N. 698 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 1999

                                N. 698
  Ordinanza  emessa  il  15  marzo  1999 dal tribunale, sezione per il
 riesame di Napoli sull'appello proposto da Statuto Rodolfo
 Processo penale - Misure cautelari personali - Custodia cautelare  in
    carcere  -  Durata massima - Limite complessivo e limite di fase -
    Ipotesi di decorrenza ex novo dei termini in seguito a regressione
    del procedimento o rinvio ad altro giudice - Perdita di  efficacia
    della  misura  solo  nel caso di superamento del termine di durata
    complessivo e non anche nel caso di  superamento  del  doppio  del
    termine   di  fase  -  Disparita'  di  trattamento  rispetto  alla
    disciplina dei casi di sospensione dei termini di custodia di  cui
    all'art.  304,  comma  6,  cod proc. pen.   C.P.P. 1988, art. 303,
    comma 4.
 Costituzione, artt. 13 e 24.
(GU n.52 del 29-12-1999 )
                               IL TRIBUNALE
   Ha   emesso   la   seguente   ordinanza    sull'appello    proposto
 nell'interesse  di Statuto Rodolfo avverso l'ordinanza emessa in data
 14 agosto 1998 dalla Corte di assise  di  S.  Maria  C.  V.,  sezione
 feriale,  con  la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione per
 scadenza, nella fase delle indagini preliminari, del termine  massimo
 della custodia cautelare;
                             O s s e r v a
   1. - Come risulta dagli atti trasmessi dall'a.g. procedente e dalla
 "posizione  giuridica"  successivamente  acquisita,  Statuto  Rodolfo
 Paolo veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere per il  reato
 di  associazione  mafiosa in forza di ordinanza coercitiva emessa dal
 g.i.p. del tribunale di  Napoli  nell'ambito  del  procedimento  c.d.
 Spartacus,   notificata   all'indagato   in   data  5  dicembre  1995
 (successivamente la misura  della  detenzione  in  carcere  e'  stata
 sostituita   con   quella   degli  arresti  domiciliari,  tuttora  in
 esecuzione.
   L'appellante venne rinviato a giudizio con decreto  del  g.i.p.  di
 Napoli dell'8 novembre 1996 avanti alla Corte di assise di Napoli, la
 quale,  pero',  con  sentenza  22  ottobre 1997, dichiaro' la propria
 incompetenza per territorio e rimise gli atti al  p.m.  della  D.D.A.
 di  Napoli  perche'  promuovesse l'azione penale avanti alla Corte di
 assise di S. Maria C. V. - A tanto il p.m. ha  poi  provveduto  e  in
 data 4 aprile 1998 e' stato emesso dal g.i.p. nuovo decreto di rinvio
 a giudizio.
   La   difesa   ha   formulato  istanza  di  scarcerazione  invocando
 l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con
 sentenza n.  292/1998 e, con l'appello proposto  ai  sensi  dell'art.
 310 c.p.p.  avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise
 di  S.  Maria C. V., deduce: "La motivazione dell'ordinanza impugnata
 costituisce una palese violazione dell'art.  303,  commi  2  e  4  in
 riferimento alla disciplina dell'art. 304, comma 6 c.p.p.
   L'istanza  difensiva  sottoponeva all'esame del collegio giudicante
 una delicata questione interpretativa delle  sopra  richiamate  norme
 procedurali, proponendone una soluzione coerente con il dettato della
 sentenza della Corte costituzionale n. 292/1998 ...
   Infatti,   nel   caso  di  specie,  in  seguito  alla  sentenza  di
 incompetenza resa in data 22 ottobre 1997 dalla Corte  di  assise  di
 Napoli,  V  sez.    pen.,  si  e'  verificata  un'ipotesi classica di
 regressione ad una antecedente fase di giudizio con conseguente nuovo
 decorso dei termini di fase previsti dall'art. 303, comma 1 c.p.p.
   Tale  evento  processuale,  del  tutto  indipendente dalla volonta'
 dell'imputato, ha determinato  il  superamento  del  termine  massimo
 sancito  dall'art.  304  comma  6  c.p.p.,  in  quanto  il  giorno di
 esecuzione della misura cautelare e' risalente al 5 dicembre 1995  ed
 il  rinvio a giudizio dinanzi al giudice competente venne disposto in
 data 4 aprile 1998.
   Le predette deduzioni difensive venivano respinte dall'ecc.ma Corte
 di assise di  S.  Maria  C.V.,  sostanzialmente  sulla  base  di  due
 osservazioni:
     la  non  applicabilita'  dell'art.  304,  comma  6 c.p.p. ai casi
 previsti dal 303, comma 1, in quanto relativo alle  sole  ipotesi  di
 sospensione dei termini di custodia cautelare;
     la  non  cumulabilita'  di  periodi  di  detenzione  carceraria e
 domiciliare riferibili a fasi processuali diverse.
   Il primo argomento ... isola sul piano  interpretativo  l'art.  304
 c.p.p.,  limitandone  l'applicazione  ai soli casi di sospensione dei
 termini della custodia cautelare: la conseguenza  giuridica  di  tale
 ragionamento, nel caso di regressione del procedimento o di rinvio ad
 altro  giudice, sarebbe rappresentata dalla possibilita' di protrarre
 la custodia cautelare con l'unico limite temporale previsto dal comma
 4 dell'art. 303 c.p.p.
   E' facile dedurre l'illogicita' di una simile conclusione  che,  in
 caso   di   condotte   ostruzionistiche  o  dilatorie  dell'imputato,
 comportanti la sospensione ex art.  304  c.p.p.,  consentirebbe  allo
 stesso  di  avvalersi  del  limite stabilito dal comma 6 del medesimo
 articolo, la cui operativita' sarebbe, al contrario, esclusa nel caso
 di regressione processuale per fatti  del  tutto  estranei  alla  sua
 volonta'.
   Inoltre,   non  si  comprenderebbe  la  scelta,  non  casuale,  del
 legislatore di richiamare espressamente,  nel  testo  dell'art.  304,
 comma  6  c.p.p., anche i commi 2 e 3 dell'art. 303, prevedendo anche
 per tali ipotesi un limite di durata della custodia cautelare...
   Per cio' che concerne la non cumulabilita' di periodi di detenzione
 carceraria e domiciliare,  riferibili  a  fasi  processuali  diverse,
 risulta  chiaro  che  tale  riferimento non puo' consentire deduzioni
 contrastanti con il principio  della  proporzionalita'  adottato  dal
 legislatore  come criterio regolatore della disciplina della custodia
 cautelare.
   Proprio il principio della proporzionalita'  ...  ispira  la  ratio
 dell'art. 304, comma 6 e l'avverbio "comunque" ... assegna alla norma
 la  funzione  di  "sbarramento"  della  disciplina  dei  termini, che
 impedisce qualsiasi soluzione  interpretativa  in  senso  sfavorevole
 all'imputato".
   Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente uguale a
 quello  dell'ordinanza  pubblicata  in  precedenza  (Reg.   ord.   n.
 697/1999).
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