo periodo 1995-1996, nella esecuzione della  rettifica  di  cui
 all'art.  3  del  d.l.  n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del
 1998, delle riduzioni della quota B  in  ottemperanza  alle  sentenze
 concernenti le illegittimita' delle stesse riduzioni (art. 1 comma 1)
 e  la  fissazione del termine del 15 aprile 1999 (poi prorogato dalla
 legge di conversione nel 30 gennaio 1999) ai fini dell'effettuazione,
 sulla  base  di  dati  certi  e  sempre  ad  opera  dell'AIMA,  delle
 operazioni  di  compensazione per il periodo 1997-1998 (art. 1, comma
 7); l'obbligo in capo al  produttore,  qualora  le  somme  trattenute
 dall'acquirente  a  titolo  di  prelievo  per  i  periodi 1995/1996 e
 1996/1997   non   siano   sufficienti   a   coprire    il    prelievo
 complessivamente   dovuto,   di   corrispondere   all'acquirente   la
 differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine
 per il versamento degli  importi  trattenuti  dall'acquirente  stesso
 (pari  a  trenta  giorni dal ricevimento della comunicazione da parte
 dell'AIMA dei  prelievi  dovuti)  e,  in  difetto,  su  comunicazione
 dell'acquirente  e  previa  intimazione  al pagamento, la riscossione
 coattiva del debito residuo mediante ruolo ad opera  dell'AIMA  (art.
 1,  comma  15);  la  fissazione,  con effetto a decorrere dal periodo
 1996/1997, del termine per la stipula  dei  contratti  di  affitto  e
 vendita  di  quota  senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di
 ciascun anno, fatti salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.l.
 n. 411 del 1997 e la possibilita' che  i  contratti  cosi'  stipulati
 entro il 31 gennaio 1996, su concorde volonta' delle parti comunicata
 all'AIMA,  possano  avere  effetti  in riferimento alla stessa annata
 1996/1997 (art. 1, comma 20); la ripartizione delle  quote  confluite
 nella  riserva  nazionale in relazione ai quantitativi individuali di
 riferimento allocati presso ciascuna  regione  e  provincia  autonoma
 accertati  per  i  periodi  1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da
 parte  delle  singole  regioni  ai  produttori  secondo  criteri   di
 priorita'  deliberati  dagli  stessi  enti,  ma  comunque in primis a
 favore dei produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge
 n. 46 del 1995 (art. 1, comma  21)  e  con  espressa  esclusione  dei
 produttori  che  nel  corso  dei  periodi 1997-1998 e 1998-1999 hanno
 venduto ovvero affittato, in tutto o in parte, le quote di cui  erano
 titolari (art. 1, comma 21-bis); la possibilita' in capo all'AIMA, ai
 fini  dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate
 dallo stesso decreto, di prendere in considerazione esclusivamente  i
 provvedimenti  giurisdizionali,  anche  cautelari  o  non definitivi,
 contenenti dati quantitativi e notificati entro il trentesimo  giorno
 antecedente   la  scadenza  del  termine  per  l'effettuazione  delle
 compensazioni e, in assenza delle predette indicazioni  quantitative,
 l'obbligo  in capo all'AIMA di utilizzazione dei dati accertati dalle
 regioni e province autonome sulla base  del  d.l.  n.  411  del  1997
 ovvero  quelli  rideterminati  dall'AIMA stessa nel caso in cui siano
 intervenute  ordinanze giurisdizionali anche non definitive che hanno
 fatto obbligo agli acquirenti di restituire ai produttori gli importi
 trattenuti  a  titolo  di  anticipo  per   gli   eventuali   prelievi
 supplementari dovuti (art. 1, comma 11), nonche' l'improduttivita' di
 effetti  delle  decisioni amministrative o giurisdizionali notificate
 oltre il termine di cui al  comma  11  in  riferimento  ai  risultati
 complessivi  delle compensazioni, che restano fermi nei confronti dei
 produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state
 emesse (art. 1, comma 13);  l'effettuazione  di  un  procedimento  di
 verifica   (che   determina   la   non  applicazione  delle  sanzioni
 amministrative di cui all'art.  11 della legge n. 468 del 1992  e  la
 non  punibilita'  degli  eventuali  reati  di  falso  commessi  nella
 dichiarazione di commercializzazione che risulti difforme  da  quella
 accertata,  nonche' dei connessi reati di cui agli artt. 640-bis c.p.
 e 2621 c.c. commessi ai fini di cui all'art. 61, n. 2, c.p.)  rivolto
 alla  comparazione  dei  dati  dichiarati  nei  modelli L1 con quelli
 risultanti dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.l. n. 411  ed
 alla  eventuale  rettifica  dei  primi  sulla  scorta  dei secondi in
 riferimento alle annate 1995/1996, 1996/1997 (comma 17)  e  1997/1998
 (comma  18).   In forza dell'art. 1, comma 5, del sopradescritto d.l.
 n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118  del  1999,  il  Ministero
 delle   politiche   agricole   ha   adottato,   sul  presupposto  del
 raggiungimento di una supposta intesa con  le  regioni,  il  d.m.  21
 maggio  1999,  n. 159 (impugnato dalla regione Veneto con ricorso per
 conflitto di attribuzioni pendente avanti codesta  ecc.ma  Corte  con
 n.r.g.  29/1999), recante le modalita' procedurali per addivenire, da
 parte delle regioni e delle province autonome,  alle  "determinazioni
 definitive"  dei quantitativi individuali determinati dall'AIMA per i
 periodi 1997-1998 e 1998-1999  e  delle  produzioni  commercializzate
 comunicate  dalla  stessa  AIMA in riferimento al periodo 1997-1998 e
 successivamente, ancora in assenza di reale e non  meramente  formale
 intesa  con  le  regioni,  il  decreto  n.  309  del  1999 (parimenti
 impugnato  dalla  regione  Veneto  con  ricorso  per   conflitto   di
 attribuzioni  in  corso di notifica), recante attuazione dell'art. 1,
 comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in  legge  n.  118  del
 1999,  con  riferimento  alla  pretesa  definizione  delle operazioni
 riesame effettuate dalle regioni.  E' stato poi adottato  il  decreto
 impugnato,   che,  oltre  a  contenere  disposizioni  sostanzialmente
 riproduttive di quelle contenute nel precedente d.m. n.  309  recante
 medesimo  oggetto,  sempre  in  attuazione dell'art. 1, comma 14, del
 d.l. n. 43 del 1999,  convertito  in  legge  n.  118  del  1999,  con
 riferimento   alla   pretesa  definizione  delle  operazioni  riesame
 effettuate  dalle  regioni,  e  sempre  in  lesione   del   principio
 costituzionale  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni, ha
 introdotto  disposizioni  ulteriormente  lesive   delle   prerogative
 regionali  in  materia.    Preme  evidenziare  che nel frattempo, con
 d.lgs.  n.  165   del   1999,   in   attuazione   del   progetto   di
 decentralizzazione di cui alla legge di delega n. 59 del 1997, l'AIMA
 e'  stata soppressa e posta in liquidazione (con proroga di poteri in
 ordine alla "... divulgazione, raccolta dati  ed  elementi  di  fatto
 occorrenti  anche  per  le  operazioni  di  controllo  previste dalla
 normativa comunitaria e nazionale" fino al 30 giugno 1999 - cfr. art.
 12 del d.lgs. n. 165 del 1999 -,  e  dunque  in  data  precedente  al
 decreto    impugnato,    che   pur   ne   riconosce   l'esistenza   e
 l'ultrattivita');  contestualmente  e' stata pero' istituita l'AGEA -
 Agenzia per le erogazioni in agricoltura -,  alla  quale  sono  stati
 attribuiti  compiti  identici  a  quelli prima svolti dalla soppressa
 AIMA, cosi' impedendo il decentramento delle funzioni a favore  delle
 regioni  che  avrebbe  dovuto essere attuato in esecuzione alla prima
 citata legge n. 59 del 1997.
                             D i r i t t o
   1. - Quanto al decreto nella sua interezza, violazione degli  artt.
 5,  97,  115,  117 e 118 della  Costituzione, anche in riferimento al
 principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art.    2
 del d.lgs. n. 143 del 1997.
   Si  deve  preliminarmente  rilevare che il legislatore nazionale ha
 riconosciuto e garantito il principio  di  leale  collaborazione  tra
 Stato  e  regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida
 in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997,
 nel conferire  alle  regioni  tutte  le  funzioni  amministrative  in
 materia  di  agricoltura  -  in  relazione  alla  quale  materia,  la
 competenza delle regioni e' stata  nettamente  affermata  da  codesta
 ecc.ma  Corte  per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -
 prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento  delle  linee
 di  politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano
 essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole  (istituito
 con  il  medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente per i
 rapporti tra Stato e regioni.
   In  materia  di  produzione  normativa,   il   suddetto   principio
 costituzionale  di  leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato
 poi  affermato  dal  d.lgs.  n.  281  del  1997,  che  disciplina  le
 attribuzioni  della  Conferenza permanente nelle materie di interesse
 regionale,  prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione   meno
 "intense"  quali  la  mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona
 con l'assenso del Governo e di tutti i  Presidenti  delle  regioni  e
 province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs.  citato).
   E'  indubbio,  infatti - come ha statuito ancora di recente codesta
 ecc.ma Corte  -,  che  il  settore  lattiero-caseario  rientra  nelle
 materie   di   competenza   regionale,   e  comunque,  in  quanto  la
 regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi
 generali ed uniformi - nonche'  conformi  ai  principi  comunitari  -
 dettati  per  tutto  il  territorio  nazionale, il principio di leale
 collaborazione impone il raccordo tra Stato  e  regioni  nelle  forme
 dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile
 di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida.
   Lo  stesso  art.  1,  comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, cosi' come
 convertito in legge n. 118 del 1999,  nel  prevedere  l'adozione  del
 decreto  ministeriale  qui  impugnato,  prescrive  il  raggiungimento
 dell'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni.
   In realta', il d.m. n. 310, cosi' come il precedente d.m.  n.  309,
 pur  dandola nelle premesse come acquisita, non e' stato preceduto da
 effettiva e valida intesa.
    La Conferenza permanente del 5 agosto 1999 era stata convocata per
 la discussione di diversi argomenti previamente  iscritti  all'ordine
 del  giorno,  tra i quali lo schema del decreto impugnato (cfr. punto
 12.3.);  con  riferimento  a  tale  argomento,  il  Presidente  Ghigo
 esprimeva  assenso de1le regioni e province autonome, contestualmente
 raccomandando l'eliminazione del  comma  4  dell'art.  1,  in  quanto
 meramente riproduttivo di disposizione gia' vigente.
   Successivamente all'impegno assunto dal Sottosegretario Borroni nel
 senso  dell'accoglimento di tale richiesta, l'intesa veniva data come
 raggiunta.
   Non si vuole certo negare l'esistenza di separato verbale di intesa
 relativo allo schema  del  decreto  impugnato,  e  del  richiamo  ivi
 disposto  nelle  premesse  degli  incontri tecnici e della seduta del
 Comitato  tecnico  permanente  di   coordinamento   in   materia   di
 agricoltura  (nell'ambito  dei  quali sarebbe stato concordato tra le
 parti il testo definitivo del decreto di elaborazione  ministeriale),
 ma,  come  si  evince  chiaramente  dalle  note inviate dalla regione
 ricorrente  al  Ministero  e  alla  conferenza  permanente,   risulta
 evidente  che le richieste di modifica del decreto impugnato avanzate
 dalla stessa regione Veneto non sono state - diversamente  da  quanto
 viene  dichiarato  dai verbali surrichiamati, recepite dal Ministro e
 non risultano  dunque  inserite  nel  testo  del  decreto  impugnato.
 Inoltre,  non  e'  stata  neppure  accolta  la richiesta avanzata dal
 Presidente Ghigo di eliminazione dal testo del decreto  del  comma  4
 dell'art.  1.
   Come e' noto l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 281 del 1997, ai fini
 del   raggiungimento   di   valida   intesa,  richiede  l'espressione
 dell'assenso, oltre  che  del  Governo,  di  tutti  i  rappresentanti
 regionali  e  provinciali;  viceversa,  nella fattispecie, la regione
 Veneto  non  ha  affatto  espresso  assenso,  ma  ha  anzi   avanzato
 specifiche   richieste  di  adeguamento  del  testo  del  decreto  in
 riferimento a fattispecie dettagliatamente esposte, rimaste disattese
 in sede Conferenza permanente in assenza di qualsivoglia  motivazione
 (cosi'  come  e'  stata disattesa, in assenza di motivazione, la piu'
 sopra citata richiesta avanzata dal Presidente Ghigo nel corso  della
 seduta della Conferenza permanente del 5 agosto 1999).
   Ancora una volta, dunque, cosi' come accaduto per il d.l. n. 43 del
 1999  e  per  la  legge  di  conversione, sulla cui base e' stato poi
 adottato il decreto de quo, e per i precedenti dd.mm. nn. 159  e  309
 del  1999, la regione ricorrente non e' stata attivamente coinvolta a
 priori e nelle forme adeguate nel procedimento di elaborazione  della
 nuova  disciplina,  come  richiederebbero  i  principi costituzionali
 prima ancora che le disposizioni di legge  vigenti,  in  quanto,  non
 solo  il  Governo  si  e'  preoccupato  di  sollecitare  l'intervento
 regionale  in  un  momento  successivo  e  solo  a  livello  di  mera
 consultazione,  ma neppure sono state considerate (come si evince dal
 silenzio  sul  punto  dei   verbali)   le   richieste   di   modifica
 espressamente  avanzate da1la regione stessa, nonche' quelle avanzate
 dal Presidente.
   Non solo, dunque, il decreto impugnato non e' stato preceduto dalla
 prescritta intesa con le  regioni  sui  contenuti  del  provvedimento
 stesso  (solo  la  convergenza  sui  contenuti  puo'  infatti  essere
 plausibilmente considerata intesa), ma neppure e' stata  data  alcuna
 motivazione   in   ordine   all'implicito   rigetto  delle  richieste
 espressamente inoltrate dalla regione Veneto e dal  Presidente  Ghigo
 in  relazione alla necessita' di modificare ed integrare il testo del
 decreto sottoposto.
   Risulta pertanto evidente la  violazione  del  principio  di  leale
 cooperazione    tra    Stato    e   regioni   e   delle   prerogative
 costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115,  117
 e  118 della   Costituzione, anche per come attuati dal d.lgs. n. 281
 del 1997.
   Tutto  cio'  e' particolarmente grave in una materia in riferimento
 alla quale, come  gia'  piu'  sopra  rilevato,  non  solo  lo  stesso
 legislatore  nazionale ha avvertito in termini Generali la necessita'
 di instaurare intensi meccanismi collaborativi tra Stato  e  regioni,
 ma  la  stessa  legge  che  si  pretende  di  attuare  ha  imposto il
 raggiungimento  dell'intesa.
   2. - Quanto l'art. 1, commi 1, 2 e 3, violazione degli artt. 5, 97,
 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
   Le disposizioni citate in epigrafe, in assenza - come gia' rilevato
 - di adeguata intesa con le regioni  in  ordine  alla  individuazione
 delle  fattispecie  da  sottoporre  all'ulteriore vaglio delle stesse
 regioni in sede di determinazione dei dati quantitativi  ex  d.l.  n.
 411  del 1997 convertito in legge n. 5 del 1998, prefigurano, accanto
 a quelle gia' determinate  con  d.m.  n.  309,  ulteriori,  e  sempre
 limitate, ipotesi di correzione dei dati gia' accertati dalle regioni
 stesse in sede di istruttoria dei ricorsi di riesame (quanto al comma
 1,  discordanza  tra  dispositivo della decisione e motivazioni della
 stessa - ad integrazione del comma 2 del precedente decreto  n.  309,
 che  preveda  la  correzione limitatamente all'ipotesi nella corretta
 immissione dei dati nel sistema informatico  -  quanto  al  comma  2,
 erronea   trasposizione   dei   dati   nel  sistema  informatico)  ed
 attribuiscono alle regioni medesime l'onere di procedere ad immediata
 "sanatoria" per mezzo del riesame della pratica entro  il  brevissimo
 termine di trenta giorni dalla pubblicazione del decreto impugnato.
   Tali  procedure  di  ulteriore  riesame  gravano dunque interamente
 sulle risorse umane e finanziarie  regionali  (si  consideri  che  si
 impone   la  correzione  nel  brevissimo  termine  di  trenta  giorni
 decorrenti dalla pubblicazione del decreto impugnato), e comunque non
 assicurano il completo e definitivo accertamento dei dati produttivi,
 in  quanto  le  verifiche  sono  limitate   a   fattispecie   tipiche
 autonomamente  determinate  dal  Ministero,  in  assenza  di adeguato
 coinvolgimento delle regioni (che sole avrebbero potuto ratio causae,
 in ragione delle - pur limitate - competenze a suo tempo riconosciute
 in ordine alla decisione  dei  ricorsi  di  riesame,  individuare  le
 fattispecie da sottoporre ad ulteriore riesame).
   Ancora  una  volta,  dunque, cosi' come avvenuto per mezzo del d.l.
 n. 411 del 1999, convertito in legge n.  5  del  1998,  del  d.m.  17
 febbraio  1998,  nonche' del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge
 n. 118 del 1999, ed, infine, del d.m. n. 159 del 1999 e  n.  309  del
 1999, le regioni vengono private di qualsivoglia autonoma potesta' di
 intervento,  correzione,  o  sia  pure  solo  effettivo  riesame,  in
 violazione, oltre che dell'art. 97 Cost.,  delle  stesse  prerogative
 regionali  in  termini  di  programmazione e controllo nel settore de
 quo.
   Tali disposizioni, in tutta evidenza,  violano  pertanto  le  norme
 citate  in  epigrafe  perche' negano in radice i poteri programmatori
 che dovrebbero competere alle regioni nel settore  in  oggetto  e  si
 risolvono essenzialmente in un anomalo, e comunque gratuito e percio'
 stesso illegittimo, avvalimento degli uffici regionali.
   Piu'  in  particolare,  l'attribuzione alle regioni di tali compiti
 meramente esecutivi confligge con la  ripartizione  delle  competenze
 tra  Stato e regioni di cui agli artt. 117 e 118 Cost., oltre che con
 i poteri di autoorganizzazione ad esse riconosciuti  dall'art.    115
 Cost.  e  con  il  principio di autonomia finanziaria di cui all'art.
 119 Cost.
   Inoltre, le suddette  disposizioni  producono  con  tutta  evidenza
 effetti retroattivi in riferimento a campagne lattiere ormai da tempo
 concluse,  con conseguenze evidentemente incontrollabili sulle stesse
 possibilita' di programmazione e gestione del settore.
   3. - Quanto all'art. 1, comma 4 art. 2, commi 2, 3 e 4,  violazione
 degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost.
   Oltre  ad essere illegittime - per le ragioni che si esporranno nel
 proseguo del presente atto -, le prescrizioni contenute, da un  lato,
 nell'art. 4, comma 1 e nell'art. 2, comma 2, e, dall'altro, nei commi
 3 e 4 dello stesso art. 2, sono in evidente contraddizione.
   Infatti,  mentre  l'art.  1, comma 4, e l'art. 2, comma 2 (peraltro
 meramente riproduttivo dell'art. 5, comma 2, del precedente d.m.   n.
 309),  stabiliscono  che  alle determinazioni assunte dalle regioni e
 province autonome in applicazione del decreto impugnato si applicano,
 in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 1,  comma  13,
 del  d.l.  n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, e che
 dunque  le  rettifiche  conseguenti  all'applicazione   del   decreto
 impugnato  non  dovrebbero  comportare  rideterminazione del prelievo
 eventualmente ed erroneamente attribuito  sulla  base  dei  dati  non
 ancora  corretti,  i  commi  3  e  4 dell'art. 2 attribuiscono ancora
 all'AIMA le competenze in ordine alla effettuazione delle  operazioni
 di  compensazione  limitatamente  alla posizione dei produttori i cui
 dati di riferimento siano stati corretti in attuazione dei dd.mm. nn.
 309 e 310,  con  cio'  lasciando  intendere  che  il  produttore  non
 dovrebbe   versare   il  prelievo,  ma  attendere  la  riderminazione
 dell'eventuale esubero contestato  conseguente  alla  correzione  dei
 dati  quantitativi  di riferimento in attuazione del d.m. impugnato e
 di quello precedente.
   Le disposizioni, oltre che tra loro contraddittorie, sono  comunque
 tutte illegittime. Quanto all'art. 1, comma 4, e all'art. 2, comma 2,
 e'  evidente  che le procedure di correzione dei dati quantitativi di
 riferimento avrebbero dovuto precedere e non seguire le operazioni di
 compensazione,  la  cui  validita',  come  noto,  essendo  ora   esse
 effettuate a livello nazionale, e' condizionata dalla correttezza dei
 parametri  quantitativi  sulla  base  dei  quali le stesse operazioni
 debbono  essere  effettuate.  In  altri  termini,  un  solo  dato  di
 riferimento errato, e dunque non corrispondente alla reale produzione
 di  dato  operatore,  falsa  i  calcoli  dell'esubero,  e  dunque  le
 percentuali di compensazione in riferimento a tutti i produttori.
   Tutto cio' si traduce in tutta evidenza nel  totale  stravolgimento
 del  sistema, che impedisce qualsivoglia forma di controllo a livello
 regionale, in violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
   Senza poi contare che  tali  erronee  determinazioni  espongono  le
 regioni  alla  possibilita' di avvio di un vastissimo contenzioso (in
 realta' gia' avviato da numerosi operatori) in ordine  alla  corretta
 individuazione   appunto   dei   dati   quantitativi  di  riferimento
 utilizzati dall'AIMA ai fini della effettuazione delle operazioni  di
 compensazione.
   Quanto  ai commi 3 e 4 dell'art. 2, va in primo luogo rilevato che,
 per le ragioni gia' esposte, e' assolutamente illogica  e  fuorviante
 (ad  ulteriore  aggravamento  della  gia'  rilevata impossibilita' di
 gestione e controllo del settore da parte delle Regioni,  alle  quali
 le  competenze  de  quibus  dovrebbero  essere riconosciute) limitare
 l'effettuazione delle operazioni  di  compensazione  con  riferimento
 alla posizione di alcuni produttori. Inoltre, le competenze in ordine
 alle  operazioni  de  quibus vengono ancora una volta riconosciute in
 capo all'AIMA, in evidente violazione  dei  parametri  costituzionali
 citati  in epigrafe e delle decisioni gia' adottate da codesta ecc.ma
 Corte sul punto (cfr. sent. n. 520 del 1995 e n. 398 del 1998).
   4. - Quanto all'art. 2, comma 1, art. 3, comma 1, violazione  degli
 artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost.
   L'art.  2,  comma  1,  con  disposizione  meramente riproduttiva di
 quella contenuta nell'art. 5, comma 1, del precedente  d.m.  n.  309,
 impone  la  concertazione  delle regioni con il Ministero e l'AIMA ai
 fini   della   determinazione   delle   modalita'   e   dei   termini
 dell'inserimento   nel   sistema   informatico   delle  modificazioni
 conseguenti alle decisioni assunte dalle regioni stesse in attuazione
 del decreto impugnato.
   Al di la' della assurdita' di tale  disposizione,  che  addirittura
 priva  le  regioni  della  possibilita'  di  procedere  autonomamente
 all'inserimento di dati nel sistema informatico, va dunque nuovamente
 rilevato che l'articolo in questione attribuisce  cosi',  seppure  in
 via  mediata,  al Ministero e all'AIMA, in esito a mera concertazione
 con le regioni, un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento
 al di fuori delle regole  stabilite  dalla  Costituzione  e  recepite
 dalla  costante giurisprudenza costituzionale, dalla legge n. 400 del
 1988 ed ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997.
   Tale ultima disposizione,  infatti,  stabilisce  che  gli  atti  di
 indirizzo  e  coordinamento  delle funzioni amministrative regionali,
 anche solo gli atti di coordinamento  tecnico  (quale  e'  quello  di
 specie),  nonche'  le direttive relative all'esercizio delle funzioni
 delegate, debbono essere adottate dal Consiglio dei Ministri e previa
 intesa con la
  Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni  e  le
 province autonome, o con la singola regione interessata.
   Quanto,  da  ultimo,  all'art.  3,  comma  1,  ancora  una volta le
 regioni, in aperta violazione degli artt. 117, 118 e 119, nonche' del
 principio   costituzionale    di    leale    cooperazione,    vengono
 dichiaratamente  spossessate  di  qualsivoglia potere di intervento e
 relegate, in  assenza  di  trasferimento  di  risorse,  ad  un  ruolo
 meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale
 che,   per  quanto  confuso,  e'  pur  sempre  accentrato  a  livello
 nazionale,  e  dunque  insuscettibile  di  adeguamento  alcuno   alle
 particolari situazioni locali.
                               P. Q. M.
   Chiede  che  codesta  ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
 che non spetta allo Stato, e per esso al  Ministero  delle  politiche
 agricole,  dare  attuazione  all'art.  1,  comma 14, del d.l. 1 marzo
 1999, n. 43, convertito in legge 27 aprile 1999, n. 118, con d.m.  10
 agosto 1999, n.  310,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie
 generale  n. 210 del settembre 1999 (in violazione degli artt. 5, 97,
 115, 117, 118 e 119 Cost.),  e  per  conseguenza  annullare  il  d.m.
 impugnato nella totalita' ed in particolare quanto agli art. 1, commi
 1, 2, 3 e 4, art. 2, commi 1, 2, 3 e 4, art. 3, comma 1.
     Milano-Roma, addi' 4 novembre 1999.
    Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 99C1175