N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2013

Ordinanza del 30 gennaio 2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Tuke  Srl  contro
Ministero dell'economia e delle finanze  -  Amministrazione  autonoma
Monopoli di Stato, Ministero delle politiche  agricole  alimentari  e
forestali e A.S.S.I.. 
 
Gioco e scommesse - Controversie tra il  Ministero  delle  Finanze  -
  Amministrazione autonoma Monopoli  di  Stato  e  l'Agenzia  per  lo
  sviluppo del settore ippico (A.S.S.I.) - Previsione che gli  stessi
  soggetti procedono alla  definizione,  anche  in  via  transattiva,
  sentiti i competenti organi, con  abbandono  di  ogni  controversia
  pendente, di tutti i rapporti controversi in materia -  Previsione,
  relativamente alle quote di prelievo di cui all'art. 12 del  d.P.R.
  8 aprile 1998, n. 169, della definizione in via equitativa  di  una
  riduzione non superiore al 5 per cento delle  somme  ancora  dovute
  dai concessionari, con individuazione delle modalita' di versamento
  delle relative somme ed adeguamento delle garanzie  fideiussorie  -
  Violazione del principio di uguaglianza - Incidenza sul diritto  di
  difesa in giudizio, nonche' sul principio di tutela giurisdizionale
  - Indebita interferenza sul potere giudiziario per gli effetti  sui
  giudizi in corso. 
- Decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito,  con  modificazioni,
  nella legge 26 aprile 2012, n. 44, art. 10, comma 5. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 97, 103, primo comma,  111,
  113 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6. 
(GU n.20 del 15-5-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di  registro  generale  738  del  2012,  integrato  da  motivi
aggiunti, proposto da: 
        Tuke  Srl,  in  persona  del  legale   rappresentante   p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti  Francesco  Cardarelli,  Fernando
Petrivelli, Diego Campugiani, con domicilio eletto  presso  Francesco
Cardarelli in Roma, via G.Pierluigi da Palestrina, 47; 
    Contro: 
        Ministero  dell'Economia   e   delle   Finanze   -   AAMS   -
Amministrazione autonoma  dei  Monopoli  di  Stato,  rappresentati  e
difesi  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso   la   quale
domiciliano ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
        Assi,  Ministero  delle  Politiche  Agricole   Alimentari   e
Forestali, n.c.; 
    Per l'annullamento: 
        del  provvedimento  prot.  2011/51060/Giochi/SCO/Conc.  1105,
pervenuto in data 03.01.2012, con cui viene richiesto  il  versamento
dell'integrazione dei minimi annui garantiti  sospesi  per  gli  anni
2008 e 2009; 
        per quanto occorrer possa, dell'esito  della  Conferenza  dei
Servizi cosi' come rappresentato dal verbale del 30.11.2011; 
        di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente; 
        nonche' per l'annullamento dei seguenti atti,  impugnati  con
motivi aggiunti: 
          nota AAMS prot.  2012/27171/Giochi/SCO/conc.  1105  del  15
giugno 2012, ricevuta solo in data 27 giugno 2012, con la quale  AAMS
nel far riferimento al d.l.  n.  16  del  2  marzo  2012,  conv.  con
modificazioni dalla l. n. 44 del 2012, ha ritenuto  che  la  predetta
norma avesse previsto una riduzione in via equitativa  degli  importi
dovuti o non versati (stabilita  nella  misura  del  5%  delle  somme
dovute) e ha ingiunto il pagamento di euro  30.405,10,  a  titolo  di
minimi annui garantiti; 
          di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti,  tra
cui anche la nota prot. n. 2012/28472/Giochi/SCO del 26 giugno  2012,
con la quale AAMS pubblicava le tabelle  delle  variazioni  regionali
relative al solo 2011. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato e
di AAMS; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore alla pubblica udienza del  giorno  5  dicembre  2012  il
Cons. Silvia Martino; 
    Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale; 
    Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. La societa' ricorrente, titolare di concessione c.d. "storica"
per la raccolta di scommesse ippiche (meglio indicate  in  epigrafe),
in punto di fatto riferisce quanto segue: 
        A) nell'anno 2006 il mercato del gioco e' stato rivoluzionato
dall'apertura del canale della raccolta del gioco a distanza, sia per
le scommesse su base ippica che per quelle sportive, perche' in forza
del decreto legge n. 223/2006, convertito dalla  legge  n.  248/2006,
sono  stati  indetti  bandi  di  gara  (c.d.  "gare   Bersani")   per
l'assegnazione  di  nuove  concessioni,   con   conseguente   aumento
esponenziale dei concessionari della raccolta del gioco; 
        B) la  nuova  disciplina  ha  significativamente  inciso  sul
mercato, determinando una notevole diminuzione delle  entrate  per  i
concessionari storici, pur permanendo invariate le condizioni di  cui
alla convenzione di concessione dagli stessi sottoscritta; 
        C) tale situazione ha  indotto  il  legislatore  a  prevedere
l'adozione delle c.d. misure di salvaguardia di cui all'articolo  38,
comma 4, lett. l), del decreto legge n. 223/2006; 
        D) la mancata adozione di  tali  misure  di  salvaguardia  ha
inizialmente  indotto  l'Amministrazione  dei  Monopoli  (di  seguito
A.A.M.S.)  a  sospendere   il   versamento   delle   somme   relative
all'integrazione dei minimi garantiti per gli anni dal 2006 al  2009,
perche' il giudice amministrativo (T.A.R.  Lazio  Roma,  Sez.  II,  9
luglio 2009, n. 6521; idem, 28 luglio 2009, n. 7641) ha ribadito,  in
piu' di un'occasione che i provvedimenti di riscossione  delle  somme
dovute a titolo di minimi garantiti non possono essere adottati prima
della definizione delle misure di salvaguardia; 
        E)  sebbene  il  quadro  normativo  sia  rimasto   invariato,
l'A.AM.S. con la determinazione impugnata con il ricorso  principale,
ha nuovamente ingiunto il versamento dei minimi garantiti dovuti  per
gli  anni  dal  2006  al  2010,  motivando  tale  richiesta  con   la
considerazione che «non e' possibile individuare, allo stato,  misure
di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle gia' individuate  secondo
i criteri delle procedure selettive indette nel corso del 2006»; 
    Di  tali  provvedimenti   la   ricorrente   ha   quindi   chiesto
l'annullamento, deducendo: 
        la violazione dell'art. 38, comma 4, del  d.l.  n.  223/2006,
conv.  con  modificazioni  in  l.  n.  248/2006;  la  violazione  del
giudicato formatosi sulle sentenze di questa Sezione nn. 7624/2009  e
6522/2011;  la  violazione  dei  principi   di   proporzionalita'   e
correttezza dell'azione amministrativa; 
        in particolare, la violazione degli artt. 1 e 2 della  l.  n.
241/90 per non avere mai l'amministrazione  portato  a  termine,  pur
avendolo avviato, il procedimento per l'adozione delle c.d. misure di
salvaguardia; 
        la  violazione  delle   stesse   prescrizioni   del   decreto
interdirigenziale del 10 ottobre 2003 (che fissa le modalita' per  il
calcolo dei minimi garantiti), per non  avere  mai  l'amministrazione
provveduto  a   pubblicare   (secondo   quanto   previsto   in   tale
provvedimento) le tabelle annuali delle variazioni  dei  prelievi  su
base regionale relativamente alla annualita' in contestazione. 
    Questa Sezione, con l'ordinanza n. 684/2012, resa nella camera di
consiglio del 22.2.2012, ha accolto la  domanda  cautelare  proposta,
evidenziando   in    motivazione    il    permanente    inadempimento
dell'amministrazione  in  ordine  all'obbligo  di  adottare  le  c.d.
"misure di salvaguardia". 
    Nelle more della definizione del  giudizio,  e'  quindi  accaduto
che: 
        A)  la  legge  26  aprile  2012,  n.  44,  ha  convertito  il
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, il quale  all'art.  10,  comma  5,
dispone  che,  "al  fine  di  perseguire   maggiore   efficienza   ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo  del  settore  ippico  -  ASSI,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati:  ...  b)  relativamente  alle  quote  di
prelievo di cui all'articolo 12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento   delle    garanzie    fideiussorie.    Conseguentemente,
all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio  2006,  n.  223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,  la
lettera e' soppressa»; 
        B) sulla scorta del mutato quadro  normativo,  l'A.A.M.S.  ha
notificato alla societa' ricorrente una ulteriore  determinazione  in
data 15  giugno  2012,  con  la  quale  ha  nuovamente  richiesto  il
versamento dei  minimi  garantiti  dovuti,  applicando  la  riduzione
equitativa prevista dall'art. 10, comma 5, decreto-legge  n.  16/2012
ed evidenziando in motivazione che tale riduzione, da un  lato,  deve
essere intesa come attuativa  dell'obbligo  di  individuazione  delle
misure di salvaguardia e,  dall'altro,  ha  comportato  l'abrogazione
espressa dell'articolo 38, comma 4, del decreto-legge n. 223/2006. 
    La societa'  ha  quindi  impugnato  (con  motivi  aggiunti)  tale
ulteriore determinazione, in particolare evidenziando: 
        la mancanza del concerto con ASSI e Mipaf, pur previsto dalla
sopravvenuta normativa; 
        l'erroneita' del calcolo della  base  imponibile,  perdurando
l'inadempimento  in  ordine  alla  pubblicazione  delle  tabelle   di
variazione (di cui al d.d. del 10  ottobre  2003)  e,  comunque,  non
essendo stata in alcun modo considerata l'incidenza della nuova  rete
di gioco  c.d.  "Bersani"  sul  volume  di  raccolta  realizzato  dai
concessionari storici, ne' delle  quote  di  prelievo  versate  sulla
tipologia di scommessa c.d. "ippica nazionale"; 
        perplessita' e contraddittorieta' dell'azione amministrativa,
con riferimento alle modalita' stabilite per i concessionari al  fine
di aderire alla rateazione ovvero alla compensazione; 
        illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 5, d.l.  n.
16/2012, conv. in l. n. 44/2012, per contrasto con gli artt.  3,  24,
97, 102, 104 e 108 della  Costituzione;  irragionevolezza  manifesta,
nonche', ancora, con gli artt. 11, 111 e 117 della Costituzione,  per
violazione dell'art. 6 della Cedu; in particolare: 
          la   norma   sarebbe   esclusivamente   finalizzata    alla
sottrazione dell'oggetto del sindacato giurisdizionale  (rispetto  al
contenzioso tuttora pendente) e, comunque ad eludere  le  indicazioni
conformative ricavabili dalle sentenze,  passate  in  giudicato,  del
TAR; 
          non  terrebbe  in  alcun  conto  il  profondo  e   radicale
mutamento  della  situazione  di  mercato,  si   da   rafforzare   la
discriminazione dei vecchi concessionari  rispetto  ai  concessionari
c.d. "Bersani"; 
          si porrebbe in contrasto con  l'art.  6  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali che afferma il  diritto  al  "giusto  processo"  (avente
rango costituzionale per effetto del rinvio  operato  dall'art.  117,
comma 1, Cost.); 
          sarebbero comunque insussistenti quelle "ragioni imperative
di interesse generale" che consentono di derogare a tale principio; 
    La difesa erariale con memoria depositata in data  3.11.2012,  ha
eccepito che la disposizione dell'art. 10, comma 5, del decreto-legge
n.  16/2012  non  e'  lesiva  di  interessi  delle  ricorrenti,   ne'
limitativa  della  tutela  giurisdizionale,  perche'   definisce   la
problematica in questione,  stabilendo  una  misura  economica  delle
somme dovute e non versate (che,  in  base  alla  giurisprudenza  del
giudice amministrativo, non potevano  essere  richieste  prima  della
individuazione delle c.d. misure  di  salvaguardia)  e  abrogando  la
disposizione fonte delle cd. misure di salvaguardia, in linea  con  i
principi enunciati nella sentenza della Corte  di  Giustizia  del  16
febbraio 2012 medio tempore depositata. 
    In particolare la difesa erariale  richiama  il  punto  57  della
predetta sentenza della Corte di Giustizia, ove  si  afferma  che  il
principio di parita' di trattamento impone che  «tutti  i  potenziali
offerenti dispongano di uguali opportunita', ed  implica  dunque  che
costoro siano assoggettati alle  medesime  condizioni.  Cio'  vale  a
maggior  ragione  in  una  situazione  quale  quella  in  esame   nei
procedimenti  principali,  in  cui   una   violazione   del   diritto
dell'Unione da parte  dell'autorita'  aggiudicatrice  interessata  ha
gia' avuto come conseguenza una disparita' di trattamento in danno di
alcuni operatori», ed il punto 59 della  medesima  sentenza,  ove  si
afferma che  il  principio  di  parita'  di  trattamento  impone  che
«ragioni di natura economica - come  l'obiettivo  di  garantire  agli
operatori aggiudicatari di concessioni  dopo  la  gara  del  1999  la
continuita', la stabilita' finanziaria  o  una  giusta  remunerazione
degli investimenti realizzati - non possono essere riconosciute quali
motivi imperativi di interesse generale  idonei  a  giustificare  una
restrizione di  una  liberta'  fondamentale  garantita  dal  Trattato
(sentenza Commissione/Italia, cit., punto 35 e la giurisprudenza  ivi
citata,  nonche'  sentenza  dell'11  marzo  2010,  Attanasio   Group,
C-384/08, Racc. pag. 1-2055, punti 53-56)». 
    Parte ricorrente ha depositato una memoria di replica. 
    Il ricorso,  e  i  motivi  aggiunti,  sono  stati  trattenuti  in
decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2012. 
 
                               Diritto 
 
    1. In  via  preliminare,  il  Collegio  ritiene  che  il  ricorso
principale, debba essere dichiarato improcedibile,  per  sopravvenuta
carenza di interesse, alla luce delle seguenti considerazioni: 
        A) la presente  controversia  rientra  tra  le  "controversie
pendenti" alle quali si riferisce la disposizione dell'art. 10, comma
5, del decreto-legge n. 16/2012; 
        B) a  prescindere  da  ogni  considerazione  in  merito  alla
legittimita' costituzionale di tale disposizione,  si  deve  ritenere
che la stessa abbia imposto alle amministrazioni interessate un  vero
e proprio  obbligo  di  procedere  alla  definizione,  anche  in  via
transattiva, delle controversie relative  all'integrazione  dei  c.d.
minimi garantiti, attraverso la "definizione, in via  equitativa,  di
una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora  dovute
dai  concessionari  ...  con  individuazione   delle   modalita'   di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie"; 
        C) stante quanto  precede,  si  deve  ritenere  altresi'  che
l'insorgenza di tale obbligo abbia  determinato  l'inefficacia  delle
precedenti richieste di pagamento delle  somme  dovute  a  titolo  di
integrazione dei minimi garantiti, perche' la riduzione non superiore
al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari storici e'
evidentemente prevista  in  connessione  con  l'abrogazione  espressa
della disposizione dell'articolo 38, comma  4,  la  lettera  l),  del
decreto-legge n. 223/2006, che  prevedeva  l'obbligo  di  individuare
misure di salvaguardia per i predetti concessionari, ma  che  non  ha
mai avuto attuazione da parte delle amministrazioni interessate (come
si evince dal verbale della conferenza di  servizi  del  30  novembre
2011). 
    2.  Relativamente  ai  motivi  aggiunti,  aventi  ad  oggetto  la
determinazione in data 15 giugno 2012  con  la  quale  l'A.A.M.S.  ha
richiesto il pagamento delle somme dovute a  titolo  di  integrazione
dei minimi annui garantiti ricalcolate con una riduzione  del  5%  ai
sensi  della  predetta  disposizione  dell'art.  10,  comma  5,   del
decreto-legge n. 16/2012, il Collegio osserva, in primo luogo, che  i
provvedimenti  impugnati,  non  costituiscono   una   mera   proposta
transattiva, bensi' sono chiaramente  preordinati  e  finalizzati  al
recupero delle somme ancora dovute dai concessionari. 
    Posta tale premessa, e' necessario altresi'  evidenziare  che  la
riduzione  equitativa   prevista   dell'art.   10,   comma   5,   del
decreto-legge n.  16/2012,  da  un  lato,  deve  essere  intesa  come
attuativa dell'obbligo di individuazione delle misure di salvaguardia
e, dall'altro, ha comportato l'abrogazione espressa dell'articolo 38,
comma 4, la lettera l),  del  decreto-legge  n.  223/2006.  In  altri
termini, il Collegio condivide la tesi (su cui si  fondano  le  nuove
richieste di pagamento formulata dall'A.A.M.S.), secondo la quale - a
fronte della mancata definizione in via amministrativa  delle  misure
di salvaguardia previste dall'articolo 38, comma 4,  la  lettera  l),
del decreto-legge n. 223/2006 e delle numerose controversie insorte a
seguito delle richieste di pagamento dei minimi  garantiti  formulate
dall'A.A.M.S. all'inizio del 2012 nonostante la  mancata  definizione
in via amministrativa delle predette  misure  di  salvaguardia  -  il
legislatore e' intervenuto con una  legge-provvedimento  (l'art.  10,
comma 5, del decreto-legge n. 16/2012) destinata  ad  incidere  sulle
controversie  pendenti,  abrogando  il  meccanismo  di   salvaguardia
previsto dall'articolo 38, comma 4, la lettera l), del  decreto-legge
n. 223/2006 e sostituendo tale meccanismo con un diverso  meccanismo,
costituito essenzialmente da una riduzione, predeterminata per  legge
in misura non superiore al 5 per cento, delle somme ancora dovute dai
concessionari a titolo di minimi garantiti. 
    Orbene, sebbene il legislatore abbia manifestato la  volonta'  di
tener conto  della  peculiare  posizione  dei  concessionari  storici
introducendo il diverso meccanismo  costituito  dalla  riduzione,  in
misura non superiore al 5 per cento,  delle  somme  ancora  dovute  a
titolo di minimi garantiti, appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione dell'art. 10, comma 5, decreto-legge n. 16/2012  che  il
Collegio  intende  sollevare,  d'ufficio,  nei  termini  di   seguito
indicati. 
    3. Innanzi tutto, in punto di rilevanza della questione,  occorre
ribadire che l'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16/2012,  ha
abrogato la disposizione dell'articolo 38, comma 4, del decreto-legge
n. 223/2006, che aveva  introdotto  -  in  favore  dei  concessionari
storici (ivi compresa le  parti  ricorrenti),  in  quanto  tenute  al
pagamento dei  minimi  garantiti  -  l'obbligo  di  definire  in  via
amministrativa misure di salvaguardia volte a garantire  l'equilibrio
economico di tali  soggetti  ed  ha  previsto  a  tutela  di  costoro
soltanto la possibilita' di  ottenere  una  riduzione,  peraltro  non
superiore al 5 per cento, delle  somme  ancora  dovute  a  titolo  di
minimi garantiti. 
    Infatti questa stessa Sezione nella sentenza n. 8520  in  data  7
novembre 2011 ha da ultimo ribadito che la disposizione dell'art. 38,
comma 4, lettera l), della legge n. 223 del 2006 e' stata  introdotta
a garanzia dei concessionari storici, essendo l'obbligo  di  definire
le  modalita'  di  salvaguardia  di  tali  soggetti  finalizzato   «a
consentire  il  riequilibrio  delle  obbligazioni  consacrate   nelle
concessioni per la raccolta di scommesse ippiche gia' rilasciate,  in
ragione del mutato assetto del  mercato  delle  scommesse  ippiche  e
della   riconfigurazione   dell'assetto   distributivo   territoriale
dell'offerta di gioco,  come  ridisegnati  dalla  riforma  introdotta
dall'art.  38  del  decreto  legge  "Bersani",  che  ha   determinato
l'apertura del mercato dei giochi pubblici e l'attivazione  di  nuove
concessioni secondo una diffusione capillare  sul  territorio  e  con
piu' favorevoli condizioni di  esercizio  e  di  reddivita'»,  ed  ha
evidenziato,  nel  contempo,  come  l'introduzione  dell'obbligo   di
definire tali modalita' di salvaguardia  rendesse  «inapplicabile  il
contenuto del decreto interministeriale del 10 ottobre 2003 che aveva
stabilito, sotto la vigenza della precedente normativa, il metodo  di
calcolo per individuare il c.d. minimo garantito». 
    Risulta, quindi, evidente che, per effetto dell'abrogazione della
disposizione  dell'articolo  38,  comma  4,  del   decreto-legge   n.
223/2006, le ricorrenti non possono piu' beneficiare delle  modalita'
di salvaguardia previste da tale disposizione. 
    Passando ora al profilo della non  manifesta  infondatezza  della
questione, il Collegio preliminarmente rammenta che (come rilevato da
questa stessa Sezione nella recente  ordinanza  n.  685  in  data  26
luglio 2012) la questione della compatibilita'  costituzionale  delle
c.d.  leggi-provvedimento  (e  cioe'  di  quegli   atti   formalmente
legislativi che tengono luogo  di  provvedimenti  amministrativi,  in
quanto dispongono, in concreto, su  casi  e  rapporti  specifici)  e'
ormai  definitivamente  risolta  dalla  giurisprudenza  della   Corte
Costituzionale e dei Giudici  amministrativi  con  l'affermazione  di
principi ormai consolidati. In particolare: 
        A) la Consulta ha riconosciuto l'ammissibilita' di tali  atti
normativi in base al rilievo dell'insussistenza di  una  "riserva  di
amministrazione",  ossia  evidenziando  che   la   Costituzione   non
garantisce  ai  pubblici  poteri  l'esclusivita'   delle   pertinenti
attribuzioni gestorie e  non  configura  per  il  legislatore  limiti
diversi da  quelli  (formali)  dell'osservanza  del  procedimento  di
formazione  delle  leggi,  omettendo  di  prescrivere  il   contenuto
sostanziale ed i caratteri essenziali dei  precetti  legislativi  (ex
multis, sentenza n. 347 del 1995); 
        B)  una  volta  ammessa  la  compatibilita'  delle  leggi  in
sostituzione di provvedimento con il vigente assetto  costituzionale,
la prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV,
9  marzo  2012,   n.   1349)   ritiene   che,   a   fronte   di   una
legge-provvedimento, i  diritti  di  difesa  del  soggetto  leso  non
vengano   ablati,   ma   si   trasferiscano    dalla    giurisdizione
amministrativa alla giustizia costituzionale. Il corollario  di  tale
ricostruzione dogmatica dell'assetto  della  tutela  delle  posizioni
incise dalla legge-provvedimento e', dunque, la valorizzazione  della
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
sino  a  renderlo  anche  piu'  incisivo  di  quello  giurisdizionale
sull'eccesso di potere, e cio' in modo  da  riconoscere  al  privato,
seppur nella forma indiretta della rimessione  della  questione  alla
Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione
ed un'occasione  di  difesa  pari  a  quella  offerta  dal  sindacato
giurisdizionale sugli atti amministrativi; 
        C)  con  particolare   riferimento   al   rapporto   tra   la
legge-provvedimento   di    approvazione    di    un    provvedimento
amministrativo  gia'  adottato  e  la  pendenza  di  un  procedimento
giurisdizionale avente  ad  oggetto  tale  provvedimento,  merita  di
essere condivisa la tesi (T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 19 aprile 2006,
n. 1362) secondo la quale: a) la mera  pendenza  di  un  ricorso  non
impedisce  l'approvazione  della  legge-provvedimento,   in   quanto,
diversamente opinando, si finirebbe con l'ammettere un  vulnus  delle
prerogative delle assemblee legislative, mediante  l'introduzione  di
un inammissibile nuovo limite, non  codificato,  all'esercizio  della
relativa  funzione;  b)  solo  la  formazione  del   giudicato   puo'
paralizzare un intervento  legislativo  contrastante  con  il  dictum
giurisdizionale, in modo da evitare (in coerenza  con  l'assetto  dei
poteri delineato dalla Costituzione) l'irrimediabile sacrificio delle
garanzie di tutela giurisdizione; c) la pendenza di un ricorso avente
ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da  approvare  con
la legge non si rivela, comunque, del tutto indifferente ai fini  del
corretto  esercizio  della  funzione  legislativa,  proprio   perche'
l'eventuale e comprovata esclusiva finalizzazione  della  legge  alla
sottrazione  dell'oggetto  del  sindacato  giurisdizionale  (ed  alla
conseguente  privazione   della   stessa   possibilita'   di   tutela
giurisdizionale   per   l'interessato)   costituirebbe   un    indice
sintomatico dell'irragionevolezza della legge-provvedimento. 
    Tenuto conto di quanto precede, nonche' del fatto che  -  secondo
quanto affermato  non  solo  da  questa  stessa  Sezione  nella  gia'
richiamata sentenza n. 8520 in data 7 novembre 2011 e nelle ulteriori
sentenze n. 6520 in data 7 luglio 2009 e n. 7632 in  data  28  luglio
2009, ma anche dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (ordinanza
31 agosto 2011, n. 3849) - i provvedimenti di  riscossione  di  somme
per il raggiungimento dei minimi  garantiti  richiedevano  la  previa
definizione delle c.d. misure di salvaguardia di cui all'articolo 38,
comma 4, lettera  D,  del  decreto-legge  n.  223/2006,  il  Collegio
ritiene non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16/2012
per contrasto con il generale principio di ragionevolezza, desumibile
dall'art. 3 della Costituzione (ex multis, Corte Cost. 9 marzo  2012,
n. 53), con i principi in materia di tutela giurisdizionale avverso i
provvedimenti dell'amministrazione, sanciti dagli articoli 24,  comma
1, 103, comma 1, e 113 della Costituzione, con il principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa (art. 97), nonche', infine,  con
il principio del giusto processo (art. 111 e art. 6  della  CEDU,  in
rapporto all'art. 117, comma 1, Cost.) -  alla  luce  delle  seguenti
considerazioni: 
        A) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare illogica ed irrazionale, perche' il  Legislatore  -
nel sostituire ad un  meccanismo  flessibile,  come  quello  indicato
dall'articolo 38, comma 4, lettera l), del decreto-legge n.  223/2006
(che affidava alla stessa amministrazione il compito  di  individuare
le concrete misure di salvaguardia per i concessionari storici, senza
fissare  tetti  massimi,  ma  dando  per   scontata   l'esigenza   di
parametrare le misure all'andamento del mercato delle  scommesse,  in
modo da impedire che il pagamento dei minimi garantiti,  in  presenza
di una maggiore concorrenza nel mercato, dovuta all'ingresso di nuovi
concessionari,  potesse  pregiudicare  l'equilibrio   economico   dei
concessionari storici)  con  un  meccanismo  che  consente  solo  una
riduzione  forfettaria,  fino  ad  un  massimo  del  5%,  dei  minimi
garantiti dovuti in base al "vecchio" decreto  interministeriale  del
10 ottobre 2003 ha agito al (dichiarato) fine di perseguire  maggiore
efficienza ed economicita'  dell'azione  amministrativa  mediante  la
definizione stragiudiziale di ogni controversia pendente, ma  non  ha
considerato che la predetta riduzione forfettaria non appare adeguata
per garantire l'equilibrio economico dei concessionari storici. 
    E' ad esempio innegabile che al «mutato assetto del mercato delle
scommesse ippiche e della riconfigurazione dell'assetto  distributivo
territoriale dell'offerta di gioco, come  ridisegnati  dalla  riforma
introdotta  dall'art.  38  del  decreto  legge   "Bersani"   che   ha
determinato  l'apertura   del   mercato   dei   giochi   pubblici   e
l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione  capillare
sul territorio e con piu' favorevoli condizioni  di  esercizio  e  di
reddivita'» (evidenziato nella gia' richiamata sentenza  n.  8520  in
data 7 novembre 2011), si siano, nel tempo, aggiunti gli effetti  del
«mercato parallelo» gestito dai c.d. CTD (centri trasmissione  dati),
ossia gli effetti della presenza nel mercato italiano delle scommesse
di operatori economici di altri Stati membri che agiscono  attraverso
i predetti CTD,  in  assenza  di  concessione,  nell'esercizio  delle
liberta' di stabilimento e prestazione dei servizi  transfrontalieri,
garantite dagli articoli 49 e ss.  e  29  e  ss.  TFUE  (si  veda  al
riguardo la sentenza della Corte di  Giustizia  Costa-Cifone  del  16
febbraio 2012, emessa nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10). 
    La  misura  stabilita  direttamente  dal  legislatore,  pertanto,
appare del tutto slegata dalla realta' fattuale,  tanto  che  nemmeno
dagli atti parlamentari e' possibile capire quale tipo di istruttoria
sia stata compiuta. 
    E cio', anche volendo considerare  la  necessita'  per  lo  Stato
italiano (richiamata dalla difesa erariale) di adeguarsi ai  principi
di parita' di trattamento e di tutela della concorrenza, sanciti,  in
materia, dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. 
    Si tratta, infatti, di principi, almeno in  astratto,  pienamente
compatibili con  la  riduzione  ad  equita'  delle  condizioni  delle
convenzioni accessive alla concessioni c.d. storiche. 
    Di  talche'  e'  evidente  che  l'individuazione  del  punto   di
equilibrio tra un'eventuale vantaggio competitivo goduto  in  passato
dai  titolari  di  siffatte  concessioni,  e  l'attuale  assetto  del
mercato, doveva essere il  frutto,  quantomeno,  di  una  compiuta  e
approfondita analisi di cui pero', nel caso  di  specie,  non  vi  e'
traccia; 
        B) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare quindi effettivamente finalizzata al solo scopo  di
sottrarre i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso principale al
sindacato giurisdizionale (e, quindi, a vanificare  il  diritto  alla
tutela giurisdizionale delle parti ricorrenti), perche' - a fronte di
quanto affermato non solo da questa stessa Sezione,  ma  anche  dalla
Quarta Sezione del Consiglio di Stato nelle pronunce innanzi citate -
il legislatore e' intervenuto introducendo una nuova  disciplina  che
non consente oramai alcuna forma di sindacato  giurisdizionale  sulla
mancata adozione, da  parte  dell'Amministrazione  competente,  delle
misure di salvaguardia previste dall'articolo 38,  comma  4,  lettera
l), del decreto-legge n. 223/2006. 
    Ne consegue che la predetta disposizione vanifica il diritto  dei
concessionari storici di agire in giudizio per  tutelare  il  proprio
equilibrio economico a fronte del mutato assetto  del  mercato  delle
scommesse ed integra, altresi', la violazione del diritto  al  giusto
processo,  quale  consacrato  nell'art.  111  della  Costituzione   e
nell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali  (avente  pur  esso  rango
costituzionale per effetto del rinvio  agli  obblighi  internazionali
pattizi  di  cui  all'art.  117,   comma   1,   Cost.;   cfr.   Corte
Costituzionale, sentenze nn. 348 e 349 del 2007). 
    4.  Quanto  appena  argomentato  giustifica  la  valutazione   di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione in relazione agli  articoli
3, 24, comma 1, 97, 103, comma 1, 111, 113  e  117,  comma  1,  della
Costituzione; 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  Costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Non definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi  aggiunti
di cui in premessa, cosi' provvede: 
        1)  dichiara  il   ricorso   principale   improcedibile   per
sopravvenuta carenza di interesse; 
        2) relativamente ai motivi aggiunti, dichiara rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 2  marzo  2012,  n.  16,
convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 -  nella  parte  in  cui
dispone  che  "al  fine  di   perseguire   maggiore   efficienza   ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo  del  settore  ippico  -  ASSI,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati:  ...  b)  relativamente  alle  quote  di
prelievo di cui all'articolo 12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento   delle    garanzie    fideiussorie.    Conseguentemente,
all'articolo 38, comma 4, , del decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,  la
lettera l) e' soppressa" - in relazione agli articoli 3, 24, comma 1,
97, 103, comma 1, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione; 
        3) dispone la sospensione  del  giudizio  e  la  trasmissione
degli atti Corte Costituzionale; 
        4) rinvia ogni ulteriore statuizione in rito,  nel  merito  e
sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale  promosso  con
la presente pronuncia; 
        5) ordina che, a cura  della  Segreteria  della  Sezione,  la
presente sentenza parziale sia notificata alle parti costituite e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
        Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del  giorno  5
dicembre 2012. 
 
                        Il Presidente: Tosti 
 
 
                                                 L'Estensore: Martino