N. 674 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 1999

                                N. 674
  Ordinanza emessa il 24 settembre 1999  dal  tribunale  di  Asti  nel
 procedimento penale a carico di Sacco Aldo
 Processo  penale  -  Dibattimento  -  Rinnovazione  per mutamento del
    giudice persona fisica - Verbali delle dichiarazioni gia'  assunte
    -   Utilizzabilita',  secondo  l'interpretazione  della  Corte  di
    cassazione,  subordinata  alla      ripetizione   dell'esame   del
    dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto
    da  una  delle  parti  - Preclusione per il giudice di ritenere la
    ripetizione   manifestamente    superflua    o    irrilevante    -
    Irragionevolezza - Contrasto con i principi relativi all'esercizio
    della funzione giurisdizionale.
     Cod. proc. pen. 1988, art. 511, comma 2.
  Costituzione, artt. 3, 25 e 101.
(GU n.50 del 15-12-1999 )
                               IL TRIBUNALE
   Vista  l'istanza  con  cui il p.m. all'odierna udienza ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 511, comma  2  del
 c.p.p.,  cosi'  come  interpretato dalle sezioni unite della Corte di
 cassazione (sent. 15 gennaio 1999, n. 1, ric. Iannasso), in relazione
 agli artt. 3, 25 e 101 della Costituzione).
   Ritenuta la rilevanza della questione sollevata dal p.m. atteso che
 nell'ambito  del  presente  dibattimento,  come   consta   dal   p.v.
 dell'odierna udienza:
     e'  stata  disposta, ex art. 525, comma 2 c.p.p., la rinnovazione
 del dibattimento a seguito del mutamento della  persona  del  giudice
 monocratico  in  quanto innanzi al primo giudice (rectius pretore) si
 era svolta attivita' istruttoria (esame testi);
     la difesa ha chiesto un nuovo esame dei dichiaranti gia'  sentiti
 non  prestando  in  ogni  caso  il  consenso alla lettura dei verbali
 contenenti le menzionate testimonianze.
   Secondo il "diritto vivente", cristallizzato nella citata pronuncia
 della Suprema Corte, alla luce  della  richiesta  della  difesa,  non
 potrebbero  essere  utilizzate,  mediante  "la  semplice" lettura, le
 testimonianze raccolte dal precedente  giudice  (rectius  pretore)  e
 contenute  nei  relativi  verbali  gia'  inseriti  nel  fascicolo del
 dibattimento.
   La questione sollevata dal p.m. non e' manifestamente  infondata  e
 deve anzi essere condivisa per i motivi che seguono.
   In  primo  luogo e' opportuno ricordare che l'art. 511 c.p.p., dopo
 aver stabilito nel comma 1 che "il giudice, anche di ufficio, dispone
 che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti  nel
 fascicolo  per  il  dibattimento"  recita  al comma 2: "la lettura di
 verbali di dichiarazioni e' disposta solo dopo l'esame della  persona
 che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo".
   Le sezioni unite della Corte di cassazione, nella sentenza n. 1 del
 15  gennaio  1999,  hanno  sancito  il seguente principio di diritto:
 "nel caso di rinnovazione del  dibattimento  a  causa  del  mutamento
 della  persona  del  giudice  monocratico  o  della  composizione del
 giudice  collegiale,  la testimonianza raccolta dal primo giudice non
 e' utilizzabile per la decisione  mediante  semplice  lettura,  senza
 ripetere  l'esame  del dichiarante, quando questo possa avere luogo e
 sia richiesto da una delle parti".
   Dalla lettura della norma non  pare,  contrariamente  al  principio
 enucleato  dalla Cassazione, che il legislatore abbia voluto limitare
 la  lettura  dei  verbali  di   dichiarazioni   ai   soli   casi   di
 irripetibilita'  della  prova  e  quindi   di impossibilita' di nuovo
 esame (nel qual caso avrebbe detto "a  meno  che  l'esame  non  possa
 avere luogo"), ne' tantomeno ancorare tale utilizzabilita' "de plano"
 ad  un  consenso  -  di  cui non si trova traccia nella norma - delle
 parti.
   Ritiene questo giudice, conformemente al p.m. istante,  che  se  e'
 vero  che  i  principi  di  oralita'  e  di formazione della prova in
 dibattimento costituiscono istanze fondanti dell'impianto  del  nuovo
 codice,  e'  parimenti  vero  che  tali  principi  non possono essere
 considerati isolatamente, ne' assolutilizzati.
   Infatti,  come  ha   avuto   modo   di   puntualizzare   la   Corte
 costituzionale,  l'oralita'  non  rappresenta il veicolo esclusivo di
 formazione della prova nel  dibattimento,  non  e'  regola  assoluta,
 bensi'  criterio  - guida del nuovo processo (cfr. sent. n. 255 del 3
 giugno 1992), dovendo tali principi essere  sviluppati  e  coordinati
 con  quelli pariordinati di non dispersione dei mezzi di prova, ossia
 non sara' lecito non utilizzare materiale probatorio legittimamente e
 correttamente acquisito, in quanto cio' sarebbe in contrasto  con  il
 principio di ragionevolezza.
   Per  la  consulta il bene dell'efficienza del processo, enucleabile
 dai principi costituzionali che regolano l'esercizio  della  funzione
 giurisdizionale   (artt.   25,   comma   1   e  101,  comma  2  della
 Costituzione), coincide con  la  necessaria  attitudine  del  sistema
 processuale  a  conseguire  attraverso opportuni meccanismi normativi
 idonei allo scopo, l'accertamento dei fatti e delle  responsabilita';
 se  tali  meccanismi  espongono  a  rischio la stessa possibilita' di
 svolgimento e di conclusione del processo non possono  non  ritenersi
 in  contrasto  con  i  principi costituzionali che presiedono al buon
 funzionamento della giurisdizione.
   La circostanza poi che l'oralita' non sia il veicolo  esclusivo  di
 formazione  della  prova  ma criterio - guida del nuovo processo, non
 confligge affatto  con  il  principio  del  contraddittorio,  la  cui
 essenza sta nella conoscibilita' delle parti degli elementi probatori
 e nella corretta acquisizione degli stessi.
   La stessa Corte costituzionale del resto ha avuto modo di occuparsi
 della   disciplina   relativa  alla  valenza  probatoria  degli  atti
 istruttori assunti  in  dibattimento  nel  caso  di  mutamento  della
 persona  fisica  del  giudicante. Anzitutto il giudice delle leggi ha
 rilevato  che  nei  casi  in  cui  e'   necessario   procedere   alla
 rinnovazione  del  dibattimento  non  si  produce  alcun annullamento
 dell'attivita' istruttoria compiuta, dovendosi quindi ritenere che le
 dichiarazioni rese dai testi gia'  esaminati  dinanzi  al  precedente
 organo giudicante, contenute nei verbali dibattimentali relativi alle
 udienze  precedenti  fanno  legittimamente  parte  del  fascicolo del
 dibattimento (cfr. sent. n. 101  del 19 marzo 1993).
   Ed ancora, piu' in particolare, nel dichiarare l'infondatezza della
 eccepita  incostituzionalita' degli artt. 238 e 512, c.p.p., la Corte
 ha statuito che  gli  atti  contenenti  dette  dichiarazioni  possono
 essere acquisiti mediante lettura od indicazione sostitutiva ai sensi
 dell'art.    511  c.p.p.,  potendosi prescindere dal previo esame del
 dichiarante, quale presupposto per  l'acquisizione  mediante  lettura
 delle  relative  dichiarazioni, in tutti i casi in cui l'esame stesso
 non abbia luogo (cfr. sent. n. 17 del 3 febbraio 1994).
   Quest'ultima pronuncia e' stata confermata, con riguardo al caso di
 attivita' istruttoria compiuta da giudice successivamente  dichiarato
 incompatibile,   avendo  la  Corte  nell'occasione  ribadito  che  la
 disciplina relativa alla utilizzabilita'  dei  verbali  di  mezzi  di
 prova  assunti  in  una  precedente fase dibattimentale da un diverso
 giudice va rinvenuta proprio nell'art. 511 c.p.p., dato che i verbali
 fanno parte del fascicolo del dibattimento a disposizione  del  nuovo
 giudice,   e   che   la   pregressa   fase   dibattimentale  conserva
 indubbiamente il  carattere  di  attivita'  legittimamente  compiuta,
 restando  salva nel caso di specie la distinta regola di cui all'art.
 42 c.p.p.,  secondo  la  quale  con  il  provvedimento  che  accoglie
 l'istanza  di astensione o ricusazione viene dichiarato se e in quale
 parte mantengono validita' gli atti compiuti (cfr. ord. n. 99  del  3
 aprile 1996).
   Per quanto concerne poi il riferimento della sentenza delle sezioni
 unite al "consenso delle parti" deve rilevarsi che, se la mancanza di
 ripetizione  degli atti di istruzione dibattimentale dinanzi al nuovo
 giudicante integra  violazione  del  principio  di  cui  al  comma  2
 dell'art.  525  del  c.p.p.,  la  correlativa  nullita' - assoluta ed
 insanabile a norma del comma 2 dell'art. 179 c.p.p.  -  non  potrebbe
 certamente essere superata dal consenso delle parti.
   Se invece e' consentito prescindere dal previo esame dei testi gia'
 escussi,  per  la utilizzabilita' ai fini del decidere delle relative
 dichiarazioni, l'eventuale dissenso delle  parti  non  puo'  comunque
 costituire  impedimento  alla  legittima  acquisizione  del materiale
 probatorio precedentemente  formatosi,  utilizzabile  quindi  per  la
 formazione  del  libero convincimento del giudice a norma degli artt.
 192, comma 1 e 526 del c.p.p.
   In particolare le dichiarazioni di cui si discute presentano alcune
 peculiarita': infatti non sono state rese nelle indagini preliminari,
 e neppure in sede di incidente probatorio o in altro procedimento,  e
 quindi  poi  acquisite  nel  dibattimento, ma direttamente assunte in
 questo  pubblico  dibattimento,  nel  contraddittorio  delle  diverse
 parti,  nell'ambito  dello  stesso  processo  penale, e pertanto esse
 risultano, gia'  dall'inizio,  legittimamente  formate  nel  medesimo
 dibattimento.
   Ne'  dall'avvenuto  mutamento  del  giudicante  puo'  dedursi una -
 sopravvenuta  -  inutilizzabilita',  piena  o   parziale,   di   tali
 dichiarazioni. Contro tale soluzione militano diversi argomenti.
   Anche  in  tema  di  prove assunte dinanzi al giudice incompetente,
 l'art.  26  c.p.p.  -   espressione   del   generale   principio   di
 conservazione  degli  atti  processuali  -  precisa  che  dette prove
 mantengono la  propria  efficacia,  limitando  poi  l'utilizzabilita'
 delle  dichiarazioni,  qualora  rese  al  giudice  incompetente,  per
 materia, soltanto nell'udienza preliminare e, nel  dibattimento,  per
 le   sole   contestazioni   ai   sensi   degli   artt.   500  e  503.
 Conseguentemente se si tratta di prove acquisite  davanti  a  giudice
 incompetente  per  profili diversi dalla materia tale utilizzabilita'
 dibattimentale sara' piena.
   In termini ancora piu' chiari, il d.lgs. 19 febbraio 1998,  n.  51,
 all'art.  170  ha introdotto una norma -  art. 53-nonies - secondo la
 quale   "l'inosservanza   delle   disposizioni   sulla   composizione
 collegiale   o   monocratica   del   tribunale   non   determina  ...
 l'inutilizzabilita' delle prove gia' acquisite" (ovviamente dinanzi a
 giudice diverso, in tal caso anche nella sua composizione).
   Da cio' consegue  che,  se  in  tali  condizioni  le  prove,  anche
 dichiarative,  acquisite dinanzi a precedente organo giudicante - non
 competente ovvero cui comunque non era attribuita la  cognizione  del
 reato  - sono pienamente utilizzabili nella prosecuzione del processo
 (innanzi al differente giudice territorialmente competente ovvero  al
 medesimo  giudice  nella  sua  corretta  composizione,  collegiale  o
 monocratica,  e  quindi  diverso  nei  suoi  componenti),  a  maggior
 ragione,  le  prove assunte dinanzi al precedente giudice, ovviamente
 competente, ed in relazione allo stesso processo, non possono  essere
 sottoposte ad un regime che ne comporti una minore utilizzabilita'.
   Inoltre il codice contempla espressamente ipotesi di atti probatori
 assunti  nell'ambito  del  medesimo  processo  con  le formalita' del
 dibattimento dinanzi a giudice diverso e pienamente  utilizzabili  in
 sede dibattimentale.
   Ci  si  riferisce  alla  disciplina dell'incidente probatorio, fase
 anticipata del dibattimento, deputata all'assunzione  di  prove  che,
 nei  confronti  degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla
 relativa assunzione,  sono  pienamente  utilizzabili  nel  successivo
 dibattimento.
   Se  cosi' e' non sembra davvero ragionevole e conforme al principio
 di eguaglianza (oltreche' a quello dell'efficienza del  processo)  la
 conclusione  a  cui  giunge  "il  diritto  vivente"  della  Corte  di
 cassazione allorche' ritiene che le prove assunte, non gia'  in  fase
 anticipate  del  dibattimento  ovvero  in differente procedimento, ma
 proprio   in   dibattimento,   divengano   inutilizzabili   -   salvo
 impossibilita'  di ripetizione o consenso delle parti - se non previo
 nuovo esame del dichiarante.
   Al  contrario,  a  parere  dello  scrivente,  una   interpretazione
 conforme  ai  menzionati  principi  porta  a  ritenere  che  non  sia
 necessario, in linea assoluta, disporre  la  ripetizione  degli  atti
 istruttori  gia'  compiuti  ne'  che cio' sia comunque subordinato al
 consenso delle parti.
   Da tale conclusione non deriva certo che sia in ogni  caso  vietato
 procedere a nuova assunzione dei mezzi di prova. Tuttavia, esclusa la
 rilevanza  dell'eventuale  dissenso delle parti sulla utilizzabilita'
 degli atti,  il  presupposto  per  valutare  la  necessita'  di  tale
 ripetizione  dovrebbe  essere rinvenuto nei principi generali in tema
 di prova.
   A norma dell'art. 190 c.p.p., le prove sono ammesse a richiesta  di
 parte,  potendo  il  giudice  escludere  -  oltre ovviamente a quelle
 vietate dalla legge -  soltanto  quelle  manifestamente  superflue  o
 irrilevanti  e  sussistendo  un  potere  di ammissione delle prove ex
 officio quando cio' sia assolutamente  necessario  per  la  decisione
 (art. 507 c.p.p.).
   Pertanto,  di  fronte  al  materiale probatorio gia' legittimamente
 formatosi,  resta  fermo  il  diritto  delle  parti  -  disposta   la
 rinnovazione  del  dibattimento  con  dichiarazione di apertura dello
 stesso e nuova richiesta di mezzi di prova -  di  chiedere  un  nuovo
 esame dei testi gia' sentiti.
   Tale richiesta dovra' essere valutata dal giudice, sotto il profilo
 della  rilevanza  e della non manifesta superfluita', ferma restando,
 qualora le parti non formulino richieste in tal senso,  la  possibile
 attivazione dei poteri  ex officio ai sensi dell'art. 507 c.p.p.
   Del   resto   tale   opzione  interpretativa  e'  confortata  dalla
 disciplina codicistica in tema di acquisizione di verbali di prove di
 altro   procedimento.   In   merito   infatti   e'   sempre   ammessa
 l'acquisizione  di  verbali di prove di altro procedimento penale, se
 si tratta di  prove  assunte  nell'incidente  probatorio  ovvero  del
 dibattimento  (art.  238, comma 1, c.p.p.), fermo restando il diritto
 delle parti di ottenere, a norma dell'art. 190 c.p.p., l'esame  delle
 persone  le  cui  dichiarazioni  sono state gia' acquisite (art. 238,
 comma 4, c.p.p.).
   Quindi anche in tema di prove assunte in altro processo,  e  quindi
 in  una situazione per le parti di minore garanzia rispetto a quella,
 massima, relativa a prove assunte, in contraddittorio tra le  stesse,
 nel  medesimo processo dinanzi a diverso giudice del dibattimento, la
 richiesta di nuovo esame del dichiarante deve passare  attraverso  il
 filtro della rilevanza e della non manifesta superfluita'.
   Ecco  quindi  che l'art. 511, comma 2 c.p.p., viene ad assumere una
 funzione  che,  ben  lungi  dall'imporre  la  nuova   audizione   del
 dichiarante,  e' finalizzata a disciplinare nel concreto le modalita'
 della eventuale escussione, evitando  che  la  previa  lettura  possa
 pregiudicare la genuinita' delle nuove dichiarazioni.
   Per  questo  si e' stabilito l'ordine temporale esame - lettura che
 ovviamente non impedisce  affatto,  alla  luce  delle  argomentazioni
 svolte,  che  la  lettura  sostituisca una (pur possibile) escussione
 ritenuta dal giudice irrilevante o manifestamente superflua.
   L'interpretazione ora suggerita, oltre che ragionevole  o  coerente
 con il dettato normativo, consentirebbe, da un lato, di coordinare il
 principio  di  oralita'  con quelli, pariordinati, di non dispersione
 del materiale probatorio legittimamente acquisito, di semplificazione
 del processo e di piena cognizione del  fatto  reato,  dall'altro  di
 porre  il  processo  penale  al riparo da quelle condotte processuali
 meramente dilatorie il  cui  unico  scopo  e'  quello  di  conseguire
 ingiuste  impunita'  attraverso  l'istituto  della  prescrizione  del
 reato.
   In   conclusione   quindi   devono   condividersi   i   dubbi    di
 costituzionalita'  sollevati dal p.m. in ordine all'art. 511, comma 2
 del c.p.p., laddove, secondo l'interpretazione  delle  sezioni  unite
 della Corte di cassazione, dispone, in linea assoluta, la ripetizione
 degli atti istruttori gia' compiuti.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
   Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  sollevata   dal   p.m.,
 dell'art.  511,  comma  2  del  c.p.p., cosi' come interpretato dalle
 sezioni unite della Corte di cassazione  (sent. 15 gennaio  1999,  n.
 1,  ric.  Iannasso),  in  relazione  agli  artt.  3,  25  e 101 della
 Costituzione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla  Corte
 costituzionale e sospende il presente giudizio;
   Ordina  che,  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Asti, addi' 24 settembre 1999
                          Il giudice: Manotti
 99C1197