N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2012
Ordinanza del 17 aprile 2012 emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana - sez. riunite sul ricorso proposto da Insinga Antonio ed altri contro Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruizione della Regione Siciliana. Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Personale regionale in servizio o a riposo - Competenze spettanti a titolo di stipendio o pensione - Previsione, per il periodo intercorrente tra la maturazione del diritto e fino alla data di liquidazione dello stesso, degli interessi nella misura legale, nonche' della rivalutazione maturata del credito, applicando l'indice dei prezzi previsto dall'art. 150 del d.m. n. 1368 del 1941 e successive modificazioni ed integrazioni - Violazione del principio di uguaglianza - Violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile - Lesione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica. - Legge della Regione Siciliana 15 giugno 1988, n. 11, art. 30, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, e 117, commi secondo, lett. l), e terzo; Statuto della Regione Siciliana, art. 14.(GU n.24 del 12-6-2013 )
IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA Oggetto: Ricorso straordinario dei Sigg.ri: Insinga Antonio, Pezzimenti Gabriella, Palazzolo Francesca, Caldarella Gabriella, Cossentino Giovanna, Campisi Daniela, Graziano Luciana, Minissale Nunzia, Scarpello Gaetana, Spina Vincenzo, Tavella Simonetta, Ciraulo Cinzia, Buttafuoco Maria, Teresi Margherita, Giacalone Elvira, Di Leo Margherita, Vaccaro Anna Maria, Zimmardi Maria Carmela, Terranova Anna Maria, Militello Francesca, Cantone Venera e Valenti Maria Concetta per l'annullamento della nota del 31 maggio 1996, prot. n. 6273, con cui l'Assessore ai BB.CC.AA. della Regione siciliana ha respinto la richiesta di pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sui crediti di lavoro tardivamente soddisfatti. Vista la relazione n. 19147/1300.96.8 del 10 giugno 2011, con cui la Presidenza della Regione siciliana - Ufficio legislativo e legale - ha chiesto il parere di questo Consiglio sul ricorso straordinario indicato in oggetto. Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere di Stato Ermanno de Francisco. Fatto I ricorrenti di cui in epigrafe hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana, ai sensi del combinato disposto dell'art. 23, IV comma, dello Statuto della Regione siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, e dell'art. 9, comma 4, del D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, per l'annullamento della nota 31 maggio 1996, prot. n. 6273, con cui l'Assessore ai beni culturali e ambientali della Regione siciliana ha disatteso la richiesta di pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sui crediti di lavoro degli stessi ricorrenti che sono stati tardivamente soddisfatti. I ricorrenti, premesso di essere tutti dipendenti di ruolo dell'Assessorato ai beni culturali e ambientali della Regione siciliana con la qualifica di Assistente tecnico bibliotecario, espongono di aver tardivamente percepito, nel luglio del 1995, l'indennita' video ad essi spettante e relativa agli anni 1990-1994; di aver percepito in data 21 marzo 1996 la stessa indennita' relativa all'anno 1995, nonche' l'indennita' di turnazione per i mesi di novembre e dicembre 1995 e il F.E.S. per i mesi di ottobre-dicembre 1995. Ritenendo, altresi', di non aver percepito l'indennita' di turnazione relativa ai mesi di settembre e ottobre 1995, nonche' l'indennita' video, turnazione e straordinario relativa ai mesi di gennaio 1996, e rilevato che non erano stati loro corrisposti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulle somme rivalutate delle indennita' pagate in ritardo, in data 4 aprile 1996 hanno notificato una diffida per il pagamento di tutte le voci teste' indicate. In esito a detta diffida, nel maggio 1996 l'amministrazione regionale ha proceduto a pagare alcune di dette voci, e segnatamente: i compensi per l'indennita' di turnazione per i mesi di settembre e ottobre 1995, di gennaio-marzo 1996, e per il lavoro straordinario dei mesi gennaio-marzo 1996; nondimeno, con la nota qui impugnata, respingeva l'istanza di pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme tardivamente corrisposte, assumendo che detti accessori possono essere riconosciuti solo sulle somme erogate a titolo di stipendio o di pensione. Con il ricorso in trattazione sono stati proposti i seguenti motivi di ricorso: 1) violazione ed errata applicazione dell'art. 30, comma 2, della legge regionale 15 giugno 1988, n. 11, in relazione alla legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41; eccesso di potere per errore nei presupposti; 2) violazione dei principi generali in materia di diritto alla corresponsione della rivalutazione e degli interessi sugli emolumenti arretrati. Piu' in particolare, con il primo motivo e' stata dedotta l'erroneita' dell'assunto della Regione, secondo cui ai sensi del cit. art. 30 la rivalutazione e gli interessi legali sarebbero dovuti soltanto per il ritardato pagamento di stipendio o pensione, in quanto il secondo comma dello stesso articolo estenderebbe il medesimo trattamento anche alle somme da erogarsi ai sensi della cit. L.R. n. 41/1985, tra cui (ai sensi dei relativi artt. 30, 35, 36, 39, 40 e 41) rientrano altresi' le ulteriori voci retributive di cui si e' detto; mentre il secondo motivo si richiama agli orientamenti della giurisprudenza amministrativa e della Funzione pubblica, secondo cui la rivalutazione e gli interessi sono dovuti su tutti i crediti lavorativi o assimilati, ove soddisfatti in ritardo. L'Ufficio riferente ha concluso per l'accoglimento del ricorso, per quanto riguarda il pagamento della rivalutazione e degli interessi legali sui crediti relativi alle indennita' di cui alla cit. L.R. n. 41/1985; e, per il resto, per l'applicazione della disciplina generale sui crediti di lavoro dei pubblici dipendenti. Diritto 1. - Si premette che il presente ricorso straordinario e' sicuramente ammissibile - nonostante l'art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo, ai sensi del quale "il ricorso straordinario e' ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa", tra cui non rientrano piu' quelle concernenti i diritti soggettivi nella materia dell'impiego alle dipendenze di amministrazioni pubbliche - dovendosi seguire l'orientamento gia' tracciato da C.d.S., Ad. Gen., 10 giugno 1999, n. 7/99, e poi ulteriormente ribadito da C.d.S., Ad. Gen. , 22 febbraio 2011, n. 4520/10, in base al quale e' ammissibile il ricorso straordinario contro atti solo soggettivamente amministrativi in materia di diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione ordinaria, purche' il ricorso stesso sia stato proposto entro il 15 settembre 2010 (altrimenti ostando alla sua ammissibilita' la contraria previsione di cui al cit. art. 7, comma 8, che va pero' riferita ai soli ricorsi introdotti successivamente a tale data): in questo senso, e pluribus, cfr. il parere di queste Sezioni riunite 25 settembre 2012, n. 387/12. Sicche' il ricorso di cui trattasi, giacche' proposto il 9 luglio 1996, e' ammissibile. 2. - La controversia sottoposta al parere di queste Sezioni riunite concerne la spettanza della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme (anno per anno) rivalutate, relativamente ai crediti, tardivamente soddisfatti, per alcune indennita' correlate al rapporto di lavoro prestato dai ricorrenti alle dipendenze della Regione siciliana e disciplinate dal combinato disposto degli artt. 30 della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, e da 35 a 41 della L.R. 29 ottobre 1985, n. 41. Come accennato nella superiore narrativa in fatto, l'Ufficio riferente ha concluso nel senso della spettanza cumulata di rivalutazione e interessi, ai sensi dell'art. 30, comma 2, della cit. L.R. n. 11/1988, relativamente ai soli crediti per le indennita' previste dalla L.R. n. 41/1985, ivi richiamata; non ha, invece, ritenuto la spettanza del cumulo tra rivalutazione e interessi - ai sensi del combinato disposto degli artt. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 - per i crediti sorti successivamente al 31 dicembre 1994 che siano diversi da quelli fondati sulla cit. L.R. n. 41/1985. Tale conclusione, evidentemente, si fonda sull'implicito assunto che la specifica disposizione dell'art. 30, comma 2, L.R. n. 11/1988 prevalga sulla successiva legislazione statale, nella materia dell'impiego alle dipendenze della Regione siciliana; giacche' in detto ambito l'art. 14, lett. q), dello Statuto della Regione siciliana assegna a quest'ultima competenza legislativa primaria, o esclusiva ("L'Assemblea, nell'ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie: ... q) stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato"). 3. - Il richiamato art. 30 della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, dello Statuto regionale, stabilisce, nei suoi commi 1 e 2, che: «1. Al personale dell'Amministrazione regionale in servizio o a riposo, per i periodi di tempo intercorrenti dal primo del mese successivo alla maturazione del diritto e fino alla data di liquidazione delle competenze economiche spettanti a titolo di stipendio o di pensione, sono dovuti gli interessi nella misura legale nonche' la rivalutazione monetaria del valore del credito, applicando l'indice dei prezzi previsto dall'articolo 150 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Le disposizioni del precedente comma si applicano anche per le somme erogate o da erogare al personale in servizio o a riposo ai sensi della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche ed integrazioni.». Orbene, come e' stato esattamente dedotto dai ricorrenti, il cumulo di rivalutazione e interessi non e' previsto dal cit. art. 30 soltanto per "le competenze economiche spettanti a titolo di stipendio o pensione" (comma 1); bensi' "anche per le somme erogate o da erogare ... ai sensi della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41". Tra tali ultime somme, ai sensi dei relativi artt. 30, 35, 36, 39, 40 e 41, rientrano l'indennita' per il lavoro straordinario, l'indennita' di produttivita', l'indennita' di missione, l'indennita' prevista per il personale addetto ai centri elettronici e meccanografici, quelle per i conducenti di autoveicoli e per i centralinisti non vedenti, e quella per il maneggio dei valori di cassa. 4. - Almeno due delle voci retributive tardivamente corrisposte, cui e' riferito il ricorso in trattazione, sono senza dubbio ricomprese tra quelle suindicate: l'indennita' di lavoro straordinario (art. 30 L.R. cit.) e l'indennita' video (art. 39 L.R. cit.), mentre, non sembra riconducibile alla cit. L.R. n. 41/1985 l'indennita' di turnazione, che si basa sull'art. 8 della L.R. n. 11/1988: ad essa, dunque, non si puo' considerare esteso il rinvio operato dall'art. 30, comma 2, della stessa L.R. n. 11/1988. Ne deriva che, per quanto attiene all'indennita' di turnazione, il cumulo di rivalutazione e interessi legali resta disciplinato in modo eguale a quanto previsto per tutti i crediti di lavoro dalla legislazione nazionale (artt. 429, III comma, c.p.c.; art. 16, comma 6, legge n. 412/1991, e art. 22, comma 36, legge n. 724/1994), che ne ha previsto la spettanza fino al 31 dicembre 1994, e invece l'assorbimento dell'uno nell'altro - e, dunque, in sostanza il diritto a ottenere unicamente il maggiore importo tra quanto sarebbe spettato a titolo di rivalutazione e quanto invece a titolo di interessi legali - a partire dal 1 gennaio 1995. 5. - Questione assai piu' problematica e', viceversa, quella relativa agli accessori dei crediti per l'indennita' di lavoro straordinario e per l'indennita' video. Si e' gia' detto che tali indennita' sono previste, rispettivamente, dagli artt. 30 e 39 della cit. L.R. n. 41/1985; con il corollario che in caso di tardiva corresponsione, per effetto del rinvio a essi operato dal cit. art. 30, comma 2, della L.R. n. 11/1988, i dipendenti della Regione siciliana hanno diritto a percepire altresi' "gli interessi nella misura legale nonche' la rivalutazione monetaria del valore del credito". Tale espressione, ad avviso del Collegio, non puo' avere altro significato che quello di attribuire il diritto a ottenere il pagamento in via cumulativa (e non gia' alternativa) degli interessi legali e della rivalutazione monetaria. Con il corollario che - ai sensi del cit, alt 30 L.R. 15 giugno 1988, n, 11, e delle altre norme ivi richiamate - in sede di decisione del presente ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana sulle due indennita' da ultime indicate ai ricorrenti andrebbe riconosciuto il diritto a percepire cumulativamente interessi e rivalutazione. 6. - Nondimeno, queste Sezioni riunite dubitano della legittimita' costituzionale del cit. art. 30 della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, proprio nella parte in cui prevede la spettanza cumulativa di interessi legali e rivalutazione monetaria, anziche' il diritto - che sarebbe altrimenti scaturito dall'applicazione della pertinente normativa statale - a percepire, alternativamente, solo il maggior importo tra tali due voci accessorie. Si ritiene, conseguentemente, di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale di detto art. 30, nei termini che saranno appresso precisati. Cio' in quanto, attualmente, l'art. 13, I comma, terzo periodo, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, per come modificato dall'art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n, 69, prevede che il Consiglio di Stato - ovvero, in Sicilia, le Sezioni riunite di questo Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ai sensi del combinato disposto dell'art. 23, IV comma, dello Statuto della Regione siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, e dell'art. 9, comma 4, del D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 - "Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche' la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati". 7. - In ordine alla rilevanza della questione, si e' gia' osservato che - qualora fosse confermata la conformita' alla Costituzione dell'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno 1988, n. 11 - il presente ricorso straordinario dovrebbe necessariamente essere deciso, per quanto riguarda due delle indennita' per cui e' causa (l'indennita' per lavoro straordinario e l'indennita' video), nel senso di riconoscere ai ricorrenti il diritto a cumulare gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, secondo quanto previsto dai commi 1 e 2 del cit. art. 30 (in particolare a causa della parola "nonche'", presente nel comma I di detto art. 30, in luogo della parola "ovvero"), anche per le mensilita' controverse successive al 31 dicembre 1994. Nel caso opposto, viceversa, il ricorso straordinario dovrebbe essere deciso nel senso della non spettanza cumulativa di rivalutazione e interessi, bensi' solo di uno (il maggiore) tra detti accessori del credito di lavoro pubblico (cio' ineluttabilmente derivando dall'applicazione della pertinente normativa statale che conseguirebbe all'invocata declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma regionale), per quanto concerne le pretese fatte valere relativamente al 31 dicembre 1994 (giacche' per quelle anteriori non si pone alcun problema, essendoci stata piena coincidenza, fino a tale data, tra le previsioni della legislazione statale e quelle della legge regionale). Sicche' e' evidente che - in parte qua, e cioe' per quello che attiene ai periodi successivi al 1994 - la controversia in esame non possa essere decisa prescindendo dalla soluzione della questione di legittimita' costituzionale di detta disposizione. 8. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. dell'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, si rimettono all'ill.ma Corte costituzionale tre profili alternativi di ipotetica illegittimita'. I) Violazione degli artt. 3 e 117, II comma, lett. l), Costituzione, e dei limiti alla competenza legislativa regionale siciliana derivanti dall'art. 14 dello Statuto. In primo luogo, queste Sezioni Riunite dubitano della conformita' a Costituzione dell'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, nella parte in cui - in preteso (ma in effetti esorbitante) esercizio della competenza legislativa esclusiva conferita dal cit. art. 14, lett. q), dello Statuto regionale siciliano - la norma regionale disciplina un settore che, afferendo in realta' al regime degli accessori del credito spettanti in caso di ritardato pagamento, parrebbe invece esulare dall'ambito della materia dello "stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione" (di cui al cit. art. 14 dello Statuto regionale), dovendo viceversa rientrare nel ben diverso ambito materiale dell'ordinamento civile" (nonche' della "giurisdizione e norme processuali", se tra esse si ritenga di annoverare l'art. 429, III comma, c.p.c., a onta della sua valenza sostanziale), che l'art. 117, Il comma, lett. l), della Costituzione, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Si premette, ai fini della piu' precisa individuazione della materia di cui trattasi, che l'attribuzione del diritto a percepire i c.d. accessori del credito in caso di ritardato adempimento della prestazione pecuniaria principale dovuta dal datore di lavoro (Regione siciliana) ai propri dipendenti non sembra propriamente riconducibile all'ambito dello "stato ... economico degli impiegati e funzionari della Regione", giacche' non attiene alla determinazione dei relativi livelli retributivi di base (entita' dello stipendio spettante), bensi' alla disciplina degli istituti (c.d. accessori) risarcitoci e compensativi del pregiudizio che sia derivato al lavoratore per effetto della ritardata percezione delle somme a lui dovute (secondo il proprio "stato economico"). Ne consegue che tali crediti accessori (rispetto al credito retributivo principale) sembrano dover sfuggire radicalmente a ogni competenza legislativa regionale, in quanto rientranti nell'ambito degli istituti generali del diritto civile che - sia pure con modalita' differenziate in relazione ai diversi generi di creditori e alle pertinenti fonti del rapporto obbligatorio: diritto civile generale, diritto commerciale, diritto del lavoro e, nell'ambito di quest'ultimo, con differente considerazione normativa di quello che e' svolto alle dipendenze di datori di lavoro, da un lato, privati e, dall'altro lato, pubblici - il cit. art. 117, comma II, lett. l), della Costituzione demanda alla disciplina normativa, unitaria e uniforme, della legge statale, sub specie di "diritto civile". Se cio' e' esatto, la Regione siciliana ha legiferato non correttamente in tale campo - a mezzo del qui controverso art. 30, commi I e II, della L.R. n. 11/1988 - cosi' invadendo una materia di competenza statale. Ma, ancor piu', l'illegittimita' costituzionale di detto art. 30, commi I e II, si e' resa evidente - giacche' inizialmente la norma regionale non aveva altro effetto che quello di duplicare la stessa disciplina sostanziale (in termini di cumulabilita' tra interessi e rivalutazione) gia' prevista dalla legge statale, e in particolare dal cit. art. 429, ILI comma, c.p.c.; con il corollario che ogni ipotetica originaria illegittimita' di detta duplicazione non sarebbe sottoponibile al sindacato di codesta ill.ma Corte per palese difetto di rilevanza, stante l'identita' del precetto - dal l gennaio 1995, allorche' e' cessata la duplicazione formale della fonte d'un identico precetto sostanziale e si e' creata un'incolmabile dicotomia tra la disciplina statale dei predetti accessori del credito (in termini di alternativita' tra detti accessori), per quale risultante dal combinato disposto dei citt. artt. 16, comma 6, della legge n. 412/1991, e 22, comma 36, della legge n. 724/1994, e la perdurante previsione di cumulabilita' ancora recata dall'art. 30, commi I e II, L.R. n. 11/1988 (che e' rimasto modellato sulla falsariga del previgente art. 429, III comma, c.p.c.). Come si e' gia' accennato, con tale disposizione (artt. 16, comma 6, e 22, comma 36, cit.), a partire dal 1 gennaio 1995 il legislatore - con l'effettivo (e commendevole) intento di realizzare un concreto contenimento della spesa pubblica - ha abolito per un intero settore del diritto, quello dei crediti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche (per come restrittivamente rideterminato l'ambito di applicazione di dette norme da Corte cost. 2 novembre 2000, n. 459), la previgente disciplina (civilistica) degli accessori del credito, nei casi di ritardati pagamenti, basata sulla cumulabilita' di interessi e rivalutazione, sostituendola con l'attribuzione di una sola (la maggiore) di dette voci di credito accessorio. Appunto perche' afferisce alla regolamentazione degli accessori del credito a fronte della sua ritardata soddisfazione, la nuova disciplina e' una necessaria estrinsecazione della potesta' legislativa statale in materia ordinamento civile - di cui all'articolo 117, II comma lett. l), della Costituzione - che, peraltro nel silenzio sul punto dell'art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, indubbiamente si impone anche alle regioni a statuto speciale. Infatti, che gli accessori del credito (quale che sia l'entita' di esso) vadano ricompresi, quantomeno in termini di prevalenza, nell'ambito della materia dell'"ordinamento civile" consegue all'esigenza di garantire che la disciplina di detti accessori - anche ove relativi a crediti principali la cui determinazione, in quanto siano riconducibili allo "stato ... economico degli impiegati e funzionari della Regione", possa spettare, nei pertinenti limiti, alle singole regioni con proprie leggi - sia unitaria e uniforme per l'intero territorio della Repubblica, cosi' attuandosi un cogente profilo del principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione. In altri termini, si ritiene che - pur se il trattamento retributivo del personale possa essere stabilito in misura differente dalle diverse regioni fornite della pertinente competenza esclusiva - la disciplina dei relativi accessori spettanti nel caso di ritardato pagamento debba necessariamente essere uniforme sul territorio italiano, e vada percio' esegeticamente ricondotta alla materia (prevalente) dell'"ordinamento civile". Vi sarebbe evidentemente un'irragionevole disparita' di trattamento - in palese contrasto con il rubricato art. 3 cost. - che verrebbe a crearsi nell'ambito del pubblico impiego, quantomeno in danno dei dipendenti pubblici statali, qualora fosse consentito alle regioni e province autonome di adottare differenti (e piu' favorevoli) discipline delle conseguenze derivanti dal ritardo nella corresponsione degli emolumenti dovuti. Sicche', come si e' gia' evidenziato, il combinato disposto dei citt. art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991, e 22, comma 36, della legge n. 724/1994 fissa, per l'intero settore del pubblico impiego, un tipico limite di diritto privato, che, secondo la giurisprudenza di codesta Corte (fra le molte decisioni, sia anteriori che posteriori alla modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione, si vedano Corte cost. 16 giugno 2005, n. 234; 28 gennaio 2005, n. 50; 28 luglio 2004, n. 282; 6 novembre 2001, n. 352; 1 aprile 1998, n. 82), e' «fondato sull'esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati» e, come tale, si impone anche alle regioni a statuto speciale (Corte cost. 14 giugno 2007, n. 189; 16 giugno 2005, n. 234; 18 marzo 2005, n. 106; 28 luglio 2004, n. 282). Quello costituito dall'unitarieta' del diritto privato su tutto il territorio nazionale, come affermato dallo stesso Giudice delle leggi, integra un limite alla potesta' legislativa regionale che e' rimasto «fondamentalmente invariato nel passaggio dal vecchio al nuovo testo dell'articolo 117: vale a dire il limite individuato dalla costante giurisprudenza della Corte (e oggi espresso nella riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato della materia "ordinamento civile", ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione) consistente nel divieto di alterare le regole che disciplinano i rapporti tra privati» (cosi' Corte cost. 28 luglio 2004, n. 282). Per concludere sul punto, questo Collegio ritiene che, almeno dal 1 gennaio 1995, la legge regionale siciliana di cui trattasi sia da considerare costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli articoli 3 e 117, II comma, lett. l), Cost., nonche' con il parametro dell'art. 114, lett. q), dello Statuto regionale siciliano, ove rettamente inteso. II) In subordine: Violazione dell'art. 3 Cost. e dei limiti alla competenza legislativa regionale esclusiva, per contrasto con i vincoli all'esercizio di detta competenza costituiti dalle grandi riforme economico-sociali dello Stato, nonche' - comunque - dai principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica. Secondo l'avviso di queste Sezioni riunite, la norma che, per i crediti sorti successivamente al 31 dicembre 1994, e' stata introdotta nell'ordinamento nazionale dal combinato disposto degli artt. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 - sebbene per quale residuata dopo l'intervento, parzialmente demolitorio, di Corte cost. 2 novembre 2000, n. 459, cui si e' gia' accennato, che ne ha sostanzialmente limitato l'ambito applicativo ai rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche (quali sono, peraltro, quelli degli odierni ricorrenti) - nonostante la sua sintetica formulazione letterale e la contingente occasione in cui essa e' stata veicolata nell'ordinamento nazionale giuslavoristico (pubblico), non soltanto e' stata espressione di una grande riforma economico-sociale della Repubblica (per aver superato, sia pure soltanto nel piu' ristretto ambito che gli e' stato ritagliato dalla Corte costituzionale, ma nel quale comunque rientra la vicenda in esame, il pregresso principio, prettamente giuslavoristico, di automatica cumulabilita' di interessi legali e rivalutazione monetaria), ma altresi' ha introdotto, dal l gennaio 1995 in poi, un nuovo principio generale dell'ordinamento giuridico italiano, del tutto opposto a quello previgente, basato, in luogo della loro cumulabilita', sulla normale alternativita' della spettanza dell'uno o dell'altro accessorio dei crediti nati da rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche. Tale principio, infatti, e' volto a individuare - a fronte della sempre piu' grave scarsita' delle risorse finanziarie pubbliche rispetto alla molteplicita' dei bisogni, anche di grande rilievo costituzionale, che esse sarebbero chiamate a soddisfare - equilibrate modalita' di contemperamento tra l'esigenza di un'adeguata tutela del lavoratore dipendente dalle pubbliche amministrazioni con quella di non distogliere le limitate risorse contingentemente disponibili (e oggi ancor piu' preziose di allora) dal perseguimento di ulteriori interessi pubblici che il legislatore consideri prioritari o preminenti, ovvero comunque da contemperare tra loro. Il riconoscimento alla disposizione statale recata dall'articolo 22, comma 36, della legge n. 724/1994, della natura di grande riforma economico-sociale della Repubblica, la rende «idonea a imporsi a qualunque tipo di potesta' legislativa regionale», come e' stato affermato dal Giudice delle leggi anche dopo l'entrata in vigore del nuovo titolo V della Costituzione (Corte cost. 20 luglio 2006, n. 308 - riferita alla stessa Regione siciliana e parimenti attinente all'ambito del pubblico impiego - e 21 ottobre 2003, n. 314). La disposizione statale muove, infatti, da una valutazione della contingente situazione sociale ed economico-finanziaria (pubblica) - all'attualita', come si e' gia' rilevato, perfino piu' deteriorata di quella in essere nel 1994 - che e' stata operata dal legislatore statale, che ne impone attuazione in modo generalizzato e uniforme sul territorio nazionale e l'applicazione a tutte le regioni e province autonome (Corte cost. 1 luglio 1993, n. 296). Ne' in contrario potrebbe opporsi che tale disposizione sia formulata in termini precettivi, posto che, per giurisprudenza costante (Corte cost. 8 novembre 2000, n. 477; 12 gennaio 2000, n. 4; 7 novembre 1995, n. 482; 27 luglio 1995, n. 406; 15 novembre 1988, n. 1033), la sua qualificabilita' in termini di grande riforma economico-sociale prescinde dallo specifico contenuto e dalla formulazione della norma, rilevando, piuttosto, la finalita' che con essa il legislatore ha inteso perseguire. La disciplina statale di rifermento, lo si ripete, riguarda invero scelte legislative di carattere generale, che implicano valutazioni politiche e riflessi finanziari che non tollerano discipline differenziate nel territorio, e si palesa diretta e idonea a influire profondamente su scelte d'ordine economico e sociale. Va ulteriormente accennato, in termini generali, che la qui prospettata questione d'illegittimita' costituzionale sembrerebbe doversi scrutinare non gia' (o non solo) alla stregua delle norme del Titolo V della Costituzione entrate in vigore in base alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, bensi' del testo costituzionale previgente. Cio' in quanto la legge regionale, della cui legittimita' queste Sezioni riunite dubitano, e' entrata in vigore nel 1988 e, secondo quanto si e' gia' chiarito, potrebbe essere divenuta in parte qua incostituzionale - almeno per quanto assume rilevanza nel giudizio a quo - dal 1 gennaio 1995. In tal senso si ricorda essersi pronunciata Corte cost. 20 luglio 2006, n. 308, che - nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 39, comma 9, della L.R. siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (anch'essa vertente in materia di trattamento economico di dipendenti di pubbliche amministrazioni) - reca la seguente espressa affermazione: «rilevato che la norma censurata e' stata emanata in epoca anteriore alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione e che le norme fondamentali di riforma economico-sociale costituiscono un limite all'esercizio di qualunque tipo di potesta' legislativa della Regione siciliana ..., va dichiarata l'illegittimita' costituzionale». Anche a postulare che la Regione abbia avuto a disposizione - per adeguare la propria legislazione alle riforme o ai principi sopravvenuti, risultanti dalla pluricitata normativa statale innovativa - il termine di 90 giorni di cui all'art. 10, II comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, al piu' tardi l'incostituzionalita' sarebbe intervenuta a far data dal 1 marzo 1995. In ambo i casi, dunque, il parametro di riferimento pro tempore era necessariamente costituito dalla disciplina costituzionale previgente. Orbene, si deve ritenere che - vieppiu' in quanto nella specie si tratta di norme regionali attributive di diritti pecuniari retributivi, e dunque "di durata" - esse, ove riconosciute incostituzionali sotto alcuna delle predette date, non potrebbero salvarsi dalla pertinente declaratoria caducativa neppure nel caso (per vero del tutto ipotetico) che un diverso assetto costituzionale successivamente sopravvenuto avesse attribuito alla Regione la potesta' di emanare norme conformi a quella qui censurata: diversamente opinando, infatti, a tale attribuzione postuma di competenza finirebbe con il riconoscersi effetto retroattivo, ossia tale da legittimare, anche per un periodo di tempo anteriore, l'attribuzione di benefici economici indebiti. Cio' implica che - quand'anche si ritenesse che, secondo un diffuso (eppur non totalitario) orientamento esegetico, con la riforma costituzionale operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sia venuto meno per le regioni a statuto speciale il limite delle grandi riforme economico-sociale del Paese - egualmente detto limite debba trovare applicazione in sede di scrutinio della legittimita' costituzionale dell'art. 30 L.R. n. 11/1988, appunto perche' da operarsi con riferimento alla data del 1 gennaio 1995 (ovvero del 1 marzo 1995). Peraltro, ove pure si volesse prescindere da cio', in ogni caso non parrebbe dubitabile che, per ogni regione della Repubblica, sia comunque vigente, in applicazione del principio generale della sua unicita' e indivisibilita' ex art. 5 della Costituzione, il limite del necessario rispetto, nell'esercizio di ogni tipo di potere legislativo regionale, dei principi generali dell'ordinamento giuridico nazionale (che, come si e' gia' detto, dovrebbero ritenersi in parte qua modificati dal 1 gennaio 1995). Con il corollario che la norma regionale di cui qui dovrebbe farsi applicazione - ossia l'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno 1988, n. 11 - se pure era conforme a Costituzione al momento della sua entrata in vigore, appare essere diventata in ogni caso costituzionalmente illegittima allorche', dopo il sovvertimento in ambito nazionale del surriferito principio generale della cumulabilita' tra interessi e rivalutazione e l'introduzione, in suo luogo, dell'alternativita' tra l'uno e l'altra, non si e' adeguata per tempo a tale nuovo principio. In conclusione, le richiamate disposizioni statali, qualificabili come norme di riforma economico-sociale - e, comunque, quali espressioni di un principio generale dell'ordinamento giuridico che, per il principio di unitarieta' della Repubblica di cui all'art. 5 Cost., deve applicarsi in ogni sua regione - sembrano vincolare la Regione siciliana nell'esercizio delle sue competenze legislative in questo ambito. Sotto questo profilo la legge regionale e' sospettata di illegittimita' costituzionale per violazione dell'articolo 3 cost. e per mancato rispetto dei limiti costituiti dalle riforme economico-sociali, nonche' dai principi generali dell'ordinamento. III) In ulteriore subordine: Violazione degli artt. 3 e 117, III comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della materia del "coordinamento della finanza pubblica", di cui infra. Sotto diverso profilo, queste Sezioni riunite ritengono che la normativa statale introdotta dal combinato disposto dei citt. artt. 16, comma 6, legge 30 dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, legge 23 dicembre 1994, n. 724, ponga un fondamentale principio di coordinamento della finanza pubblica, da ascrivere alla competenza legislativa (concorrente) dello Stato, ai sensi del rubricato art. 117, III comma. E' ben noto, infatti, che codesta Corte, in sede di scrutinio di legittimita' costituzionale dello stesso art. 22, comma 36, della cit. legge n. 724/1994 (ovviamente in combinato disposto con l'art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991), ha individuato quale ragione giustificatrice, adeguata e sufficiente, di detto intervento legislativo (cosi' limitandolo al settore pubblico) - «in un contesto di progressivo deterioramento degli equilibri della finanza pubblica» (che, per giunta, oggi e' assai piu' aggravato di allora) -la «necessita' di una piu' adeguata ponderazione dell'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica» Proprio perche' il principio introdotto dalla novella normativa recata dalla legge finanziaria n. 724/1994 si colloca nel contesto di una politica (necessitata) di complemento del disegno di contenimento della spesa per il pubblico impiego, e' evidente, da un lato, che lo stesso principio deve essere ugualmente applicato in tutte le regioni della Repubblica e, dall'altro lato, che esso impinge altresi' nella materia del "coordinamento della finanza pubblica" (ovviamente allargata, ossia comprensiva di quella regionale), di cui all'art. 117, III comma, della Costituzione. In altri termini, il principio della non cumulabilita' tra interessi e rivalutazione sui crediti dei pubblici dipendenti, introdotto dalla cit. normativa di riferimento, e' un principio fondamentale nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, sicche' la sua imposizione da parte dello Stato legittimamente limita l'autonomia normativa e organizzativa in materia di spesa anche delle regioni e province autonome (cfr. anche Corte cost. 14 giugno 2012, n. 151; 28 gennaio 2010, n. 27). Pur essendo immediatamente precettiva, la normativa statale esprime una scelta di fondo che connota la disciplina degli accessori del credito e, al contempo, limita gli oneri per la finanza pubblica, cosi' integrando, almeno, un principio fondamentale della materia del coordinamento della finanza pubblica, ex art. 117, III comma: cio' concorre a realizzare, «attraverso un risparmio della spesa corrente, l'equilibrio della finanza pubblica complessiva» (cosi', nell'estendere ad alcune regioni una limitazione alla retribuibilita' di determinate prestazioni lavorative, Corte cost. 14 giugno 2012, n. 151). La legge regionale risulta pertanto viziata da illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 117, III comma, della Costituzione. 9. - Per tali ragioni, ai sensi dell'art. 23, commi I e II, della legge 11 marzo 1953, n. 87, queste Sezioni Riunite ritengono di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale, nei termini dianzi esposti, dei commi I e 2 dell'art. 30 della legge regionale siciliana 15 giugno 1988, n. 11, per contrasto con le disposizioni di rango costituzionale indicate nel superiore paragrafo 6, sub I, II e III. Poiche', per le ragioni che si sono gia' esposte, queste Sezioni riunite ritengono di non poter definire il ricorso straordinario di cui in epigrafe indipendentemente dalla soluzione di tale questione di legittimita' costituzionale, la quale non e' manifestamente infondata, con il presente atto con valenza di ordinanza, riferiti ut sopra i termini e i motivi della questione, si dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sospendendo, fino alla relativa pronuncia, il giudizio in corso. In conclusione, va sospesa la pronuncia del parere e ordinata la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, secondo le modalita' di cui in dispositivo.
P. Q. M. Sospende l'espressione del parere, ordinando alla Segreteria l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale. Ordina altresi' che il presente provvedimento ordinatorio sia notificato, a cura della stessa Segreteria, alle parti in causa e al Presidente della Regione siciliana, nonche' ulteriormente che sia comunicato dalla stessa Segreteria anche al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Il Presidente: De Lipsis