N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 luglio 2013

Ordinanza del 22 luglio 2013  emessa  dal  G.U.P.  del  Tribunale  di
Torino nel procedimento penale a carico di R.R. e E.K.F.. 
 
Reati e pene - Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze
  stupefacenti o psicotrope - Modifiche normative introdotte mediante
  una  disposizione  inserita  nella   legge   di   conversione   del
  decreto-legge n. 272 del 2005 - Denunciata  parificazione  ai  fini
  sanzionatori delle sostanze stupefacenti o psicotrope di  cui  alle
  tabelle II e IV (c.d. droghe leggere) del previgente  art.  14  del
  testo unico in materia a quelle delle tabelle I e III (c.d.  droghe
  pesanti) - Denunciato conseguente innalzamento delle  sanzioni  per
  le condotte riguardanti le sostanze di cui alle prime due tabelle -
  Denunciata unificazione delle tabelle che identificano le  sostanze
  stupefacenti, in  particolare  includendo  la  cannabis  e  i  suoi
  prodotti nella prima di tali  tabelle  -  Estraneita'  delle  nuove
  norme  inserite  dalla  legge  di  conversione  all'oggetto,   alle
  finalita' e  alla  ratio  dell'originale  decreto-legge  -  In  via
  subordinata: carenza del  presupposto  del  caso  straordinario  di
  necessita' e urgenza. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2005,  n.  272,  art.  4-bis,  introdotto
  dalla legge di conversione 21 febbraio 2006, n. 49. 
- Costituzione, art. 77, comma secondo. 
(GU n.45 del 6-11-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letta memoria ex art. 121 c.p.p. depositata  in  data  11  luglio
2013 presentata nell'interesse di: 
        R.R., nato in M. il 10 settembre 1984, attualmente sottoposto
alla misura degli arresti domiciliari in Torino via  Moncrivello  nr.
3/D c/o BOVE Giacomo (Stazione Carabinieri Torino Regio Parco); 
        E.K.F. nato a B. (Francia) il 30  novembre  1980  attualmente
sottoposto alla misura dell'obbligo di presentazione giornaliero alla
P.G.; 
    entrambi difesi di fiducia  dall'avv.  Gasparini  Alessandro  del
Foro di Torino, 
    Rilevato in fatto che nei confronti dei suddetti imputati  veniva
emesso decreto di giudizio immediato in data 27 febbraio 2013 con  la
seguente imputazione: 
        del reato di cui agli artt. 110 c.p., 73 DPR  309/90  perche'
in concorso tra loro illecitamente detenevano gr. 965,65 di  sostanza
stupefacente, hashish, contenente  mg.  93578  di  principio  attivo,
destinato aI consumo di terzi. - In Torino il 25 gennaio 2013 
    R. recidivo specifico infraquinquennale 
    E.K. recidivo 
 
                               Osserva 
 
    In data 14 marzo 2013 il difensore di entrambi, munito di procura
speciale, chiedeva procedersi  con  il  rito  abbreviato  che  veniva
ammesso in data 27 maggio 2013. 
    Con la memoria depositata l'11 luglio  2013  il  difensore  degli
imputati sollevava eccezione di incostituzionalita'  dell'art.  4-bis
del d.l. n. 272/2005 cosi' come modificato dalla legge di conversione
n.  49/2006,  che  aveva  modificato  l'art.  73  D.P.R.  309/90  per
contrasto con gli artt. 77 c. 2, 3 e 117 c. 1 Cost. 
    La questione,  come  precisato  anche  dal  difensore,  e'  stata
recentemente sollevata sia  dalla  Corte  di  Appello  di  Roma,  con
ordinanza del 28 gennaio 2013, di cui  il  difensore  fa  proprie  le
motivazioni e le conclusioni, che dalla Corte di  Cassazione  Penale,
Sezione III, con ordinanza del 9 maggio 2013. 
    In particolare la Corte di Appello di Roma svolgeva  le  seguenti
osservazioni in diritto. 
 
                         Osserva in diritto 
 
    1. L'art. 73 del  d.P.R.  n.  309/90,  come  e'  noto,  e'  stato
modificato dalla legge n. 49 del 21 febbraio 2006 di conversione  del
decreto legge n. 272/2005, c.d. «Decreto Olimpiadi». 
    Prima della legge di modifica l'articolo in  argomento  prevedeva
nei commi 1 e 4 la sanzione della reclusione da 8  a  20  anni  e  la
multa da € 25.822 ad € 258.228 per una serie di  condotte  aventi  ad
oggetto le sostanze stupefacenti  elencate  nelle  tabelle  I  e  III
allegate al d.P.R. - le c.d. droghe pesanti - e, rispettivamente,  la
sanzione della reclusione da 2 a 6 anni e la multa da €  5.164  ad  €
77.468 per le condotte riguardanti le sostanze elencate nelle tabelle
II e IV - c.d. droghe leggere -. 
    Il   quadro   legislativo   prevedeva   dunque,    come    appare
giuridicamente e, soprattutto, costituzionalmente corretto,  sanzioni
diverse  in  relazioni  a  condotte  diverse:  la  norma,  puniva   e
violazioni relative a sostanze piu' dannose con sanzioni piu' pesanti
rispetto a quelle riguardanti sostanze meno dannose. 
    L'art. 4-bis d.l. cit. ha modificato il quadro  teste'  delineato
appiattendo verso l'alto  le  condotte  in  argomento  sotto  l'unica
sanzione della reclusione da 6 a 20 anni e la  multa  da  € 26.000  a
260.000. 
    Fermo e' rimasto il comma 5 dell'art. in  argomento  che  prevede
sanzioni piu' miti per  comportamenti  di  lieve  entita'  stabilendo
comunque per cio' che attiene alla detenzione di sostanza  "leggere",
un rilevante anniento delle pene rispetto  a  quanto  previsto  dalla
norma nella sua formulazione originaria. 
    L'art. 4-bis cit. risulta per altro verso inserito nel quadro  di
un decreto legge  varato  all'inizio  sotto  la  rubrica  di  «Misure
urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime
Olimpiadi invernali  nonche'  la  funzionalita'  dell'amministrazione
dell'Interno.   Disposizioni   per   favorire    il    recupero    di
tossicodipendenti recidivi». 
    Il provvedimento varato dal Governo  era  costituito  da  soli  6
articoli riguardanti  l'assunzione  di  personale  della  Polizia  di
Stato,  il  finanziamento  delle  Olimpiadi  invernali   di   Torino,
l'istituzione di apposita lotteria nazionale,  l'esecuzione  di  pene
detentive per tossicodipendenti ed il diritto di voto degli  italiani
all'estero. 
    In particolare, per cio' che attiene alla materia  in  argomento,
l'art. 4 del decreto legge  abrogava  l'art.  94-bis  del  d.P.R.  n.
309/90 e prevedeva un caso speciale di sospensione dell'esecuzione di
pene detentive irrogate a tossicodipendenti ed alcoldipendenti: nulla
dunque  che  riguardasse  le  sanzioni  relative  alle  condotte   di
detenzione, spaccio ecc. di sostanze stupefacenti. 
    In seguito al passaggio parlamentare, il decreto contava  ben  36
articoli tra cui l'art. 4-bis di cui trattasi. 
    Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene dunque questa  Corte
che sussistano elementi per ritenere non manifestamente infondata  la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4-bis  del  d.l.
cit. cosi' come convertito nella l.  n.  49/2006  per  contrasto  con
l'art. 77, 2 c. Cost. sollevata nel corso del presente procedimento. 
    Ed in effetti la Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi
in ordine alla necessita' di coerenza tra le norme che compongono  un
provvedimento di urgenza rilevando «la carenza  del  requisito  della
straordinarieta' del caso di necessita' e di urgenza di provvedere la
evidente estraneita' della  norma  censurata  rispetto  alla  materia
disciplinata da altre  disposizioni  del  decreto  legge  in  cui  e'
inserita». Ed  ancora:  «Si  deve  ritenere  che  l'esclusione  della
possibilita'  di  inserire  nella  legge   di   conversione   di   un
decreto-legge emendamenti  del  tutto  estranei  all'oggetto  e  alle
finalita' del testo originario non risponda soltanto ad  esigenze  di
buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo
comma, Cost., che istituisce un nesso  di  interrelazione  funzionale
tra decreto-legge, formato dal  Governo  ed  emanato  dal  Presidente
della Repubblica,  e  legge  di  conversione,  caratterizzata  da  un
procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello  ordinario».
(sentenza 22 del 2012). 
    Ora nel caso in specie appare evidente  il  difetto  di  coerenza
interna tra le  norme  che  costituivano  il  nucleo  originario  del
provvedimento adottato dal governo e quella di  cui  dall'art.  4-bis
citato: tale ultima norma, che introduce un nuovo sistema di sanzioni
in relazione a condotte aventi  ad  oggetto  stupefacenti,  nulla  ha
evidentemente a che vedere, sia con lo  svolgimento  delle  Olimpiadi
invernali di Torino,  sia  con  i  benefici  previsti  in  favore  di
tossicodipendenti ed alcoldipendenti. 
    2. Del resto che la norma in argomento non perseguisse  lo  scopo
di fronteggiare un problema presentatosi con caratteri di  urgenza  e
straordinarieta' emerge con tutta evidenza dal fatto che  la  riforma
dell'art. 73 cit. giaceva in parlamento da tre  anni  come  affermato
dallo stesso relatore  della  modifica  On.  Giovanardi  (seduta  del
Senato del 26 gennaio 2006). Da tale rilievo  si  deduce  un  secondo
profilo di incostituzionalita' per contrasto  con  l'art.  77,  2  c.
Cost. della norma in questione che, oltre ad  essere  inserita,  come
gia' detto, in un contesto disomogeneo, appare per di piu' sprovvista
del   requisito   della   urgenza   previsto   dalla   citata   norma
costituzionale  e  che  giustifica  il  potere  di  decretazione  del
governo. Non si vede, in altre parole, quale  urgenza  vi  fosse  nel
riformare un sistema sanzionatorio in vigore da 16 anni ed in  ordine
al quale nessun evento improvviso, straordinario poneva l'esigenza di
una modifica per decreto. 
    La Corte costituzionale ha peraltro avuto modo  di  affermare  il
principio per cui il vizio derivante dalla assenza del  requisito  di
straordinarieta' ed urgenza del provvedimento per decreto  non  viene
sanato dalla successiva legge di conversione. Quanto precede  poiche'
«Affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i  vizi  del
decreto  significherebbe  attribuire  in  concreto   al   legislatore
ordinario il potere  di  alterare  il  riparto  costituzionale  delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione  delle
fonti primarie.» (C. Cost. sent. n. 171/2007). 
    3. La norma di cui all'art. 4-bis in questione si pone a giudizio
di questa Corte in contrasto altresi' del principio costituzionale di
eguaglianza dei cittadini di fronte alla  legge  di  cui  all'art.  3
Cost. 
    Il principio postula come e' noto, e come  e'  stato  piu'  volte
sottolineato dalla Corte costituzionale, non solo che a comportamenti
eguali  vengano  riconnesse  conseguenze  eguali  ma  anche,  e   per
converso, che a situazioni diverse corrispondano conseguenze diverse. 
    Non v'e' dunque chi non veda come sanzionare con la medesima pena
due comportamenti notevolmente diversi  come  l'importare,  detenere,
spacciare ecc. droghe c.d. leggere  oppure  pesanti  costituisca  una
palese violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo della
mancata adozione di sanzioni diverse in relazione a condotte diverse. 
    Pur  non  essendo  questa  la  sede  per  una  disamina  su  basi
scientifiche   delle   profonde,   e   comunque   note,    differenze
intercorrenti tre ai due tipi di stupefacenti varra' tuttavia la pena
di rilevare quanto meno la  assenza  di  effetti  di  dipendenza  nei
consumatori di «cannabis» a differenza di quelli che assumono  droghe
c.d. pesanti quali gli oppiacei di  cui  diventano  entro  brevissimo
termine dipendenti. Va altresi' rilevata la  modestia  degli  effetti
negativi sull'organismo - non  differenti  da  quelli  che  provocano
alcool o nicotina - delle droghe leggere rispetto  quelli  devastanti
prodotti dalle droghe pesanti. 
    4. Non manifestamente infondata appare inoltre  la  questione  di
legittimita' costituzionale della norma di cui al l'art.  4-bis  cit.
in relazione all'art. 117, c. 1 Cost. 
    Va invero posto  in  evidenza  come  il  Consiglio  della  Unione
Europea con la  decisione  quadro  n.  2004/757/GAI  abbia  stabilito
all'art. 4 che: 
    1 - (Omissis). «Ciascuno Stato membro provvede finche' i reati di
cui all'art. 2 (Reati connessi al traffico illecito di stupefacenti e
di precursori) siano soggetti a pene detentive della  durata  massima
compresa tra almeno l e 3 anni. 
    2 - Ciascuno Stato membro  provvede  affinche'  i  reati  di  cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano soggetti  a  pene
detentive della durata massima compresa tra almeno 5  e  10  anni  in
presenza di ciascuna delle seguenti circostanze: a) il reato  implica
grandi quantitativi  di  stupefacenti;  b)  il  reato  o  implica  la
fornitura degli stupefacenti piu' dannosi per la  salute,  oppure  ha
determinato gravi danni alla salute di piu' persone.» 
    Al di la'  della  quantificazione  delle  pene  che  in  subiecta
materia non puo' venire in considerazione, cio' che rileva e' che  la
decisione comunitaria in argomento distingua chiaramente e nettamente
da un punto di vista sanzionatorio  tra  droghe  leggere  -  che  non
vengono definite in quanto tali ma che si comprende,  per  esclusione
rispetto al successivo comma 2 lett. b) siano quelle cui la decisione
si  riferisce  -  e  droghe  pesanti  che   vengono   indicate   come
«stupefacenti piu' dannosi per la salute». 
    Ai sensi dell'art. 117, 1 c. Cost. lo Stato Italiano ha il dovere
di legiferare «nel rispetto dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli  obblighi  internazionali  alle  decisioni  della
comunita' internazionale». 
    Sulla necessita' per lo Stato di conformarsi ai  sensi  dell'art.
117 Cost. alle Decisioni Quadro del Consiglio di Europa  si  e'  gia'
pronunciata la Corte costituzionale, tra le altre, con la sentenza da
cui e' tratta  la  seguente  massima:  Rapporti  giurisdizionali  con
autorita' straniere in materia penale -  Estradizione  -  Mandato  di
arresto europeo -  Consegna  per  l'estero  -  Cittadino  comunitario
residente in Italia - Mancata previsione del rifiuto  della  consegna
del residente non cittadino - costituzionale.  E'  costituzionalmente
illegittimo, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.,  l'art.
18,  comma  1,  lettera  r),  della  legge  22  aprile  2005,  n.  69
(Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro
2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002  relativa  al  mandato
d'arresto europeo e alle procedure di  consegna  tra  Stati  membri),
nella parte in cui non prevede  il  rifiuto  di  consegna  anche  del
cittadino  di  un  altro  Paese  membro  dell'Unione   europea,   che
legittimamente  ed  effettivamente  abbia  residenza  o  dimora   nel
territorio italiano, ai fini dell'esecuzione della pena detentiva  in
Italia conformemente al diritto interno. Corte cost., 24 giugno 2010,
n. 227 (Ric. Corte di cassazione. (l. 22 aprile 2005, n. 69, art,  8)
(1), in Anpp 5/10. 
    Nel corpo di detta  sentenza  si  afferma  tra  l'altro:  «Questa
Corte, fin dalle prime occasioni nelle  quali  e'  stata  chiamata  a
definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario,
ne ha individuato il  «sicuro  fondamento»  nell'art.  11  Cost.  (in
particolare, sentenze n. 232 del 1975 e n. 183 del 1973; ma  gia'  in
precedenza, le sentenze n. 98 del 1965 e n. 14 del 1964). E' in forza
di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze  tra
i principi  fondamentali  della  Carta,  che  si  e'  demandato  alle
Comunita' europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo  degli
Stati membri competenze normative in determinate materie, nei  limiti
del principio di attribuzione». 
    La  norma  dell'art.  4-bis  in  argomento  viola  dunque   anche
l'obbligo, costituzionalmente sancito, per lo Stato  di  conformarsi,
nei limiti disposti  dalla  legge,  alle  decisioni  della  comunita'
internazionale: quanto precede poiche', unificando la  pena  prevista
sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti, non  ha  operato
la distinzione da un punto di vista sanzionatorio tra i due  tipi  di
droghe cui era tenuta in  forza  della  citata  decisione  quadro  n.
2004/757/GAI. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Solleva questione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4
bis d.l. n. 272/2005 cosi' come modificato dalla Legge di conversione
n. 49/2006 in relazione agli artt. 77, 2 comma Cost. sotto il duplice
profilo  della  incoerenza  della   norma   rispetto   all'originario
contenuto del d.l. e del difetto del requisiti dell'urgenza, 3  Cost.
e 117, comma 1 Cost. 
    Sospende il presente procedimento. 
    Manda  alla  Cancelleria  per  la  trasmissione  della   presente
ordinanza alla  Corte  costituzionale,  gli  imputati  ed  al  PM  al
Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti  della  Camera
di Deputati e del Senato della Repubblica. 
        Roma, addi' 28 gennaio 2013 
    Da parte sua, la Corte di Cassazione Penale, Sezione Terza,  cosi
argomentava la sua ordinanza. 
    4.  La  questione  di  costituzionalita'  va  sollevata,  in  via
principale, in relazione alla seconda delle  tre  eccezioni  proposte
dalla difesa. 
    La  prima  eccezione  ha  ad  oggetto  sempre  I'art.  4-bis  del
decreto-legge n. 272 del 2005, in riferimento all'art. 77  Cost.,  ma
viene proposta  sotto  il  profilo  della  mancanza,  nel  testo  del
decreto-legge,  sia  del  presupposto  del  caso   straordinario   di
necessita' e di urgenza, sia del  requisito  della  omogeneita'  (con
riguardo all'oggetto ed alla  finalita').  L'eccezione  appare  pero'
prospettata in modo perplesso, dal momento che non e'  chiaro  se  la
censura si indirizza soltanto contro le  nuove  norme  introdotte  in
sede di conversione ovvero anche  avverso  il  testo  originario  del
provvedimento d'urgenza, il cui vizio si estenderebbe poi alle  norme
successivamente inserite. 
    In particolare, la denuncia di mancanza del necessario  carattere
della omogeneita' sembrerebbe riferita, piu' che alle norme aggiunte,
al testo  originario  del  decreto-legge,  dal  momento  che  vengono
specificamente elencate la pluralita' di materie distinte su cui esso
interveniva (assunzione di personale della Polizia di  Stato;  misure
per  l'amministrazione  civile  dell'interno;   finanziamento   delle
olimpiadi anche con istituzione di apposita lotteria;  esecuzione  di
pene detentive  per  tossicodipendenti  con  programmi  di  recupero;
diritto di voto degli italiani all'estero) e le differenti  finalita'
perseguite. 
    Deve allora osservarsi che,  in  quanto  si  rivolge  avverso  il
provvedimento  governativo,  l'eccezione  e'   comunque   irrilevante
perche' in questo giudizio non deve applicarsi  nessuna  delle  norme
dell'originario  decreto-legge,  e  cio'  a   prescindere   da   ogni
considerazione  circa  la  effettiva  ravvisabilita'  di   una   loro
disomogeneita' finalistica. Se  invece  si  rivolge  alle  norme  del
decreto come modificato dalla legge di  conversione,  l'eccezione  di
carenza di omogeneita' coincide con  la  seconda  eccezione,  perche'
cio' che rileva e' la disomogeneita', o meglio l'estraneita'  fra  le
norme introdotte  in  sede  di  conversione  ed  il  contenuto  o  la
finalita' del provvedimento d'urgenza. 
    Analogamente, anche la denuncia di mancanza del presupposto della
necessita'  ed  urgenza  sembrerebbe  rivolta  avverso   l'originario
decreto-legge, in quanto nella memoria si parla di vizio  non  sanato
dalla approvazione della legge di conversione e di  evidente  carenza
dell'urgenza per le disposizioni dirette a favorire il  recupero  dei
tossicodipendenti recidivi. Sotto questo aspetto, pero',  l'eccezione
e' anch'essa priva di rilevanza,  sempre  per  il  motivo  che  nella
specie non debbono applicarsi norme dell'originario decreto-legge,  a
prescindere  da  ogni  considerazione   sulla   sua   non   manifesta
infondatezza. Se invece la censura si rivolge avverso le nuove  norme
introdotte dalla legge di conversione, allora occorre distinguere. Se
si condivide la tesi, qui sostenuta, che queste norme sono del  tutto
estranee al contenuto ed alle finalita' del decreto-legge, allora non
ha importanza la sussistenza dei presupposti di necessita' ed urgenza
(sentenza n. 355 del 2010), atteso che e' stato spezzato il nesso  di
collegamento col provvedimento governativo e il vizio di legittimita'
si prospetta invece, come si  vedra',  proprio  in  ragione  di  tale
totale estraneita'. Se invece si ritenga che le nuove norme non siano
del  tutto  estranee,  neppure  in   questo   caso   l'eccezione   e'
manifestamente infondata e pertanto, come si chiarira' in seguito, la
relativa questione va sollevata in via subordinata. 
    5.  La  terza  eccezione  di  costituzionalita'  prospettata  con
riferimento all'art. 117,  comma  1,  Cost.,  sotto  il  profilo  del
contrasto con la decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio  dell'UE
e col principio di proporzionalita' delle pene di  cui  all'art.  49,
comma 3, della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,
resta assorbita dall'accoglimento della seconda eccezione relativa al
possibile contrasto con l'art. 77, comma 2, Cost. 
    6. Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  va  preliminarmente
ricordato che, come e' ben noto, nel caso in cui le parti prospettino
una questione di legittimita' costituzionale,  il  giudice  non  deve
stabilire  se  essa  sia  fondata  o  infondata,  compito  questo  di
esclusiva competenza della Corte costituzionale, bensi' unicamente se
sia o non  sia  manifestamente  infondata.  Il  giudice  deve  quindi
limitarsi ad una valutazione sommaria, per  rilevare  che  esista,  a
prima vista, un dubbio plausibile di costituzionalita' ed a  svolgere
un controllo finalizzato ad escludere le questioni prive di  serieta'
e di ponderazione, sollevate solo a fini dilatori. 
    Nella specie, la seconda questione di legittimita' costituzionale
prospettata dal ricorrente e', oltre che rilevante, anche plausibile,
non sollevata a fini meramente  dilatori,  e  dotata  di  serieta'  e
ponderazione. Sussiste  almeno  un  serio  dubbio  di  illegittimita'
costituzionale, il che  e'  sufficiente  ad  escludere  la  manifesta
infondatezza della questione. 
    7. Cio' posto, si rammenta che la Corte  costituzionale,  con  la
sentenza n. 22 del 2012, ha ricordato come uno degli indici  in  base
ai quali verificare se in un decreto-legge «risulti evidente  o  meno
la  carenza  del  requisito  della  straordinarieta'  del   caso   di
necessita' e d'urgenza di provvedere», e' costituito dalla  «evidente
estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata
da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita (sent.  n.
171  del  2007;  sent.  n.  128  del  2008).  Il  riconoscimento  dei
presupposti di cui  all'art.  77,  secondo  comma,  Cost.  e'  quindi
collegato «ad una intrinseca coerenza delle  norme  contenute  in  un
decreto-legge, o dal punto di vista  oggettivo  e  materiale,  o  dal
punto di vista funzionale e finalistico. La  urgente  necessita'  del
provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme  accomunate  dalla
natura  unitaria  delle  fattispecie   disciplinate,   ovvero   anche
dall'intento di fronteggiare  situazioni  straordinarie  complesse  e
variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente   eterogenei,
afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di
approntare rimedi  urgenti  a  situazioni  straordinarie  venutesi  a
determinare». Da cio' la Corte  ha  tratto  la  conclusione  che  «la
semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge
oggettivamente o teleologicamente unitario non  vale  a  trasmettere,
per cio' solo, alla stessa il  carattere  di  urgenza  proprio  delle
altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto  o  di
finalita'». Pertanto, «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto
o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  "i
provvedimenti provvisori con forza  di  legge"».  Invero,  la  «ratio
implicita  nel  secondo  comma  dell'art.   77   Cost.,   impone   il
collegamento  dell'intero  decreto-legge  al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa  delegazione  da  parte  del  Parlamento»,  e  di  tale  ratio
costituisce esplicitazione,  pur  non  avendo  rango  costituzionale,
l'art. 15, comma 3, della legge  23  agosto  1988,  n.  400,  laddove
prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere  specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo». 
    Per quanto concerne in particolare la legge  di  conversione,  la
citata  sent.  n.  22  del  2012  ha  affermato  che  «La  necessaria
omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in
relazione  all'apprezzamento  politico,   operato   dal   Governo   e
controllato  dal  Parlamento,  del  singolo  caso  straordinario   di
necessita'  e  urgenza,  deve  essere  osservata   dalla   legge   di
conversione». La  Corte  ha  quindi  enunciato  il  «principio  della
sostanziale  omogeneita'  delle  norme  contenute  nella   legge   di
conversione di un decreto-legge», principio costituzionale confermato
dal regolamento del Senato e richiamato da  messaggi  e  lettere  del
Presidente della Repubblica. Alla stregua  di  tale  principio,  deve
dunque ritenersi che «l'esclusione  della  possibilita'  di  inserire
nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del  tutto
estranei all'oggetto  e  alle  finalita'  del  testo  originario  non
risponda soltanto ad esigenze di  buona  tecnica  normativa,  ma  sia
imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un
nesso di interrelazione funzionale  tra  decreto-legge,  formato  dal
Governo ed emanato  dal  Presidente  della  Repubblica,  e  legge  di
conversione,  caratterizzata  da  un  procedimento  di   approvazione
peculiare rispetto a quello ordinario», anche sotto il profilo  della
particolare rapidita' e della necessaria accelerazione dei  tempi  di
questo procedimento. 
    La  Corte  costituzionale  ha  riconosciuto  che  le  Camere  ben
possono,   «nell'esercizio   della   propria    ordinaria    potesta'
legislativa, apportare emendamenti al testo  del  decreto-legge,  che
valgano a modificare la disciplina normativa  in  esso  contenuta,  a
seguito  di  valutazioni  parlamentari  difformi  nel  merito   della
disciplina, rispetto agli stessi oggetti o in  vista  delle  medesime
finalita'», o anche solo per esigenze meramente tecniche  o  formali,
ma ha specificato che  esorbita  invece  dalla  sequenza  tipica  del
procedimento «l'alterazione dell'omogeneita' di fondo della normativa
urgente, quale risulta dal testo originario, ove questo, a sua volta,
possieda  tale  caratteristica»  (in  caso  contrario  vi   sarebbero
problemi di legittimita' dello stesso decreto-legge). ln  definitiva,
«l'innesto   nell'iter   di   conversione   dell'ordinaria   funzione
legislativa  puo'  certamente  essere  effettuato,  per  ragioni   di
economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale
tra decretazione d'urgenza e potere di conversione.  Se  tale  legame
viene interrotto, la violazione dell'art. 77, secondo  comma,  Cost.,
non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza per
le norme eterogenee aggiunte, che,  proprio  per  essere  estranee  e
inserite successivamente, non possono collegarsi  a  tali  condizioni
preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per  l'uso  improprio,  da
parte  del  Parlamento,  di  un  potere  che  la   Costituzione   gli
attribuisce, con speciali modalita' di procedura, allo  scopo  tipico
di convertire, o  non,  in  legge  un  decreto-legge».  In  sostanza,
secondo  questa  sentenza  costituzionale,  le  norme  inserite   nel
decreto-legge nel corso del procedimento  di  conversione  che  siano
«del tutto estranee alla materia e alle finalita' del medesimo», sono
costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 77,  secondo
comma, Cost. 
    Questi  principi  sono   stati   poi   confermati   dalla   Corte
costituzionale con l'ordinanza n. 34 del  2013,  che  ha  ribadito  i
limiti alla emendabilita' del decreto-legge indicati  dalla  sentenza
n. 22 del 2012 «in una prospettiva contenutistica ovvero finalistica,
richiamando le norme procedimentali che riflettono  la  natura  della
legge di conversione come legge  "funzionalizzata  e  specializzata",
che non puo' aprirsi a  qualsiasi  contenuto  ulteriore».  Le  Camere
pertanto possono emendare il testo del decreto-legge nel rispetto del
contenuto o della finalita' del  provvedimento  governativo  e,  «nel
caso di provvedimenti governativi ab origine a contenuto  eterogeneo,
il limite all'introduzione  di  ulteriori  disposizioni  in  sede  di
conversione e' costituito dal rispetto della ratio». Quando le  norme
introdotte in sede di conversione  risultassero  del  tutto  estranee
alla ratio  del  decreto-legge,  si  registrerebbe  uno  «scostamento
intollerabile   della    funzione    legislativa»    dal    parametro
costituzionale. 
    Insomma, secondo la Corte costituzionale, le  norme  aggiunte  in
sede di conversione, ove siano del tutto eterogenee  al  contenuto  o
alle ragioni di necessita' ed urgenza  proprie  del  decreto,  devono
ritenersi illegittime perche' esorbitano dal  potere  di  conversione
attribuito dalla Costituzione al Parlamento. 
    Questi principi sono stati poi ricordati, dopo la sentenza n.  22
del 2012, dal Presidente della  Repubblica  in  una  lettera  del  22
febbraio 2012  ai  Presidenti  delle  Camere  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei  ministri,  con  la  quale,  richiamati  il  precedente
messaggio presidenziale del 29 marzo 2002 (di rinvio del  disegno  di
legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002), viene ribadita
«la necessita' di limitare gli emendamenti ammissibili,  in  sede  di
conversione dei  decreti-legge,  a  quelli  sostanzialmente  omogenei
rispetto al testo originario del  decreto,  in  considerazione  della
particolare   disciplina   costituzionale   e    regolamentare    del
procedimento di conversione nonche' a garanzia del vaglio  preventivo
spettante al Presidente della Repubblica in sede  di  emanazione  del
decreto-legge e di quello  successivo  sulla  legge  di  conversione,
anche per la difficolta' di esercitare la facolta' di rinvio prevista
dall'art. 74 della Costituzione in  prossimita'  della  scadenza  del
termine tassativo di 60 giorni fissato per la conversione in legge» e
viene ricordato che il mancato rispetto  di  tale  regola  espone  le
disposizioni  «al  rischio  di  annullamento  da  parte  della  Corte
costituzionale  per  ragioni  esclusivamente  procedimentali  ma   di
indubbio rilievo istituzionale». 
    8. Le disposizioni e le norme che  qui  vengono  in  rilievo  non
facevano parte del testo originario del decreto-legge sottoposto alla
firma del Presidente della Repubblica, ma  sono  state  inserite  nel
decreto-legge n. 272 del 2005 per effetto di emendamenti approvati in
sede di conversione. Si tratta di norme facenti parte di un corpo  di
nuove disposizioni, con le quali non vengono disciplinate  situazioni
esistenti e bisognose di urgente intervento normativo per le  ragioni
che  avevano  ispirato  il  decreto-legge,  bensi'  viene  posta  una
normativa «a regime» sulla disciplina delle condotte illecite  aventi
ad   oggetto   sostanze   stupefacenti.   Questa   nuova    normativa
effettivamente appare del tutto slegata da contingenze particolari ed
e' stata  tuttavia  introdotta  dalla  legge  di  conversione  in  un
decreto-legge  avente  contenuto  e  finalita'  del  tutto  estranei,
denominato  «Misure  urgenti  per  garantire  la   sicurezza   ed   i
finanziamenti  per  le  prossime  Olimpiadi  invernali,  nonche'   la
funzionalita'  dell'Amministrazione  dell'interno.  Disposizioni  per
favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi». 
    Il preambolo del provvedimento provvisorio  con  forza  di  legge
cosi' recita: «Ritenuta la straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di
prevenire e contrastare  il  crimine  organizzato  ed  il  terrorismo
interno ed  internazionale,  anche  per  le  esigenze  connesse  allo
svolgimento delle prossime Olimpiadi invernali, nonche' di assicurare
la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno; Ritenuta altresi'
la straordinaria necessita' ed urgenza di garantire  l'efficacia  dei
programmi terapeutici di recupero per le tossicodipendenze  anche  in
caso di recidiva». 
    Il   testo   originario   conteneva   sei   articoli,   rubricati
rispettivamente: «Assunzione di personale  della  Polizia  di  Stato»
(art. 1) al fine «di prevenire e contrastare il  crimine  organizzato
ed il terrorismo interno ed internazionale,  anche  per  le  esigenze
connesse allo svolgimento  delle  Olimpiadi  invernali,  nonche'  per
assicurare  la  funzionalita'   dell'Amministrazione   dell'interno»;
«Personale della carriera prefettizia» (art. 2);  «Finanziamenti  per
le Olimpiadi invernali» (art. 3), anche con  la  istituzione  di  una
lotteria   istantanea;   «Esecuzione   delle   pene   detentive   per
tossicodipendenti in programmi di recupero»  (art.  4);  «Adempimenti
finalizzati all'esercizio del diritto di voto dei cittadini  italiani
residenti all'estero» (art. 5); «Entrata in vigore» (art. 6). 
    Le finalita' pertanto  erano  diverse:  rafforzare  le  forze  di
polizia e la funzionalita' del ministero dell'interno per prevenire e
combattere la criminalita' organizzata e il  terrorismo  nazionale  e
internazionale;  garantire  il   finanziamento   per   le   olimpiadi
invernali;  favorire  il  recupero  dei  tossicodipendenti  detenuti;
assicurare il diritto di voto degli italiani residenti all'estero.  E
tuttavia, almeno per  molte  delle  disposizioni,  si  sarebbe  forse
potuta anche ravvisare una certa sostanziale omogeneita' finalistica,
una comunanza di ratio,  individuabile  probabilmente  nella  urgente
necessita'  di  garantire  l'effettivo  e  sicuro  svolgimento  delle
olimpiadi invernali. 
    Nel testo originario del decreto erano quindi contenute due  sole
disposizioni, inserite nell'art. 4,  che  riguardavano  non  gia'  la
disciplina delle sostanze stupefacenti, quanto piuttosto lo specifico
e circoscritto tema dell'esecuzione di pene detentive  nei  confronti
di  tossicodipendenti  recidivi  che  avessero  in  corso   programmi
terapeutici di recupero  presso  servizi  pubblici  o  una  struttura
autorizzata. 
    In particolare, il citato art. 4 si limitava a statuire in ordine
all'abrogazione dell'art. 94-bis del d.P.R. 309 del 1990,  introdotto
dalla allora recentissima legge 5 dicembre 2005, n. 251  (c.d.  legge
ex  Cirielli),  con  la  specifica  finalita'  di  evitare   che   le
innovazioni portate da tale legge potessero causare come  conseguenza
una  massiva  e  pregiudizievole  ricarcerizzazione   di   condannati
tossicodipendenti,    categoria    questa    ritenuta    naturalmente
recidivante. 
    Ed invero, l'art. 8 della detta legge 5 dicembre  2005,  n.  251,
aggiungendo l'art. 94-bis al d.P.R. 309 del 1990 sugli  stupefacenti,
riduceva da 4  a  3  anni,  per  i  recidivi,  la  pena  massima  che
consentiva l'affidamento  in  prova  finalizzato  all'attuazione  del
programma terapeutico; mentre l'art. 9, aggiungeva la lettera  c)  al
comma 9 dell'art. 656 cod. proc. pen. , escludendo dalla  sospensione
della esecuzione della pena i recidivi, compresi i  tossicodipendenti
che avessero gia' in  corso  un  programma  terapeutico.  Dopo  pochi
giorni  dalla   loro   entrata   in   vigore,   queste   disposizioni
(effettivamente dissonanti rispetto al disegno di  legge  governativo
sugli  stupefacenti  da  tempo  fermo  al  Senato)  furono  eliminate
dall'art. 4 del decreto-legge 30  dicembre  2005  n.  272,  il  quale
dispose: a) l'abrogazione del citato art.  94-bis  appena  introdotto
dall'art. 8 della legge ex Cirielli; b) la modifica della lettera  c)
aggiunta dall'art. 9 di detta legge al comma 9 dell'art. 656 del cod.
proc. pen., nel senso di ripristinare la sospensione della esecuzione
della pena fino a  4  anni  per  i  tossicodipendenti  con  programma
terapeutico in atto, anche se recidivi. Come si  e'  gia'  ricordato,
nel preambolo del decreto-legge le disposizioni dell'art.  4  vennero
appunto giustificate con la «straordinaria necessita' ed  urgenza  di
garantire l'efficacia dei programmi terapeutici di  recupero  per  le
tossicodipendenze anche in caso di recidiva». 
    Facendo riferimento a detto art. 4, nella seduta del  Senato  del
19  gennaio  2006,  fu   presentato,   direttamente   in   aula,   un
maxiemendamento governativo,  interamente  sostitutivo  dell'articolo
unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge  n.  272,
nel quale venne inserita una buona parte del contenuto del disegno  S
2953, del novembre 2003, fermo nelle competenti Commissioni referenti
del Senato, e cioe' una articolata ed ampia  nuova  disciplina  della
materia in sostituzione delle corrispondenti disposizioni  del  testo
unico sulle sostanze stupefacenti di cui d.P.R. 309 del  1990.  Nella
seduta alla Camera del 6 febbraio  2006,  poi,  il  Governo  pose  la
fiducia  sul  disegno  di  legge  di  conversione  nel  testo   delle
Commissioni, identico a quello gia' approvato dal Senato. 
    9. Ora, appare non manifestamente  infondato  il  dubbio  di  una
profonda distonia di contenuto,  di  finalita'  e  di  ratio  tra  iI
decreto-legge  n.  272  del  2005  in  generale,  e  anche   tra   le
disposizioni dell'art. 4 in particolare, e le nuove norme  introdotte
in sede di conversione con te quali e'  stata  sostanzialmente  posta
una nuova disciplina a regime sulle sostanze stupefacenti in sede  di
conversione.  La  distonia  appare  evidente  se  si   considera   la
finalita', la ratio, ossia la ragione di  necessita'  e  urgenza  che
giustificava il decreto-legge nel suo complesso, che  era  quella  di
garantire, sotto l'aspetto finanziario e di polizia, un  effettivo  e
sicuro svolgimento delle prossime olimpiadi invernali. 
    Ma la distonia contenutistica  e  teleologica  appare  sussistere
anche se ci si limita a considerare l'art. 4  del  decreto,  e  cioe'
l'unica disposizione che aveva un labile riferimento  al  tema  degli
stupefacenti, ed anzi, piu'  precisamente,  al  tema  dell'esecuzione
delle  pene  detentive  per  gli  assuntori  abituali   di   sostanze
stupefacenti  condannati.  Questo  articolo,  infatti,  non   toccava
nemmeno incidentalmente o indirettamente la  materia  delle  sostanze
stupefacenti  e  la  disciplina  del  trattamento  sanzionatorio  dei
relativi illeciti, ma riguardava esclusivamente  aspetti  concernenti
le  modalita'  di  esecuzione  della  pena  per  i  tossicodipendenti
recidivi gia' condannati, tanto  che  recava  il  titolo  «Esecuzione
delle pene detentive per tossicodipendenti in programmi terapeutici»,
mentre nel preambolo del provvedimento d'urgenza si dichiarava che la
sua rado  e  finalita'  era  quella  di  «garantire  l'efficacia  dei
programmi terapeutici di recupero per le tossicodipendenze  anche  in
caso di recidiva». Era dunque  questo  il  «caso  straordinario»  che
giustificava la «necessita' e urgenza» di  provvedere  e  legittimava
l'esercizio della funzione legislativa  senza  delega  da  parte  del
Parlamento. Con la legge di conversione, invece, l'art. 4 venne fatto
seguire da una serie di ben 23 articoli aggiuntivi  (dall'art.  4-bis
all'art. 4-vicies ter, a loro volta articolati in numerosissimi commi
e con i relativi allegati), che non apportavano modifiche in  qualche
grado interrelate funzionalmente con  le  previsioni  dell'originario
art. 4, bensi' modificavano profondamente  l'assetto  disciplinatorio
«a regime» in materia di stupefacenti. 
    Per quanto piu' specificamente concerne  le  norme  rilevanti  in
questo giudizio, con  questi  articoli  aggiuntivi,  sostituendo,  in
parte  qua,  il  precedente   testo   dell'art.   73,   si   incideva
pervasivamente, tra l'altro, sul previgente  sistema  classificatorio
delle  sostanze  stupefacenti  e  psicotrope  (riducendo  le  quattro
tabelle  previgenti  ad  una  sola,  nella  quale  erano  convogliate
indifferentemente   tutte   le    sostanze    considerate    comunque
stupefacenti) nonche' in misura notevole sulle pene edittali per  gli
illeciti aventi ad oggetto c.d. droghe leggere, equiparate  a  quelle
pesanti (oltre che su altri importanti aspetti che  non  rilevano  in
questo giudizio, come  la  soglia  quantitativa  oltre  la  quale  la
detenzione e' punibile,  le  conseguenze  amministrative,  le  misure
restrittive della liberta' personale e di movimento nei confronti  di
«qualificati» assuntori di stupefacenti, e cosi' via). 
    Secondo la richiamata giurisprudenza della Corte  costituzionale,
l'oggetto della legge di conversione deve tendere  a  coincidere  con
quello del decreto di urgenza e comunque le nuove norme da essa poste
devono possedere una omogeneita' funzionale  finalistica  con  quelle
del decreto originario. Ora, non appare  sussistere  una  tendenziale
coincidenza,  una  omogeneita'  materiale  e   teleologica   tra   la
disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 4 del decreto  d'urgenza
e la riforma organica del testo unico sugli stupefacenti posta con la
legge di conversione, o almeno, per quanto qui rileva, con  l'aumento
delle pene per le c.d. droghe  leggere  e  la  loro  parificazione  a
quelle c.d. pesanti. Invero, l'unica norma in materia di stupefacenti
aggiunta in sede di conversione che non  appare  del  tutto  estranea
alla ratio dell'art. 4 e' l'art.  4-undecies,  strettamente  connesso
all'esecuzione del programma terapeutico del tossicodipendente. 
    Puo' osservarsi che qualora si ritenesse che la mera  circostanza
che il primo comma dell'art. 4 richiamava,  per  sopprimerlo,  l'art.
94-bis del d.P.R. 309 del 1990  (ivi  inserito  da  22  giorni),  sia
sufficiente a rendere  «non  del  tutto  estranea»  alle  ragioni  di
necessita' e urgenza che lo  supportavano  l'intera  riscrittura  del
testo  unico  sugli  stupefacenti,  allora,  seguendo   il   medesimo
ragionamento, dovrebbe pure ritenersi che, poiche' il  secondo  comma
del medesimo art. 4 richiamava, per modificarlo, l'art. 656, comma 9,
lett. c), cod. proc. pen. , nel caso di specie si sarebbe potuto pure
riscrivere, con apposito maxiemendamento  d'aula  -  saltando  quindi
anche  l'esame  in  sede  referente  -  tutta  la  disciplina   sulla
esecuzione penale. In tal modo si consentirebbe ad  ogni  Governo,  e
alla sua maggioranza, di approfittare di qualunque,  anche  marginale
ed   effimera,   «emergenza»    per    riformare    interi    settori
dell'ordinamento,  utilizzando  l'eccezionale  potere  di  legiferare
mediante provvedimenti d'urgenza e la speciale procedura privilegiata
della loro  conversione,  che  al  contrario  costituisce  una  fonte
funzionalizzata e specializzata. 
    Appare  dunque  non   manifestamente   infondato   ritenere   che
l'introduzione delle nuove  norme,  ed  in  particolare  delle  norme
dianzi indicate poste dagli artt.  4-bis  e  4-vicies-ter,  comma  2,
lett. a) e comma 3, lett. a) n. 6, abbia travalicato i  limiti  della
potesta'  emendativa  del  Parlamento  tracciati   dalle   richiamate
pronunce della Corte costituzionale. 
    10. Puo' aggiungersi che la totale estraneita' delle nuove  norme
rispetto  all'oggetto  ed  alle  finalita'   del   decreto-legge   fu
evidenziata anche in sede parlamentare gia' col parere sul disegno di
legge n. 6297 espresso dal Comitato per la legislazione della  Camera
nella seduta  del  1°  febbraio  2006  col  quale  si  richiamava  il
messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica  del  29  marzo
2002 di rinvio della legge di conversione del decreto-legge n. 4  del
2002,  e  si  prospettava  la  contrarieta'  delle  nuove  norme  con
«l'esigenza  di  garantire  la  specificita'  e   l'omogeneita'   dei
contenuti normativi recati nei provvedimenti di urgenza  anche  nella
fase di esame parlamentare». La mancanza di  omogeneita'  fu  inoltre
manifestata da  diversi  parlamentari  della  minoranza  in  sede  di
dibattito sulla legge di conversione sia al Senato sia alla Camera. 
    D'altronde,  potrebbe  ritenersi  che   la   totale   estraneita'
all'oggetto ed alla ratio  originari  del  provvedimento  governativo
d'urgenza delle modifiche al testo unico sugli stupefacenti sia stata
ammessa ed enunciata dalla stessa legge di conversione, la quale,  da
ultimo, ha aggiunto nel titolo del decreto-legge le seguenti  parole:
«e modifiche al testo unico delle  leggi  in  materia  di  disciplina
degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione,  cura   e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,  di'  cui  al
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309». 
    Questa aggiunta sembra appunto mostrare  che  la  modifica  della
normativa sugli stupefacenti di cui al d.P.R. 309 del 1990  (a  parte
la specifica  e  limitatissima  norma  sulla  esecuzione  della  pena
detentiva   per   i   tossicodipendenti   recidivi)   non   rientrava
nell'oggetto  e   nelle   finalita'   dell'originario   provvedimento
normativo come configurato dal  Governo  ed  emanato  dal  Presidente
della  Repubblica,  altrimenti  non  si   sarebbe   reso   necessario
modificarne il titolo aggiungendovi  un  nuovo  oggetto.  Ne'  sembra
potersi ritenere che  con  questo  escamotage,  ossia  modificando  e
ampliando lo stesso titolo del decreto-legge in sede di  conversione,
si  possano  legittimamente  inserire   nel   testo   dell'originario
decreto-legge norme «del tutto estranee alla materia e alle finalita'
del  medesimo»,  in  sostanziale  elusione  del  ricordato  principio
costituzionale posto dall'art. 77, secondo comma, Cost. 
    Per completezza puo' altresi' osservarsi che nel  caso  in  esame
gli aspetti  patologici  delle  modalita'  di  svolgimento  dell'iter
legislativo potrebbero apparire ancora maggiori di quelli che avevano
indotto il Presidente della Repubblica  a  rinviare  alle  Camere  la
legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n.  4.  Nella
specie, invero, la legge di conversione fu definitivamente  approvata
l'8 febbraio, ossia  pochi  giorni  prima  dello  scioglimento  delle
Camere e dell'inizio delle olimpiadi,  e  fu  poi  promulgata  il  21
febbraio. Quindi il Presidente della Repubblica, non potendo disporre
un rinvio parziale, avrebbe potuto esercitare la sua  prerogativa,  a
Camere  sciolte  e  nell'imminenza  della  scadenza  del  termine  di
conversione, solo assumendosi la responsabilita' di mettere a rischio
le esigenze di sicurezza e lo stesso svolgimento delle  Olimpiadi  di
Torino. 
    Puo' ancora osservarsi come il vulnus al sistema di  ripartizione
delle competenze normative  costituzionalmente  configurato  potrebbe
derivare anche dal c.d. abuso della prassi, da tempo invalsa, con cui
il Governo presenta, nella prima lettura  parlamentare  dell'articolo
unico del  disegno  di  legge  di  conversione,  un  maxi-emendamento
innovativo rispetto al contenuto  originario  del  decreto-legge,  al
fine di sostituirne parzialmente o interamente il testo e  sul  quale
sara' poi posta la questione di fiducia. In  tal  modo  il  contenuto
della  legge  di  conversione  viene   svincolato   da   quello   del
decreto-legge, ed e' possibile approvare con un solo  voto,  con  una
discussione  ridotta  al  minimo  e  senza  possibilita'   da   parte
dell'assemblea di votare emendamenti, una disciplina legislativa  del
tutto nuova e completamente sganciata dal  contenuto  originario  del
decreto. In questo modo, in sostanza, il procedimento di  conversione
previsto dall'art. 77 Cost. non serve piu' a convertire in  legge  il
contenuto di quei provvedimenti provvisori adottati  dal  Governo  in
casi straordinari di necessita' e di  urgenza,  ma  viene  utilizzato
come escamotage per far approvare un'iniziativa legislativa del tutto
nuova, di  fatto  inemendabile,  eludendo  le  regole  ordinarie  del
procedimento legislativo. 
    11.  Di  conseguenza,  l'indicata   questione   di   legittimita'
costituzionale in riferimento all'art. 77,  secondo  comma,  Cost.  -
prospettata  sotto  profilo  della   totale   estraneita',   rispetto
all'oggetto ed alle finalita' del decreto-legge, delle norme aggiunte
in sede  di  conversione  con  cui  e'  stata  introdotta  una  nuova
disciplina «a regime» in  materia  di  sostanze  stupefacenti,  e  in
particolare, mediante la sostituzione del precedente testo  dell'art.
73 (nonche' degli artt. 13 e 14), e' stata eliminata  la  distinzione
fra tali sostanze e previsto un aumento delle pene per  gli  illeciti
relativi a quelle gia' indicate nelle tabelle II e IV dell'art. 14  -
appare plausibile, seria e non manifestamente infondata  ed,  essendo
rilevante nel giudizio,  merita  di  essere  sottoposta  al  naturale
sindacato del giudice delle leggi. 
    12. Deve altresi' essere sollevata  in  via  subordinata  l'altra
questione eccepita sempre in riferimento all'art. 77 Cost., ma  sotto
il profilo della carenza del presupposto della necessita' ed urgenza.
Come si e' dianzi osservato, si ritiene  ravvisabile,  per  i  motivi
indicati, una totale estraneita' ed eterogeneita' tra le nuove  norme
ed il contenuto e le finalita' di quelle del decreto-legge, e proprio
sotto  questo  profilo  viene  sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Qualora pero' la Corte costituzionale dovesse invece ritenere che
le norme dianzi specificate «non siano del tutto estranee rispetto al
contenuto  della  decretazione  d'urgenza»,  allora  dovrebbe  essere
effettuata anche per esse la valutazione in termini di  necessita'  e
di urgenza. Non appare invero  manifestamente  infondata  l'eccezione
subordinata della difesa secondo cui il  difetto  di  tale  requisito
sarebbe evidente (nel senso indicato dalla sentenza n. 171 del 2007),
risultando  da  diversi  indici  anche  emergenti   dal   testo   del
decreto-legge come convertito. 
    Va   invero   qui   sommariamente   ricordato   che   la    Corte
costituzionale, con la sentenza n. 171 del 2007, ha ritenuto che  non
e' possibile sottrarre il decreto-legge al sindacato di  legittimita'
per difetto del presupposto della necessita' ed urgenza a causa della
sua conversione, giacche' «affermare che la legge di conversione sana
in ogni  caso  i  vizi  del  decreto  significherebbe  attribuire  in
concreto al legislatore ordinario il potere di  alterare  il  riparto
costituzionale delle competenze del Parlamento e del  Governo  quanto
alla produzione delle  fonti  primarie».  Tale  sindacato,  peraltro,
veniva limitato, da questa  sentenza,  agli  aspetti  di'  «evidente»
carenza dei suddetto requisito. La Corte, in sostanza, attraverso  la
via delle  «norme  intruse»  giunse  a  scrutinare  la  mancanza  dei
presupposti, dichiarando incostituzionale  una  disposizione  tesa  a
correggere un problema di ineleggibilita'  del  sindaco  di  Messina,
aggiunta in sede di conversione ad un decreto relativo  alla  materia
della finanza degli enti locali. 
    Anche con la  sentenza  n.  128  del  2008,  la  Corte  dichiaro'
l'illegittimita' di una norma, aggiunta in sede di  conversione,  che
disponeva l'esproprio del teatro Petruzzelli in favore del Comune  di
Bari, per l'assenza di collegamento con  le  altre  disposizioni  (in
materia tributaria e finanziaria) del decreto-legge, sintomo peraltro
della sua estraneita' alle ragioni  di  straordinaria  necessita'  ed
urgenza che lo giustificavano. 
    In entrambi questi casi la Corte, attraverso la  verifica  di  un
collegamento tra disposizione introdotta in sede di conversione  e  i
presupposti  del  decreto,  ha  verificato  se  i   presupposti   del
decreto-legge originario potessero reggere anche le norme aggiunte. 
    Sulla base di questa giurisprudenza costituzionale si  e'  quindi
ritenuto che tutte le disposizioni di un decreto-legge devono  essere
ancorate al  presupposto  del  caso  straordinario  di  necessita'  e
urgenza che legittima l'esercizio del potere legislativo senza delega
da parte del Governo. E l'estraneita' di taluna di dette disposizioni
alla disciplina cui il presupposto  della  necessita'  e  urgenza  si
riferisce, sarebbe  segno  evidente  della  carenza  del  presupposto
stesso, che non puo' essere sanata dalla conversione del decreto.  Si
aggiunge che, se e' vero che la legge di conversione non puo'  sanare
l'assenza  dei   requisiti   di   taluna   delle   disposizioni   del
decreto-legge,  dovrebbe  anche  ritenersi  che  essa  neppure  possa
legittimamente inserire ex novo nel decreto disposizioni che appaiono
estranee alle ragioni di necessita' e  urgenza  che  giustificano  le
norme del decreto stesso. 
    Sul punto, peraltro, con la sentenza n. 355 del 2010, la Corte ha
cercato di  distinguere  tra  «norme  aggiunte  eterogenee»  e  norme
aggiunte  non  eterogenee»,  sottolineando  che   va   «ulteriormente
precisato che la valutazione in termini di necessita'  e  di  urgenza
deve essere indirettamente  effettuata  per  quelle  norme,  aggiunte
dalla legge di conversione del decreto-legge, che non siano del tutto
estranee rispetto al contenuto della decretazione d'urgenza»,  mentre
questa  valutazione  non  occorre  quando  la  norma   aggiunta   sia
eterogenea rispetto al detto contenuto, essendo tale eterogeneita' di
per  se'  sintomo  della  mancanza  dei  presupposti.  Anche   questa
sentenza,  quindi,  ha  confermato  il   principio   che   tutte   le
disposizioni  del  decreto-legge  convertito,  ivi  comprese   quelle
introdotte con la legge di conversione e  non  del  tutto  dissonanti
rispetto  al  contenuto  originario  del   decreto,   devono   essere
assistite, pena l'illegittimita', dai requisiti  della  straordinaria
necessita' e urgenza. 
    Con la gia'  ampiamente  richiamata  sentenza  n.  22  del  2012,
infine, la Corte ha scelto di non seguire  la  linea  della  verifica
dei-presupposti della disposizione aggiunta, ma ha limitato la stessa
possibilita' di emendare il decreto,  in  base  alla  funzione  della
conversione, rinforzando il collegamento funzionale tra i  due  atti,
alla stregua delle tesi piu' tradizionali che vedevano  la  legge  di
conversione come «condizionata» alla disciplina adottata dal governo. 
    Nel caso in esame, pertanto, qualora si  ritenesse  infondata  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  qui  sollevata  in   via
principale  per  la  ragione  che  le  nuove  norme  in  materia   di
stupefacenti  non  si  trovino   «in   una   condizione   di   totale
eterogeneita' rispetto al contenuto del decreto-legge» in virtu'  del
formale aggancio all'art. 4 del medesimo, dovrebbe  svolgersi  su  di
esse il sindacato  di  sussistenza  del  necessario  requisito  della
necessita' ed urgenza. 
    13. Sotto questo  profilo  non  appare  manifestamente  infondata
l'eccezione, proposta in via subordinata, secondo cui la mancanza del
requisito appare nella specie «evidente». Puo' innanzitutto rilevarsi
la assoluta mancanza  di  una  motivazione  nel  preambolo  dell'atto
normativa  e  nella  discussione  parlamentare  su  quale  fosse   la
straordinaria necessita' che rendeva urgente,  in  quel  momento,  la
riscrittura «a  regime»  del  testo  unico  sugli  stupefacenti.  Gli
interventi al Senato favorevoli  all'emendamento,  lo  giustificarono
con il richiamo all'indirizzo minoritario e ormai da  tempo  superato
dalla Corte costituzionale, secondo cui la legge di conversione,  per
definizione, non sarebbe legata  al  requisito  della  necessita'  ed
urgenza,  con  il  che  pero'  sembra  che   implicitamente   venisse
riconosciuto  che  nella  specie  tali  requisiti  non   ricorrevano.
Inoltre, l'originario disegno di legge S 2953, il cui contenuto venne
in gran parte incorporato nel maxiemendamento, non era stato inserito
nel calendario dei provvedimenti da approvare prioritariamente, tanto
che l'ultima seduta in cui  le  Commissioni  riunite  del  Senato  lo
avevano esaminato risaliva alla primavera del  2005,  il  che  sembra
confermare  che  gli  emendamenti  aggiuntivi  non  rispondessero  ai
requisiti  dell'urgenza  e  della  necessita'.   Del   resto,   nella
discussione  al  Senato  il  maxiemendamento   venne   illustrato   e
giustificato  proprio  quale  conclusione  di   un   lungo   percorso
legislativo che raccoglieva tre anni di esperienza parlamentare e con
il quale si voleva chiudere  una  «annosa  vicenda».  Esattamente  la
difesa sottolinea l'analogia tra questa situazione e quella esaminata
dalla Corte costituzionale con la  sentenza  n.  128  del  2008,  che
dichiaro'  l'illegittimita'  costituzionale   di   una   disposizione
aggiunta in sede di' conversione finalizzata appunto a risolvere  una
«annosa vicenda» relativa alla proprieta' e alla gestione del  teatro
Petruzzelli di Bari, il che, secondo la Corte, rivelava «l'assenza di
ogni carattere di indispensabilita' ed urgenza». 
    Del resto l'aggiunta, con la legge di conversione,  di  un  nuovo
oggetto nel titolo del decreto-legge, oltre  all'eterogeneita'  delle
nuove norme, sembra evidenziare anche l'estraneita' delle stesse alle
ragioni di necessita' ed urgenza del provvedimento governativo. 
    La difesa infine sottolinea anche (ma cio', per la  verita',  non
riguarda le norme applicabili in questa sede,  dove  non  si  discute
sulla sussistenza del reato) come l'art. 4-bis faccia  rinvio  ad  un
futuro decreto del Ministro per la salute, da  emanarsi  di  concerto
con  il  Ministro  per  la  Giustizia,  sentito  il  Presidente   del
Consiglio,  per  la  determinazione  della  soglia  quantitativa   di
sostanza stupefacente  oltre  la  quale  la  detenzione  puo'  essere
punita.  Cio'  dimostrerebbe  appunto  che  l'art.  4-bis  pone   una
«normativa a regime, del tutto slegata  da  contingenze  particolari,
inserita tuttavia nella legge di conversione  di  un  decreto-legge»,
che non fa riferimento a «situazioni gia' esistenti  e  bisognose  di
urgente intervento normativo, ma in via generale e ordinamentale  per
tutti  i  casi  futuri»  (sent.  n.  22  del  2012),  tanto  che  per
l'effettiva  integrale  operativita'  della  disposizione   si   deve
attendere l'approvazione di un decreto ministeriale. 
    14.  In  conclusione,  l'indicata   questione   di   legittimita'
costituzionale, incidendo sul  trattamento  sanzionatorio  (e  quindi
sulla decisione del relativo motivo di ricorso) appare  rilevante  in
questo giudizio nei limiti dianzi specificati, ossia in relazione: a)
all'art. 4-bis dei decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, introdotto
dalla legge di conversione 21 febbraio 2006 n. 49, nella parte in cui
modifica l'art. 73 del testo unico sulle sostanze stupefacenti di cui
al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e segnatamente nella parte in  cui,
sostituendo i commi 1 e 4 dell'art. 73, parifica ai fini sanzionatori
le sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle  tabelle  II  e  IV
previste dal previgente art. 14  (nel  caso  di  specie:  hashish)  a
quelle di cui alle tabelle I  e  III,  e  conseguentemente  eleva  le
sanzioni per le prime dalla pena della reclusione da due a sei anni e
della multa da curo 5.164 ad euro 77.468 a quella della reclusione da
sei a venti anni e della multa da euro  26.000  a  euro  260.000;  b)
all'art. 4-vicies-ter, comma 2, lett. a) e comma 3, lett.  a)  n.  6,
del medesimo decreto-legge, nella parte in cui sostituisce gli  artt.
13  e  14  del  d.P.R.  309  del  1990,  unificando  le  tabelle  che
identificano le sostanze stupefacenti, ed in  particolare  includendo
la cannabis e i' suoi prodotti nella prima di tali tabelle. 
    La questione e' poi non manifestamente infondata  in  riferimento
all'art. 77, secondo  comma,  Cost.,  in  via  principale,  sotto  il
profilo della estraneita' delle nuove norme inserite dalla  legge  di
conversione all'oggetto, alle finalita' ed alla ratio  dell'originale
contenuto del decreto-legge, e, in via subordinata, qualora le  nuove
norme siano ritenute non del  tutto  estranee  al  contenuto  e  alla
finalita'  della  decretazione  d'urgenza,  sotto  il  profilo  della
evidente carenza del presupposto del caso straordinario di necessita'
e urgenza. 
    Va pertanto sollevata questione  di  legittimita'  costituzionale
delle suddette disposizioni e norme, nei limiti, sotto  i  profili  e
nei termini dianzi specificati. 
    Il giudizio deve  essere  sospeso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,
nei   termini   dianzi   indicati,    questione    di    legittimita'
costituzionale: a) dell'art.  4-bis  del  decreto-legge  30  dicembre
2005, n. 272, introdotto dalla legge di conversione 21 febbraio  2006
n. 49, nella parte in cui ha modificato l'art.  73  del  testo  unico
sulla sostanze stupefacenti di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309,
e segnatamente nella  parte  in  cui,  sostituendo  i  commi  1  e  4
dell'art. 73, parifica ai fini sanzionatori le sostanze  stupefacenti
o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dal previgente art.
14 a quelle di cui alle tabelle I e III, e conseguentemente eleva  le
sanzioni per le prime dalla pena della reclusione da due a sei anni e
della multa da euro 5.164 ad euro 77.468 a quella della reclusione da
sei a venti anni e della multa da euro  26.000  a  euro  260.000;  b)
all'art. 4-vicies-ter, comma 2, lett. a) e comma 3, lett.  a)  n.  6,
del medesimo decreto-legge, nella parte in cui sostituisce gli  artt.
13  e  14  del  d.P.R.  309  del  1990,  unificando  le  tabelle  che
identificano le sostanze stupefacenti, ed in  particolare  includendo
la cannabis e i  suoi  prodotti  nella  prima  di  tali  tabelle,  in
riferimento all'art. 77, secondo comma,  Cost.,  in  via  principale,
sotto il profilo della estraneita' delle nuove norme  inserite  dalla
legge di  conversione  all'oggetto,  alle  finalita'  ed  alla  ratio
dell'originale decreto-legge e, in via subordinata, sotto il  profilo
della evidente carenza del  presupposto  del  caso  straordinario  di
necessita' e urgenza; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale; 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Pubblico Ministero
nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri,  e  che  sia  anche
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  Suprema  di
Cassazione, il 9 maggio 2013. 
 
                      Il Presidente: Squassoni 
 
 
                                                  L'estensore: Franco 
    La questione, nel caso in esame, e' rilevante ed il giudizio  non
puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione   della
questione di legittimita' costituzionale sollevata, in quanto ai  due
imputati e' contestata la detenzione di un quantitativo  di  sostanza
stupefacente del tipo hashish, che, se da un lato,  non  permette  il
riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al  c.  V  dell'art.  73
D.P.R. 309/90, d'altro canto determinerebbe,  in  caso  di  condanna,
l'individuazione della pena base  in  misura  di  poco  superiore  ai
minimi edittali. 
    Quindi considerato che  l'attuale  minimo  edittale  (6  anni  di
reclusione ed euro 27.000,00 di multa) e' praticamente sovrapponibile
al  previgente  massimo  edittale  (6  anni  di  reclusione  ed  curo
77.468,00 di multa),  e  considerato  che  la  precedente  disciplina
rivivrebbe in caso di accoglimento della questione sollevata, non  vi
e' dubbio che, ove  la  sollevata  questione  di  legittimita'  fosse
accolta, la stessa avrebbe rilevanti  ricadute  nel  caso  in  esame,
permettendo la determinazione della pena base in misura sensibilmente
inferiore a quella individuata in base alla vigente normativa; 
    La questione sollevata, poi, non e' manifestamente  infondata  in
relazione alla violazione dell'art. 77 Cost. sotto il duplice profilo
della totale estraneita', rispetto all'oggetto ed alle finalita'  del
decreto-legge, delle norme aggiunte in sede di conversione (questione
che si solleva in via  principale)  nonche',  in  via  subordinata  e
qualora si ritenessero le norme cosi' aggiunte coerenti con l'oggetto
e le finalita' dell'originario decreto-legge, sotto il profilo  della
mancanza  dei  requisiti  della  necessita'  e  urgenza  delle  norme
inserite con la legge di conversione, come evidenziato dalla Corte di
Cassazione Penale, Sezione Terza, nella sua ordinanza  del  9  maggio
2013, che si richiama sul punto. 
    Non sono, invece, condivisibili i rilievi sollevati in  relazione
agli artt. 3 e 117 Cost., in quanto, in relazione all'art.  3  Cost.,
rientra nella discrezionalita' del legislatore nazionale definire, in
base alle  proprie  scelte  di  politica  criminale,  il  rilievo  da
attribuire   alla   commercializzazione   di   tutte   le    sostanze
stupefacenti, o solo di alcune di esse o di particolari  combinazioni
delle stesse, nonche' lo  strumento,  penalistico  o  meno,  con  cui
fronteggiare il dilagare  di  tali  condotte,  mentre,  in  relazione
all'art.  117  Cost.,  la  direttiva  europea  impone  solo  che   la
commercializzazione di entrambe le tipologie di sostanze stupefacenti
(droghe leggere e droghe pesanti)  siano  sanzionati  penalmente  con
pene almeno della durata  indicata  nella  decisione  quadro  citata,
limiti che sono rispettati anche dall'attuale normativa  di  settore,
la  quale  anzi,  andando  oltre  a   quanto   indicato   a   livello
sovranazionale, gia' punisce entrambe le condotte con pene anche piu'
severe. 
    Ritenuta, pertanto, la questione rilevante ai fini del decidere e
non  manifestamente  infondata  sotto  il  profilo  della  violazione
dell'art. 77 Cost.; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Solleva  questione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
4-bis  d.l.  n.  272/2005  cosi'  come  modificato  dalla  Legge   di
conversione n. 49/2006, nella parte in cui ha  modificato  l'art.  73
D.P.R. 309/90 e segnatamente nella parte in cui, sostituendo i  commi
1 e  4  dell'art.  73,  parifica  a  fini  sanzionatori  le  sostanze
stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e  IV  previste  dal
previgente art.  14  a  quelle  di  cui  alle  tabelle  I  e  III  e,
conseguentemente, eleva le sanzioni per le  prime  dalla  pena  della
reclusione da due a sei anni  e  della  multa  da  5.164,00  ad  euro
77.468,00 a quelle della reclusione da sei a venti anni e della multa
da euro 26.000,00 a 260.000,00, in riferimento all'art.  77,  secondo
comma, Cost., in via principale, sotto il profilo  della  estraneita'
delle nuove norme inserite dalla legge  di  conversione  all'oggetto,
alla finalita' ed alla ratio dell'originale decreto - legge e, in via
subordinata, sotto il profilo della evidente carenza del  presupposto
del caso straordinario di necessita' e urgenza. 
    Sospende il presente procedimento  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Manda alla Cancelleria per la trasmissione degli atti alla  Corte
costituzionale  e  per  la  notifica  della  presente  ordinanza   al
Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti  della  Camera
di Deputati e del Senato della Repubblica. 
 
        Torino, li' 22 luglio 2013. 
 
                         Il Giudice: Firrao