N. 1 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 10 gennaio 2014

Ricorso per conflitto  tra  enti  depositato  in  cancelleria  il  10
gennaio 2014 (del Presidente del Consiglio dei ministri). 
 
Paesaggio (Tutela del)  -  Regione  Sardegna  -  Piano  paesaggistico
  regionale  -   Deliberazione   della   Giunta   regionale   recante
  aggiornamento e revisione del Piano  -  Ricorso  per  conflitto  di
  attribuzione   promosso   dal   Governo   -   Denunciato    mancato
  coinvolgimento  dell'Amministrazione  statale   nell'attivita'   di
  aggiornamento - Invasione della  competenza  statale  esclusiva  in
  materia di  tutela  dell'ambiente  e  di  tutela  del  paesaggio  -
  Contrasto con le prescrizioni del Codice dei beni culturali  e  del
  paesaggio, costituenti norme di grande  riforma  economico-sociale,
  affermanti il principio  di  codecisione  paritetica  necessaria  -
  Esorbitanza dai limiti  statutari  -  Violazione  dei  principi  di
  adeguatezza e differenziazione. 
- Delibera della Giunta della Regione Sardegna del 25  ottobre  2013,
  n. 45/2. 
- Costituzione, artt. 9, 117, comma secondo, lett. s), e 118; Statuto
  della Regione  Sardegna,  art.  3;  decreto  del  Presidente  della
  Repubblica 22 maggio 1975, n. 480, art. 6; decreto  legislativo  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 143 e 156. 
(GU n.8 del 12-2-2014 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (CF
80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale
dello Stato (CF 80224030587), presso i cui uffici in  Roma,  Via  dei
Portoghesi, 12 e' domiciliato (per il ricevimento  degli  atti:  fax:
06.96.51.40.00; PEC: ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it),  in  virtu'
della delibera del Consiglio dei ministri in data  13  dicembre  2013
che si versa in atti; 
    Contro la Regione  Sardegna,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta Regionale pro tempore; 
    Avverso la delibera della Giunta Regionale Sardegna n.  45/2  del
25 ottobre 2013 concernente «L. R. 23 ottobre 2009, n. 4, art.  11  -
Piano Paesaggistico regionale della Sardegna, primo  ambito  omogeneo
costiero, approvato con la delibera della Giunta  Regionale  n.  36/7
del 5 settembre 2006  -  Aggiornamento  e  Revisione  -  Approvazione
preliminare»,  pubblicata  sul  Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Autonoma della Sardegna n. 49, Parti I e II, del 31 ottobre 2013, per
la declaratoria della non spettanza alla Regione Sardegna dei  poteri
ivi esercitati, e per il conseguente annullamento della delibera, per
essere la stessa invasiva dei poteri dello Stato, e,  specificamente,
per contrasto: con l'art. 3  dello  Statuto  Speciale  della  Regione
Sardegna e con le Disposizioni di Attuazione di cui  all'art.  6  del
D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480; con gli artt. 9, 117, comma  2,  lett.
s) e 118 della Costituzione; con gli artt. 135, 143 e 156 del d. lgs.
22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali  e  del  Paesaggio)
quali norme interposte. 
 
                                Fatto 
 
    Come in epigrafe illustrato, con  la  delibera  n.  45/2  del  25
ottobre 2013 la Giunta Regionale della Sardegna ha approvato  in  via
preliminare  (ai  sensi  dell'art.   11   della   L.R.   n.   4/2009:
«Aggiornamento  e  revisione  del  Piano  Paesaggistico   regionale»)
l'aggiornamento del Piano  Paesaggistico  regionale  -  primo  ambito
omogeneo - gia' a suo tempo approvato con  Delibera  n.  36/7  del  5
settembre 2006. 
    Prima dell'adozione dell'atto la cui  costituzionalita'  oggi  si
contesta con il presente ricorso, Stato e  Regione  Sardegna  avevano
operato di comune accordo, nell'ottica di una  leale  collaborazione,
in esecuzione di due Protocolli d'intesa (22 marzo 2011 e  16  maggio
2013,  per  la  ricognizione  delle   aree   sottoposte   a   vincolo
paesaggistico),  nonche'  in   ottemperanza   alle   previsioni   del
Disciplinare tecnico sottoscritto in data 1° marzo 2013 in attuazione
del precedente Protocollo d'intesa del 19 febbraio  2007  finalizzato
allo svolgimento dell'attivita' di verifica e adeguamento  del  Piano
paesaggistico regionale - primo ambito omogeneo, e  di  completamento
della  pianificazione  paesaggistica  regionale  mediante  il   piano
paesaggistico regionale - secondo ambito omogeneo. 
    Interrompendo tale collaborazione, il Piano e' stato invece  oggi
adottato dalla Regione sul presupposto che la materia  del  paesaggio
appartiene alla potesta' legislativa esclusiva della Regione ed  alle
sue competenze amministrative. Tanto,  sulla  base  della  previsione
contenuta nell'art. 3, comma 1, lett. f) dello Statuto della  Regione
(L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 3), che contempla la materia «edilizia
ed urbanistica» tra quelle di competenza legislativa regionale; e nel
D.P.R. 22 maggio 1975, n.  480  («Nuove  norme  di  attuazione  dello
Statuto Speciale della Regione  Sardegna»)  che,  all'art.  6  -  nel
trasferire alcune competenze statali alla Regione - dispone  che  «il
trasferimento ... riguarda altresi' la redazione e l'approvazione dei
piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno
1939, n. 1497. La Regione potra'  avvalersi,  per  la  redazione  dei
predetti piani, della collaborazione degli  orgali  statali  preposti
alla tutela delle bellezze naturali e panoramiche». 
    E' appunto questa ultima norma che la Regione richiama alla  base
dell'atto che oggi si impugna. 
    L'atto, per le modalita' con le quali e' adottato e  per  il  suo
contenuto, e' tuttavia illegittimo  per  invasione  delle  competenze
statali, e deve essere pertanto annullato sulla base  delle  seguenti
considerazioni in punto di 
 
                               Diritto 
 
    1. L'interpretazione del complesso  normativo  sulla  base  della
quale   la   Regione   ha   ritenuto   di   non   dover   coinvolgere
l'Amministrazione statale nella attivita' di aggiornamento del  Piano
paesaggistico si pone in  primo  luogo  in  contrasto  con  le  norme
statutarie. 
    E, invero, l'art. 3  dello  Statuto,  che  pure  contempla,  come
visto, alla lettera f), la materia dell'«edilizia ed urbanistica» tra
quelle  di  competenza  regionale,   precisa   comunque   che   dette
attribuzioni sono esercitate «in armonia  con  la  Costituzione  e  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto
degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica». 
    Non sembra dubitabile che tra dette ultime  disposizioni  debbano
essere ricomprese le prescrizioni contenute nel cd. «Codice dei  Beni
Culturali e del Paesaggio» (d. lgs. 22 gennaio 2004, n.  42),  e,  in
particolare (qui rilevanti quali norme  interposte),  gli  artt.  135
(«Pianificazione paesaggistica»), 143 («Piano paesaggisticop)  e  156
(«Verifica ed adeguamento  dei  piani  paesaggistici»),  norme  nelle
quali le dette attribuzioni sono demandate allo Stato e alle Regioni. 
    E' inoltre di piena  evidenza  come  l'intervento  regionale  sia
(comunque anche) palesemente invasivo  della  competenza  legislativa
statale esclusiva posta  dall'art.  117,  comma  2,  lett.  s)  della
Costituzione  («tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali») e dell'art. 9, rientrante  tra  i  Principi  fondamentali
(«La Repubblica... tutela il paesaggio  e  il  patrimonio  storico  e
artistico della Nazione»). 
    2. E, invero, la Regione - che pure, nell'atto di cui si  tratta,
richiama la giurisprudenza di  codesta  Ecc.ma  Corte  in  materia  -
omette di considerarne i passaggi interpretativi realmente  decisivi,
laddove si precisano i poteri di Stato  e  Regioni  ed  il  reciproco
equilibrio in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio. 
    Con la pronuncia n. 51 del 2006 si e'  infatti  chiarito  che  la
competenza del Legislatore regionale  a  intervenire  in  materia  di
tutela del paesaggio non puo' superare i limiti  di  cui  all'art.  3
dello Statuto, limiti derivanti dalle norme statali di grande riforma
economico sociale. 
    «Il legislatore statale conserva», si chiarisce, in  particolare,
«il potere  di  vincolare  la  potesta'  legislativa  primaria  della
regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili  come
«riforme economico sociali»: e cio' anche sulla base - per quanto qui
viene in rilievo - del titolo di competenza legislativa nella materia
«tutela dell'ambiente, dell'ecosisteina e dei beni culturali», di cui
all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della
tutela del paesaggio  quanto  della  tutela  dei  beni  ambientali  o
culturali; con la conseguenza che  le  norme  fondamentali  contenute
negli atti legislativi  statali  emanati  in  tale  materia  potranno
continuare ad imporsi al necessario rispetto  del  legislatore  della
regione Sardegna che eserciti la propria competema  statutaria  nella
materia «edilizia ed urbanistica»). 
    3. La necessita' del raggiungimento del  punto  di  equilibrio  -
rispondente peraltro al fondamentale principio  della  codecisione  e
della compartecipazione necessarie tra Stato e Regione in tutte e tre
le fasi in cui si articola la tutela  paesaggistica  (individuazione,
pianificazione e gestione-controllo autorizzatorio dei vincoli),  che
sorregge l'intero sistema della tutela del paesaggio - e' stato  piu'
volte ribadito nella giurisprudenza di codesta Corte Ecc.ma. 
    Con piu' specifico riguardo alla problematica dei rapporti tra lo
Stato  e  le  Regioni  a  Statuto  speciale  in  materia  di   tutela
paesaggistica, la Corte e' difatti intervenuta piu' volte  giudicando
costituzionalmente  illegittime  le   disposizioni   regionali   che,
discostandosi da quanto previsto dalle norme del  D.Lgs.  n.  42  del
2004 in tema di tutela paesaggistica - qualificabili  come  norme  di
grande  riforma  economico-sociale  -  travalicano  i  corrispondenti
limiti (di rispetto di tali norme  di  grande  riforma)  posti  dagli
statuti speciali all'esercizio della competenza legislativa  primaria
delle Regioni autonome. 
    Cosi', tra  le  tante,  Corte  cost.,  24  maggio  2009,  n.  164
(dichiarativa  dell'illegittimita'  costituzionale  di  talune  norme
della L. n. 22/2006 della Regione Valle  d'Aosta);  Corte  cost.,  17
marzo 2010, n. 101 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
di  alcune  disposizioni  della   L.   n.   12/2008   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia); Corte cost. 24 luglio 2013, n. 238 (sulla  L.
31 luglio 2012, n. 27 della Regione Valle d'Aosta). 
    Alla  luce  della  ratio  fatta  propria  nella   su   richiamata
giurisprudenza, sembra dunque difficilmente contestabile che anche il
principio di co-pianificazione  obbligatoria  (Stato-Regione)  per  i
beni paesaggistici contenuto negli articoli 135, 143  e  156  del  d.
lgs. n. 42/2004 - che rappresenta il «cuore» del sistema della tutela
attorno  al  quale  ruotano  sia  i  vincoli,  sia   i   procedimenti
autorizzatori e sanzionatori di gestione e controllo -  possa  essere
qualificato  quale  norma  di  grande  riforma  economico-sociale  di
diretta applicazione anche nella Regione Sardegna. 
    La delibera che si impugna  viola  pertanto  direttamente  questi
fondamentali parametri costituzionali, poiche' la Giunta regionale ha
adottato il Piano senza il previo accordo  con  i  competenti  organi
statali. 
    4.  La   ragione   fondante   la   previsione   dell'obbligatoria
co-pianificazione tra Stato e Regione per i beni  paesaggistici  -  a
suo tempo esplicitata, d'altro canto, dal secondo Decreto  correttivo
n. 63/2008 - risiede invero nella necessita' di evitare che il  Piano
paesaggistico, atto fondamentale che rappresenta la Costituzione  del
territorio,  possa  essere  esposto  a  continue,   anche   radicali,
rivisitazioni con il susseguirsi degli organi regionali. 
    Il Piano paesaggistico, invece,  ha  un  senso  in  quanto  piano
generale sovraordinato a tutti gli altri strumenti di  pianificazione
territoriale, sia urbanistica, sia settoriale (art.  145  del  Codice
cit.), ponendosi  necessariamente  in  una  dimensione  temporale  di
stabilita' e di  lungo  periodo,  incompatibile  con  le  unilaterali
scelte dei soli Organi regionali, poiche' esprime le scelte di  fondo
della pianificazione futura del territorio. 
    E' conseguentemente ragionevole che  esso  richieda,  per  essere
modificato, procedure non ordinarie, ma «rinforzate» e aggravate, che
consentano da un lato una piu' approfondita e  meditata  valutazione,
dall'altro lato una  piu'  ampia  condivisione  che  superi  anche  i
limitati confini regionali, attraverso la partecipazione determinante
di una pluralita' di attori  istituzionali  e  trascenda  la  singola
amministrazione     che,     in      un      determinato      momento
politico-istituzionale, si trovi ad essere titolare della funzione. 
    E' esattamente questa la ragione  per  la  quale  il  Legislatore
nazionale, introducendo una norma che  costituisce  l'architrave  del
sistema di tutela, ha voluto la necessaria condivisione tra lo  Stato
e la Regione dell'eventuale revisione del Piano paesaggistico. 
    5. Sotto un  diverso,  ma  fondamentale  e  convergente  profilo,
occorre inoltre rilevare che i beni paesaggistici propri di' ciascuna
Regione  italiana,  nella  logica  degli  artt.   9   e   117   della
Costituzione, trascendono, sia come valore culturale e  sociale,  sia
come bene-interesse giuridicamente rilevante,  l'ambito  territoriale
regionale, riferibile alla collettivita' ivi stanziata, per assurgere
a una dimensione sicuramente nazionale. 
    Gli  stessi  sono  infatti  beni  comuni  riferibili   all'intera
collettivita' nazionale,  di  tal  che  e'  la  Repubblica  ad  avere
competenza a  tutelare  il  paesaggio,  e  rientra  nella  competenza
esclusiva dello Stato il compito di tutelare l'ambiente. 
    Anche in  un'ottica  che  tenga  presente  il  ruolo  degli  Enti
territoriali alla luce del fondamentale principio di bilanciamento  e
della  leale  collaborazione  in  presenza  di  eventuali  competenze
concorrenti, cio' non puo' che significare che, anche da questo punto
di vista, il potere degli organi regionali di ridisegnare i connotati
dei relativi paesaggi incontra un preciso limite  costituito  (quanto
meno) dal potere di necessaria co-decisione statale opponibile  anche
all'Autonomia speciale della Regione sarda. 
    6. Le considerazioni  ora  svolte  dimostrano  altresi'  come  il
principio di codecisione paritetica necessaria Stato-Regione rifletta
e attui  a  un  tempo  i  principi  di  adeguatezza  e  (soprattutto)
differenziazione  posti  dall'art.  118  Cost.  (anch'esso  violato),
inteso  come  contrappeso  per  il  riequilibrio  del  principio   di
sussidiarieta' verticale. 
    La violazione regionale, qui denunciata, si traduce dunque in una
violazione diretta di tale essenziale parametro costituzionale  nella
distribuzione equilibrata delle competenze amministrative. 
    7. La ricostruzione del sistema normativo  fin  qui  prospettata,
d'altro  canto,  appare  perfettamente  coerente  con   i   parametri
costituzionali e non svilisce in alcun modo la centralita' del  ruolo
e delle competenze regionali, riconosciute sia dal Codice  del  2004,
sia dalla Convenzione europea del paesaggio di Firenze del 2000. 
    Resta  infatti  fermo  e  non  contestato  il   ruolo   centrale,
strategico e propositivo dell'autonomia regionale. 
    La stessa deve pero' necessariamente confrontarsi,  su  un  piano
paritario e codecisionale, con il ruolo, parimenti essenziale,  degli
uffici periferici dello Stato. 
    Dall'esame della delibera regionale n. 45/2 del 2013 che oggi  si
impugna emerge, invece in mode netto il fraintendimento di  fondo  da
cui la stessa e' afflitta, laddove ha ritenuto di poter declassare il
ruolo dello Stato da una posizione paritaria ad un livello  meramente
consultivo, collaborativo (e facoltativo), basato "su comuni elementi
di conoscenza e analisi del paesaggio  sardo".  La  stessa  delibera,
dunque, in piu' punti dichiara apertis verbis di  volere  (e  potere)
prescindere  delle  valutazioni  degli  organi  statali,  ridotti  al
livello di mero ente consultivo, completamente prescindendo anche  da
quella leale collaborazione che aveva invece ispirato (come  riferito
nella esposizione in fatto) i precedenti rapporti Stato-Regione. 
    8. Ne' soccorre sul  punto  la  previsione  della  norma  di  cui
all'art. 6 del D.P.R.  22  maggio  1975,  n.  480  («Nuove  norme  di
attuazione  dello  Statuto  speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna»), laddove, come visto, nel trasferire alla Regione funzioni
gia' proprie di  organi  statali,  prevede  che  «la  Regione  potra'
avvalersi, per la redazione dei... piani, della collaborazione  degli
organi  statali  preposti  alla  tutela  delle  bellezze  naturali  e
panoramiche»:   collaborazione   rimessa   dunque   ad   una   scelta
discrezionale dell'Ente regionale, senza prevedere la  necessita'  di
un accordo con lo Stato. 
    Vero  e',  infatti,  che  la  necessita'  dell'accordo  e'  stata
introdotta dal Codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  in  un
momento di gran lunga successivo. 
    Orbene, anche al di la' del profilo - gia' ampiamente  illustrato
- del limite derivante dalla natura  delle  disposizioni  del  Codice
quali norme di grande riforma economico-sociale dello Stato, va  piu'
in generale rammentato che l'art. 10 della legge n. 62 del 1953  deve
ancora ritenersi in vigore con riferimento  alle  leggi  statali  che
modificano  i  principii  fondamentali  in   materie   a   competenza
legislativa  ripartita  tra  Stato  e  Regioni,  abrogando  le  norme
regionali che siano in contrasto con esse  e  che  siano  entrate  in
vigore in epoca precedente. 
    9. Il conflitto di attribuzione non si esaurisce, peraltro, nella
sola invasione della sfera di competenza normativa  e  amministrativa
dello  Stato,  ma  si  traduce  in  una  lesione  diretta  dei   beni
paesaggistici  tutelati,   determinando   una   immediata   e   grave
diminuzione del  livello  di  tutela  a  suo  tempo  garantito  dalla
precedente  pianificazione  del  2006,  oggi  oggetto   di   profonda
rivisitazione. 
    La  Regione,  con  il  nuovo  Piano  adottato,  interrompendo  la
collaborazione con lo Stato in corso fino all'ottobre del  2013,  che
si era esplicata nell'avvio di  attivita'  di  cooperazione  che  non
avevano tuttavia raggiunto  il  livello  di  accordi  conclusivi,  ha
provveduto unilateralmente a definire le prescrizioni d'uso  sia  dei
beni sottoposti a vincolo con provvedimento ministeriale,  sia  delle
aree tutelate ex lege Galasso e ha «derubricato»  beni  paesaggistici
gia' individuati dal Piano  del  2006  («centri  di  antica  e  prima
formazione»; «insediamenti storici di notevole valore paesaggistico»;
«sistemi identitari»; «corsi d'acqua»). Cio' in quanto non era  stato
raggiunta alcuna intesa in ordine  alla  possibilita'  di  interventi
edificatori in aree tutelate, secondo quanto richiesto dalla Regione,
e in perfetta sintonia con le linee di azione gia' ispiratrici  della
L. n. 19/2011 e della L. n.  21/2011  (impugnate  in  via  principale
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri), e della L.  n.  20/2012
(pure impugnata, e dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 308
del 17 dicembre 2013). 
    Il nuovo Piano  adottato  con  la  Delibera  che  si  impugna  ha
immediata efficacia e determina la  decadenza  di  quello  del  2006,
atteso che le misure di salvaguardia sono di immediata  applicazione.
Cio' rileva anche ai  fini  della  immediata  lesivita'  dell'atto  e
dell'interesse concreto ed attuale alla sua  impugnazione,  che  mira
non  solamente  al  ripristino  delle  competenze  costituzionalmente
previste, ma alla tutela di  beni  che,  in  base  alle  prescrizioni
impugnate, sono assai meno protetti rispetto al  sistema  previgente,
con rischio di danni irreparabili per  il  patrimonio  paesaggistico,
come purtroppo recenti fatti di cronaca hanno tristemente confermato. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  insiste  pertanto  affinche'  l'Ecc.ma  Corte  adita   voglia
dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure, ed  in  ragione
delle sfere di competenza attribuite allo  Stato  dall'art.  3  dello
Statuto Speciale della Regione Sardegna; dall'art. 6  del  D.P.R.  22
maggio 1975, n. 480; dagli artt. 9, 117, comma  2,  lett.  s)  e  118
della Costituzione; dagli artt. 135, 143 e 156 del d.lgs. 22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio)  quali  norme
interposte - che non spetta alla Regione Autonoma della  Sardegna,  e
per essa alla  Giunta  Regionale  della  Sardegna,  di  adottare  una
delibera con la quale venga approvato l'aggiornamento e revisione del
Piano    Paesaggistico    regionale    senza    il     coinvolgimento
dell'Amministrazione statale, e per l'effetto annullare  la  delibera
della  Giunta  Regionale  Sardegna  n.  45/2  del  25  ottobre   2013
concernente  «L.R.  23  ottobre  2009,  n.  4,  art.   11   -   Piano
Paesaggistico  regionale  della  Sardegna,  primo   ambito   omogeneo
costiero, approvato con la delibera della Giunta  Regionale  n.  36/7
del 5 settembre 2006  -  Aggiornamento  e  Revisione  -  Approvazione
preliminare'», pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Autonoma della Sardegna n. 49, Parti I e II, del 31 ottobre 2013. 
    Si depositano: 
        1) copia autentica dell'estratto del Verbale  della  delibera
del Consiglio dei ministri in data  13  dicembre  2013  con  allegata
relazione; 
        2) copia della delibera della Giunta  Regionale  Sardegna  n.
45/2 del 25 ottobre 2013 concernente «L.R. 23  ottobre  2009,  n.  4,
art. 11 - Piano Paesaggistico regionale della Sardegna, primo  ambito
omogeneo costiero, approvato con la delibera della  Giunta  Regionale
n.  36/7  del  5  settembre  2006  -  Aggiornamento  e  Revisione   -
Approvazione preliminare», pubblicata sul Bollettino Ufficiale  della
Regione Autonoma della Sardegna n. 49, Parti I e II, del  31  ottobre
2013. 
          Roma, 23 dicembre 2013 
 
                L'avvocato dello Stato: Salvatorelli