N. 38 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 dicembre 1999

                                 N. 38
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 9 dicembre 1999 (del commissario dello  Stato  per  la
 regione siciliana)
 Industria  e  commercio  -  Riforma  della disciplina del commercio -
    Norme  della  regione  siciliana  -  Requisiti  per    l'esercizio
    dell'attivita'  commerciale  -  Transitoria  estensione al settore
    merceologico non alimentare dei requisiti  professionali  previsti
    per il settore alimentare - Denunciato contrasto con il divieto di
    limitazioni  regionali  al  diritto dei cittadini di esercitare la
    loro professione, impiego o lavoro in ogni  parte  del  territorio
    nazionale  -  Violazione  della liberta' di iniziativa economica -
    Incongruenza rispetto alla  dichiarata  finalita'  di  tutela  dei
    consumatori   -  Irragionevolezza  intrinseca.    Legge  regionale
    siciliana approvata il 23 novembre 1999, art. 3, comma 5.
     Costituzione, artt. 3, 41 e 120; d.lgs. 31 marzo  1998,  n.  114,
    art.    5,  comma  5,  in  relazione  all'art. 14, Statuto regione
    siciliana.
 Industria e commercio - Riforma  della  disciplina  del  commercio  -
    Norme  della  regione  siciliana  -  Lotti  nelle aree di sviluppo
    industriale -  Regolarizzazione  di  assegnazioni  precedentemente
    revocate   -  Prevista  possibilita',  "anche  a  prescindere  dai
    requisiti di cui al comma 1"  dell'art.  30,  legge  regionale  n.
    29/1995  -  Denunciata estensione indiscriminata della sanatoria a
    situazioni di fatto costituitesi illegalmente.    Legge  regionale
    siciliana approvata il 23 novembre 1999, art. 28.
     Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.5 del 2-2-2000 )
   L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 23 novembre 1999,
 ha approvato il disegno di legge nn. 909-920-830-706 dal titolo:
  "Riforma   della  disciplina  del  commercio",  pervenuto  a  questo
 Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli  effetti  dell'art.  28
 dello Statuto speciale, il successivo 26 novembre 1999.
   Il legislatore regionale, nell'esercizio della competenza esclusiva
 attribuitagli  nella  materia  de  qua  dall'art.  14, lett. d) dello
 Statuto speciale, con il provvedimento legislativo  teste'  approvato
 introduce   nell'ordinamento      siciliano   i  principi  fortemente
 innovatori contenuti nel d.lgs. n. 114/1998 in materia di commercio.
   In virtu' di detta competenza,  peraltro  espressamente  richiamata
 dal  legislatore  nazionale  all'art.  1,  comma  2,  del  d.lgs.  n.
 114/1998, l'Assemblea regionale, nell'emanare la nuova disciplina del
 commercio sostanzialmente ed in gran parte analoga a  quella  vigente
 nel  rimanente  territorio  nazionale,  se  ne  discosta  all'art. 3,
 seppure in via transitoria, in due punti, di  cui  uno  da'  adito  a
 censure di costituzionalita'.
   Quanto  al  primo  punto  l'art. 3 prevede, infatti, al comma 1 che
 l'attivita' commerciale puo' essere  esercitata  con  riferimento  al
 settore  merceologico  alimentare  e  a  quello  non  alimentare "con
 relativo raggruppamento di  prodotti  di  cui  all'allegato  A  della
 legge".
   Orbene,   dal  citato  allegato  risulta  l'individuazione  di  tre
 raggruppamenti merceologici relativi  al  settore  alimentare  e  non
 alimentare.
   I.  -  Tutti  i prodotti alimentari nonche' articoli per la pulizia
 della persona e della casa ed articoli in carta per la casa.
   II.  -   Prodotti   dell'abbigliamento   (articoli   di   vestiario
 confezionati   di  qualsiasi  tipo  e  pregio  con  esclusione  degli
 accessori e della biancheria intima), calzature.
   III.  -  Prodotti  vari  (trattasi  di   una   o   piu'   categorie
 merceologiche non comprese nel raggruppamento II).
   Il  medesimo  comma, tuttavia, precisa che l'articolazione suddetta
 ha carattere sperimentale per la durata di  trenta  mesi,  a  partire
 dall'entrata  in  vigore della legge e che, "sulla base dei risultati
 della  sperimentazione  il  Presidente  della  regione,  su  proposta
 dell'assessore   regionale   per   la   cooperazione,  il  commercio,
 l'artigianato e la pesca, presentera' all'Assemblea apposito  disegno
 di  legge  per  la definitiva disciplina dei settori merceologici. In
 caso di mancata approvazione di tale disegno di legge nei 180  giorni
 successivi  alla  scadenza  dei  trenta mesi di cui sopra, troveranno
 applicazione le disposizioni di cui all'art. 5, d.lgs. 31 marzo 1998,
 n. 114".
   Detta disposizione, sebbene  difforme  dalla  corrispondente  norma
 statale (id est art. 5, comma 1, d.lgs. n. 114/1998), e' da ritenersi
 in  linea  con  le  prescrizioni dell'art. 4, comma 4, lett. c) della
 legge n. 59/1997, con cui il Governo nazionale e' stato  delegato  ad
 emanare  nuove  norme  in  materia  di  commercio,  che  prevedono la
 riduzione e la razionalizzazione delle tabelle merceologiche.
   La creazione temporanea di un terzo raggruppamento merceologico per
 i prodotti dell'abbigliamento non appare, neppure lesiva dei principi
 di riforma posti dal  cennato  d.lgs.  n.  114/1998,  atteso  che  la
 previsione  in  questione e' dettata dalla necessita', valutata dalla
 regione nell'esercizio della sua potesta' legislativa esclusiva nella
 materia, di adeguare l'impianto fortemente riformatore  e  innovativo
 della  normativa nazionale di riferimento alla particolare situazione
 geografica, territoriale e socio-economica siciliana e,  soprattutto,
 alla  esistente  rete  commerciale  che,  nel  settore  alimentare  e
 dell'abbigliamento, ha subi'to in questi anni una pesante crisi.
   Non ininfluente in tale giudizio di congruita'  della  disposizione
 regionale rispetto ai principi contenuti nel piu' volte citato d.lgs.
 n. 114/1998 e' l'esistenza di leggi emanate da altre regioni, anche a
 statuto  ordinario, come ad esempio la legge n. 19 del 20 luglio 1999
 della  regione  Basilicata,  con  cui  vengono   previsti   ulteriori
 raggruppamenti   merceologici   nel   settore   alimentare,   la  cui
 identificazione, peraltro, viene  demandata  ad  un  successivo  atto
 regolamentare di competenza della Giunta regionale.
   Lo stesso legislatore nazionale, d'altronde, ha tenuto ben presente
 l'esigenza di eliminare il rischio di impatti negativi sull'esistente
 rete commerciale e consentire una graduale applicazione della riforma
 non  pregiudizievole  per  gli  operatori  economici,  ed a tal fine,
 all'art.  10, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 114/1998, ha  previsto  per
 regioni  la  possibilita' di sospendere o inibire temporaneamente gli
 effetti della comunicazione dell'apertura degli esercizi di vicinato,
 nei fatti concedendo la facolta', di cui  numerose  regioni  si  sono
 avvalse, di  contingentare l'avvio di nuove attivita' commerciali.
   Analogo   giudizio   di   conformita'   ai   principi   di  riforma
 economico-sociale posti dall'art. 4  comma  4,  lett.  c),  legge  n.
 59/1997  e  dal  d.lgs.    n. 114 del 1998 non puo' invece esprimersi
 sull'altro  punto  di  novita'  rispetto  alla  normativa  nazionale,
 introdotto  dal  comma 5 del medesimo art. 3 della legge regionale in
 esame.
   Infatti, se da un canto i commi 2, 3 e 4 del  citato  art.  3,  per
 quanto  attiene ai requisiti necessari per l'esercizio dell'attivita'
 commerciale riproducono pedissequamente le norme dei  primi  6  commi
 dell'art.  5 del d.lgs. n. 114/1998, dall'altro il comma 5 oggetto di
 censura, dispone che "al fine di sviluppare  un'adeguata  cultura  di
 impresa e nell'interesse primario dei consumatori, per un triennio, a
 far  data dall'entrata in vigore della legge", ai fini dell'esercizio
 dell'attivita'  di  vendita  relativa  al  settore  merceologico  non
 alimentare, si richiedono i medesimi requisiti professionali previsti
 per il settore alimentare.
   Detta disposizione, invero, cosi' come formulata, introduce seppure
 transitoriamente,  una limitazione, non prevista in ambito nazionale,
 allo svolgimento di un'attivita' professionale, in palese  violazione
 degli artt. 120, 41 e 3 della Costituzione.
   Secondo  il citato art. 120 della Costituzione e, infatti, precluso
 alla regione introdurre norme che limitino il diritto  dei  cittadini
 ad  esercitare  in  qualunque  parte dei territorio nazionale la loro
 professione, impiego o lavoro.
   In proposito,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  acclarato  con  costante
 giurisprudenza,  ex  plurimis,  sent.  n.  168/1987,  che non possono
 essere introdotti dal legislatore regionale  requisiti  e  condizioni
 ulteriori   non   previsti   dalla   legislazione  nazionale  per  lo
 svolgimento di attivita' professionali.
   Nella fattispecie in esame l'estensione dei  requisiti,  prescritti
 dall'art.  5, comma 5 del d.lgs. n. 114/1998 per il solo esercizio di
 una  attivita'  di  commercio  relativa   al   settore   merceologico
 alimentare,  anche  a tutti gli altri raggruppamenti previsti in sede
 regionale, comporterebbe un ostacolo insormontabile, in contrasto con
 il  principio  sancito  dall'art.  120  della  Costituzione,  per   i
 cittadini che da altre regioni si volessero trasferire in Sicilia per
 esercitare  un'impresa  commerciale,  poiche' troverebbero condizioni
 che non hanno riscontro nella  legislazione  vigente  nel  resto  del
 territorio dello Stato.
   La  limitazione in questione, motivata con l'esigenza di assicurare
 l'interesse primario della tutela dei consumatori,  e',  inoltre,  da
 ritenersi lesiva del principio di cui all'art. 41 della Costituzione.
   La  liberta' dell'iniziativa economica puo' essere, invero soggetta
 a vincoli e condizioni poste discrezionalmente dal legislatore, anche
 regionale, a tutela di interessi primari della  collettivita',  quale
 nella fattispecie in esame potrebbe considerarsi, in astratto, quello
 della tutela del consumatore.
   Tuttavia  nello scrutinio di legittimita' della norma, per costante
 giurisprudenza di codesta Corte, e' consentito vagliare  il  rapporto
 di  congruita'  fra  mezzi  e  fini  per  salvaguardare  la  liberta'
 garantita  contro   interventi   arbitrariamente   restrittivi,   che
 praticamente  potrebbero  annullare il diritto primario inerente alla
 liberta' di iniziativa economica.
   Orbene, e' di palmare evidenza che non puo' ritenersi coerente  con
 la  dichiarata  finalita'  della  tutela dei consumatori una norma di
 validita' triennale, il cui unico  immediato  effetto  e'  oltretutto
 quello  di  ridurre  drasticamente il numero dei potenziali operatori
 commerciali  causando piuttosto pregiudizio e nocumento allo sviluppo
 della rete distributiva, al pluralismo  dell'offerta,  all'equilibrio
 tra   le   diverse  tipologie  delle  strutture  distributive  ed  al
 conseguente contenimento dei prezzi dovuto all'esplicarsi del  libero
 mercato.
   Per le ragioni suesposte la norma de qua appare anche inficiata del
 vizio   di  irragionevolezza  intrinseca  di  cui  all'art.  3  della
 Costituzione in quanto, introducendo  limiti  non  previsti  in  sede
 nazionale    all'esercizio   di   attivita'   commerciale,   comporta
 conseguenze pratiche confliggenti con la stessa finalita'  di  tutela
 del   consumatore,   assunta  a  giustificazione  della  disposizione
 transitoria e derogatoria.
   Altra norma che costituisce oggetto di gravame e' quella  contenuta
 nell'art. 28 del disegno di legge approvato.
   Il  contenuto  della  suddetta  disposizione,  che  di  seguito  si
 trascrive, disciplina un caso di specie  non  strettamente  attinente
 alla materia oggetto dell'intera legge.
   "Il  primo periodo del comma 4 dell'art. 30 della legge regionale 4
 aprile  1995,  n.  29  e'  cosi'  sostituito:  ''In  sede  di   prima
 applicazione,  gli originari assegnatari o i soggetti che da questi o
 da loro aventi causa abbiano a qualsiasi  titolo  la  disponibilita',
 anche  parziale,  del  lotto  hanno  diritto,  su  istanza,  anche  a
 prescindere dai requisiti di cui al comma 1,  alla  riconferma  o  al
 mantenimento  dell'assegnazione del lotto, a condizione che alla data
 del 23 aprile 1995, abbiano svolto gia' tali  attivita'  commerciali,
 anche ove sia intervenuto provvedimento di revoca''".
   L'art.  28, che riproduce il testo di un autonomo disegno di legge,
 non  sottoposto  ancora  all'esame   delle   competenti   commissioni
 permanenti  dell'Assemblea,  e'  stato  introdotto con un emendamento
 presentato in aula senza che su di esso si  sia  svolto  un  adeguato
 dibattito di approfondimento.
   Lo   scrivente  e'  stato  indotto,  proprio  dall'assenza  di  una
 relazione esplicativa della norma, a chiedere, ai sensi dell'art.  3,
 d.P.R.    n.  488/1969  chiarimenti  alla  amministrazione  regionale
 competente.
   Da questi e' emerso che fine della disposizione sarebbe  quello  di
 perseguire   l'interesse   pubblico   preminente   ad  assicurare  il
 mantenimento  dei  livelli  occupazionali  esistenti  presso   talune
 aziende  irregolarmente insediate nei consorzi A.S.I. dell'isola, che
 hanno subito provvedimenti di revoca  dell'assegnazione  delle  aree,
 evitando  la  prosecuzione  del  contenzioso  giudiziario pendente e,
 comunque, il rimborso alle aziende stesse di  cospicue  somme  dovute
 per le addizioni e/o migliorie apportate ai lotti.
   Dai medesimi chiarimenti emerge, altresi', che la norma e' intesa a
 superare  una  disparita'  di  trattamento  venutasi  a creare tra le
 imprese ammesse alla regolarizzazione in base all'art.  30,  l.r.  n.
 29/1995   in  quanto  esercenti  attivita'  di  grande  distribuzione
 commerciale, dalla cennata norma equiparata a quella  industriale,  e
 le  altre  aziende,  che  nelle  more dell'approvazione ed entrata in
 vigore della legge stessa, avevano avuto revocata l'assegnazione  del
 lotto.
   Si e' in presenza, evidentemente, di una norma di sanatoria che per
 consolidata   giurisprudenza   costituzionale,  non  e'  di  per  se'
 inammissibile  a  condizione  che  sussistano  preminenti   interessi
 pubblici   da   tutelare,   interessi   che  nella  fattispecie  sono
 ravvisabili  nella  necessita'  di  assicurare  il  mantenimento   di
 significative  iniziative  di  imprese  e  dei  livelli occupazionali
 esistenti.
   La coerenza intrinseca della disposizione in esame viene, tuttavia,
 profondamente  contraddetta  dall'inciso  "anche  a  prescindere  dai
 requisiti  di  cui  al  comma  1" avverso il quale si solleva censura
 sotto  il  profilo  della  violazione  degli  artt.  3  e  97   della
 Costituzione.
   Attraverso  detto  inciso, infatti, si produrrebbe l'effetto di una
 ingiustificata sanatoria in favore di tutti coloro  che  a  qualsiasi
 titolo esercitino attivita' commerciali anche di dimensioni oltremodo
 ridotte  e  comunque  inferiori  a quelle determinate in via generale
 dall'art.   30,   comma   1   della   l.r.   n.   29/1995   ai   fini
 dell'equiparazione alle attivita' industriali.
   La disposizione, in definitiva, consoliderebbe situazioni di fatto
  costituitesi  illegalmente  a  danno  dei potenziali richiedenti che
 avrebbero  diritto  di  svolgere  nelle  aree  stesse  le   attivita'
 consentite, ingenerando nei cittadini aspettative di future sanatorie
 di  qualsivoglia  situazione  illegale ed incentivando, di tal fatta,
 comportamenti non rispettosi delle norme vigenti.
   Per le argomentazioni su esposte ed in assenza di alcun  comprovato
 interesse   pubblico   preminente,  legislativamente  rilevante,  che
 sorregga una cosi'  indiscriminata  estensione  della  sanatoria,  si
 ritiene  che  la stessa non possa superare quel rigoroso scrutinio di
 costituzionalita', richiesto piu'  volte  da  codesta  ecc.ma  Corte,
 affinche' non risulti arbitraria, e quindi in contrasto con gli artt.
 3  e 97 della Costituzione, la sostituzione della disciplina generale
 originariamente applicabile con quella eccezionale ora emanata.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 28  dello  Statuto  siciliano  con  il  presente  atto
 impugna   i   sottoelencati   articoli   del  disegno  di  legge  nn.
 909-920-830-706 dal titolo "Riforma della disciplina  del  commercio"
 approvato dall'A.R.S.  il 23 novembre 1999:
     art.  3,  comma  5  per  violazione  degli artt. 3, 41, 120 della
 Costituzione nonche' dell'art. 5, comma 5 del d.lgs. n.  114/1998  in
 relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello Statuto speciale;
     art.   28  limitatamente  all'inciso  "anche  a  prescindere  dai
 requisiti di cui al comma 1" per violazione degli artt. 3 e 97  della
 Costituzione.
       Palermo, addi' 1 dicembre 1999.
  Il  commissario  dello  Stato  per  la regione siciliana: Gianfranco
 Romagnoli
 99C2240