N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 2012

Ordinanza del 26 novembre 2012 emessa dal  Tribunale  di  Varese  nel
procedimento penale a carico di P.G.. 
 
Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Richiesta  di
  archiviazione -  Mancato  accoglimento  -  Ordine  di  formulazione
  coatta - Omissione da parte del  pubblico  ministero  -  Denunciato
  obbligo del giudice, secondo il  diritto  vivente,  di  pronunciare
  ordinanza  di  archiviazione  -   Violazione   del   principio   di
  obbligatorieta' dell'azione penale - Violazione del principio della
  parita' delle parti. 
- Codice di procedura penale, art. 409, comma 5. 
- Costituzione, artt. 111 e 112. 
(GU n.43 del 23-10-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il presente procedimento, iscritto in  relazione  al  delitto  di
peculato  a  nome  di  G.  P.,  ha  visto  una  prima  richiesta   di
archiviazione in data 8 aprile 2008; il  Gip.,  con  decreto  del  17
maggio 2008, ha fissato l'udienza camerale, ai  sensi  dell'art.  409
cpp., ad esito della quale il 10 luglio 2008 ha disposto che il  P.M.
formulasse entro dieci giorni l'imputazione di peculato nei confronti
dell'indagato. 
    Il Requirente, tuttavia, dopo avere  fatto  notificare  a  costui
avviso di conclusione delle indagini preliminari datato  2  settembre
2008, a seguito del deposito di memoria difensiva in data 5  novembre
2008 delegava l'interrogatorio del P., assunto il quale il 21 gennaio
2009 depositava nuova richiesta di archiviazione. 
    Il Gip. fissava quindi nuova udienza camerale, celebrata la quale
il  21  maggio  2009  ribadiva  l'ordinanza  di  imputazione  coatta,
segnalando  anche   in   fatto   quale   dovesse   essere   l'oggetto
dell'imputazione. 
    Il Requirente, tuttavia, dopo avere notificato  al  P.  ulteriore
avviso di conclusione  delle  indagini  preliminari,  ricevuta  nuova
memoria difensiva delegava ulteriore interrogatorio dell'indagato; si
procedeva anche all'esame di una persona informata. 
    Ad esito, il P.M. il 25 novembre  2011  ha  per  la  terza  volta
chiesto l'archiviazione. 
    Il Giudice si trova quindi davanti all'alternativa di fissare una
nuova udienza ex art. 409 cpp,  per  ulteriormente  disporre  che  il
Requirente formuli l'imputazione, con  la  concreta  possibilita'  di
stallo  procedimentale,  o  di  subire  quella  che  potrebbe  essere
definita un'archiviazione coatta. 
    Non  ignora,  infatti,  il  Giudice  che,  nel  diritto  vivente,
superando un'originaria impostazione piu' aderente - a parere di  chi
scrive - allo spirito e alla lettera dell'art. 409,  5°  comma,  cpp.
(1) , si sia affermata un'interpretazione, secondo cui, qualora  P.M.
omettesse di formulare l'imputazione ordinata dal  Gip.,  il  Giudice
sarebbe obbligato ad archiviare la notizia di reato (2) . 
    Reputa questo Giudice che siffatta interpretazione dell'art. 409,
quinto comma, cpp., di oggettiva rilevanza nel caso di specie, sia in
palese contraddizione con l'art. 112  Costituzione,  che  obbliga  il
Pubblico Ministero ad esercitare l'azione penale. 
    Tanto piu' che, nel caso  in  esame,  l'obbligo  e'  sancito  dal
Giudice terzo e imparziale, il cui intervento e'  ex  art.  409  cpp.
previsto proprio a tutela del rispetto del  principio  costituzionale
citato. 
    Nell'interpretazione  "vivente"  qui  avversata,   peraltro,   si
potrebbe  ravvisare  anche  la  violazione  dell'ulteriore  parametro
costituzionale fissato dall'art. 111,  giacche'  essa  legittima  una
singolare  preminenza  della  valutazione  di  una  delle  Parti  del
procedimento rispetto a quella della Giurisdizione. 
    La questione di costituzionalita', oggi sollevata d'ufficio,  non
e' ritenuta, per le ragioni esposte, manifestamente infondata. 
    Se ne ribadisce la rilevanza, giacche' il Giudice ha  gia'  fatto
"inutilmente" applicazione nel  procedimento  dell'art.  409,  quinto
comma, cpp. nella  sua  interpretazione  ritenuta  costituzionalmente
orientata,  la  quale  tuttavia  non  e'  condivisa  dai  Giudici  di
legittimita'. 
    Ne' servirebbe, anzi si tradurrebbe in  un'inutile  dispendio  di
risorse  procedimentali,  "sollecitare"   l'intervento   attivo   del
Procuratore Generale presso la Corte d'Appello -  sollecitazione  non
prevista da alcuna norma, ma che potrebbe essere  ritenuta  anch'essa
in qualche misura  introdotta  nel  sistema  dal  diritto  vivente  -
giacche' tale Autorita' e' compiutamente informata  della  vicenda  e
dunque delle  ripetute  valutazioni  "negative"  del  P.M.  varesino,
avendo ricevuto le comunicazioni di  ben  due  avvisi  di  fissazione
delle due udienze camerali fissate ex art. 409,  terzo  comma,  cpp.,
relative  alla  stessa  questione   procedimentale;   deve   pertanto
fondatamente e ragionevolmente ritenersi -  a  meno  di  non  volere,
contrariamente  a  quanto   convintamente   ritenuto   dal   Giudice,
concludere  per  la  sostanziale  inefficacia  e   inutilita'   della
comunicazione prevista dal terzo comma dell'art. 409 cpp.  o  che  il
P.G. non valuti a fondo il merito delle comunicazioni ricevute -  che
il Procuratore Generale presso la Corte  d'Appello  sia  stato  della
stessa   opinione   del   Requirente   locale   ed   abbia   pertanto
consapevolmente deciso di non avocare le indagini ai sensi  dell'art.
412, comma 2, cpp. e di non esercitare quindi autonomamente  l'azione
penale, nonostante la duplice ordinanza del remittente. 
    Il menzionato  diritto  vivente,  infine,  rende  ragionevolmente
inapplicabile in concreto anche la "sanzione" procedimentale  di  cui
all'art. 124 cpp.. 

(1) Il riferimento e' a Cass, I,  12  luglio  1991,  n.  3217,  ric..
    Confl. comp. G.I.P. Pret. e P.M.  Torino  in  proc.  Coperino  ed
    altri,  secondo  cui  «nel  caso  in  cui  il  G.I.P.,  richiesto
    dell'archiviazione, indichi al  P.M.  le  ulteriori  indagini  da
    espletare costui e'  certamente  tenuto  ad  adempiere  a  quanto
    richiesto dal giudice. A garanzia contro l'inerzia  del  P.M.  e'
    stato previsto il potere di avocazione ad opera  del  Procuratore
    Generale. Peraltro nell'ipotesi in cui l'inerzia sia addebitabile
    all'autorita' avocante non  puo'  il  G.I.P.  elevare  conflitto,
    dovendosi escludere la sussistenza di un  conflitto  -  sia  pure
    sotto la forma dei casi analoghi  -  nel  caso  in  cui  uno  dei
    confliggenti non sia organo giudicante (sulla scorta dei principi
    di cui in massima la  Cassazione  ha  ritenuto  inammissibile  il
    conflitto sollevato dal G.I.P. presso la  Pretura  nei  confronti
    del procuratore generale  avocante  che  non  aveva  esperito  le
    indagini    richieste     sostenendone     l'inopportunita'     e
    l'impossibilita', ed ha evidenziato che in  ipotesi  siffatte  al
    giudice non resta che o aderire alla richiesta  di  archiviazione
    ovvero  disporre  la  restituzione  degli  atti  al   Procuratore
    Generale per la formulazione dell'imputazione). 

(2) «Il  giudice  per  le  indagini  preliminari  che   non   intenda
    accogliere la richiesta di archiviazione del P.M. deve fissare la
    data della udienza in camera  di  consiglio,  dandone  avviso  al
    P.M., alla persona offesa e al  procuratore  generale  presso  la
    Corte d'appello. All'udienza, ...il G.I.P. puo' indicare al  P.M.
    le indagini ulteriori  da  compiere,  eventualmente  fissando  un
    termine, oppure invitare il P.M. a formulare entro  dieci  giorni
    l'imputazione, sulla base della quale  potra'  fissare  l'udienza
    preliminare, destinata a sfociare nella sentenza di non  luogo  a
    procedere ovvero nel decreto che dispone il  giudizio.  Tuttavia,
    nel caso che il P.M. omettesse di formulare l'imputazione  coatta
    o insistesse, invece, nella richiesta di archiviazione, al G.I.P.
    non resterebbe  altra  facolta'  che  quella  di  pronunciare  il
    decreto di archiviazione ovvero  di  sollecitare  il  Procuratore
    Generale presso la Corte d'appello ad avocare  le  indagini  e  a
    esercitare l'azione penale. Ma qualora anche il P.G. ritenesse di
    richiedere l'archiviazione e di non esercitare  l'azione  penale,
    il G.I.P. sarebbe obbligato ad archiviare la «notitia  criminis»,
    ferma restando la facolta' del P.M. di richiedere e dello  stesso
    C.I.P. di autorizzare la riapertura delle indagini, nel  caso  si
    prospettasse l'esigenza di nuove investigazioni»:  Cass.  IV,  25
    novembre 2003, n. 15615,  imp.  Garzilli  ed  altri;  conf.  gia'
    Cass., I, 24 ottobre 1995, n.  5291,  ric..  confl.  comp.  Proc.
    Rep.Trib. Spoleto ed  altro,  secondo  cui  «il  giudice  per  le
    indagini preliminari che non intenda accogliere la  richiesta  di
    archiviazione del P.M. deve fissare  la  data  della  udienza  in
    camera di consiglio, dandone avviso al P.M., al  sottoposto  alle
    indagini, alla persona offesa e al Procuratore Generale presso la
    Corte d'appello. All'udienza, celebrata secondo il rito  previsto
    dall'art. 127 cod. proc. pen., il g.i.p. puo' indicare al P.M. le
    indagini  ulteriori  da  compiere,  eventualmente   fissando   un
    termine, oppure invitare il P.M. a formulare entro  dieci  giorni
    l'imputazione, sulla base della quale  potra'  fissare  l'udienza
    preliminare, destinata a sfociare nella sentenza di non  luogo  a
    procedere ovvero nel decreto che dispone il  giudizio.  Tuttavia,
    nel caso che P.M. omettesse di formulare l'imputazione  coatta  o
    insistesse, invece, nella  richiesta  di  archiviazione,  al  non
    resterebbe altra facolta' che quella di pronunciare il decreto di
    archiviazione  ovvero  di  sollecitare  il  Procuratore  Generale
    presso la Corte d'appello ad avocare le indagini e  a  esercitare
    l'azione penale. Ma qualora anche il P.G. ritenesse di richiedere
    l'archiviazione e di non esercitare l'azione  penale,  il  g.i.p.
    sarebbe  obbligato  ad  archiviare  la  notitia  criminis,  ferma
    restando la facolta' del P.M. di richiedere e dello stesso g.i.p.
    di  autorizzare  la  riapertura  delle  indagini,  nel  caso   si
    prospettasse l'esigenza di nuove investigazioni». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 187; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
Costituzionale, perche' esamini  la  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 409, quinto comma,  cpp.,  nell'interpretazione  datane  da
Cass. 25 novembre 2003, n. 15615, come sopra  avanzata  nel  presente
giudizio. 
    Sospende il giudizio in corso. 
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  questa  ordinanza   sia
notificata alle  Parti,  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri. 
    Si comunichi ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
            Il giudice per le indagini preliminari: Fazio