N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2012

Ordinanza del 17  aprile  2012  emessa  dal  Consiglio  di  giustizia
amministrativa per la Regione siciliana - sez.  riunite  sul  ricorso
proposto da Insinga Antonio ed  altri  contro  Assessorato  dei  beni
culturali ed ambientali e della pubblica  istruizione  della  Regione
Siciliana. 
 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -   Personale
  regionale in servizio o a riposo - Competenze spettanti a titolo di
  stipendio o pensione - Previsione, per il periodo intercorrente tra
  la maturazione del diritto e fino alla data di  liquidazione  dello
  stesso,  degli  interessi  nella  misura  legale,   nonche'   della
  rivalutazione maturata del credito, applicando l'indice dei  prezzi
  previsto dall'art. 150 del d.m.  n.  1368  del  1941  e  successive
  modificazioni  ed  integrazioni  -  Violazione  del  principio   di
  uguaglianza - Violazione  della  sfera  di  competenza  legislativa
  esclusiva statale in materia di ordinamento civile  -  Lesione  dei
  principi fondamentali in materia  di  coordinamento  della  finanza
  pubblica. 
- Legge della Regione Siciliana 15 giugno 1988, n. 11, art. 30, commi
  1 e 2. 
- Costituzione, artt. 3, e 117, commi secondo,  lett.  l),  e  terzo;
  Statuto della Regione Siciliana, art. 14. 
(GU n.24 del 12-6-2013 )
 
              IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
 
    Oggetto: Ricorso  straordinario  dei  Sigg.ri:  Insinga  Antonio,
Pezzimenti  Gabriella,  Palazzolo  Francesca,  Caldarella  Gabriella,
Cossentino Giovanna, Campisi  Daniela,  Graziano  Luciana,  Minissale
Nunzia, Scarpello Gaetana, Spina Vincenzo, Tavella Simonetta, Ciraulo
Cinzia, Buttafuoco Maria, Teresi Margherita, Giacalone Elvira, Di Leo
Margherita, Vaccaro Anna Maria,  Zimmardi  Maria  Carmela,  Terranova
Anna Maria, Militello  Francesca,  Cantone  Venera  e  Valenti  Maria
Concetta per l'annullamento della nota del 31 maggio 1996,  prot.  n.
6273, con cui l'Assessore ai BB.CC.AA.  della  Regione  siciliana  ha
respinto la richiesta di pagamento della  rivalutazione  monetaria  e
degli  interessi  legali   sui   crediti   di   lavoro   tardivamente
soddisfatti. 
    Vista la relazione n. 19147/1300.96.8 del 10 giugno 2011, con cui
la Presidenza della Regione siciliana - Ufficio legislativo e  legale
- ha chiesto il parere di questo Consiglio sul ricorso  straordinario
indicato in oggetto. 
    Esaminati gli atti e udito  il  relatore,  Consigliere  di  Stato
Ermanno de Francisco. 
 
                                Fatto 
 
    I  ricorrenti  di  cui  in  epigrafe   hanno   proposto   ricorso
straordinario al Presidente della Regione  siciliana,  ai  sensi  del
combinato disposto  dell'art.  23,  IV  comma,  dello  Statuto  della
Regione siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n.  455,  e
dell'art. 9, comma 4, del  D.Lgs.  24  dicembre  2003,  n.  373,  per
l'annullamento della nota 31 maggio 1996,  prot.  n.  6273,  con  cui
l'Assessore ai beni culturali e ambientali della Regione siciliana ha
disatteso la richiesta di pagamento della rivalutazione  monetaria  e
degli interessi legali sui crediti di lavoro degli stessi  ricorrenti
che sono stati tardivamente soddisfatti. 
    I ricorrenti,  premesso  di  essere  tutti  dipendenti  di  ruolo
dell'Assessorato  ai  beni  culturali  e  ambientali  della   Regione
siciliana con  la  qualifica  di  Assistente  tecnico  bibliotecario,
espongono di  aver  tardivamente  percepito,  nel  luglio  del  1995,
l'indennita' video ad essi spettante e relativa agli anni  1990-1994;
di aver percepito in data 21 marzo 1996 la stessa indennita' relativa
all'anno 1995, nonche' l'indennita'  di  turnazione  per  i  mesi  di
novembre e dicembre 1995 e il F.E.S. per i mesi  di  ottobre-dicembre
1995. 
    Ritenendo,  altresi',  di  non  aver  percepito  l'indennita'  di
turnazione relativa ai mesi di  settembre  e  ottobre  1995,  nonche'
l'indennita' video, turnazione e straordinario relativa  ai  mesi  di
gennaio 1996, e rilevato che non  erano  stati  loro  corrisposti  la
rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulle somme rivalutate
delle indennita' pagate in ritardo,  in  data  4  aprile  1996  hanno
notificato una diffida per il  pagamento  di  tutte  le  voci  teste'
indicate. 
    In esito a  detta  diffida,  nel  maggio  1996  l'amministrazione
regionale ha proceduto a pagare alcune di dette voci, e segnatamente:
i compensi per l'indennita' di turnazione per i mesi di  settembre  e
ottobre 1995, di gennaio-marzo 1996, e per  il  lavoro  straordinario
dei mesi gennaio-marzo 1996; nondimeno, con la  nota  qui  impugnata,
respingeva l'istanza di pagamento  della  rivalutazione  monetaria  e
degli  interessi  legali  sulle   somme   tardivamente   corrisposte,
assumendo che detti accessori possono essere riconosciuti solo  sulle
somme erogate a titolo di stipendio o di pensione. 
    Con il ricorso in trattazione  sono  stati  proposti  i  seguenti
motivi di ricorso: 
        1) violazione ed errata applicazione dell'art. 30,  comma  2,
della legge regionale 15 giugno 1988, n. 11, in relazione alla  legge
regionale 29 ottobre 1985, n. 41; eccesso di potere  per  errore  nei
presupposti; 
        2) violazione dei principi generali  in  materia  di  diritto
alla corresponsione  della  rivalutazione  e  degli  interessi  sugli
emolumenti arretrati. 
    Piu' in  particolare,  con  il  primo  motivo  e'  stata  dedotta
l'erroneita' dell'assunto della Regione, secondo  cui  ai  sensi  del
cit. art. 30 la rivalutazione e gli interessi legali sarebbero dovuti
soltanto per il ritardato  pagamento  di  stipendio  o  pensione,  in
quanto  il  secondo  comma  dello  stesso  articolo  estenderebbe  il
medesimo trattamento anche alle somme da erogarsi ai sensi della cit.
L.R. n. 41/1985, tra cui (ai sensi dei relativi artt. 30, 35, 36, 39,
40 e 41) rientrano altresi' le ulteriori voci retributive di  cui  si
e' detto; mentre il secondo  motivo  si  richiama  agli  orientamenti
della  giurisprudenza  amministrativa  e  della  Funzione   pubblica,
secondo cui la rivalutazione e gli interessi sono dovuti su  tutti  i
crediti lavorativi o assimilati, ove soddisfatti in ritardo. 
    L'Ufficio riferente ha concluso per l'accoglimento  del  ricorso,
per  quanto  riguarda  il  pagamento  della  rivalutazione  e   degli
interessi legali sui crediti relativi alle  indennita'  di  cui  alla
cit. L.R. n. 41/1985; e,  per  il  resto,  per  l'applicazione  della
disciplina generale sui crediti di lavoro dei pubblici dipendenti. 
 
                               Diritto 
 
    1. -  Si  premette  che  il  presente  ricorso  straordinario  e'
sicuramente ammissibile - nonostante l'art. 7, comma  8,  del  codice
del  processo  amministrativo,  ai  sensi  del  quale   "il   ricorso
straordinario e' ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa", tra  cui  non  rientrano  piu'  quelle
concernenti i diritti  soggettivi  nella  materia  dell'impiego  alle
dipendenze  di  amministrazioni   pubbliche   -   dovendosi   seguire
l'orientamento gia' tracciato da C.d.S., Ad. Gen., 10 giugno 1999, n.
7/99, e poi ulteriormente ribadito da C.d.S., Ad. Gen. , 22  febbraio
2011, n.  4520/10,  in  base  al  quale  e'  ammissibile  il  ricorso
straordinario contro  atti  solo  soggettivamente  amministrativi  in
materia di diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione  ordinaria,
purche' il ricorso stesso sia stato proposto entro  il  15  settembre
2010  (altrimenti  ostando  alla  sua  ammissibilita'  la   contraria
previsione di cui al cit. art. 7, comma 8, che va pero'  riferita  ai
soli ricorsi introdotti  successivamente  a  tale  data):  in  questo
senso, e pluribus, cfr.  il  parere  di  queste  Sezioni  riunite  25
settembre 2012, n. 387/12. 
    Sicche' il ricorso di cui trattasi, giacche' proposto il 9 luglio
1996, e' ammissibile. 
    2. - La controversia  sottoposta  al  parere  di  queste  Sezioni
riunite concerne la spettanza della rivalutazione monetaria  e  degli
interessi  legali   sulle   somme   (anno   per   anno)   rivalutate,
relativamente  ai  crediti,  tardivamente  soddisfatti,  per   alcune
indennita' correlate al rapporto di lavoro  prestato  dai  ricorrenti
alle dipendenze della Regione siciliana e disciplinate dal  combinato
disposto degli artt. 30 della L.R. 15 giugno 1988, n. 11, e da  35  a
41 della L.R. 29 ottobre 1985, n. 41. 
    Come accennato nella  superiore  narrativa  in  fatto,  l'Ufficio
riferente  ha  concluso  nel  senso  della  spettanza   cumulata   di
rivalutazione e interessi, ai sensi dell'art. 30, comma 2, della cit.
L.R. n. 11/1988, relativamente ai  soli  crediti  per  le  indennita'
previste dalla L.R. n.  41/1985,  ivi  richiamata;  non  ha,  invece,
ritenuto la spettanza del cumulo tra rivalutazione e interessi  -  ai
sensi del combinato disposto degli artt. 16, comma 6, della legge  30
dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, della legge 23 dicembre  1994,
n. 724 - per i crediti sorti successivamente al 31 dicembre 1994  che
siano diversi da quelli fondati sulla cit. L.R. n. 41/1985. 
    Tale conclusione, evidentemente, si fonda sull'implicito  assunto
che la specifica disposizione dell'art. 30, comma 2, L.R. n.  11/1988
prevalga  sulla  successiva  legislazione  statale,   nella   materia
dell'impiego alle dipendenze della  Regione  siciliana;  giacche'  in
detto ambito  l'art.  14,  lett.  q),  dello  Statuto  della  Regione
siciliana assegna a quest'ultima competenza legislativa  primaria,  o
esclusiva ("L'Assemblea, nell'ambito della Regione e nei limiti delle
leggi costituzionali dello Stato,  senza  pregiudizio  delle  riforme
agrarie  e  industriali  deliberate  dalla  Costituente  del   popolo
italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie: ... q)
stato giuridico ed  economico  degli  impiegati  e  funzionari  della
Regione, in ogni caso non inferiore  a  quello  del  personale  dello
Stato"). 
    3. - Il richiamato art. 30 della L.R.  15  giugno  1988,  n.  11,
dello Statuto regionale, stabilisce, nei suoi commi 1 e 2,  che:  «1.
Al personale dell'Amministrazione regionale in servizio o  a  riposo,
per i periodi di tempo intercorrenti dal primo  del  mese  successivo
alla maturazione del diritto e fino alla data di  liquidazione  delle
competenze economiche spettanti a titolo di stipendio o di  pensione,
sono  dovuti  gli  interessi   nella   misura   legale   nonche'   la
rivalutazione monetaria del valore del credito,  applicando  l'indice
dei prezzi previsto dall'articolo 150 del regio decreto  18  dicembre
1941,  n.  1368,  e  successive  modifiche  ed  integrazioni.  2.  Le
disposizioni del precedente comma si applicano  anche  per  le  somme
erogate o da erogare al personale in servizio o  a  riposo  ai  sensi
della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive  modifiche
ed integrazioni.». 
    Orbene, come e' stato  esattamente  dedotto  dai  ricorrenti,  il
cumulo di rivalutazione e interessi non e' previsto dal cit. art.  30
soltanto  per  "le  competenze  economiche  spettanti  a  titolo   di
stipendio o pensione" (comma 1); bensi' "anche per le somme erogate o
da erogare ... ai sensi della legge regionale  29  ottobre  1985,  n.
41". 
    Tra tali ultime somme, ai sensi dei relativi artt.  30,  35,  36,
39, 40 e 41, rientrano  l'indennita'  per  il  lavoro  straordinario,
l'indennita' di produttivita', l'indennita' di missione, l'indennita'
prevista  per  il  personale  addetto   ai   centri   elettronici   e
meccanografici, quelle per  i  conducenti  di  autoveicoli  e  per  i
centralinisti non vedenti, e quella per il  maneggio  dei  valori  di
cassa. 
    4. - Almeno due delle voci retributive tardivamente  corrisposte,
cui  e'  riferito  il  ricorso  in  trattazione,  sono  senza  dubbio
ricomprese   tra   quelle   suindicate:   l'indennita'   di    lavoro
straordinario (art. 30 L.R. cit.) e l'indennita' video (art. 39  L.R.
cit.), mentre, non sembra riconducibile alla  cit.  L.R.  n.  41/1985
l'indennita' di turnazione, che si basa sull'art.  8  della  L.R.  n.
11/1988: ad essa, dunque, non si puo' considerare  esteso  il  rinvio
operato dall'art. 30, comma 2, della stessa L.R. n. 11/1988. 
    Ne deriva che, per quanto attiene all'indennita'  di  turnazione,
il cumulo di rivalutazione e interessi legali resta  disciplinato  in
modo eguale a quanto previsto per tutti i  crediti  di  lavoro  dalla
legislazione nazionale (artt. 429, III comma, c.p.c.; art. 16,  comma
6, legge n. 412/1991, e art. 22, comma 36, legge n. 724/1994), che ne
ha  previsto  la  spettanza  fino  al  31  dicembre  1994,  e  invece
l'assorbimento dell'uno  nell'altro  -  e,  dunque,  in  sostanza  il
diritto a ottenere unicamente il maggiore importo tra quanto  sarebbe
spettato a titolo di  rivalutazione  e  quanto  invece  a  titolo  di
interessi legali - a partire dal 1 gennaio 1995. 
    5. - Questione assai  piu'  problematica  e',  viceversa,  quella
relativa agli  accessori  dei  crediti  per  l'indennita'  di  lavoro
straordinario e per l'indennita' video. 
    Si  e'  gia'   detto   che   tali   indennita'   sono   previste,
rispettivamente, dagli artt. 30 e 39 della cit. L.R. n. 41/1985;  con
il corollario che in caso di tardiva corresponsione, per effetto  del
rinvio a essi operato dal cit.  art.  30,  comma  2,  della  L.R.  n.
11/1988,  i  dipendenti  della  Regione  siciliana  hanno  diritto  a
percepire altresi' "gli interessi  nella  misura  legale  nonche'  la
rivalutazione monetaria del valore del credito". 
    Tale espressione, ad avviso del Collegio, non  puo'  avere  altro
significato che  quello  di  attribuire  il  diritto  a  ottenere  il
pagamento in via cumulativa (e non gia' alternativa) degli  interessi
legali e della rivalutazione monetaria. 
    Con il corollario che - ai sensi del cit, alt 30 L.R.  15  giugno
1988, n, 11, e  delle  altre  norme  ivi  richiamate  -  in  sede  di
decisione del presente  ricorso  straordinario  al  Presidente  della
Regione  siciliana  sulle  due  indennita'  da  ultime  indicate   ai
ricorrenti   andrebbe   riconosciuto   il   diritto    a    percepire
cumulativamente interessi e rivalutazione. 
    6.  -  Nondimeno,   queste   Sezioni   riunite   dubitano   della
legittimita' costituzionale del cit. art. 30  della  L.R.  15  giugno
1988, n.  11,  proprio  nella  parte  in  cui  prevede  la  spettanza
cumulativa di interessi legali e rivalutazione monetaria, anziche' il
diritto - che sarebbe altrimenti  scaturito  dall'applicazione  della
pertinente normativa statale - a percepire, alternativamente, solo il
maggior importo tra tali due voci accessorie. 
    Si ritiene, conseguentemente, di  dover  sollevare  d'ufficio  la
questione di  legittimita'  costituzionale  di  detto  art.  30,  nei
termini che saranno appresso precisati. 
    Cio' in quanto, attualmente, l'art. 13, I comma,  terzo  periodo,
del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, per come  modificato  dall'art.
69, comma 1, della legge 18  giugno  2009,  n,  69,  prevede  che  il
Consiglio di Stato - ovvero, in Sicilia, le Sezioni riunite di questo
Consiglio di giustizia amministrativa per la  Regione  siciliana,  ai
sensi del combinato disposto dell'art. 23, IV  comma,  dello  Statuto
della Regione siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15  maggio  1946,  n.
455, e dell'art. 9, comma 4, del D.Lgs. 24 dicembre 2003,  n.  373  -
"Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso  indipendentemente
dalla risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale che
non risulti  manifestamente  infondata,  sospende  l'espressione  del
parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla
segreteria   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23  e
seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche'  la  notifica  del
provvedimento ai soggetti ivi indicati". 
    7. - In  ordine  alla  rilevanza  della  questione,  si  e'  gia'
osservato  che  -  qualora  fosse  confermata  la  conformita'   alla
Costituzione dell'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno 1988, n.
11 -  il  presente  ricorso  straordinario  dovrebbe  necessariamente
essere deciso, per quanto riguarda due delle indennita'  per  cui  e'
causa (l'indennita' per lavoro straordinario e  l'indennita'  video),
nel senso di riconoscere ai ricorrenti  il  diritto  a  cumulare  gli
interessi  legali  e  la  rivalutazione  monetaria,  secondo   quanto
previsto dai commi 1 e 2 del cit. art. 30  (in  particolare  a  causa
della parola "nonche'", presente nel comma I di  detto  art.  30,  in
luogo della parola "ovvero"), anche  per  le  mensilita'  controverse
successive al 31 dicembre 1994. 
    Nel caso opposto, viceversa, il  ricorso  straordinario  dovrebbe
essere  deciso  nel  senso  della   non   spettanza   cumulativa   di
rivalutazione e interessi, bensi' solo di uno (il maggiore) tra detti
accessori del  credito  di  lavoro  pubblico  (cio'  ineluttabilmente
derivando dall'applicazione della pertinente  normativa  statale  che
conseguirebbe    all'invocata    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale della norma regionale), per quanto concerne le pretese
fatte valere relativamente al 31 dicembre 1994 (giacche'  per  quelle
anteriori  non  si  pone  alcun  problema,  essendoci   stata   piena
coincidenza, fino a tale data, tra le previsioni  della  legislazione
statale e quelle della legge regionale). 
    Sicche' e' evidente che - in parte qua, e cioe'  per  quello  che
attiene ai periodi successivi al 1994 - la controversia in esame  non
possa essere decisa prescindendo dalla soluzione della  questione  di
legittimita' costituzionale di detta disposizione. 
    8. - In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. dell'art.  30,  commi  1  e  2,
della L.R. 15 giugno 1988,  n.  11,  si  rimettono  all'ill.ma  Corte
costituzionale tre profili alternativi di ipotetica illegittimita'. 
    I)  Violazione  degli  artt.  3  e  117,  II  comma,  lett.   l),
Costituzione, e dei  limiti  alla  competenza  legislativa  regionale
siciliana derivanti dall'art. 14 dello Statuto. 
    In primo luogo, queste Sezioni Riunite dubitano della conformita'
a Costituzione dell'art. 30, commi 1 e 2, della L.R. 15 giugno  1988,
n. 11, nella parte in cui - in preteso (ma  in  effetti  esorbitante)
esercizio della competenza legislativa esclusiva conferita  dal  cit.
art. 14, lett. q), dello  Statuto  regionale  siciliano  -  la  norma
regionale disciplina un settore che, afferendo in realta'  al  regime
degli accessori del credito spettanti in caso di ritardato pagamento,
parrebbe  invece  esulare  dall'ambito  della  materia  dello  "stato
giuridico ed economico degli impiegati e  funzionari  della  Regione"
(di cui al cit. art. 14 dello Statuto regionale),  dovendo  viceversa
rientrare nel ben diverso ambito materiale  dell'ordinamento  civile"
(nonche' della "giurisdizione e norme processuali", se  tra  esse  si
ritenga di annoverare l'art. 429, III comma, c.p.c., a onta della sua
valenza sostanziale), che l'art.  117,  Il  comma,  lett.  l),  della
Costituzione, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato. 
    Si premette, ai fini  della  piu'  precisa  individuazione  della
materia di cui trattasi, che l'attribuzione del diritto a percepire i
c.d. accessori del credito in caso  di  ritardato  adempimento  della
prestazione  pecuniaria  principale  dovuta  dal  datore  di   lavoro
(Regione siciliana) ai  propri  dipendenti  non  sembra  propriamente
riconducibile all'ambito dello "stato ... economico degli impiegati e
funzionari della Regione", giacche' non attiene  alla  determinazione
dei relativi livelli retributivi di  base  (entita'  dello  stipendio
spettante), bensi' alla disciplina degli  istituti  (c.d.  accessori)
risarcitoci e  compensativi  del  pregiudizio  che  sia  derivato  al
lavoratore per effetto della ritardata percezione delle somme  a  lui
dovute (secondo il proprio "stato economico"). 
    Ne consegue che  tali  crediti  accessori  (rispetto  al  credito
retributivo principale) sembrano dover sfuggire radicalmente  a  ogni
competenza legislativa regionale, in  quanto  rientranti  nell'ambito
degli istituti generali  del  diritto  civile  che  -  sia  pure  con
modalita' differenziate in relazione ai diversi generi di creditori e
alle pertinenti  fonti  del  rapporto  obbligatorio:  diritto  civile
generale, diritto commerciale, diritto del lavoro e,  nell'ambito  di
quest'ultimo, con differente considerazione normativa di  quello  che
e' svolto alle dipendenze di datori di lavoro, da un lato, privati e,
dall'altro lato, pubblici - il cit. art. 117,  comma  II,  lett.  l),
della Costituzione demanda  alla  disciplina  normativa,  unitaria  e
uniforme, della legge statale, sub specie di "diritto civile". 
    Se cio'  e'  esatto,  la  Regione  siciliana  ha  legiferato  non
correttamente in tale campo - a mezzo del qui  controverso  art.  30,
commi I e II, della L.R. n. 11/1988 - cosi' invadendo una materia  di
competenza statale. 
    Ma, ancor piu', l'illegittimita' costituzionale di detto art. 30,
commi I e II, si e' resa evidente - giacche'  inizialmente  la  norma
regionale non aveva altro effetto che quello di duplicare  la  stessa
disciplina sostanziale (in termini di cumulabilita' tra  interessi  e
rivalutazione) gia' prevista dalla legge statale,  e  in  particolare
dal cit. art. 429, ILI comma, c.p.c.;  con  il  corollario  che  ogni
ipotetica originaria illegittimita' di detta duplicazione non sarebbe
sottoponibile al sindacato di codesta ill.ma Corte per palese difetto
di rilevanza, stante l'identita' del precetto - dal l  gennaio  1995,
allorche'  e'  cessata  la  duplicazione  formale  della  fonte  d'un
identico precetto sostanziale e si e' creata un'incolmabile dicotomia
tra la disciplina statale dei  predetti  accessori  del  credito  (in
termini di alternativita' tra detti accessori), per quale  risultante
dal combinato disposto dei citt. artt. 16, comma 6,  della  legge  n.
412/1991, e 22, comma 36, della legge n. 724/1994,  e  la  perdurante
previsione di cumulabilita' ancora recata dall'art. 30, commi I e II,
L.R. n.  11/1988  (che  e'  rimasto  modellato  sulla  falsariga  del
previgente art. 429, III comma, c.p.c.). 
    Come si e' gia' accennato, con tale disposizione (artt. 16, comma
6, e 22, comma 36, cit.), a partire dal 1 gennaio 1995 il legislatore
- con l'effettivo (e commendevole) intento di realizzare un  concreto
contenimento della spesa pubblica - ha abolito per un intero  settore
del  diritto,  quello  dei  crediti  di  lavoro  alle  dipendenze  di
amministrazioni pubbliche (per  come  restrittivamente  rideterminato
l'ambito di applicazione di dette norme da  Corte  cost.  2  novembre
2000, n. 459), la previgente disciplina (civilistica) degli accessori
del  credito,  nei  casi  di  ritardati   pagamenti,   basata   sulla
cumulabilita'  di  interessi  e  rivalutazione,   sostituendola   con
l'attribuzione di una sola (la maggiore) di  dette  voci  di  credito
accessorio. 
    Appunto perche' afferisce alla regolamentazione  degli  accessori
del credito a fronte della  sua  ritardata  soddisfazione,  la  nuova
disciplina  e'  una   necessaria   estrinsecazione   della   potesta'
legislativa  statale  in  materia  ordinamento  civile   -   di   cui
all'articolo 117, II  comma  lett.  l),  della  Costituzione  -  che,
peraltro nel silenzio sul punto  dell'art.  14  dello  Statuto  della
Regione siciliana, indubbiamente  si  impone  anche  alle  regioni  a
statuto speciale. 
    Infatti, che gli accessori del credito (quale che  sia  l'entita'
di esso) vadano ricompresi,  quantomeno  in  termini  di  prevalenza,
nell'ambito  della   materia   dell'"ordinamento   civile"   consegue
all'esigenza di garantire che la  disciplina  di  detti  accessori  -
anche ove relativi a crediti principali  la  cui  determinazione,  in
quanto siano riconducibili allo "stato ... economico degli  impiegati
e funzionari della Regione", possa spettare, nei  pertinenti  limiti,
alle singole regioni con proprie leggi - sia unitaria e uniforme  per
l'intero territorio della Repubblica,  cosi'  attuandosi  un  cogente
profilo del principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo  comma,
della Costituzione. 
    In altri  termini,  si  ritiene  che  -  pur  se  il  trattamento
retributivo del personale possa essere stabilito in misura differente
dalle diverse regioni fornite della pertinente competenza esclusiva -
la disciplina dei relativi accessori spettanti nel caso di  ritardato
pagamento  debba  necessariamente  essere  uniforme  sul   territorio
italiano, e  vada  percio'  esegeticamente  ricondotta  alla  materia
(prevalente) dell'"ordinamento civile". 
    Vi   sarebbe   evidentemente   un'irragionevole   disparita'   di
trattamento - in palese contrasto con il rubricato art. 3 cost. - che
verrebbe a crearsi nell'ambito del pubblico  impiego,  quantomeno  in
danno dei dipendenti pubblici statali, qualora fosse consentito  alle
regioni  e  province  autonome  di  adottare   differenti   (e   piu'
favorevoli) discipline delle conseguenze derivanti dal ritardo  nella
corresponsione degli emolumenti dovuti. 
    Sicche', come si e' gia' evidenziato, il combinato  disposto  dei
citt. art. 16, comma 6, della legge n.  412/1991,  e  22,  comma  36,
della legge n. 724/1994 fissa,  per  l'intero  settore  del  pubblico
impiego, un  tipico  limite  di  diritto  privato,  che,  secondo  la
giurisprudenza  di  codesta  Corte  (fra  le  molte  decisioni,   sia
anteriori che posteriori alla modifica del Titolo V  della  Parte  II
della Costituzione, si vedano Corte cost. 16 giugno 2005, n. 234;  28
gennaio 2005, n. 50; 28 luglio 2004, n. 282; 6 novembre 2001, n. 352;
1 aprile  1998,  n.  82),  e'  «fondato  sull'esigenza,  connessa  al
principio costituzionale di eguaglianza, di  garantire  l'uniformita'
nel territorio nazionale delle regole  fondamentali  di  diritto  che
disciplinano i rapporti fra privati» e, come tale,  si  impone  anche
alle regioni a statuto speciale (Corte cost. 14 giugno 2007, n.  189;
16 giugno 2005, n. 234; 18 marzo 2005, n. 106;  28  luglio  2004,  n.
282). 
    Quello costituito dall'unitarieta' del diritto privato  su  tutto
il territorio nazionale, come affermato dallo  stesso  Giudice  delle
leggi, integra un limite alla potesta' legislativa regionale  che  e'
rimasto «fondamentalmente invariato  nel  passaggio  dal  vecchio  al
nuovo testo dell'articolo 117: vale  a  dire  il  limite  individuato
dalla costante giurisprudenza della  Corte  (e  oggi  espresso  nella
riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato della materia
"ordinamento civile", ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
l, della Costituzione) consistente nel divieto di alterare le  regole
che disciplinano i rapporti tra privati» (cosi' Corte cost. 28 luglio
2004, n. 282). 
    Per concludere sul punto, questo Collegio ritiene che, almeno dal
1 gennaio 1995, la legge regionale siciliana di cui trattasi  sia  da
considerare costituzionalmente illegittima,  per  contrasto  con  gli
articoli 3 e 117, II comma, lett. l), Cost., nonche' con il parametro
dell'art. 114, lett.  q),  dello  Statuto  regionale  siciliano,  ove
rettamente inteso. 
    II) In subordine: Violazione dell'art. 3 Cost. e dei limiti  alla
competenza legislativa  regionale  esclusiva,  per  contrasto  con  i
vincoli all'esercizio di detta  competenza  costituiti  dalle  grandi
riforme economico-sociali dello  Stato,  nonche'  -  comunque  -  dai
principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica. 
    Secondo l'avviso di queste Sezioni riunite, la norma che,  per  i
crediti  sorti  successivamente  al  31  dicembre  1994,   e'   stata
introdotta nell'ordinamento nazionale dal  combinato  disposto  degli
artt. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e 22,  comma
36, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724  -  sebbene
per quale residuata dopo l'intervento, parzialmente  demolitorio,  di
Corte cost. 2 novembre 2000, n. 459, cui si e' gia' accennato, che ne
ha sostanzialmente  limitato  l'ambito  applicativo  ai  rapporti  di
lavoro alle dipendenze  di  amministrazioni  pubbliche  (quali  sono,
peraltro, quelli  degli  odierni  ricorrenti)  -  nonostante  la  sua
sintetica formulazione letterale e la contingente  occasione  in  cui
essa e' stata veicolata  nell'ordinamento  nazionale  giuslavoristico
(pubblico), non soltanto e' stata espressione di una  grande  riforma
economico-sociale della  Repubblica  (per  aver  superato,  sia  pure
soltanto nel piu' ristretto ambito che gli e' stato ritagliato  dalla
Corte costituzionale, ma nel quale comunque  rientra  la  vicenda  in
esame,  il  pregresso  principio,  prettamente  giuslavoristico,   di
automatica  cumulabilita'  di  interessi   legali   e   rivalutazione
monetaria), ma altresi' ha introdotto, dal l gennaio 1995 in poi,  un
nuovo principio generale  dell'ordinamento  giuridico  italiano,  del
tutto opposto a  quello  previgente,  basato,  in  luogo  della  loro
cumulabilita', sulla normale alternativita' della spettanza  dell'uno
o dell'altro accessorio dei crediti nati da rapporto di  lavoro  alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche. 
    Tale principio, infatti, e' volto a individuare - a fronte  della
sempre piu'  grave  scarsita'  delle  risorse  finanziarie  pubbliche
rispetto alla molteplicita' dei  bisogni,  anche  di  grande  rilievo
costituzionale,  che  esse  sarebbero   chiamate   a   soddisfare   -
equilibrate  modalita'   di   contemperamento   tra   l'esigenza   di
un'adeguata  tutela  del  lavoratore   dipendente   dalle   pubbliche
amministrazioni con quella di non  distogliere  le  limitate  risorse
contingentemente disponibili (e oggi ancor piu' preziose  di  allora)
dal perseguimento di ulteriori interessi pubblici che il  legislatore
consideri prioritari o preminenti, ovvero  comunque  da  contemperare
tra loro. 
    Il riconoscimento alla disposizione statale recata  dall'articolo
22, comma 36, della legge n. 724/1994, della natura di grande riforma
economico-sociale della Repubblica, la  rende  «idonea  a  imporsi  a
qualunque tipo di potesta'  legislativa  regionale»,  come  e'  stato
affermato dal Giudice delle leggi anche dopo l'entrata in vigore  del
nuovo titolo V della Costituzione (Corte cost. 20 luglio 2006, n. 308
- riferita  alla  stessa  Regione  siciliana  e  parimenti  attinente
all'ambito del pubblico impiego - e 21 ottobre 2003, n. 314). 
    La disposizione statale muove, infatti, da una valutazione  della
contingente situazione sociale ed economico-finanziaria (pubblica)  -
all'attualita', come si e' gia' rilevato, perfino piu' deteriorata di
quella in essere nel 1994 - che  e'  stata  operata  dal  legislatore
statale, che ne impone attuazione in modo  generalizzato  e  uniforme
sul territorio nazionale  e  l'applicazione  a  tutte  le  regioni  e
province autonome (Corte cost. 1 luglio 1993, n. 296). 
    Ne' in contrario  potrebbe  opporsi  che  tale  disposizione  sia
formulata  in  termini  precettivi,  posto  che,  per  giurisprudenza
costante (Corte cost. 8 novembre 2000, n. 477; 12 gennaio 2000, n. 4;
7 novembre 1995, n. 482; 27 luglio 1995, n. 406; 15 novembre 1988, n.
1033),  la  sua  qualificabilita'  in  termini  di   grande   riforma
economico-sociale  prescinde  dallo  specifico  contenuto   e   dalla
formulazione della norma, rilevando, piuttosto, la finalita' che  con
essa il legislatore ha inteso perseguire. 
    La disciplina statale  di  rifermento,  lo  si  ripete,  riguarda
invero  scelte  legislative  di  carattere  generale,  che  implicano
valutazioni  politiche  e  riflessi  finanziari  che  non   tollerano
discipline differenziate nel territorio, e si palesa diretta e idonea
a influire profondamente su scelte d'ordine economico e sociale. 
    Va ulteriormente accennato,  in  termini  generali,  che  la  qui
prospettata  questione  d'illegittimita'  costituzionale  sembrerebbe
doversi scrutinare non gia' (o non solo) alla stregua delle norme del
Titolo V della Costituzione entrate in  vigore  in  base  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, bensi' del testo costituzionale
previgente. 
    Cio' in quanto la legge regionale, della cui legittimita'  queste
Sezioni riunite dubitano, e' entrata in vigore nel  1988  e,  secondo
quanto si e' gia' chiarito, potrebbe essere  divenuta  in  parte  qua
incostituzionale - almeno per quanto assume rilevanza nel giudizio  a
quo - dal 1 gennaio 1995. 
    In tal senso si ricorda essersi pronunciata Corte cost. 20 luglio
2006, n. 308, che -  nel  dichiarare  costituzionalmente  illegittimo
l'art. 39, comma 9, della  L.R.  siciliana  15  maggio  2000,  n.  10
(anch'essa vertente in materia di trattamento economico di dipendenti
di  pubbliche  amministrazioni)   -   reca   la   seguente   espressa
affermazione: «rilevato che la norma censurata e'  stata  emanata  in
epoca anteriore alla riforma  del  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione e che le norme fondamentali di riforma economico-sociale
costituiscono un limite all'esercizio di qualunque tipo  di  potesta'
legislativa   della   Regione   siciliana    ...,    va    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale». 
    Anche a postulare che la Regione abbia avuto a disposizione - per
adeguare  la  propria  legislazione  alle  riforme  o   ai   principi
sopravvenuti,  risultanti   dalla   pluricitata   normativa   statale
innovativa - il termine di 90 giorni di cui all'art.  10,  II  comma,
della   legge   10   febbraio   1953,   n.   62,   al   piu'    tardi
l'incostituzionalita' sarebbe intervenuta a  far  data  dal  1  marzo
1995. 
    In ambo i casi, dunque, il parametro di riferimento  pro  tempore
era  necessariamente  costituito  dalla   disciplina   costituzionale
previgente. 
    Orbene, si deve ritenere che - vieppiu' in quanto nella specie si
tratta  di  norme  regionali   attributive   di   diritti   pecuniari
retributivi,  e  dunque  "di  durata"  -   esse,   ove   riconosciute
incostituzionali sotto alcuna delle  predette  date,  non  potrebbero
salvarsi dalla pertinente declaratoria caducativa  neppure  nel  caso
(per vero del tutto ipotetico) che un diverso assetto  costituzionale
successivamente  sopravvenuto  avesse  attribuito  alla  Regione   la
potesta'  di  emanare  norme  conformi  a   quella   qui   censurata:
diversamente  opinando,  infatti,  a  tale  attribuzione  postuma  di
competenza finirebbe con il riconoscersi effetto  retroattivo,  ossia
tale da  legittimare,  anche  per  un  periodo  di  tempo  anteriore,
l'attribuzione di benefici economici indebiti. 
    Cio' implica che -  quand'anche  si  ritenesse  che,  secondo  un
diffuso  (eppur  non  totalitario)  orientamento  esegetico,  con  la
riforma costituzionale operata dalla legge costituzionale 18  ottobre
2001, n. 3, sia venuto meno per le  regioni  a  statuto  speciale  il
limite delle grandi riforme economico-sociale del Paese -  egualmente
detto limite debba trovare applicazione in sede  di  scrutinio  della
legittimita' costituzionale dell'art. 30  L.R.  n.  11/1988,  appunto
perche' da operarsi con riferimento alla  data  del  1  gennaio  1995
(ovvero del 1 marzo 1995). 
    Peraltro, ove pure si volesse prescindere da cio', in  ogni  caso
non parrebbe dubitabile che, per ogni regione della  Repubblica,  sia
comunque vigente, in applicazione del principio  generale  della  sua
unicita' e indivisibilita' ex art. 5 della  Costituzione,  il  limite
del necessario  rispetto,  nell'esercizio  di  ogni  tipo  di  potere
legislativo  regionale,  dei   principi   generali   dell'ordinamento
giuridico nazionale (che, come si e' gia' detto, dovrebbero ritenersi
in parte qua modificati dal 1 gennaio 1995). 
    Con il corollario che la norma  regionale  di  cui  qui  dovrebbe
farsi applicazione - ossia l'art. 30, commi 1  e  2,  della  L.R.  15
giugno 1988, n. 11 - se pure era conforme a Costituzione  al  momento
della sua entrata in vigore, appare essere  diventata  in  ogni  caso
costituzionalmente illegittima allorche', dopo  il  sovvertimento  in
ambito   nazionale   del   surriferito   principio   generale   della
cumulabilita' tra interessi e rivalutazione e l'introduzione, in  suo
luogo, dell'alternativita' tra l'uno e l'altra, non  si  e'  adeguata
per tempo a tale nuovo principio. 
    In conclusione, le richiamate disposizioni statali, qualificabili
come  norme  di  riforma  economico-sociale  -  e,  comunque,   quali
espressioni di un principio generale dell'ordinamento giuridico  che,
per il principio di unitarieta' della Repubblica di  cui  all'art.  5
Cost., deve applicarsi in ogni sua regione -  sembrano  vincolare  la
Regione siciliana nell'esercizio delle sue competenze legislative  in
questo ambito. 
    Sotto  questo  profilo  la  legge  regionale  e'  sospettata   di
illegittimita' costituzionale per violazione dell'articolo 3 cost.  e
per  mancato   rispetto   dei   limiti   costituiti   dalle   riforme
economico-sociali, nonche' dai principi generali dell'ordinamento. 
    III) In ulteriore subordine: Violazione degli artt. 3 e 117,  III
comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della materia
del "coordinamento della finanza pubblica", di cui infra. 
    Sotto diverso profilo, queste Sezioni riunite  ritengono  che  la
normativa statale introdotta dal combinato disposto dei  citt.  artt.
16, comma 6, legge 30 dicembre 1991, n. 412, e 22, comma 36, legge 23
dicembre  1994,  n.  724,  ponga   un   fondamentale   principio   di
coordinamento della finanza pubblica, da  ascrivere  alla  competenza
legislativa (concorrente) dello Stato, ai sensi  del  rubricato  art.
117, III comma. 
    E' ben noto, infatti, che codesta Corte, in sede di scrutinio  di
legittimita' costituzionale dello stesso art.  22,  comma  36,  della
cit. legge n. 724/1994 (ovviamente in combinato disposto  con  l'art.
16, comma 6, della legge n. 412/1991), ha individuato  quale  ragione
giustificatrice,  adeguata  e  sufficiente,   di   detto   intervento
legislativo (cosi' limitandolo al settore pubblico) - «in un contesto
di progressivo deterioramento degli equilibri della finanza pubblica»
(che, per giunta,  oggi  e'  assai  piu'  aggravato  di  allora)  -la
«necessita'  di  una  piu'   adeguata   ponderazione   dell'interesse
collettivo al contenimento della spesa pubblica» 
    Proprio perche' il principio introdotto dalla  novella  normativa
recata dalla legge finanziaria n. 724/1994 si colloca nel contesto di
una politica (necessitata) di complemento del disegno di contenimento
della spesa per il pubblico impiego, e' evidente, da un lato, che  lo
stesso principio deve essere ugualmente applicato in tutte le regioni
della Repubblica e, dall'altro lato, che esso impinge altresi'  nella
materia  del  "coordinamento  della  finanza  pubblica"   (ovviamente
allargata, ossia comprensiva di quella regionale),  di  cui  all'art.
117, III comma, della Costituzione. 
    In altri  termini,  il  principio  della  non  cumulabilita'  tra
interessi  e  rivalutazione  sui  crediti  dei  pubblici  dipendenti,
introdotto dalla cit.  normativa  di  riferimento,  e'  un  principio
fondamentale nell'ambito del coordinamento  della  finanza  pubblica,
sicche' la sua imposizione da parte dello Stato legittimamente limita
l'autonomia normativa e organizzativa in materia di spesa anche delle
regioni e province autonome (cfr. anche Corte cost. 14  giugno  2012,
n. 151; 28 gennaio 2010, n. 27). 
    Pur  essendo  immediatamente  precettiva,  la  normativa  statale
esprime una scelta di fondo che connota la disciplina degli accessori
del credito e, al contempo, limita gli oneri per la finanza pubblica,
cosi' integrando, almeno, un principio fondamentale della materia del
coordinamento della finanza pubblica, ex art. 117,  III  comma:  cio'
concorre a realizzare, «attraverso un risparmio della spesa corrente,
l'equilibrio   della   finanza    pubblica    complessiva»    (cosi',
nell'estendere ad alcune regioni una limitazione alla retribuibilita'
di determinate prestazioni lavorative, Corte cost. 14 giugno 2012, n.
151). 
    La legge regionale risulta  pertanto  viziata  da  illegittimita'
costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e  117,  III  comma,
della Costituzione. 
    9. - Per tali ragioni, ai sensi dell'art. 23, commi I e II, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, queste Sezioni Riunite ritengono di dover
sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale,  nei  termini
dianzi esposti, dei commi I e 2 dell'art. 30  della  legge  regionale
siciliana 15 giugno 1988, n. 11, per contrasto con le disposizioni di
rango costituzionale indicate nel superiore paragrafo 6, sub I, II  e
III. 
    Poiche', per le ragioni che si sono gia' esposte, queste  Sezioni
riunite ritengono di non poter definire il ricorso  straordinario  di
cui in epigrafe indipendentemente dalla soluzione di  tale  questione
di  legittimita'  costituzionale,  la  quale  non  e'  manifestamente
infondata, con il presente atto con valenza di ordinanza, riferiti ut
sopra i termini e i motivi della questione,  si  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  sospendendo,  fino
alla relativa pronuncia, il giudizio in corso. 
    In conclusione, va sospesa la pronuncia del parere e ordinata  la
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  Costituzionale,  secondo   le
modalita' di cui in dispositivo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Sospende l'espressione  del  parere,  ordinando  alla  Segreteria
l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla  Corte
costituzionale. 
    Ordina altresi' che il  presente  provvedimento  ordinatorio  sia
notificato, a cura della stessa Segreteria, alle parti in causa e  al
Presidente della Regione siciliana,  nonche'  ulteriormente  che  sia
comunicato dalla stessa Segreteria anche al Presidente dell'Assemblea
regionale siciliana. 
 
                      Il Presidente: De Lipsis