N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in Cancelleria il 4 marzo 2014 (della Regione Campania). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Disposizioni afferenti la protezione civile - Imputazione dei rapporti attivi e passivi, dei procedimenti giurisdizionali pendenti nonche' dei rapporti derivanti dalle dichiarazioni dei grandi eventi, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 - Previsione che, alla scadenza dello stato di emergenza, succedano a titolo universale le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti (comprese le Regioni), ove i soggetti nominati ai sensi del citato art. 5 siano rappresentanti delle stesse amministrazioni ed enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati - Ricorso della Regione Campania - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale per l'imputazione alle Regioni di spese connesse all'esercizio di funzioni rientranti nella competenza esclusiva dello Stato o di organi statali - Esorbitanza delle spese di competenza legislativa statale concorrente in materia di protezione civile per l'emanazione di disciplina di dettaglio anziche' di principi fondamentali - Violazione dei principi di copertura finanziaria e di equilibrio di bilancio - Lesione del principio di ragionevolezza per la successione delle Regioni anziche' dello Stato nei rapporti processuali facenti capo alle gestioni commissariali. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 422. - Costituzione, artt. 3, 81, 97, 117, comma terzo, 118 e 119.(GU n.16 del 9-4-2014 )
Ricorso della Regione Campania (codice fiscale n. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, on. dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta delibera della Giunta regionale n. 37/2014- e giusta procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dal Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto (codice fiscale CRVBMN54D19H501A), del libero foro, e dall'avv. Maria D'Elia (codice fiscale DLEMRA53H42F839H), dell'Avvocatura regionale, e elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma in via Poli n. 29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it); Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, per violazione degli artt. 119, 118, 117, comma 3, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonche' del principio di ragionevolezza. Fatto Con legge n. 147 del 27 dicembre 2013, il Parlamento ha adottato la legge di stabilita' 2014, il cui art. 1 al comma 422 cosi' statuisce: «Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'art. 5 commi 4-ter e 4-quater della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell'art. 110 del codice di procedura civile, nonche' in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all'art. 5 bis, comma 5, del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». La disposizione sopra richiamata prevede dunque che alla chiusura delle gestioni commissariali di cui alla legge 24 febbraio 1992 n. 225, comprese quelle relative ai grandi eventi, ricada sulle amministrazioni e sugli enti ordinariamente competenti l'intera gestione delle posizioni attive e passive riferibili alla medesima gestione commissariale, nonche' la responsabilita' di parte processuale nei procedimenti giurisdizionali pendenti. Il subentro nel contenzioso, per espressa previsione normativa, dovrebbe avvenire anche ai sensi dell'art. 110 C.P.C. (che regola la successione nel processo), in virtu' del quale «Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo e' proseguito dal successore universale o in suo confronto». La norma della legge di stabilita', peraltro, trova applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati, ai sensi delle ordinanze previste dall'articolo 5 della legge n. 225/1992, siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati. L'art. 1, comma 422 della legge n. 147/2013 risulta lesivo delle prerogative della Regione Campania e viziato da manifesta illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto Premessa. Prima di passare in rassegna le singole censure di costituzionalita', appare opportuno esaminare il sistema di protezione civile, cosi' come delineato dalla legge n. 225/1992. Tale sistema e' improntato su una ripartizione delle competenze e delle responsabilita' tra diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle tipologie di eventi emergenziali che vengono in rilievo (art. 2 della legge n. 225/1992). In particolare, l'art. 2 comma 1 della citata legge distingue tre diverse tipologie di eventi: (i) quelli che richiedono interventi attuabili da singoli enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (lett. a); (ii) quelli che richiedono l'intervento coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (lett. b); (iii) quelli che devono essere fronteggiati con mezzi o poteri straordinari (lett. c: «calamita' naturali o connesse con l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo»). Con riferimento agli eventi indicati alla lettera c) dell'art. 2 della legge n. 225/1992, le funzioni di intervento sono attribuite alla competenza statale; ne' potrebbe essere diversamente, trattandosi di funzioni «che hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarieta', coordinamento e direzione» (Corte cost. sentenza n. 284 del 14 luglio 2006). Lo Stato e' dunque titolare di una specifica competenza a disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della legge n. 225/1992, che si sostanzia, tra l'altro, nel potere di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata e l'estensione territoriale, in stretto riferimento alla qualita' e alla natura degli accadimenti. Il predetto potere puo' essere esercitato anche mediante l'adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5, comma 2 legge n. 225/1992). E' possibile inoltre che, per l'attuazione degli interventi di emergenza, lo Stato si avvalga di commissari delegati, nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 5, comma 4 legge n. 225/1992). Il commissario delegato agisce nella veste di organo statale, essendo appunto lo Stato l'unico soggetto titolare della gestione dello stato emergenziale; ne discende che, indipendentemente dall'ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari devono essere considerati atti dell'amministrazione centrale dello Stato, finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte nella situazione d'emergenza. In tal senso e' chiara la sentenza di Codesta Corte, secondo cui: «... indipendentemente dal loro (piu' o meno determinato) ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari delegati sono atti dell'amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e cio' in ragione tanto della rilevanza delle stesse, quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte. Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza - ai sensi del citato art. 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 - ha quale suo presupposto il verificarsi di taluno degli eventi «di cui all'art. 2 comma 1 lettera c» della medesima legge, e cioe', non quelli naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo suscettibili di essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria» (o attraverso un coordinamento degli stessi), bensi' solo «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (sentenza Corte cost. n. 237 del 26 giugno 2007; cfr. anche Corte cost. n. 417 del 5 dicembre 2007 e Corte cost. n. 92 del 4 aprile 2008). La predetta conclusione e' stata peraltro costantemente ribadita anche da autorevole giurisprudenza amministrativa, la quale in piu' occasioni ha avuto modo di affermare che il Commissario Delegato di cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile, per l'esecuzione dei compiti di cui alla legge 24 febbraio 1992 n. 225 e' dotato, rispetto al delegante di autonomia amministrativa, finalizzata strettamente ed esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi assentitigli per il superamento dello stato emergenziale alle condizioni e nei termini previsti ai sensi dell'art. 5 commi 1 e 2 della legge n. 225 del 1992: «Gli atti assunti nell'esercizio delle funzioni delegate sono, pertanto, riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorita' che esercita nei confronti del commissario delegato attivita' di supervisione e di indirizzo» (cfr. ex plurimis Tar Lazio, 18 ottobre 2012, n. 8595 e 9 agosto 2010 n. 30425); e ancora: «L'ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia e' un ufficio che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per cui e' evidente che gli atti assunti da tale organo sono riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio, che ha nei confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e di indirizzo» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2013, n. 10). Il Commissario Delegato e', dunque, organo dell'apparato statale e i suoi atti sono sempre riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, cio' indipendentemente dalla circostanza che questi rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza dell'amministrazione e dell'ente ordinariamente competente: «l'attivita' svolta dal Sindaco non implica automatica responsabilita' del Comune per l'adempimento delle conseguenti obbligazioni ... al fine dell'imputazione della suddetta responsabilita' occorre verificare di volta in volta ed in base alla disciplina normativa di riferimento l'appartenenza dello specifico interesse pubblico perseguito, risultando riferibile l'attivita' svolta allo Stato o al Comune a seconda della titolarita' dell'interesse medesimo» (Cass. Civ., Sez. II^, 6 dicembre 2005, n. 26691; nella specie, la Suprema Corte confermava la sentenza di merito e il difetto di legittimazione passiva del Comune, avendo il Sindaco agito nella qualita' di Commissario Straordinario di Governo); e ancora: «In ipotesi di impugnativa di atti del sindaco adottati nella qualita' di commissario delegato giusta ordinanza della presidenza del consiglio, quest'ultima e' soggetto legittimato passivo» (TAR Lazio, Sez. I, 18 ottobre 2012, n. 8598). Dalle considerazioni sin qui svolte se ne deduce dunque che: lo stato di emergenza di cui alla lett. c dell'art. 2 della legge n. 225/1992 rende necessario l'uso di un potere straordinario, di tipo anche gestionale, di cui e' titolare soltanto lo Stato quale autorita' centrale; il Commissario delegato e' organo dello Stato centrale, di cui si avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei compiti attribuiti dalla legge n. 225/1992. Delineato come sopra il quadro di riferimento ed in ragione di esso appare evidente che l'art. 1, comma 422, della legge di stabilita' 2014 presenti manifesti profili di illegittimita' costituzionale. 1. Illegittimita' dell'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, per contrasto con gli artt. 119, commi 1, 4 e 5, Cost. 1.1. La norma in esame viola, in primo luogo, l'autonomia finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 Cost., comma 1. Come e' noto, l'articolo 119 della Costituzione prevede che le Regioni e gli enti locali finanzino le proprie spese di funzionamento, di intervento e di amministrazione, con i mezzi prelevati dalla propria collettivita', salva naturalmente l'esigenza di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate. Le Regioni sono dunque titolari di autonomia finanziaria, intesa sia come autonomia di entrata, sia come autonomia di spesa e piu' in generale come potesta' di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate. Orbene, la disposizione di cui al comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilita' 2014, in primo luogo, pregiudica l'autonomia finanziaria di spesa delle Regioni poiche', prevedendo un meccanismo automatico di subentro in tutti i giudizi in corso di cui sono parte i commissari delegati, impone alle Regioni (e agli altri enti territoriali ordinariamente competenti) di farsi carico della gestione di tutto il contenzioso pendente riferibile ai Commissari delegati, e dunque le obbliga ad utilizzare le proprie risorse per sostenere oneri finanziari (quali spese di giudizio o conseguenti ad eventuali condanne risarcitorie), non preventivati e non autonomamente decisi. Le Regioni, in definitiva, si vedranno spogliate di risorse finanziarie che avrebbero potuto utilizzare per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e che invece dovranno essere destinate per scopi differenti imposti dalla legge statale. Le scelte di spesa compiute dall'ente territoriale risulteranno pertanto inevitabilmente alterate, dovendosi la Regione sobbarcare i costi e ogni altra conseguenza economica di un contenzioso intrapreso e deciso non dall'ente, bensi' da un organo statale. L'applicazione della disposizione in questione compromette altresi' l'autonomia finanziaria di entrata delle Regioni. In particolare, per quel che concerne la Regione Campania, la portata del contenzioso nel quale l'ente territoriale dovrebbe subentrare e' davvero ingente. Si pensi che gia' solo l'ordinanza n. 17 del 27 dicembre 2013 del Commissario De Biase individua ben 76 giudizi pendenti. Dal predetto contenzioso non possono che scaturire per la Regione spese per la difesa in giudizio ed eventuali condanne risarcitorie in caso di soccombenza di notevole entita', a fronte delle quali si paleserebbe la carenza delle necessarie risorse finanziarie per provvedere alla loro copertura. Si prefigura cosi' la possibilita' concreta che la Regione, trovandosi nell'impossibilita' finanziaria di far fronte alle nuove spese attraverso le dotazioni previste a legislazione vigente, sia costretta a deliberare aumenti fiscali o comunque a perseguire politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe posto in essere. Peraltro, l'eventuale nuova imposizione fiscale a cui la Regione sarebbe costretta per far fronte alle spese conseguenti al subentro di cui al comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147/2013 peserebbe irragionevolmente proprio sull'ente nel cui territorio si e' verificato l'evento calamitoso, con la conseguenza che le popolazioni colpite dal disastro subirebbero un pregiudizio aggiuntivo rispetto a quello gia' sopportato a causa dell'evento emergenziale. 1.2. La disposizione in esame contrasta altresi' con gli artt. 119, commi 4 e 5 della Costituzione. Nel dettaglio, il quarto comma dell'art. 119 Cost. stabilisce che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (tributi ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e quote di spettanza del fondo perequativo) consentono ai Comuni, alle Province, alle citta' metropolitane e alle Regioni di finanziarie integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». Il quinto comma dell'art. 119 Cost. prevede inoltre che, in deroga al principio di corrispondenza tra funzioni esercitate ed entrate ordinarie, lo Stato destini risorse aggiuntive a singoli enti territoriali per garantire la realizzazione di alcuni valori fondamentali della Repubblica, nonche' per provvedere a scopi che esulano dal normale esercizio delle funzioni spettanti agli enti territoriali. In definitiva le citate norme costituzionali consacrano un principio di corrispondenza fra risorse e funzioni, il quale non solo non consente che le funzioni di un ente territoriale possano essere finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in via ordinaria, competono al suo bilancio, ma presuppongono altresi' le risorse ordinarie degli enti territoriali siano destinate soltanto alle funzioni da essi svolte e non certamente al finanziamento di funzioni svolte dallo Stato o da organi statali. Ebbene il suddetto principio di corrispondenza tra risorse finanziarie degli enti territoriali e funzioni proprie di ciascun ente risulta inevitabilmente compromesso dal comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147/2013. Come dedotto in premessa, infatti, lo Stato «ha una specifica competenza» a disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della legge n. 225/1992. Tale competenza e' esercitata anche attraverso i commissari delegati, i quali rappresentano la longa manus dell'apparato statale, essendo appunto lo Stato unico soggetto titolare della gestione della situazione emergenziale e dunque l'unico legittimato ad adottare gli interventi necessari al suo superamento. I provvedimenti assunti dai commissari delegati sono dunque emanazione delle funzioni emergenziali proprie dell'amministrazione centrale dello Stato e pertanto sempre imputabili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Cio' posto, e' innegabile che l'applicazione del comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147/2013 preveda un meccanismo di subentro automatico dell'ente territoriale nella gestione del contenzioso intrapreso da e nei confronti delle ex gestioni commissariali, che ha come effetto immediato quello di far gravare sul bilancio dell'ente, colpito dall'evento straordinario, il costo di interventi connessi all'esercizio di funzioni rientranti, per espressa previsione di legge, nella competenza esclusiva dello Stato ovvero di organi statali. Il venir meno del collegamento tra risorse finanziarie della Regione e funzioni proprie dell'ente concretizza pertanto la violazione dei commi 4 e 5 dell'art. 119 Cost. La sussistenza di un contrasto tra la norma in esame e l'art. 119, commi 1, 4 e 5 Cost. trova peraltro conferma in una recente pronuncia di Codesta Ecc.ma Code, la n. 22 del 16 settembre 2012, avente ad oggetto l'art. 2 comma 2-quater del decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225, nella parte in cui introduceva i commi 5-quater e 5-quinquies primo periodo all'art. 5 della legge n. 225/1992. Si trattava, in particolare, di disposizioni concernenti il finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi di maggiore gravita', che condizionavano l'intervento finanziario dello Stato alla persistenza dell'insufficienza di risorse regionali anche dopo l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento da parte del Governo della «rilevanza nazionale» dell'emergenza. Ebbene la Corte ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 119 Cost, atteso che «le norme impugnate, in quanto impongono alle Regioni di deliberare gli aumenti fiscali in esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile, in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse. Parimenti, le suddette norme ledono l'autonomia di spesa, poiche' obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Risulta violato altresi' il quarto comma dell'art. 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per se' le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse». 2. Illegittimita' dell'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013 per contrasto con gli artt. 117 gomma 3 e 119 Cost. L'art. 1, comma 422, della legge di stabilita' 2014, nel caricare la Regione Campania di tutte le spese derivanti da scelte gestionali operate dai commissari delegati e connesse ai contenziosi instaurati da e nei confronti di questi ultimi, interviene pesantemente, condizionandola e limitandola, sull'autonomia finanziaria regionale, con violazione oltre che dell'art. 119, anche dell'art. 117, comma 3 della Costituzione. L'ambito delineato dalla combinazione delle predette previsioni costituzionali attiene alla materia della finanza pubblica, in un'accezione che comprende sia la necessaria stabilita' di bilancio in risposta all'esigenza di unita' economica dell'ordinamento, sia il bisogno di garantire gli indispensabili spazi di autonomia alle Regioni (e agli altri Enti minori) nelle scelte decisionali inerenti le loro competenze. La ricerca di un punto di equilibrio tra queste due esigenze coinvolge numerosi livelli istituzionali, in particolare ove si considerino altresi' i vincoli di natura comunitaria che comportano l'obbligo di uniformazione a criteri di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica. L'intervento statale in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» ex art. 117, comma 3, Cost. si e' spesso giustificato con la difficolta' degli Enti locali e delle Regioni di far fronte agli impegni assunti a livello europeo. Tuttavia tale intervento statale, riguardando una materia rientrante fra quelle a legislazione concorrente ex art. 117, comma 3, Cost. deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali, spettando invece alla Regione la disciplina di dettaglio. Orbene la norma in esame, imponendo alla Regione Campania dei precisi vincoli di spesa, ovvero obbligandola a destinare risorse proprie a spese di giudizio non preventivate e non decise in autonomia, si pone in contrasto con la previsione di cui all'art. 117, comma 3 Cost. All'uopo e' opportuno ribadire «il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. Il legislatore statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo con «disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). E ancora, secondo Codesta Ecc.ma Corte, la legge statale «puo' stabilire solo un "limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004)", mentre, al contrario, "la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' «in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). Ebbene, anche in ragione del contenuto delle decisioni di Codesta Corte sopra citate, non sembra potersi ritenere che la disciplina di cui all'art. 1, comma 422, della legge di stabilita' 2014 rechi soltanto principi di coordinamento. La norma in questione detta infatti una disciplina specifica e di dettaglio, scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o comunitario e totalmente lesiva delle prerogative regionali. 3. Illegittimita' dell'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, per contrasto con gli artt. 118 e 119 cost. in combinato disposto con gli artt. 81 e 97 cost. Per tutto quanto detto sub 1 risulta innegabile che l'applicazione del comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilita' 2014 precluda alla Regione la libera disponibilita' di alcune somme, le quali dovranno essere destinate alla copertura delle spese scaturenti dal subentro, imposto dalla norma in esame, nel contenzioso pendente. La perdita della gestione diretta di liquidita', derivante dall'applicazione della citata norma, non puo' che riflettersi anche sulle capacita' operative della Regione: riducendo infatti le disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo agli stessi la possibilita' di gestire in modo libero e responsabile le proprie risorse, si rende altresi' piu' difficoltoso fronteggiare i costi connessi all'esercizio delle funzioni amministrative di attribuzione regionale. Ne risulta pertanto leso non solo l'art. 118 Cost. ma anche il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., il quale, richiedendo che ciascuna amministrazione provveda rapidamente ed efficacemente all'espletamento delle proprie funzioni, esige che l'esercizio di queste ultime sia adeguatamente sorretto da beni e risorse, anche finanziarie. A cio' si aggiunga inoltre che la disposizione di cui al comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilita' 2014, attraverso l'imposizione del subentro degli enti territoriali nel contenzioso in corso facente capo ai Commissari Delegati e del conseguente onere di spesa, avrebbe dovuto, anche ai sensi dell'art. 81 Cost., prevedere adeguate misure compensative. E' vero infatti che a seguito di manovre di finanza pubblica e' possibile determinare riduzioni finanziarie delle Regioni. Tuttavia, resta indispensabile che le predette manovre non comportino uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa finanziaria dell'ente territoriale e tale da rendere insufficienti le risorse delle quali ciascuna regione dispone per l'adempimento dei propri compiti (cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 431 e 381 del 2004). 4. Illegittimita' dell'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, per violazione degli articoli 3 e 97 e 117, comma terzo, cost. e del principio di ragionevolezza. 4.1. La disposizione della legge di stabilita' all'esame di Codesta Corte viola altresi' gli articoli 3 e 97 e 177, terzo comma, della Costituzione. Essa infatti presenta profili di irragionevolezza e incongruita' che si riflettono in termini negativi anche sull'autonomia costituzionalmente garantita della Regione Campania, nonche' sulla stessa possibilita' per l'ente territoriale di erogare servizi alla propria collettivita'. Nel dettaglio la nuova disposizione, che impone all'amministrazione regionale, alla data di cessazione dello stato emergenziale, il subentro ai sensi dell'art. 110 C.P.C. nei rapporti processuali gia' facenti capo al Commissario delegato, risulta non coerente sia con la natura dei poteri esercitati dallo Stato in sede emergenziale, sia con la natura giuridica dei Commissari delegati per le emergenze. In proposito si evidenzia che l'art. 110 C.P.C., in ragione dei quale «Quando la parte viene meno per morte o per altra causa il processo e' proseguito dal successore universale o in suo confronto», ha come necessario presupposto per la sua applicazione il «venir meno della parte», che si verifica appunto o per morte o per eventi alla morte assimilabili, come ad esempio l'estinzione della persona giuridica. Orbene il caso disciplinato dall'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013, inerente alla cessazione dell'ufficio Commissariale per scadenza dello stato di emergenza, del tutto irragionevolmente e' ricondotto alla fattispecie di cui all'art. 110 C.P.C. Come infatti dedotto in premessa, il Commissario Delegato, nominato in virtu' di quanto previsto dall'art. 5, comma 4 della legge n. 225/1992, agisce nella veste di organo a connotazione «statale», essendo lo Stato l'unico soggetto a cui puo' essere riconosciuta la titolarita' della gestione dello stato di emergenza nelle ipotesi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della legge n. 225/1992. II Commissario e' longa manus del Governo (Corte Cost. sentenze nn. 237 del 2007, n. 41/2007 e 92/2008) e i suoi provvedimenti devono essere considerati quali atti dell'amministrazione centrale dello Stato. Da quanto sopra se ne deduce che la cessazione della gestione commissariale per effetto della scadenza dello stato di emergenza non puo' certamente essere considerata alla stregua della morte ovvero dell'estinzione di persona giuridica. Lo Stato, infatti, di cui il Commissario delegato e' organo ed espressione, non viene certamente meno. Pertanto alla cessazione delle funzioni commissariali avrebbe dovuto conseguire l'applicazione dell'art. 111 C.P.C., in virtu' del quale «il processo prosegue tra le parti originarie» e non invece l'applicazione della diversa fattispecie di cui all'art. 110 C.P.C.. Sul punto peraltro si richiama la copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui «proprio nel caso di successione di diritti tra enti (anche pubblici) allorche' non vi sia stata estinzione dell'ente cedente, si verifica un'ipotesi particolare di successione nel diritto controverso, ai sensi dell'art. 111 cod. proc. civ.: cio', si noti, anche quando si abbia una successione per universitatem nel diritto dedotto in giudizio (purche', ripetesi, non sia venuta meno la parte). In tali casi (e quindi anche ove si ritenga che il trasferimento delle funzioni dal Ministero alle agenzie fiscali configuri un'ipotesi di successione universale ...) il processo prosegue tra le parti originarie» (Cassazione Civile, sentenza n. 11979 dell'8 agosto 2003; in tal senso anche Cassazione Civile n. 1558 del 1995; n. 4018 del 1998; n. 104 del 1999). ll legislatore avrebbe dovuto, dunque, in coerenza con il sistema e con il ruolo e la natura giuridica della figura del commissario delegato, far conseguire alla scadenza dello stato emergenziale e alla cessazione dell'ufficio commissariale la prosecuzione di tutti i contenziosi pendenti «tra le parti originarie», ossia con la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'art. 1 comma 422 della legge n. 147/2013, al contrario, impone del tutto irrazionalmente il subentro, ex art. 110 C.P.C., degli enti territoriali nelle posizioni processuali facenti capo alle ex gestioni commissariali e pendenti alla data di scadenza dello stato emergenziale; la statuizione consente cosi' allo Stato un'abdicazione dei propri compiti e palesa una irragionevolezza che si riverbera inevitabilmente - anche per tutto quanto dedotto supra - sulle attribuzioni e sulle autonomie riconosciute alle Regioni (e dunque anche alla Regione Campania) dagli artt. 117, 118 e 119 Cost. 4.2. Alla predetta incongruenza se ne aggiunge anche un'altra. La norma in esame, infatti, difetta altresi' di ragionevolezza, per la distinzione in essa contenuta fra le gestioni commissariali facenti capo a soggetti rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti e gestioni commissariali svolte da soggetti estranei agli enti territoriali (cfr. ultimo periodo del comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147/2013, secondo cui: «Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati»). La predetta differenziazione appare priva di giustificazione, in ragione della circostanza che gli atti del Commissario delegato sono comunque e sempre imputabili al Governo centrale, a prescindere dal ruolo che questi possa rivestire nell'ente territoriale (cfr. giurisprudenza sopra citata). E' prospettabile pertanto la violazione da parte del comma 422, dell'art. 1 della legge di stabilita' oltre che del principio di ragionevolezza anche del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., risultando la disposizione chiaramente e immotivatamente iniqua nei confronti di quegli enti territoriali nel cui territorio agiva un commissario delegato che rivestiva anche un ruolo di rappresentanza nell'ente stesso.
P. Q. M. La Regione Campania, come sopra rappresentata e difesa, chiede che Codesta Ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 422 della legge n. 147/2013 per violazione degli articoli 119, 117, comma 3, 118, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonche' del principio di ragionevolezza. Roma, 24 febbraio 2014 Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia