N. 37 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 novembre 1999
N. 37 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19 novembre 1999 (della regione Veneto) Agricoltura - Quote latte - Adozione del regolamento impugnato, senza la prescritta previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni, essendo state disattese le richieste di modifica espressamente avanzate dalla regione nonche' dal Presidente - Violazione del principio di leale collaborazione - Lesione della sfera di competenza regionale in materia di agricoltura. Agricoltura - Quote latte - Individuazione, rispetto al d.m. n. 309/1999, di ulteriori limitate ipotesi di correzione dei dati gia' accertati dalle regioni stesse in sede di istruttoria dei ricorsi di riesame - Attribuzione alle regioni dell'onere di procedere ad immediata sanatoria, con proprie risorse umane e finanziarie - Violazione del principio di leale collaborazione - Lesione della sfera di competenza regionale in materia di agricoltura, nonche' dell'autonomia finanziaria della regione e dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. Agricoltura - Quote latte - Previsione che le rettifiche conseguenti all'applicazione del decreto impugnato non dovrebbero comportare rideterminazione del prelievo eventualmente ed erroneamente attribuito sulla base dei dati non ancora corretti - Impedimento di qualsiasi forma di controllo a livello regionale ed esposizione delle regioni ad un vastissimo contenzioso in ordine alla corretta individuazione dei dati quantitativi di riferimento utilizzati dall'AIMA ai fini dell'effettuazione delle operazioni di competenza regionale in materia di agricoltura - Lesione del principio di leale collaborazione, nonche' dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. e di autonomia finanziaria della regione. Agricoltura - Quote latte - Previsione, con disposizione meramente riproduttiva, di quella contenuta nell'art. 5, comma 1, del precedente d.m. n. 309, dell'obbligo di concertazione delle regioni con il Ministero delle politiche agricole e l'AIMA, ai fini della determinazione delle modalita' e dei termini dell'inserimento nel sistema informatico delle modificazioni conseguenti alle decisioni assunte dalla regione stessa in attuazione del decreto impugnato - Attribuzione al Ministero delle politiche agricole e l'AIMA di un potere di indirizzo e coordinamento, senza la prescritta procedura dell'adozione da parte del Consiglio dei Ministri e della previa intesa con la Conferenza permanente - Violazione della sfera di competenza regionale in materia di agricoltura, dei principi di leale collaborazione, di imparzialita' e buon andamento della p.a. e di autonomia finanziaria della regione. Agricoltura - Quote latte - Attribuzione, nell'ambito di un quadro procedurale confuso, alle regioni, in assenza di trasferimento di risorse, di un ruolo meramente esecutivo senza alcun potere di intervento - Violazione del principio di leale collaborazione, della sfera di competenza regionale in materia di agricoltura e dell'autonomia finanziaria della regione. Decreto del Ministero per le politiche agricole 10 agosto 1999, n. 310, interamente, 310, art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, 2, commi 1, 2, 3 e 4, 3, comma 1. Costituzione, artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 2.(GU n.3 del 19-1-2000 )
Ricorso della regione Veneto, in persona del vice presidente pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di G.R. del 3 novembre 1999, di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30 per conflitto di attribuzione; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, in relazione al decreto del Ministero per le politiche agricole 10 agosto 1999, n. 310, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 210 del 7 settembre 1999, recante ad oggetto "Regolamento recante norme di attuazione dell'art. 1, comma 14, del d.l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, concernente ulteriori norme per la definizione delle operazioni di riesame effettuate dalle regioni in materia di quote latte", nella sua interezza ed in particolare: quanto all'art. 1, comma 1, in quanto dispone che, qualora la parte dispositiva del provvedimento che ha deciso il ricorso di riesame presentato ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, non sia coerente per mero errore materiale con le motivazioni contenute nello stesso provvedimento, le regioni e le province autonome debbano procedere alle correzioni dei dati rendendoli conformi alle motivazioni a suo tempo adottate; quanto all'art. 1, comma 2, in quanto dispone che le regioni e le province autonome provvedano alla correzione dei dati risultanti dal provvedimento che ha deciso il ricorso che risultassero erroneamente trasporti nel sistema informatico; quanto all'art. 1, comma 3, in quanto dispone che le operazioni di rettifica di cui ai commi 1 e 2 debbano essere eseguite dalle regioni e le province autonome entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto impugnato, dandone comunicazione con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno ai produttori interessati; quanto all'art. 1, comma 4, in quanto dispone che il versamento dell'intero importo o della prima rata del prelievo comunicato dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, ed effettuato nei termini previsti dai commi 15 e 16 della medesima legge n. 118 del 1999, non comporta, per il produttore soggetto a rettifica, accettazione del prelievo comunicato che, ove non dovuto, e' restituito dall'AlMA; quanto all'art. 2, comma 1, in quanto dispone che l'inserimento nel sistema informatico delle modificazioni conseguenti all'applicazione del decreto impugnato debba essere effettuato secondo le modalita' ed i termini concordati tra il Ministero per le politiche agricole, l'AIMA e le regioni e le province autonome; quanto all'art. 2, comma 2, in quanto dispone che alle determinazioni assunte dalle regioni e province autonome in esecuzione del decreto impugnato si applicano le disposizioni di cui all'art. 1, comma 13, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999 (concernente l'inefficacia delle decisioni amministrative o giurisdizionali comunicate oltre il trentesimo giorno precedente la scadenza del termine fissato per l'effettuazione delle compensazioni); quanto all'art. 2, comma 3, in quanto dispone che sulla base delle rettifiche di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 1 dello stesso decreto impugnato, nonche' di quelle derivanti dall'applicazione dei provvedimenti regolamentari adottati ai sensi dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999 (ovvero, oltre a quello impugnato con il presente atto, il d.m. n. 309 del 1999), l'AIMA provvede a ricalcolare la compensazione per i soli produttori interessati alle rettifiche stesse utilizzando le medesime regole e le stesse percentuali di quelle adottate per l'esecuzione della compensazione nazionale effettuata ai sensi dell'art. 1, comma 1, della medesima legge n. 118 del 1999; quanto all'art. 2, comma 4, in quanto dispone che le imputazioni del prelievo derivanti dalle operazioni di cui allo stesso decreto impugnato sono comunicate dall'AIMA ai produttori ed agli acquirenti interessati, nonche' alle regioni e province autonome, con le stesse modalita' di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 118 del 1999, entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 2 (presumibilmente - il riferimento al comma 2 dell'art. 1 non e' corretto -, entro quindici giorni dalla scadenza del termine di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione del decreto, previsto dall'art. 1, comma 3), e che dette comunicazioni sostituiscono a tutti gli effetti quelle gia' inviate ai sensi del piu' volte citato art. 1, comma 1, della legge n. 118 del 1999; quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone che, qualora l'AIMA abbia provveduto ad inviare le comunicazioni di cui all'art. 1, comma 3, della legge n. 118 del 1999 (afferenti l'aggiornamento dei quantitativi individuali per il periodo 1997-1998), queste vengano conseguentemente rettificate a cura delle regioni e province autonome. F a t t o 1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della produzione nel mercato europeo, e' stato introdotto con il Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984. In forza del predetto Regolamento, la Comunita' europea ha attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro - per l'italia determinato in t. 9.212.000 -, e sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di una penalita' ad esse proporzionale (c.d. prelievo). L'attuazione del predetto regime presupponeva il previo accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la successiva proporzionale attribuzione dei quantitativi in capo ai singoli produttori. In Italia, i relativi accertamenti furono inizialmente demandati all'UNALAT e poi, in ragione dei dubbi sorti in ordine alla correttezza di tali rilevazioni, che si discostavano marcatamente dalle indicazioni comunitarie, al C.C.I.A. In conclusione, la produzione complessiva nazionale risultava superiore comunque di circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito. Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992 n. 468, recante attuazione del regime delle quote latte istituito a livello comunitario. Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il bollettino per la campagna 1994/1995 contenente, nel rispetto del quantitativo complessivamente assegnato all'Italia, i limiti individuali di produzione. Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale complessivo. 2. - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva entro il limite quantitativo imposto a livello comunitario (nel frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, operava un generalizzato taglio della quota B (che, come noto, e' costituita dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989). Gia' tali provvedimenti legislativi introducevano, in totale assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con le regioni, criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti nei confronti delle regioni a piu' alta vocazione produttiva. Pertanto. veniva da molte regioni - tra le quali il Veneto - proposto ricorso in via principale per l'affermazione dell'illegittimita' costituzionale dei provvedimenti legislativi citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali riconosciute dalla Costituzione dagli stessi perpetrata. Codesta ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata con sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte in cui non prevede il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino". 3. - Il Governo e' poi reiteratamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.ll. nn. 124, 260, 353, 440, 463, 542 e 552 del 1996, nel dichiarato intento di operare un riordino del settore, ma di fatto aggravando la gia' confusa situazione esistente, con disposizioni contraddittorie e comunque sempre lesive delle prerogative regionali. In particolare, il sistema di compensazione a livello nazionale introdotto, sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni, per mezzo delle citate disposizioni in sostituzione di quello vigente a livello di APL ha moltiplicato gli effetti distorsivi dei tagli di quota (peraltro confermati) a danno delle regioni del nord. I dd.ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996, subito seguite dalla legge n. 662 del 1996, sostanzialmente ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute. In ordine ai suddetti provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma Corte, su ricorso presentato da numerose regioni - tra le quali il Veneto -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere in riferimento ad alcune delle disposizioni impugnate, in quanto sostituite nel contenuto dai successivi provvedimenti legislativi adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva di illustrare), e, dall'altro, dichiarato costituzionalmente illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore. In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza delle censure sollevate in riferimento ai criteri di compensazione inizialmente introdotti con il d.l. n. 124 del 1996 e poi da ultimo recepiti nell'art. 2, comma 168, della legge n. 662 del 1996 - specifico oggetto della pronuncia de qua - ed ha dunque dichiarato l'illegittimita' costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui stabilisce i criteri in base ai quali deve essere effettuata la compensazione nazionale senza che sia stato preventivamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome". Sono stati, inoltre, dichiarati costituzionalmente illegittimi i commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.l. n. 552 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 642 del 1996, nella parte in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia stato previamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome", attribuiscono "all'AIMA anziche' alle regioni e alle province autonome il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione di dette quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito regionale e provinciale, senza previa consultazione delle regioni e delle province autonome". Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine di efficacia della vendita o dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre al 31 dicembre di ciascun anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome". La summenzionata pronuncia ha peraltro in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera appartiene alla materia dell'agricoltura. di competenza delle regioni, e non della regolazione dei mercati, di competenza dello Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto specifico delle misure in questione e la politica del mercato agricolo non puo' giustificare l'attrazione della prima nell'ambito della seconda, poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe integralmente sacrificata in materia di agricoltura, posto che ogni attivita' agricola puo' sempre essere strumentale al mercato" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto). La regolamentazione della produzione lattiera rientra, dunque, senza dubbio alcuno nel piu' ampio settore dell'agricoltura, di dichiarata competenza regionale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, come del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale". Ne deriva che, nella determinazione degli indirizzi generali di politica agricola - sia pure rimessi all'elaborazione statale per garantirne la coerenza con i principi comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in quanto, appunto, titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in termini generali, ma ancor prima sulla base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e regioni in sede di Conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997, e non certo la mera consultazione, sia essa preventiva o addirittura successiva, delle regioni, che non puo' garantire la reale partecipazione delle stesse al procedimento decisionale. 4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel settore de quo per mezzo del d.l. n. 11 del 1997, poi convertito in legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorsi nn. rr. gg. 26 e 37 del 1997). In sede di conversione, si riconoscevano finalmente in capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo a decorrere dalla campagna 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa di una fantomatica riforma organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA. Veniva inoltre istituita una Commissione governativa d'indagine, nell'ambito della quale non era peraltro contemplata la partecipazione di rappresentanti regionali, e si prevedeva altresi' un regime di incentivi a fronte dell'abbandono della produzione lattiera. Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con d.l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 41 del 1997), poi convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga dei lavori della Commissione governativa piu' sopra menzionata, nonche', sulla base delle risultanze dell'indagine condotta dalla Commissione stessa, l'aggiornamento da parte dell'AIMA degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995/1996. In sede di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di abbandono istituiti con il precedente d.l. n. 11 dello stesso anno. Nel frattempo, in esito all'indagine effettuata, la Commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i risultati delle simulazioni di compensazione per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL che nazionale. 5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero-caseario, il Governo e' poi nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del d.-l. n. 411 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 3 del 1998). In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 19 del 1998), quanto al procedimento di accertamento della produzione lattiera, prevedeva: che l'AIMA accertasse la produzione effettiva per i periodi 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli L1 privi dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del bestiame; d) ai contratti di circolazione di quote latte (quelli ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi; e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite IVA errate o inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente punto d) dovessero essere inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto legge medesimo, pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993 (art. 2, comma 2); che l'AIMA aggiornasse i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998 tenendo conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle regioni e province autonome, pervenute all'AIMA entro la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati dalle regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997; d) della correzione, in base alle risultanze del censimento 1993/1994, delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art. 2, comma 3); che l'AIMA, compiuto l'accertamento de quo nei modi sopradescritti, comunicasse ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli interessati potessero presentare alla regione, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6); che le regioni dovessero decidere sui ricorsi de quibus entro sessanta giorni a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione ed entro lo stesso termine comunicare all'AIMA la relativa decisione, a pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8). Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo disponeva poi in favore dei produttori - limitatamente al periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare e quanto al periodo 1997/1998, la restituzione dell'intero importo trattenuto a titolo di prelievo supplementare relativo alla parte di quota B ridotta dall'art, 2 del d.l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da produttori titolari esclusivamente di quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1). Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'AIMA provvedesse alla rettifica della compensazione nazionale per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva, poi, che, limitatamente al periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti dall'applicazione delle regole di compensazione precedentemente in vigore - applicasse in via perequativa l'importo del prelievo supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore. L'art. 4, quanto alla campagna 1997/1998, disponeva che l'AIMA procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti erano destinati a sostituire ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare - come espressamente recitava il medesimo art. 4 - gli acquirenti sarebbero stati tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto elenco. L'art. 4-bis istituiva una Commissione di garanzia - nell'ambito della quale non era prevista la partecipazione di alcun membro di provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita' alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta e commercializzata e per l'aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998. Quanto alla campagna 1998/1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 1 del d.l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole emanava un decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di attribuzione con ricorso n.r.g. 12/1998 pendente avanti codesta ecc.ma Corte) disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di applicazione del d.l. n. 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a discapito dell'autonomia organizzativa delle regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative che pretendeva di attuare. Successivamente, con d.l. n. 187 del 1998, convertito, con modificazioni, in legge n. 276 del 1998 (impugnata avanti codesta ecc.ma Corte dalla regione Veneto con n.r.g. 38 del 1998), veniva prorogato il termine per la decisione da parte delle giorni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2, comma 5, del d.l. n. 411 avverso le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla stessa AIMA le attribuzioni in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 7. - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio' sommaria, la definitiva riorganizzazione del settore lattiero caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu' necessaria in esito alle verifiche compiute dalla Commissione governativa di indagine e dalla Corte dei conti. Dalle relazioni redatte sul punto dagli organi citati emergeva, infatti, la necessita' di approntare un valido e definitivo sistema di gestione alternativo a quello che si e' venuto formando sotto l'assillo di fatti contingenti e per cio' stesso privo di qualsiasi disegno programmatico e di adeguata stabilita'. In particolare, si sottolineava come tale sistema alternativo dovesse essere attuato mediante una reale decentralizzazione regionale in materia di agricoltura. Di conseguenza, il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita' dello strumento del decreto legge ai fini di cui sopra, aveva finalmente predisposto un disegno di legge preordinato alla definitiva regolamentazione del settore. Senonche', di fronte all'opposizione della maggioranza dei rappresentanti regionali in sede di Conferenza permanente del 24 febbraio 1999, ed ancora ignorando totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di piu' necessariamente preventiva, tra Stato e regioni, il Governo ha abbandonato l'iniziale intento, ed ha trasfuso parte del testo originario nel d.-l. n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 15 del 99). Quanto ai contenuti, il d.l., cosi' come modificato dalla legge di conversione n. 118 del 1999 (del pari impugnata dalla regione Veneto con ricorso tuttora pendente avanti codesta ecc.ma Corte), in estrema sintesi, prevede: l'obbligo di comunicazione all'AIMA da parte delle regioni e province autonome, entro il brevissimo termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dei "motivati" errori intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.l. n. 411 del 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle risultanze della relazione finale della Commissione di garanzia quote latte, e la "recezione" di tali correzioni da parte dell'AIMA (art. 1, comma 2), nonche' la definizione, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con uno o piu' decreti del Ministro delle politiche agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2 (art. 1, comma 14); l'aggiornamento, ancora ad opera dell'AIMA (entro 30 giorni dal termine fissato al comma 1 ai fini della effettuazione della compensazione per le annate 1995/1996 e 1996/1997 - ovvero entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto impugnato) dei quantitativi individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati ai sensi del d.l. n. 411, sulla base dei mutamenti di titolarita' e delle informazioni relative ai contratti ed alle mobilita' fornite dalle regioni e province autonome (art. 1, comma 3, lett. a), e la comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi individuali sopra citati delle produzioni commercializzate per il periodo 1997/1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'AIMA, e delle anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei ricorsi relativamente al numero di capi accertato (art. 1, comma 3, lett. b), la trasmissione ad iniziativa dei produttori della suddetta comunicazione agli acquirenti ai fini della determinazione da parte di questi ultimi del prelievo supplementare dovuto (art. 1, comma 3-bis), la trasmissione delle comunicazioni stesse, questa volta ad iniziativa dell'AIMA alle regioni che dovranno poi a loro volta trasmetterla agli acquirenti, loro organizzazioni e alle associazioni di produttori (art. 1, comma 3-ter), nonche' l'aggiornamento definitivo dei quantitativi individuali per il periodo 1998/1999, che costituiranno anche attribuzione provvisoria per il periodo 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di cui al predetto comma 3, lett. b) (art. 1, comma 4); l'autorizzazione al1e regioni, in attesa dell'aggiornamento definitivo, a rilasciare certificazioni provvisorie dei trasferimenti di azienda con quota o di sola quota che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, a condizione che tali trasferimenti riguardino aziende con quote ovvero solo quote, i cui dati siano stati regolarmente verificati ed accertati ai sensi della normativa vigente (art. 1, comma 4-bis); la definizione da parte del Ministro per le politiche agricole, con proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla campagna 1998/1999 (art. 1, comma 10, applicabile anche al periodo 1999-2000 in base all'art 1, comma 21-ter); il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui al comma 10, del prelievo dovuto per il periodo 1998/1999 agli acquirenti, entro il termine di venti giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA (art. 1, comma 19); l'attribuzione ancora in capo all'AIMA, delle competenze in ordine all'effettuazione delle operazioni di compensazione - i cui risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita' ai sensi del comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e 1996/1997 (art. 1, comma 1) che con riferimento alle annate 1997/1998 e 1998/1999 (art. 1, commi 7 e 9), e la sostanziale riproduzione degli stessi criteri di compensazione - che, in attesa della riforma del settore, si applicheranno anche per l'effettuazione della compensazione per il periodo 1999-2000 (art. 1, comma 21-ter) - di cui al d.l. n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed all'art. 662 del 1996, mantenendo il medesimo ordine di priorita' - salvo l'incomprensibile riferimento, in sede di conversione in legge, ai "produttori titolari di quota" e a "tutti gli altri produttori" - (art. 1, comma 8), salvo che per le annate 1997/1998 e 1998/1999, per le quali, in deroga ai suaccennati criteri ed al loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta in favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9); la non applicazione da parte dell'AIMA, per il solo periodo 1995-1996, nella esecuzione della rettifica di cui all'art. 3 del d.l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, delle riduzioni della quota B in ottemperanza alle sentenze concernenti le illegittimita' delle stesse riduzioni (art. 1 comma 1) e la fissazione del termine del 15 aprile 1999 (poi prorogato dalla legge di conversione nel 30 gennaio 1999) ai fini dell'effettuazione, sulla base di dati certi e sempre ad opera dell'AIMA, delle operazioni di compensazione per il periodo 1997-1998 (art. 1, comma 7); l'obbligo in capo al produttore, qualora le somme trattenute dall'acquirente a titolo di prelievo per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 non siano sufficienti a coprire il prelievo complessivamente dovuto, di corrispondere all'acquirente la differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine per il versamento degli importi trattenuti dall'acquirente stesso (pari a trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA dei prelievi dovuti) e, in difetto, su comunicazione dell'acquirente e previa intimazione al pagamento, la riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo ad opera dell'AIMA (art. 1, comma 15); la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del termine per la stipula dei contratti di affitto e vendita di quota senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.l. n. 411 del 1997 e la possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 gennaio 1996, su concorde volonta' delle parti comunicata all'AIMA, possano avere effetti in riferimento alla stessa annata 1996/1997 (art. 1, comma 20); la ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale in relazione ai quantitativi individuali di riferimento allocati presso ciascuna regione e provincia autonoma accertati per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da parte delle singole regioni ai produttori secondo criteri di priorita' deliberati dagli stessi enti, ma comunque in primis a favore dei produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995 (art. 1, comma 21) e con espressa esclusione dei produttori che nel corso dei periodi 1997-1998 e 1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto o in parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, comma 21-bis); la possibilita' in capo all'AIMA, ai fini dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate dallo stesso decreto, di prendere in considerazione esclusivamente i provvedimenti giurisdizionali, anche cautelari o non definitivi, contenenti dati quantitativi e notificati entro il trentesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'effettuazione delle compensazioni e, in assenza delle predette indicazioni quantitative, l'obbligo in capo all'AIMA di utilizzazione dei dati accertati dalle regioni e province autonome sulla base del d.l. n. 411 del 1997 ovvero quelli rideterminati dall'AIMA stessa nel caso in cui siano intervenute ordinanze giurisdizionali anche non definitive che hanno fatto obbligo agli acquirenti di restituire ai produttori gli importi trattenuti a titolo di anticipo per gli eventuali prelievi supplementari dovuti (art. 1, comma 11), nonche' l'improduttivita' di effetti delle decisioni amministrative o giurisdizionali notificate oltre il termine di cui al comma 11 in riferimento ai risultati complessivi delle compensazioni, che restano fermi nei confronti dei produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state emesse (art. 1, comma 13); l'effettuazione di un procedimento di verifica (che determina la non applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'art. 11 della legge n. 468 del 1992 e la non punibilita' degli eventuali reati di falso commessi nella dichiarazione di commercializzazione che risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi reati di cui agli artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai fini di cui all'art. 61, n. 2, c.p.) rivolto alla comparazione dei dati dichiarati nei modelli L1 con quelli risultanti dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.l. n. 411 ed alla eventuale rettifica dei primi sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate 1995/1996, 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18). In forza dell'art. 1, comma 5, del sopradescritto d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, il Ministero delle politiche agricole ha adottato, sul presupposto del raggiungimento di una supposta intesa con le regioni, il d.m. 21 maggio 1999, n. 159 (impugnato dalla regione Veneto con ricorso per conflitto di attribuzioni pendente avanti codesta ecc.ma Corte con n.r.g. 29/1999), recante le modalita' procedurali per addivenire, da parte delle regioni e delle province autonome, alle "determinazioni definitive" dei quantitativi individuali determinati dall'AIMA per i periodi 1997-1998 e 1998-1999 e delle produzioni commercializzate comunicate dalla stessa AIMA in riferimento al periodo 1997-1998 e successivamente, ancora in assenza di reale e non meramente formale intesa con le regioni, il decreto n. 309 del 1999 (parimenti impugnato dalla regione Veneto con ricorso per conflitto di attribuzioni in corso di notifica), recante attuazione dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, con riferimento alla pretesa definizione delle operazioni riesame effettuate dalle regioni. E' stato poi adottato il decreto impugnato, che, oltre a contenere disposizioni sostanzialmente riproduttive di quelle contenute nel precedente d.m. n. 309 recante medesimo oggetto, sempre in attuazione dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, con riferimento alla pretesa definizione delle operazioni riesame effettuate dalle regioni, e sempre in lesione del principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni, ha introdotto disposizioni ulteriormente lesive delle prerogative regionali in materia. Preme evidenziare che nel frattempo, con d.lgs. n. 165 del 1999, in attuazione del progetto di decentralizzazione di cui alla legge di delega n. 59 del 1997, l'AIMA e' stata soppressa e posta in liquidazione (con proroga di poteri in ordine alla "... divulgazione, raccolta dati ed elementi di fatto occorrenti anche per le operazioni di controllo previste dalla normativa comunitaria e nazionale" fino al 30 giugno 1999 - cfr. art. 12 del d.lgs. n. 165 del 1999 -, e dunque in data precedente al decreto impugnato, che pur ne riconosce l'esistenza e l'ultrattivita'); contestualmente e' stata pero' istituita l'AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura -, alla quale sono stati attribuiti compiti identici a quelli prima svolti dalla soppressa AIMA, cosi' impedendo il decentramento delle funzioni a favore delle regioni che avrebbe dovuto essere attuato in esecuzione alla prima citata legge n. 59 del 1997. D i r i t t o 1. - Quanto al decreto nella sua interezza, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. Si deve preliminarmente rilevare che il legislatore nazionale ha riconosciuto e garantito il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997, nel conferire alle regioni tutte le funzioni amministrative in materia di agricoltura - in relazione alla quale materia, la competenza delle regioni e' stata nettamente affermata da codesta ecc.ma Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 - prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole (istituito con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni. In materia di produzione normativa, il suddetto principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato poi affermato dal d.lgs. n. 281 del 1997, che disciplina le attribuzioni della Conferenza permanente nelle materie di interesse regionale, prevedendo, accanto a forme di collaborazione meno "intense" quali la mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona con l'assenso del Governo e di tutti i Presidenti delle regioni e province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs. citato). E' indubbio, infatti - come ha statuito ancora di recente codesta ecc.ma Corte -, che il settore lattiero-caseario rientra nelle materie di competenza regionale, e comunque, in quanto la regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi generali ed uniformi - nonche' conformi ai principi comunitari - dettati per tutto il territorio nazionale, il principio di leale collaborazione impone il raccordo tra Stato e regioni nelle forme dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida. Lo stesso art. 1, comma 14, del d.l. n. 43 del 1999, cosi' come convertito in legge n. 118 del 1999, nel prevedere l'adozione del decreto ministeriale qui impugnato, prescrive il raggiungimento dell'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni. In realta', il d.m. n. 310, cosi' come il precedente d.m. n. 309, pur dandola nelle premesse come acquisita, non e' stato preceduto da effettiva e valida intesa. La Conferenza permanente del 5 agosto 1999 era stata convocata per la discussione di diversi argomenti previamente iscritti all'ordine del giorno, tra i quali lo schema del decreto impugnato (cfr. punto 12.3.); con riferimento a tale argomento, il Presidente Ghigo esprimeva assenso de1le regioni e province autonome, contestualmente raccomandando l'eliminazione del comma 4 dell'art. 1, in quanto meramente riproduttivo di disposizione gia' vigente. Successivamente all'impegno assunto dal Sottosegretario Borroni nel senso dell'accoglimento di tale richiesta, l'intesa veniva data come raggiunta. Non si vuole certo negare l'esistenza di separato verbale di intesa relativo allo schema del decreto impugnato, e del richiamo ivi disposto nelle premesse degli incontri tecnici e della seduta del Comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura (nell'ambito dei quali sarebbe stato concordato tra le parti il testo definitivo del decreto di elaborazione ministeriale), ma, come si evince chiaramente dalle note inviate dalla regione ricorrente al Ministero e alla conferenza permanente, risulta evidente che le richieste di modifica del decreto impugnato avanzate dalla stessa regione Veneto non sono state - diversamente da quanto viene dichiarato dai verbali surrichiamati, recepite dal Ministro e non risultano dunque inserite nel testo del decreto impugnato. Inoltre, non e' stata neppure accolta la richiesta avanzata dal Presidente Ghigo di eliminazione dal testo del decreto del comma 4 dell'art. 1. Come e' noto l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 281 del 1997, ai fini del raggiungimento di valida intesa, richiede l'espressione dell'assenso, oltre che del Governo, di tutti i rappresentanti regionali e provinciali; viceversa, nella fattispecie, la regione Veneto non ha affatto espresso assenso, ma ha anzi avanzato specifiche richieste di adeguamento del testo del decreto in riferimento a fattispecie dettagliatamente esposte, rimaste disattese in sede Conferenza permanente in assenza di qualsivoglia motivazione (cosi' come e' stata disattesa, in assenza di motivazione, la piu' sopra citata richiesta avanzata dal Presidente Ghigo nel corso della seduta della Conferenza permanente del 5 agosto 1999). Ancora una volta, dunque, cosi' come accaduto per il d.l. n. 43 del 1999 e per la legge di conversione, sulla cui base e' stato poi adottato il decreto de quo, e per i precedenti dd.mm. nn. 159 e 309 del 1999, la regione ricorrente non e' stata attivamente coinvolta a priori e nelle forme adeguate nel procedimento di elaborazione della nuova disciplina, come richiederebbero i principi costituzionali prima ancora che le disposizioni di legge vigenti, in quanto, non solo il Governo si e' preoccupato di sollecitare l'intervento regionale in un momento successivo e solo a livello di mera consultazione, ma neppure sono state considerate (come si evince dal silenzio sul punto dei verbali) le richieste di modifica espressamente avanzate da1la regione stessa, nonche' quelle avanzate dal Presidente. Non solo, dunque, il decreto impugnato non e' stato preceduto dalla prescritta intesa con le regioni sui contenuti del provvedimento stesso (solo la convergenza sui contenuti puo' infatti essere plausibilmente considerata intesa), ma neppure e' stata data alcuna motivazione in ordine all'implicito rigetto delle richieste espressamente inoltrate dalla regione Veneto e dal Presidente Ghigo in relazione alla necessita' di modificare ed integrare il testo del decreto sottoposto. Risulta pertanto evidente la violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e regioni e delle prerogative costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche per come attuati dal d.lgs. n. 281 del 1997. Tutto cio' e' particolarmente grave in una materia in riferimento alla quale, come gia' piu' sopra rilevato, non solo lo stesso legislatore nazionale ha avvertito in termini Generali la necessita' di instaurare intensi meccanismi collaborativi tra Stato e regioni, ma la stessa legge che si pretende di attuare ha imposto il raggiungimento dell'intesa. 2. - Quanto l'art. 1, commi 1, 2 e 3, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. Le disposizioni citate in epigrafe, in assenza - come gia' rilevato - di adeguata intesa con le regioni in ordine alla individuazione delle fattispecie da sottoporre all'ulteriore vaglio delle stesse regioni in sede di determinazione dei dati quantitativi ex d.l. n. 411 del 1997 convertito in legge n. 5 del 1998, prefigurano, accanto a quelle gia' determinate con d.m. n. 309, ulteriori, e sempre limitate, ipotesi di correzione dei dati gia' accertati dalle regioni stesse in sede di istruttoria dei ricorsi di riesame (quanto al comma 1, discordanza tra dispositivo della decisione e motivazioni della stessa - ad integrazione del comma 2 del precedente decreto n. 309, che preveda la correzione limitatamente all'ipotesi nella corretta immissione dei dati nel sistema informatico - quanto al comma 2, erronea trasposizione dei dati nel sistema informatico) ed attribuiscono alle regioni medesime l'onere di procedere ad immediata "sanatoria" per mezzo del riesame della pratica entro il brevissimo termine di trenta giorni dalla pubblicazione del decreto impugnato. Tali procedure di ulteriore riesame gravano dunque interamente sulle risorse umane e finanziarie regionali (si consideri che si impone la correzione nel brevissimo termine di trenta giorni decorrenti dalla pubblicazione del decreto impugnato), e comunque non assicurano il completo e definitivo accertamento dei dati produttivi, in quanto le verifiche sono limitate a fattispecie tipiche autonomamente determinate dal Ministero, in assenza di adeguato coinvolgimento delle regioni (che sole avrebbero potuto ratio causae, in ragione delle - pur limitate - competenze a suo tempo riconosciute in ordine alla decisione dei ricorsi di riesame, individuare le fattispecie da sottoporre ad ulteriore riesame). Ancora una volta, dunque, cosi' come avvenuto per mezzo del d.l. n. 411 del 1999, convertito in legge n. 5 del 1998, del d.m. 17 febbraio 1998, nonche' del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, ed, infine, del d.m. n. 159 del 1999 e n. 309 del 1999, le regioni vengono private di qualsivoglia autonoma potesta' di intervento, correzione, o sia pure solo effettivo riesame, in violazione, oltre che dell'art. 97 Cost., delle stesse prerogative regionali in termini di programmazione e controllo nel settore de quo. Tali disposizioni, in tutta evidenza, violano pertanto le norme citate in epigrafe perche' negano in radice i poteri programmatori che dovrebbero competere alle regioni nel settore in oggetto e si risolvono essenzialmente in un anomalo, e comunque gratuito e percio' stesso illegittimo, avvalimento degli uffici regionali. Piu' in particolare, l'attribuzione alle regioni di tali compiti meramente esecutivi confligge con la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni di cui agli artt. 117 e 118 Cost., oltre che con i poteri di autoorganizzazione ad esse riconosciuti dall'art. 115 Cost. e con il principio di autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost. Inoltre, le suddette disposizioni producono con tutta evidenza effetti retroattivi in riferimento a campagne lattiere ormai da tempo concluse, con conseguenze evidentemente incontrollabili sulle stesse possibilita' di programmazione e gestione del settore. 3. - Quanto all'art. 1, comma 4 art. 2, commi 2, 3 e 4, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost. Oltre ad essere illegittime - per le ragioni che si esporranno nel proseguo del presente atto -, le prescrizioni contenute, da un lato, nell'art. 4, comma 1 e nell'art. 2, comma 2, e, dall'altro, nei commi 3 e 4 dello stesso art. 2, sono in evidente contraddizione. Infatti, mentre l'art. 1, comma 4, e l'art. 2, comma 2 (peraltro meramente riproduttivo dell'art. 5, comma 2, del precedente d.m. n. 309), stabiliscono che alle determinazioni assunte dalle regioni e province autonome in applicazione del decreto impugnato si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 1, comma 13, del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999, e che dunque le rettifiche conseguenti all'applicazione del decreto impugnato non dovrebbero comportare rideterminazione del prelievo eventualmente ed erroneamente attribuito sulla base dei dati non ancora corretti, i commi 3 e 4 dell'art. 2 attribuiscono ancora all'AIMA le competenze in ordine alla effettuazione delle operazioni di compensazione limitatamente alla posizione dei produttori i cui dati di riferimento siano stati corretti in attuazione dei dd.mm. nn. 309 e 310, con cio' lasciando intendere che il produttore non dovrebbe versare il prelievo, ma attendere la riderminazione dell'eventuale esubero contestato conseguente alla correzione dei dati quantitativi di riferimento in attuazione del d.m. impugnato e di quello precedente. Le disposizioni, oltre che tra loro contraddittorie, sono comunque tutte illegittime. Quanto all'art. 1, comma 4, e all'art. 2, comma 2, e' evidente che le procedure di correzione dei dati quantitativi di riferimento avrebbero dovuto precedere e non seguire le operazioni di compensazione, la cui validita', come noto, essendo ora esse effettuate a livello nazionale, e' condizionata dalla correttezza dei parametri quantitativi sulla base dei quali le stesse operazioni debbono essere effettuate. In altri termini, un solo dato di riferimento errato, e dunque non corrispondente alla reale produzione di dato operatore, falsa i calcoli dell'esubero, e dunque le percentuali di compensazione in riferimento a tutti i produttori. Tutto cio' si traduce in tutta evidenza nel totale stravolgimento del sistema, che impedisce qualsivoglia forma di controllo a livello regionale, in violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Senza poi contare che tali erronee determinazioni espongono le regioni alla possibilita' di avvio di un vastissimo contenzioso (in realta' gia' avviato da numerosi operatori) in ordine alla corretta individuazione appunto dei dati quantitativi di riferimento utilizzati dall'AIMA ai fini della effettuazione delle operazioni di compensazione. Quanto ai commi 3 e 4 dell'art. 2, va in primo luogo rilevato che, per le ragioni gia' esposte, e' assolutamente illogica e fuorviante (ad ulteriore aggravamento della gia' rilevata impossibilita' di gestione e controllo del settore da parte delle Regioni, alle quali le competenze de quibus dovrebbero essere riconosciute) limitare l'effettuazione delle operazioni di compensazione con riferimento alla posizione di alcuni produttori. Inoltre, le competenze in ordine alle operazioni de quibus vengono ancora una volta riconosciute in capo all'AIMA, in evidente violazione dei parametri costituzionali citati in epigrafe e delle decisioni gia' adottate da codesta ecc.ma Corte sul punto (cfr. sent. n. 520 del 1995 e n. 398 del 1998). 4. - Quanto all'art. 2, comma 1, art. 3, comma 1, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost. L'art. 2, comma 1, con disposizione meramente riproduttiva di quella contenuta nell'art. 5, comma 1, del precedente d.m. n. 309, impone la concertazione delle regioni con il Ministero e l'AIMA ai fini della determinazione delle modalita' e dei termini dell'inserimento nel sistema informatico delle modificazioni conseguenti alle decisioni assunte dalle regioni stesse in attuazione del decreto impugnato. Al di la' della assurdita' di tale disposizione, che addirittura priva le regioni della possibilita' di procedere autonomamente all'inserimento di dati nel sistema informatico, va dunque nuovamente rilevato che l'articolo in questione attribuisce cosi', seppure in via mediata, al Ministero e all'AIMA, in esito a mera concertazione con le regioni, un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle regole stabilite dalla Costituzione e recepite dalla costante giurisprudenza costituzionale, dalla legge n. 400 del 1988 ed ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997. Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce che gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, anche solo gli atti di coordinamento tecnico (quale e' quello di specie), nonche' le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, debbono essere adottate dal Consiglio dei Ministri e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, o con la singola regione interessata. Quanto, da ultimo, all'art. 3, comma 1, ancora una volta le regioni, in aperta violazione degli artt. 117, 118 e 119, nonche' del principio costituzionale di leale cooperazione, vengono dichiaratamente spossessate di qualsivoglia potere di intervento e relegate, in assenza di trasferimento di risorse, ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale che, per quanto confuso, e' pur sempre accentrato a livello nazionale, e dunque insuscettibile di adeguamento alcuno alle particolari situazioni locali.
P. Q. M. Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle politiche agricole, dare attuazione all'art. 1, comma 14, del d.l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito in legge 27 aprile 1999, n. 118, con d.m. 10 agosto 1999, n. 310, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 210 del settembre 1999 (in violazione degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost.), e per conseguenza annullare il d.m. impugnato nella totalita' ed in particolare quanto agli art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, art. 2, commi 1, 2, 3 e 4, art. 3, comma 1. Milano-Roma, addi' 4 novembre 1999. Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani 99C1175