N. 724 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 1999

Ordinanza  emessa  il  16  luglio  1999  dal tribunale di Palermo nel
procedimento  civile  vertente  tra  La Scala Giovanna e curatore del
fallimento  della  Sharry  S.a.s.  e dei soci Turek Lilian Irene e La
Scala Giovanna ed altre

Fallimento  - Dichiarazione di fallimento di societa' - Estensione ai
soci   non   piu'   illimitatamente   responsabili   per  effetto  di
trasformazione  della  societa'  -  Obbligatorieta', pur dopo che sia
trascorso  un  anno dall'iscrizione della modifica nel registro delle
imprese   -   Irragionevole   disparita'   di   trattamento  rispetto
all'imprenditore  individuale o al socio illimitatamente responsabile
cessato  o  defunto  -  Violazione  del  principio  di  eguaglianza -
Richiamo alla sentenza n. 66/1999 della Corte costituzionale.
- R.D.  16  marzo  1942,  n. 267, art. 147, primo e secondo comma, in
  relazione al r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 10.
- Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.2 del 12-1-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento civile
  iscritto   al  n. 2642  del  ruolo  generale  degli  affari  civili
  dell'anno  1997  tra La Scala Giovanna, rappresentata e difesa, per
  mandato  a  margine  dell'atto  di  citazione  in  opposizione alla
  sentenza dichiarativa di fallimento, dall'avv.to Giuseppe Puleo, ed
  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  di  quest'ultimo in
  Palermo, via F. Lo Jacono n. 97, opponente;
    Contro  il  curatore  del fallimento della Sharry S.a.s. di Turek
  Lilian  &  C.  e  dei soci Turek Liliana Irene e La Scala Giovanna,
  dott.  Francesco  Renda,  domiciliato  in  Palermo,  via Imperatore
  Federico  n. 60,  convenuto  contumace  e nei confronti della Banca
  Commerciale  Italiana,  Filiale  di Palermo, rappresentata e difesa
  dagli   avv.ti   Vincenzo   Messina,   ed  Anna  Catalano,  che  la
  rappresentano  e  difendono  sia  uniti  che divisi, giusta procura
  generale  alle  liti  in  notar Salvatore Stella del 10 marzo 1994,
  rep.  n. 120897, racc. 1426 registrata il 14 marzo 1994 al n. 03441
  depositata   presso  la  cancelleria  ruolo  generale  della  Corte
  d'appello  di  Palermo, il 18 marzo 1994, convenuta e Sharry S.a.s.
  di   Turek   Lilian   Irene   &  C.,  in  persona  del  suo  legale
  rappresentante Turek Lilian Irene, convenuta contumace Turek Lilian
  Irene,  quale  socia della Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene & C,
  convenuta contumace;
    Letti gli atti, sentito il giudice:
                          Osserva il fatto
    Con  atto  di  citazione  notificato  il  18 aprile 1997 La Scala
  Giovanna  ha  proposto  opposizione  ex  art. 18 l.f. alla sentenza
  dichiarativa  del  fallimento  della  Sharry S.a.s. di Turek Lilian
  Irene e C. (gia' Sharry S.n.c.), sentenza pronunciata dal tribunale
  di  Palermo  in  data  19-20  marzo  1997,  su  istanza della Banca
  Commerciale  Italiana  S.p.a.,  creditore,  chiedendo  che  venisse
  revocata  la dichiarazione di fallimento deducendo di avere perduto
  la  qualita'  di socio illimitatamente responsabile a seguito della
  trasformazione  della societa' in nome collettivo denominata Sharry
  S.n.c.  di  Turek Lilian Irene, con apposito verbale di modifica in
  notar Tommaso Falletta in data 21 marzo 1994 (rep. n. 22209), nella
  Sharry  S.a.s.  di  Turek  Lilian Irene & C., e di avere acquistato
  all'interno  di  quest'ultima la posizione di socio accomandante e,
  quindi, responsabile per le obbligazioni sociali solo limitatamente
  alla  quota di capitale conferita, senza mai avere compiuto atti di
  ingerenza  nell'amministrazione della societa' dai quali poter fare
  scaturire una propria responsabilita' illimitata e solidale verso i
  terzi.
    Il   creditore   istante,   Banca  Commerciale  Italiana  S.p.a.,
  costituendosi,  ha  resistito  alla  opposizione  deducendo  che il
  credito   avanzato   con   il   ricorso   era   sorto  prima  della
  trasformazione  della  societa', e, quindi, eccependo l'irrilevanza
  di siffatta circostanza, in base al principio, affermato piu' volte
  in  giurisprudenza,  per il quale la trasformazione della societa',
  non  comportando l'estinzione del soggetto giuridico preesistente e
  la  creazione  di un altro, ma solo una modifica statutaria che non
  incide   sull'identita'  dell'impresa  societaria,  non  osta  alla
  dichiarazione  di  fallimento dei soci illimitatamente responsabili
  della   S.n.c.  ancorche'  gli  stessi  non  abbiano  assunto  tale
  qualifica anche nella societa' trasformata in S.a.s.
    Il  curatore  del  fallimento,  il  legale  rappresentante  della
  societa',   anche   nella   qualita'   di   socio   illimitatamente
  responsabile, benche' regolarmente citati, non si sono costituiti.
    Esaurita  l'istruzione  della  causa  e  precisate le conclusioni
  all'udienza  del  18  gennaio  1999,  la  causa  e'  stata posta in
  decisione.
                             In diritto
    Dalla  documentazione  prodotta agli atti risulta che con atto in
  notaio  Tommaso  Faldetta  del 25 novembre 1987 venne costituita da
  Turek  Lilian  Irene  e  La  Scala  Giovanna  la  societa'  in nome
  collettivo  denominata  Sharry  S.n.c.  di Turek Lilian Irene e C.;
  successivamente,  il 21 marzo 1994, con verbale di modifica Tommaso
  Faldetta  (rep. n. 22209) le predette decisero di comune accordo di
  trasformare la societa' nella Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene &
  C.  nella  quale la Turek Lilian Irene assunse la qualita' di socia
  accomandataria   gerente  e  La  Scala  Giovanna  quella  di  socio
  accomandante  con  responabilita'  limitata  alla quota di capitale
  sociale.
    Con  ricorso  del  6 dicembre 1996 la Banca Commerciale Italiana,
  filiale  di Palermo, lamentando il mancato pagamento della somma di
  un  credito  derivante  da  un  contratto  di  conto corrente, fece
  istanza  per  la dichiarazione di fallimento della Sharry S.a.s. di
  Turek  Lilian  Irene e C. in persona del socio accomandatario Turek
  Lilian Irene.
    Il  tribunale con la sentenza opposta dichiaro' il fallimento non
  solo  della societa' nella sua attuale struttura ed organizzazione,
  ma  anche  di tutti i precedenti soci della societa' trasformata e,
  quindi,  anche  di  La  Scala  Giovanna,  non  gia' in quanto socia
  accomandante  della  S.a.s.  che  aveva  posto  in  essere  atti di
  gestione  concreta  della  stessa  fondanti  la sua responsabilita'
  illimitata verso terzi, bensi' per avere accertato che il contratto
  di conto corrente dal quale aveva avuto origine il credito avanzato
  in  ricorso  era  sorto  in data 15 gennaio 1988 e, quindi in epoca
  antecedente alla trasformazione della S.n.c. in S.a.s.
    Non  e'  dubbio  che  tale  sentenza  sia  stata  pronunciata dal
  tribunale  in  conformita'  al  principio,  costantemente affermato
  dalla  Suprema Corte, secondo cui la trasformazione di una societa'
  non  comporta  l'estinzione  di  un  soggetto  e la creazione di un
  altro,    bensi'   la   semplice   modifica   della   struttura   e
  dell'organizzazione  societaria  che  lascia  immutata  l'identita'
  soggettiva dell'ente ed i rapporti giuridici ad esso facenti capo e
  che  mantiene  inalterata,  ad  ogni  effetto,  per le obbligazioni
  sociali   anteriori   alla   .  trasformazione  la  responsabilita'
  illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico.
    Proprio in considerazione del permanere della responsabilita' per
  le  obbligazioni  anteriori  alla  trasformazione  in capo al socio
  illimitatamente responsabile anche dopo la perdita di tale qualita'
  nella  societa'  trasformata,  e'  stato  ritenuto,  da parte della
  giurisprudenza  prevalente,  una  volta dichiarato il fallimento di
  quest'ultima, di dover estendere il fallimento anche a tutti i soci
  illimitatamente  responsabili della societa' preesistente, ai sensi
  dell'art. 147 l.f. (da ultimo Cass. 24 luglio 1997).
    Tale  norma  statuisce  infatti  che "la sentenza che dichiara il
  fallimento  della  societa' con soci con responsabilita' illimitata
  produce il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili".
    Ora,  proprio  perche'  il  fallimento del socio e' un fallimento
  riflesso,  ossia  una  conseguenza  automatica del fallimento della
  societa',  seppure  trasformata, deve ritenersi che cio' che rileva
  ai  fini  della dichiarazione di fallimento e' che ricorrano per la
  societa',  e  non  gia'  per i soci illimitatamente responsabili, i
  presupposti  oggettivi e soggettivi previsti dagli artt. 1 e 5 l.f.
  e'  indubbio  che  cio'  valga  anche  con  riferimento  ai  limiti
  temporali  previsti dall'art. 10 l.f., cosi' come individuati dalla
  giurisprudenza (cessazione da un anno da intendersi come estinzione
  di tutti i rapporti obbligatori).
    Limitatamente  a  tale  profilo  la  situazione del socio che per
  effetto  della  trasformazione  della  societa'  cambi  la  propria
  partecipazione  acquisendo  nella  nuova  societa'  la  qualita' di
  accomandante,  con  conseguente  cessazione  di  tutti  i poteri di
  gestione,  connessi  alla  precedente  responsabilita'  illimitata,
  potrebbe  essere  equiparabile  a  quella  del  socio  cessato  per
  recesso, per decesso o per cessione della propria quota ad altri.
    Giova osservare, in proposito, che, fino al recente intervento di
  codesta   Corte,   con  la  sentenza  n. 66/1999,  per  consolidata
  giurisprudenza,  gli  articoli  10  e  11  della  l.f. non venivano
  ritenuti  applicabili  al  socio  cessato  o  defunto,  ma  al solo
  imprenditore individuale.
    Orbene,  con la sopraccennata pronuncia e' stato invece affermato
  il   principio   in   base   al   quale   il  fallimento  dei  soci
  illimitatamente  responsabili  defunti  o  rispetto  ai  quali sia,
  comunque,  venuta  meno  l'appartenenza alla compagine sociale puo'
  essere  dichiarato  solo  entro  il  termine fissato dalle predette
  norme, di un anno dallo scioglimento del rapporto sociale.
    Ed  e'  chiaro  che  non possa ipotizzarsi l'applicazione di tale
  sentenza  interpretativa di rigetto a fattispecie diverse da quelle
  in essa ricomprese.
    Dal che deriva il permanere di una disparita' di trattamento, tra
  l'imprenditore  individuale o il socio illimitatamente responsabile
  cessato o defunto e colui il quale per effetto della trasformazione
  della societa' ha perduto la responsabilita' illimitata, pur avendo
  mantenuto la qualita' di socio all'interno della societa'.
    Mentre  e'  indubbio che, dall'esame comparativo delle situazioni
  dianzi dette, emergono numerosi profili di comunanza tra le stesse,
  tra cui:
        la  qualifica  di  imprenditore  o  di  socio illimitatamente
  responsabile;
        la   persistenza   di   debiti   anteriori   alla  cessazione
  dell'impresa   o   alla  trasformazione  o  alla  cessazione  della
  partecipazione alla societa';
        la  responsabilita'  illimitata  per tali obbligazioni, anche
  per  l'imprenditore  cessato  o  per  il  socio cessato o che abbia
  mutato la sua partecipazione alla societa'.
    Tutti  casi, questi, in cui l'esigenza di assoggettare comunque i
  predetti soggetti alla regola del concorso e' quella di acquisire i
  loro  patrimoni  personali  al  fine  di realizzare la garanzia dei
  creditori,  e  per  i  quali  deve  ritenersi,  dunque, sussistente
  l'esigenza   di   delimitare   entro   un   limite  temporale  tale
  assoggettabilita',  in  omaggio  al  principio generale di certezza
  delle situazioni giuridiche.
    Pare   infatti   non   giustificabile,  secondo  un  criterio  di
  ragionevolezza,   che   in   presenza   dei  profili  comuni  sopra
  evidenziati,  continui  a  permanere una disparita' di trattamento,
  tra  l'imprenditore  individuale  ed  il  socio cessato o defunto e
  colui il quale continui a fare parte della compagine della societa'
  trasformata, pur avendo perso la qualifica di socio illimitatamente
  responsabile,  e,  quindi,  si  palesa  contraria  al  principio di
  uguaglianza  di  cui  all'art. 3  della  Costituzione  la norma che
  impone il fallimento di quest'ultimo senza alcun limite di tempo, a
  differenza  dei  primi  che,  ai  sensi  degli  artt. 10 e 11 l.f.,
  possono  essere  dichiarati  falliti  soltanto  entro un anno dalla
  cessazione  o dal decesso o dal venir meno del rapporto sociale per
  morte o cessazione.
    Alla  luce  delle  superiori considerazioni, non potendo ritenere
  disciplinata  dalle  norme teste' enunciate l'ipotesi del socio che
  per  effetto  della trasformazione sociale abbia perso la qualifica
  di  socio  illimitatamente  responsabile, pur non avendo cessato la
  propria partecipazione alla societa', il Collegio ritiene di dovere
  dichiarare   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
  legittimita'   costituzionale,  con  riferimento  all'art. 3  della
  Costituzione, delle disposizioni dell'art. 147, comma 1 e 2 l.f. in
  relazione  agli  artt. 10 l.f., nella parte in cui prevedono che in
  caso   di   fallimento  di  societa'  con  soci  a  responsabilita'
  illimitata,   debbono  essere  dichiarati  falliti,  anche  i  soci
  illimitatamente  responsabili  che  hanno perduto tale qualita' per
  effetto  della  trasformazione  della  societa',  pur  dopo che sia
  trascorso  un  anno  dalla  iscrizione  della modifica nel registro
  delle  imprese,  dovendosi  individuare  il  dies  a  quo,  in tale
  iscrizione.
    Non   sembra  dubbio,  poi,  che  la  questione  sollevata  abbia
  rilevanza  nel  presente giudizio, posto che, essendo decorso, alla
  data di dichiarazione di fallimento, ben piu' di un anno dalla data
  di  iscrizione  della  trasformazione,  dalla applicabilita' o meno
  delle   norme  di  legge  nella  loro  attuale  formulazione,  puo'
  discendere  il  rigetto o l'accoglimento della opposizione proposta
  ai sensi dell'art. 18 l.f.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1, legge costituzionale 9
  febbraio 1948, n. 1, e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  in  quanto  rilevante  e  non  manifestamente
  infondata,  con riferimento all'art. 3, comma 1 della Costituzione,
  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle disposizioni
  dell'art. 147, commi 1 e 2, r.d. 16 marzo 1942 n. 267, in relazione
  all'art. 10 dello stesso r.d., nella parte in cui prevedono in caso
  di  fallimento  di  societa' con soci a responsabilita' illimitata,
  debbono  essere  dichiarati  falliti,  anche i soci illimitatamente
  responsabili  che  hanno  perduto  tale  qualita' per effetto della
  trasformazione  della  societa', pur dopo che sia trascorso un anno
  dalla iscrizione della modifica nel registro delle imprese;
    Sospende  il  presente  giudizio  e  dispone  che  gli atti siano
  trasmessi alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
  alle  parti  ed  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e per la
  comunicazione  della  medesima  ai  Presidenti  della  Camera e del
  Senato.
        Palermo, addi' 16 luglio 1999.
                        Il presidente: Marino
                                   Il giudice rel. ed est.: Ferro
99C2279