N. 723 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1999
Ordinanza emessa il 1o giugno 1999 dal pretore di Palmi sezione distaccata di Cinquefrondi nel procedimento civile vertente tra Mileto Francesca e Berlingeri Albina Astensione e ricusazione del giudice - Giudice che abbia deciso la fase sommaria del procedimento possessorio (nella specie, emanando il provvedimento cautelare richiesto) - Obbligo di astenersi dal decidere la successiva fase di merito - Mancata previsione - Contrasto con il principio di imparzialita' del giudice, posto a garanzia del giusto processo. - Cod. proc. civ., art. 51. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.2 del 12-1-2000 )
IL PRETORE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 69/98 del ruolo generale vertente tra Mileto Francesca, nata a S. Giorgio Morgeto il 4 luglio 1959, ed elettivamente domiciliata in Polistena, via On. L. Longo n. 35, presso lo studio dell'avv. S. Nasso che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso, ricorrente, e Berlingeri Albina, residente in S. Giorgio Moreto, codice fiscale numero BRLLBN5M46H889T ed elettivamente domiciliata in Polistena, via Croce n. 30, presso lo studio dell'avv. Clelia Condello che la rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di costituzione e riposta, resistente, avente ad oggetto la reiterazione nel possesso. Conclusioni delle parti I procuratori delle parti costituite hanno concluso come da verbale di precisazione delle conclusioni o, in difetto, come in atti. Svolgimento del processo Esponeva la ricorrente: di essere comproprietaria, unitamente alle sorelle Daniela e Maria, di un edificio sito in San Giorgio Morgeto, via Castello n. 15, con antistante cortile, distinto in catasto alla partita n. 1630, foglio n. 18, part. n. 806, con antistante cortile, confinante tra gli altri, con l'abitazione di proprieta' della sig.ra Berlingeri Albina, residente in San Giorgio Morgeto alla via Altano n. 21; che nella scorsa estate 1997, la sig.ra Berlingeri Albina, approfittando del suo breve periodo di assenza, si faceva lecito occupare l'area sovrastante il cortile della sua proprieta' mediante la realizzazione di quattro tettucci in ferro e tegole a copertura della finestre dell'edificio confinante che si affacciano su detto cortile; che dette opere ledono gravemente i suoi diritti di proprieta' e quelli delle sue sorelle costituendo occupazione illegittima del cortile di loro proprieta' e illegittima servitu' i scolo delle acque piovane che defluiscono liberamente da dette tettoie sul detto cortile e, particolarmente sulla scala esterna che da' accesso alla sua abitazione creando particolari difficolta' nell'uso e nel godimento del passaggio soprattutto nelle giornate di pioggia. Chiedeva pertanto di essere reintegrata nel possesso ordinando alla residente la eliminazione delle opere realizzate e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Si costituiva in giudizio la resistente chiedendo il rigetto della domanda avversaria. Venivano sentite le parti personalmente e l'11 giugno 1998 veniva emanato il provvedimento cautelare richiesto. Precisate le conclusioni all'udienza del 9 febbraio 1999 la causa veniva trattenuta in decisione con termine di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori giorni venti per il deposito delle memorie di replica. Motivi della decisione Questo pretore si trova ad affrontare, a conclusione della fase di merito, le stesse questioni che aveva esaminato nella fase cautelare. Infatti le sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 1984 del 24 febbraio 1998 ponendo fine ai contrasti giurisprudenziali manifestatisi in tema di procedimento possessorio hanno affermato che quest'ultimo anziche' concludersi con l'ordinanza emessa al termine della fase cautelare come ritenuto da taluni (c.d. concezione monofasica) si articola in due fasi quella cautelare e quella di merito (c.d. concezione bifasica). Le sezioni unite hanno ritenuto che "il ricorso ex art. 703 c.p.c., proposto a tutela del possesso, introduce, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 353/1990, sia la fase sommaria che quella di merito. Pertanto, al termine della prima fase, il pretore emana un'ordinanza con la quale accoglie o respinge la richiesta dell'interdetto e fissa un'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito che viene definito con sentenza soggetta alle impugnazioni ordinarie". Il procedimento possessorio si articola quindi in due fasi: una fase cautelare concludentesi con un'ordinanza cui segue, in ogni caso, una fase di merito. Ritiene quindi questo pretore di dover sollevare, d'ufficio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 c.p.c., per contrasto con l'art. 24 della Costituzione laddove limita il dovere di astensione del giudice all'ipotesi di previa conoscenza della causa in altro grado del possesso e non anche nel caso in cui egli ne abbia conosciuto per aver adottato un provvedimento nella fase cautelare di un procedimento possessorio. La ragione dell'incompatibilita' e' ravvisata nel rischio che il giudice della fase sommaria venga chiamato a ripetere, una seconda volta, un giudizio che ha gia' espresso nella fase cautelare. Nondimeno tale situazione non puo' essere ricompresa nella previsione dell'art. 51, n. 4, c.p.c., che si riferisce alla sola ipotesi in cui il giudice abbia conosciuto della causa in un "altro grado". Quindi il nostro codice di procedura civile prevede solo un'incompatibilita' extraprocessuale, mentre il caso in esame si riferisce ad un'incompatibilita' endoprocessuale, dal momento che la fase sommaria (o cautelare) e quella di merito formano un unico procedimento, semmai diviso in momenti diversi. Di conseguenza la questione appare rilevante non potendo il giudice esimersi, in base all'art. 51, c.p.c., dall'esame della controversia pur trovandosi in una situazione di incompatibilita'. Venendo al merito della questione deve osservarsi che la Corte costituzionale e' intervenuta piu' volte sull'art. 34, c.p.p., per dichiararne l'incostituzionalita' in tutti i casi in cui non prevedeva un'incompatibilita' tra il magistrato che adotta una misura cautelare e quello che decide nel merito. Il fondamento di tali pronunzie va ricercato nell'esigenza dell'imparzialita' e terzieta' del giudice che costituisce la premessa per avere un "giusto processo". E' infatti evidente che il giudice il quale si sia gia' pronunziato su un certo oggetto subisca la c.d. "forza della prevenzione" individuata dalla Corte in "quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento" (cosi' Corte costituzionale n. 432/1995). Tale forza della prevenzione, secondo la Corte costituzionale, si produce quando un magistrato ha adottato un provvedimento basato su una "valutazione contenutistica e non formale del merito della questione" (Corte costituzionale n. 432/1995). Sussiste quindi, ad avviso di questo pretore, un profilo di illegittimita' dell'art. 51, c.p.c., nella parte in cui prevede la sola incompatibilita' del giudice che abbia conosciuto il processo in "altro grado". Questo pretore e' a conoscenza della sentenza n. 326 del 7 novembre 1997 della Corte costituzionale che ha respinto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, c.p.c., nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione nella causa di merito per il giudice che abbia concesso una misura cautelare ante causam in riferimento all'art. 24 della Costituzione e dell'ordinanza n. 0315 del 9 luglio 1998 con cui e' stata dichiarata manifestamente infondata, con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, cod. proc. civ., "laddove limita il dovere di astensione del giudice alla ipotesi di previa conoscenza della causa in altro grado del processo e non anche nel caso in cui egli ne abbia conosciuto per aver adottato un provvedimento d'urgenza nella fase cautelare". Le pronuncie della Corte si fondano su duplice rilievo della non estensibilita' alla giurisdizione civile della giurisprudenza formatasi sul processo penale e della assenza di identita' di res iudicanda tra il giudizio di merito ed il giudizio espresso sulla domanda cautelare. Pertanto la presente censura di legittimita' costituzionale sembrerebbe la mera riproposizione di una questione gia' decisa. In realta' il procedimento possessorio presenta caratteristiche peculiari che lo distinguono dai procedimenti cautelari. Infatti, gia' sotto il profilo procedurale, puo' osservarsi che la fase di merito segue, secondo l'impostazione accolta dalla Corte di cassazione, anche in caso di rigetto della richiesta di provvedimento cautelare. Le azioni possessorie mirano poi a cautelare una situazione di fatto per assicurare la pace sociale ed evitare che ciascuno possa farsi giustizia da se' mentre alla base dei procedimenti cautelari c'e' un diritto che rischia di subire un danno irreparabile durante il tempo necessario allo svolgimento del giudizio ordinario. Ne consegue che, al contrario di quanto avviene nei procedimenti cautelari, in quelli possessori non ce' alcuna valutazione del fumus boni iuris e del periculum in mora. Inoltre la res iudicanda e' la medesima sia nella fase cautelare che in quella di merito e si identifica nella situazione fattuale di cui il ricorrente lamenta la lesione e l'eventuale provvedimento di accoglimento conclusivo della fase cautelare e' pienamente satisfattivo delle ragioni del ricorrente e privo di connotati di strumentalita'. Infine l'istruttoria si esaurisce, nella grande maggioranza dei casi, nella fase cautelare nella quale vengono sentite le parti, acquisiti i documenti e sentiti gli informatori. Quindi tutto il materiale raccolto nella fase cautelare e' destinato a refluire nella fase di merito ed ad essere utilizzato per la decisione. Del resto essendo identico l'oggetto delle due fasi (accertamento della lesione del possesso) ne consegue l'identita' dell'istruzione. Quindi l'incompatibilita' si verifica quando il giudice che ha gia' conosciuto la causa per aver adottato un provvedimento possessorio si trova a decidere la fase di merito del procedimento, essendo inevitabile il condizionamento delle valutazioni e giudizi gia' operati nella prima fase con riferimento a tutti i presupposti che saranno oggetto di giudizio nella seconda. Emblematico in tal senso e' il caso in esame. Sono state sentite le parti in sede di interrogatorio libero ed acquisito il materiale fotografico rappresentante i luoghi di causa e quindi e' stato emesso il provvedimento cautelare richiesto. Nessuna attivita' istruttoria o ulteriore si e' svolta nella fase di merito cosicche' questo pretore si trova ad affrontare la medesima questione gia' affrontata e decisa sulla base del medesimo materiale probatorio. Quindi non una mera valutazione del fumus boni iuris inteso nel senso di indagine superficiale della questione ma esame dello stesso oggetto gia' affrontato negli stessi termini in cui si presentava in occasione del primo giudizio. L'attuale formulazione dell'art. 51, c.p.c., pertanto non appare rispettosa del principio dell'imparzialita' del giudice come individuato nelle decisioni della Corte costituzionale citate riguardanti prevalentemente il processo penale, come elemento essenziale della funzione giurisdizionale, e presupposto per un giusto processo (Corte costituzionale 24 aprile 1996, n. 131; Corte costituzionale 15 settembre 1995, n. 432), come tale garantito dagli artt. 3 e 24 della Costituzione. Il procedimento va quindi sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge n. 1 del 1948 e 23 della legge n. 87 del 1953; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, c.p.c., nei sensi di cui in motivazione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che copia della presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera. Cinquefrondi, addi' 1o giugno 1999. Il pretore: Perinelli 99C2278