N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 marzo 2014 (della Regione Puglia). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciato impedimento alla Regione, sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale», di «disporre» della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata a tale titolo - Violazione dell'autonomia di entrata della Regione, con specifico riferimento alle possibilita' di disporre delle compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al suo territorio, nonche' lesione della potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciato impedimento alla Regione, sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale», di «disporre» liberamente della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata a tale titolo (in particolare, scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative) - Violazione dell'autonomia di spesa della Regione, con specifico riferimento alle possibilita' di disporre delle compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al suo territorio, nonche' lesione della potesta' legislativa regionale nelle materie delle entrate tributarie regionali e delle politiche sociali, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni per finalita' sociali all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciata limitazione, sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi quale «tributo proprio regionale», della possibilita' per la Regione di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio secondo le determinazioni frutto della propria autonomia di entrata e della propria potesta' tributaria - Lesione della potesta' legislativa della Regione nella materia dei tributi propri regionali. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciato impedimento alla Regione, sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi quale «tributo proprio regionale», di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio secondo le proprie libere opzioni (in particolare, scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative) - Contrasto con l'autonomia regionale di spesa, nonche' con la potesta' legislativa regionale in materia di tributi propri e in materia di politiche sociali. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciata posticipazione per la terza volta consecutiva del termine iniziale di applicabilita' di una norma attuativa dell'autonomia finanziaria e delle connesse potesta' legislative assegnate alla Regione - Introduzione di una disciplina priva del carattere transitorio che potrebbe giustificarla, in via eccezionale e per straordinarie esigenze di coordinamento della finanza pubblica - Violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Lesione della potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Addizionale regionale IRPEF - Differimento all'anno 2015 della decorrenza dell'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 che consentono alle Regioni a statuto ordinario, nell'ambito della suddetta addizionale, di disporre detrazioni in favore della famiglia e altre misure di sostegno sociale - Ricorso della Regione Puglia - Denunciato ingiustificato impedimento alla Regione di disporre della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata, al fine di perseguire politiche di sostegno sociale a favore di soggetti svantaggiati, mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle medesime somme, e al fine di perseguire le medesime politiche, tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e sussidi a favore degli stessi beneficiari - Violazione dei principi di razionalita' e ragionevolezza, del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, nonche' del principio di certezza del diritto e chiarezza normativa - Violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Lesione della potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 509. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 97, 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo.(GU n.19 del 30-4-2014 )
Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale dott. Nicola Vendola, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 188 del 21 febbraio 2014, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Marcello Cecchetti (pec: marcellocecchetti@pec.ordineavvocatifirenze.it) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Antonio Mordini n. 14, come da mandato a margine del presente atto; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale - legge di stabilita' 2014), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, supplemento ordinario, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione degli articoli 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi costituzionali di razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e di certezza del diritto e chiarezza normativa. 1. - La disposizione impugnata e l'evoluzione del quadro normativo. 1.1. - L'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale - Legge di stabilita' 2014), in vigore dal 1° gennaio 2014, cosi' dispone: «Al comma 7 dell'art. 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, e successive modificazioni, le parole: "a decorrere dal 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 2015"». Il citato art. 6 del decreto legislativo 6 maggio del 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei l'abbisogni standard nel settore sanitario), a sua volta, contiene disposizioni sull'addizionale regionale all'IRPEF. In particolare esso prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013 ciascuna regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale di base», fissando inoltre tale aliquota di base allo 0,9 per cento sino alla rideterminazione effettuata ai sensi dell'art. 2, comma 1, del medesimo atto normativo. Il comma 1 dell'art. 6 fissa poi il limite massimo della maggiorazione in 0,5 punti percentuali per l'anno 2013, in 1,1 punti percentuali per l'anno 2014 e in 2,1 punti percentuali a decorrere dall'anno 2015. Il comma 2, a sua volta, prevede che fino al 31 dicembre 2012, restino ferme «le aliquote della addizionale regionale all'IRPEF delle regioni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono superiori alla aliquota di base», salva comunque «la facolta' delle medesime regioni di deliberare la loro riduzione fino alla medesima aliquota di base». 1.2. - In tale contesto si inseriscono i successivi commi 3, 4, 5 e 6, sui quali interviene la disposizione della quale in questa sede si denunciano i profili di illegittimita' costituzionale. In particolare, il comma 3 contiene disposizioni concernenti il coordinamento tra la maggiorazione IRPEF e la riduzione IRAP eventualmente prevista dalle Regioni, nonche' altre previsioni di specificazione ed attuazione della normativa sopra richiamata. Il comma 4 contiene disposizioni volte ad assicurare la razionalita' del sistema tributario. Il comma 5, invece, prevede quanto segue: «Le regioni, nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge, detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni previste dall'art. 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Le regioni adottano altresi' con propria legge misure di erogazione di misure di sostegno economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF, il cui livello di reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di cui al presente comma». Sempre sul medesimo tema, il comma 6 stabilisce che «le regioni, nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge, detrazioni dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale». Il successivo comma 7 (oggetto dell'intervento di novellazione che si censura in questa sede), nella sua versione originaria, prevedeva che le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 4, 5 e 6 si applicassero «a decorrere dal 2013». Solo a partire da quell'anno, dunque, le Regioni dovevano ritenersi abilitate a disporre detrazioni in favore delle famiglie, a prevedere misure di sostegno economico diretto in favore di soggetti svantaggiati ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione dalla sopra citata normativa statale, nonche' a far uso dello strumento delle detrazioni dall'addizionale IRPEF per perseguire varie finalita' di sostegno sociale. Tale comma 7, tuttavia, e' stato modificato una prima volta dall'art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), che ha posticipato l'applicazione delle norme in questione a partire dal 2014. Infine, e' intervenuta la disposizione in questa sede contestata, che ha ulteriormente prorogato il dies a quo della operativita' dei sopra citati commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 all'anno 2015. Ad oggi, e fino a tutto il 2014, dunque, le Regioni non potrebbero, in base alla legislazione statale vigente, prevedere quelle detrazioni e predisporre quelle misure di sostegno sociale che risultano contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011. 1.3 - Considerati i contenuti e gli effetti normativi appena illustrati, la Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Ecc.ma Corte l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, perche' costituzionalmente illegittimo e lesivo dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alle Regioni, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo, della Costituzione, nonche' ai principi costituzionali di razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e di chiarezza normativa. L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di Diritto 2. - La qualificazione dell'addizionale IRPEF, in base all'art. 119 Cost., come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale». 2.1 - Per illustrare i diversi profili di illegittimita' costituzionale della disciplina in esame, e' preliminarmente opportuno soffermarsi sulla qualificazione giuridica dell'addizionale IRPEF, tanto alla luce delle previsioni della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuatone dell'art. 119 della Costituzione), che costituisce il fondamento sulla base del quale e' stato adottato il citato decreto legislativo n. 68 del 2011, quanto alla luce dell'art. 119 Cost. In base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, le entrate tributarie delle Regioni si dividono in due categorie. La prima e' quella delle «compartecipazioni al gettito dei tributi erariali» (lett. a), mentre la seconda e' la «macrocategoria» dei «tributi delle regioni» (lett. b), all'interno della quale vengono distintamente individuati: 1) i «tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni»; 2) le «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali»; 3) i «tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione erariale». L'addizionale IRPEF rientra evidentemente nella seconda categoria, e deve dunque essere qualificata, ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, come un «tributo delle Regioni», in relazione al quale la successiva lett. c) del medesimo comma 1 dell'art. 7 stabilisce espressamente che queste ultime possano, con proprie leggi, «introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali», nonche' «disporre detrazioni entro limiti fissati dalla legislazione nazionale». 2.2. - L'art. 119 Cost. propone, tuttavia, definizioni non coincidenti con quelle appena illustrate. Ai sensi di tale disposizione costituzionale, infatti, le entrate tributarie delle Regioni si distinguono soltanto nelle seguenti due tipologie: i «tributi propri»; le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali». In relazione a tale dicotomia, si puo' affermare che tertium non datur. secondo l'art. 119 Cost., una entrata tributaria regionale puo' essere qualificabile soltanto come «tributo proprio», ovvero come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale». La qualificazione dell'entrata regionale in un senso o nell'altro e' determinante, poiche' dalla medesima dipende l'individuazione del relativo parametro costituzionale. I «tributi propri delle Regioni» sono infatti disciplinati dalla seconda proposizione del secondo comma dell'art. 119 Cost., mentre le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali» sono regolate dalla terza proposizione del medesimo comma. In base alla ormai costante giurisprudenza costituzionale, il criterio per distinguere le due categorie di entrate tributarie delle Regioni contemplate dall'art. 119 Cost. e' quello della legge istitutiva: i tributi regionali sono solo quelli «istituiti dalle Regioni con propria legge». In questo senso depone chiaramente gia' la sent. n. 296 del 2003, nella quale, in relazione all'IRAP, si afferma: «La circostanza che l'imposta sia stata istituita con legge statale e che alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, siano espressamente attribuite competente di carattere solo attuativo, rende palese che l'imposta stessa - nonostante la sua denominazione - non puo' considerarsi «tributo proprio della regione», nel senso in cui oggi tale espressione e' adoperata dall'art. 119, secondo comma, della Costituzione, essendo indubbio il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi del coordinamento con il sistema tributario statale» (par. 2 del Considerato in diritto). Tali conclusioni sono state poi confermate da molte altre decisioni di questa Ecc.ma Corte. Si vedano, ad es., le sentenze n. 50 e n. 99 del 2012 (rispettivamente parr. 2.1 e 4.1 del Considerato in diritto), riguardanti l'IRAP, e n. 296, n. 297 e n. 311 del 2003 (rispettivamente parr. 2, 2 e 3.1. del Considerato in diritto), 455 del 2005, (par. 5.1 del Considerato in diritto), e 288 del 2012 (par. 3.1 del Considerato in diritto), concernenti le tasse automobilistiche. Anche a dispetto della loro eventuale denominazione legislativa (e a prescindere dalla eventuale illegittimita' costituzionale di quest'ultima), dunque, le entrate tributarie che non siano state istituite dalla legge regionale, non possono che qualificarsi, ai sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost. e al (solo) fine di individuare il parametro costituzionale che le riguardi, come «compartecipazioni al gettito di tributi erariali». Pertanto, in base al criterio appena illustrato, l'addizionale IRPEF non puo' che rientrare in tale categoria, nonostante la qualificazione legislativa derivante dall'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009 e come confermano, del resto, le sentenze di questa Corte n. 381 del 2004 (par. 7 del Considerato in diritto) e n. 193 del 2007 (par. 5 del Considerato in diritto). Sulla base di questo presupposto interpretativo sono proposte le censure di seguito illustrate ai paragrafi 3 e 4. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta impedisce alla Regione di «disporre» della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale», in contrasto con l'autonomia di entrata di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda, al contempo ledendo la potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. 3.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, Cost. e dell'autonomia di entrata da tali disposizioni riconosciuta alla Regione, al contempo violando la potesta' normativa regionale che l'art. 117, terzo e quarto comma, indubbiamente riconosce in materia di entrate tributarie. Al riguardo, bisogna osservare, innanzi tutto, che il primo comma dell'art. 119 sopra menzionato riconosce esplicitamente, e con una affermazione di carattere generale, autonomia finanziaria, sia di entrata che di spesa, alle Regioni (oltre che agli altri enti territoriali che compongono la Repubblica). Si tratta di un importante principio che non puo' non guidare l'interpretazione delle disposizioni costituzionali attuative del medesimo. La generale autonomia di entrata prevista dal primo comma dell'art. 119, Cost. trova specificazione nel successivo comma secondo. Gli strumenti che questa disposizione individua per rendere concreta tale autonomia sono: a) la possibilita' di istituire ed applicare tributi ed entrate proprie; b) la possibilita' di «disporre» delle «compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio». Qui interessa tale ultimo strumento. Con la norma appena citata, infatti, la Costituzione riconosce alla Regione la possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata anche adottando disposizioni normative concernenti le quote di tributi erariali alla medesima attribuite dalla legge statale, ovviamente entro il limite di tali compartecipazioni, e dunque della quota di gettito, riferibile al proprio territorio, che le sia stata assegnata dalla medesima legge statale. Entro tale misura, pero', alla Regione deve essere riconosciuta la potesta' di esercitare la propria autonomia di entrata e perseguire le proprie politiche fiscali e sociali, adottando disposizioni volte a ridurre le proprie entrate derivanti dalle compartecipazioni a tributi erariali, secondo le proprie scelte discrezionali. 3.2. - La Regione Puglia e' ben consapevole che nella giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte sono reperibili spunti che parrebbero, a prima vista, deporre in contrasto rispetto alla censura appena prospettata. In particolare, ci si riferisce alle decisioni citate nel precedente par. 2.2., dalle quali si desume inequivocabilmente che lo Stato dispone di una competenza esclusiva in relazione all'addizionale IRPEF in quanto annoverabile, ai sensi dell'art. 119, tra i «tributi erariali». La ricorrente non intende negare questa circostanza. Con la disposizione impugnata lo Stato ha senza dubbio esercitato una propria competenza legislativa esclusiva. La Regione Puglia, tuttavia, e' convinta che l'art. 119, secondo comma, Cost., nella parte in cui assegna alle Regioni la possibilita' di «disporre» di un quota dei tributi erariali, ponga una norma sostanziale che si impone al legislatore statale quando quest'ultimo si trovi ad esercitare la propria competenza legislativa esclusiva in materia di tributi erariali, obbligandolo ad esercitarla in un certo modo e nel rispetto di alcuni limiti. In particolare, la menzionata disposizione costituzionale richiede che la legge statale, nell'assegnare alle Regioni una compartecipazione ai tributi erariali, lasci a queste ultime un margine di potesta' normativa (ossia uno spazio minimo non conculcabile) entro il quale, per l'appunto, esse possano effettivamente «disporre» di tale compartecipazione, evidentemente nei limiti della quota che sia loro assegnata. Alla luce di tali considerazioni, risulta evidente che l'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 e' rigorosamente attuativo dell'art. 119, secondo comma, Cost., e non soltanto nella parte in cui prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013 ciascuna regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF di base». Il citato art. 6 e' attuativo dell'art. 119, secondo comma, Cost., anche - per quel che qui piu' interessa - per cio' che prevede ai successivi commi 5 e 6. Come evidenziato nel par. 1, il comma 5 prevede infatti che le Regioni, «nell'ambito della addizionale (...), possono disporre, con propria legge, detrazioni in favore della famiglia», nonche' che possono adottare «misure di sostegno economico diretto» a favore di determinati soggetti IRPEF, mentre il comma 6 autorizza le Regioni, «nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo», a disporre «detrazioni dall'addizionale stessa» in luogo (ossia in sostituzione) dell'erogazione di misure sociali di vario genere e con effetto equivalente. Risulta dunque chiaro - anche dal tenore testuale della norma, stante la consapevole utilizzazione del verbo «disporre» - che l'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 ha, per cosi' dire, «preso sul serio» l'art. 119, secondo comma, Cost., assegnando alle Regioni non solo la compartecipazione al gettito di un tributo erariale, ma anche la possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata nell'ambito di tale compartecipazione, entro confini certi e precostituiti, e dunque la possibilita' di «disporre» in senso proprio di tale compartecipazione, tramite autonome scelte politiche e proprie determinazioni normative, ovviamente nell'ambito di tali confini. Da cio' risulta altrettanto chiaro, pero', che l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, precludendo alle Regioni, con l'ennesima proroga annuale del termine di decorrenza, qualunque possibilita' di «disporre» dell'addizionale IRPEF nel senso di applicare le detrazioni contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, viola inequivocabilmente l'art. 119, secondo comma, Cost. 3.3. - Ad ulteriore supporto delle ragioni appena esposte, si consideri il caso deciso da questa Ecc.ma Corte con la sent. n. 381 del 2004. In tale pronuncia, infatti, sono state dichiarate infondate le censure proposte dalla parte regionale nei confronti delle norme che sospendevano gli aumenti delle addizionali IRPEF e delle aliquote IRAP, impedendo alle Regioni «di utilizzare uno spazio di autonomia nel prelievo tributario, che la legge statale loro riconosceva», in considerazione del fatto che tale sospensione era: a) «temporanea e provvisoria»; b) effettuata «in attesa di un complessivo ridisegno dell'autonomia tributaria delle Regioni, nel quadro dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost.». Ebbene, la circostanza sub a) sembrerebbe ricorrere proprio nel caso di specie, posto che la norma impugnata posticipa al 2015 la possibilita', per le Regioni, di disporre della loro quota di compartecipazione IRPEF nel senso sopra accennato. Tuttavia, come si argomentera' piu' diffusamente di seguito (cfr. sub par. 9 e ss.), tale temporaneita' e provvisorieta' e' da considerarsi fittizia, in ragione del fatto che una siffatta posticipazione e' intervenuta, identica a se stessa, per ben tre volte di seguito, svelando in tal modo il sui carattere falsamente transitorio. Quanto alla circostanza sub b), che essa non ricorra (piu') e' del tutto evidente, posto che l'attuazione dell'art. 119 Cost. e' intervenuta proprio con la legge n. 42 del 2009 e (per quel che qui interessa) con il decreto legislativo n. 68 del 2011: attuazione che - come si e' visto - la norma qui contestata intende invece ulteriormente sospendere. Si osservi, infine, che nel caso deciso dalla sent. n. 381 del 2004 le censure regionali rivendicavano il potere di alimentare le aliquote rispetto alla misura fissata dalla legislazione statale, e dunque di disporre andando oltre il limite della quota di tributo erariale da questa assegnata alla Regione. Nella presente circostanza, invece, la Regione ricorrente rivendica semplicemente la possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata applicando le sole detrazioni per finalita' sociali contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, rinunciando dunque ad incassare parte del tributo a favore di soggetti variamente svantaggiati e «disponendo» comunque entro il limite della quota di tributo erariale alla medesima assegnata dalla legge statale, ossia esercitando quel potere che, a norma dell'art. 119, secondo comma, Cost., le deve essere necessariamente riconosciuto. 3.4. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, dunque, viola l'art. 119, primo e secondo comma, Cost., poiche' - sia pure con una disposizione temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione di adottare norme volte a ridurre le entrate tributarie alla medesima spettanti a titolo di compartecipazioni al gettito di tributi erariali, e in particolare vieta di applicare le detrazioni di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo 68 del 2011 all'addizionale IRPEF. Il citato comma 509 impedisce cosi' alla Regione di «disporre» di tali compartecipazioni, determinando in tal modo una grave lesione della sua autonomia finanziaria di entrata e, con questa, della potesta' legislativa ad essa garantita dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta impedisce alla Regione di «disporre» liberamente della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con l'autonomia di spesa di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda, al contempo ledendo la potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie e di politiche sociali. 4.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale, inoltre, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, Cost., e dell'autonomia di spesa da tali disposizioni riconosciuta alla Regione, assieme alle connesse potesta' legislative che l'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. attribuisce nelle materie delle entrate tributarie spettanti alle Regioni e delle politiche sociali. La norma censurata, infatti, proroga ulteriormente il divieto per i legislatori regionali, gia' contemplato per gli esercizi finanziari precedenti, di disporre detrazioni per finalita' sociali all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. Anche in questo caso e' necessario innanzitutto interpretare sistematicamente le prime due disposizioni costituzionali menzionate. Il principio dell'autonomia di spesa trova corpo, all'interno del secondo comma dell'art. 119 Cost., nella riconosciuta possibilita' di «disporre» delle somme derivanti dalla compartecipazione al gettito di tributi erariali. 4.2. - Ora, se si osserva quali sono le misure che la disposizione in questione impedisce alle Regioni di adottare, risulta del tutto evidente che si tratta di strumenti equivalenti e sostitutivi di misure di spesa a finalita' sociale. In base all'art. 1, comma 509, della legge n. 147, infatti, per tutto l'esercizio finanziario 2014 le Regioni non potranno disporre, ancorche' entro i limiti della quota dell'addizionale IRPEF alle medesime attribuita, alcuna detrazione in favore delle famiglie nei casi previsti dalla legge statale, nonche' alcuna misura «di sostegno economico diretto» a favore dei soggetti IRPEF che non possano fruire delle predette detrazioni (art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011). Ancora, le Regioni non potranno neppure stabilire «detrazioni dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale» (art. 6, comma 6, del decreto legislativo n. 68 del 2011). Ora, non vi e' chi non veda come le previsioni che sono inibite all'autonomia regionale dalla disposizione in questa sede contestata siano sostanzialmente equivalenti a - se non addirittura coincidenti con - misure di spesa, in alcuni casi gia' specificamente e dettagliatamente individuate dalla legislazione regionale (sussidi, voucher, buoni servizi). Anche a voler ritenere che la previsione delle detrazioni dell'addizionale IRPEF in favore di soggetti svantaggiati contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 costituisca, a rigore, un intervento sul versante della struttura del tributo, non ci si puo' comunque nascondere che, in tal modo, si predispongono strumenti del tutto equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi - rispetto a misure positive di spesa pubblica a finalita' sociale e che, d'altra parte, rispetto a cio', la potesta' legislativa dello Stato in materia tributaria rimane del tutto indifferente. L'aspetto meramente formale della questione, dunque, non puo' in alcun modo nascondere che, nella sostanza, tramite l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, si impedisce alla Regione di esercitare le proprie politiche sociali scegliendo liberamente lo strumento ritenuto piu' idoneo (ossia la detrazione alla fonte a favore del contribuente in luogo dell'erogazione positiva del sussidio), anche evidentemente in considerazione delle esigenze di semplificazione amministrativa e di risparmio di spesa pubblica che lo strumento della detrazione alla fonte consente di soddisfare, evitando i costi burocratici che l'erogazione positiva delle misure di sostegno sociale inevitabilmente comporta. 4.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si puo' che concludere che il citato comma 509 - sia pure con una disposizione temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione di adottare norme nelle quali si esplicano le sue politiche sociali tramite la leva della spesa pubblica, in patente contrasto con l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119, commi primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. 5. - In subordine rispetto alle censure sub 3 e 4: la diversa ipotesi della interpretazione dell'art. 119 Cost. alla luce della legge n. 42 del 2009, e la qualificazione dell'addizionale IRPEF come «tributo proprio regionale». 5.1. - Come si e' visto piu' sopra, nel par. 2.1, la qualificazione legislativa dell'addizionale IRPEF non e' quella di compartecipazione al gettito di un tributo erariale», poiche', in base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, essa rientra nella «macrocategoria» dei «tributi delle regioni» (lett. b) e, all'interno di tale ambito, nell'autonoma categoria delle «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali», espressamente distinta sia dai «tributi propri derivati» che dai «tributi propri» istituiti dalle Regioni. In relazione alle addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, la successiva lett. c) del medesimo comma 1 dell'art. 7 stabilisce espressamente che esse possano, con proprie leggi, «introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali», nonche' «disporre detrazioni entro limiti fissati dalla legislazione nazionale». L'interpretazione delle disposizioni costituzionali (anche) alla luce delle disposizioni legislative attuative e' una strada seguita in piu' di una occasione dalla giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte. Ebbene, ove si ritenesse di voler procedere in tal senso anche in questa circostanza, e' evidente che si dovrebbe abbandonare la conclusione piu' sopra argomentata secondo la quale l'addizionale IRPEF, ai (soli) fini dell'applicazione dell'art. 119 Cost., deve essere annoverata tra le «compartecipazioni al gettito dei tributi erariali», risultando tale conclusione espressamente esclusa, come si e' visto, dall'art. 7 della legge n. 42 del 2009. In tale evenienza non resterebbe dunque che qualificare l'addizionale IRPEF, nel sistema dell'art. 119, secondo comma, Cost., quale «tributo proprio della Regione» (ancorche', per la verita', tale conclusione risulti anch'essa espressamente contraddetta dallo stesso testo dell'art. 7 della legge n. 42 del 2009). Cio' nondimeno, sulla base di questo alternativo presupposto interpretativo, la Regione Puglia ritiene di dover sollevare le censure di seguito illustrate ai paragrafi sub 6 e 7. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta limita la possibilita' per la Regione, di «stabilire» ed «applicare» un tributo proprio secondo le determinazioni frutto della propria autonomia di entrata; cio' per mezzo di una disposizione di dettaglio, non qualificabile come «principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», e che, percio', illegittimamente pretende di vincolare la potesta' legislativa della Regione nella materia dei «tributi propri regionali». 6.1. - La competenza legislativa statale, con riguardo ai tributi propri regionali di cui all'art. 119, secondo comma, Cost., e' espressamente limitata alla possibilita' di porre principi fondamentali, concernenti il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», che valgano a circoscrivere l'autonomia di entrata riconosciuta alle Regioni, in via generale, dal primo comma della medesima disposizione costituzionale. La norma in questa sede contestata viola i menzionati parametri costituzionali, in quanto limita l'autonomia di entrata della Regione - e la potesta' legislativa mediante la quale quest'ultima e' destinata a trovar espressione concreta al fine di «stabilire» ed «applicare» «tributi ed entrate propri» - tramite norme di dettaglio e, comunque, sicuramente non qualificabili come «principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario». 6.2. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, infatti, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, non puo' in alcun modo essere considerato un «principio fondamentale di coordinamento del sistema tributario», in quanto pone un vincolo puntuale, concreto, esaustivo ed autoapplicativo all'autonomia di entrata della Regione, e per di piu' senza che cio' si riveli in una qualche misura giustificabile dall'esigenza di garantire l'equilibrio della finanza pubblica e del sistema tributario. Cio' risulta del tutto evidente solo che si consideri il disposto del comma 8 del medesimo art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Tale norma infatti prevede che: a) «applicazione delle detrazioni previste ai commi 5 e 6 e' esclusivamente a carico del bilancio della regione che le dispone e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato»; b) «in ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al comma 3, ultimo periodo». La disposizione qui da ultimo richiamata e contenuta nel comma 3, ultimo periodo, prevede che l'aliquota dell'addizionale all'IRPEF stabilita dalla Regione deve assicurare un gettito che, unitamente a quello derivante dagli altri tributi regionali di cui all'art. 12, comma 2, non sia inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali ai comuni, soppressi in attuazione del medesimo art. 12. Quelle appena citate sono dunque due vere e proprie «clausole di salvaguardia» degli equilibri della finanza pubblica e del sistema tributario complessivo: gli interventi regionali sul tributo da un lato non possono in alcun caso produrre alcun aggravio a carico del bilancio statale, mentre dall'altro non possono comunque superare una determinata misura massima. Cio', come e' agevole comprendere, impedisce evidentemente di ritenere che la disposizione qui contestata sia volta a garantire l'equilibrio della finanza pubblica, e - dunque - rende del tutto implausibile l'ipotesi di una sua qualificazione quale «principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Da qui, dunque, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, per la parte che si censura in questa sede, sotto il profilo della violazione tanto dell'autonomia di entrata e della potesta' tributaria riconosciuta alle Regioni dall'art. 119, primo e secondo comma, Cost., quanto delle competenze legislative regionali in materia di «tributi propri» che trovano fondamento nell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta impedisce in assoluto alla Regione di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio secondo le proprie libere opzioni (in particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con l'autonomia di spesa garantita dalla Costituzione, nonche' con la potesta' legislativa riconosciuta alla Regione in materia di tributi propri e in materia di politiche sociali, senza che la norma statale possa in alcun modo essere giustificata quale «principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 7.1. - Piu' sopra (sub 4 ss.) si sono illustrate le ragioni che rendono incostituzionale l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 per violazione dell'autonomia di spesa della Regione, facendo riferimento al disposto dei commi primo e secondo, ultimo periodo, dell'art. 119 Cost. In quella sede si sono prese le mosse, come evidenziato nel par. 2, dal presupposto interpretativo secondo il quale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119 Cost., l'addizionale IRPEF deve essere annoverata tra le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali». Occorre qui riproporre il nucleo di tale censura, partendo tuttavia dalla diversa premessa della eventuale inclusione della citata addizionale nell'ambito di quei «tributi propri regionali» per i quali il secondo comma dell'art. 119, al secondo periodo, riconosce alla Regione il potere di «stabilirli» e «applicarli» «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 7.2. - Come si e' gia' osservato, gli strumenti inibiti all'autonomia finanziaria regionale dalla disposizione qui contestata sono, nella sostanza, in tutto e per tutto equivalenti a misure di spesa, in alcuni casi gia' specificamente e dettagliatamente individuate dalla legislazione regionale vigente (sussidi, voucher, buoni servizi). Ed anche qualora si volesse ritenere che la previsione delle detrazioni dell'addizionale IRPEF in favore di soggetti svantaggiati contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 costituisca, a rigore, un intervento sul versante della struttura del tributo, non ci si potrebbe comunque nascondere che, in tal modo, si predispongono strumenti del tutto equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi - rispetto a misure positive di spesa pubblica a finalita' sociale e che, d'altra parte, rispetto a cio', la potesta' legislativa dello Stato in materia di coordinamento del sistema tributario non puo' in alcun modo venire in rilievo. Come gia' piu' sopra si e' avuto modo di affermare, l'aspetto meramente formale della questione, dunque, non puo' nascondere che, nella sostanza, tramite l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, si impedisce alla Regione - con una norma insuscettibile di essere qualificata come «principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» - di esercitare le proprie politiche sociali scegliendo liberamente lo strumento ritenuto piu' idoneo (ossia la detrazione alla fonte a favore del contribuente in luogo dell'erogazione positiva del sussidio), anche evidentemente in considerazione delle esigenze di semplificazione amministrativa e di risparmio di spesa pubblica che lo strumento della detrazione alla fonte consente di soddisfare, evitando i costi burocratici che l'erogazione positiva delle misure di sostegno sociale inevitabilmente comporta. 7.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si puo' che concludere che il citato comma 509 - sia pure con una disposizione temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione di adottare norme nelle quali si esplicano le sue politiche sociali tramite la leva della spesa pubblica, in patente contrasto con l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119, commi primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. 8. - Questioni di legittimita' costituzionale proposte a prescindere dalla qualificazione dell'addizionale IRPEF quale «compartecipazione al gettito di tributi erariali» o quale «tributo proprio regionale». 8.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, deve peraltro ritenersi incostituzionale per ragioni ulteriori rispetto a quelle sin qui esposte. Tali ragioni valgono allo stesso modo sia che si prendano le mosse dal presupposto interpretativo illustrato nel par. 2, secondo il quale l'addizionale IRPEF deve essere annoverata, ai sensi dell'art. 119, comma secondo, Cost., tra le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali», sia che si parta invece dal presupposto interpretativo di cui al superiore par. 5, a mente del quale l'addizionale andrebbe qualificata come un «tributo proprio» delle Regioni. Per tale motivo si propongono, separatamente, le due censure che seguono, concernenti un ulteriore profilo di violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, e dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. (sub par. 9), la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e dei principi costituzionali di razionalita' e ragionevolezza, di buon andamento della pubblica amministrazione, nonche' dei principi di certezza del diritto e chiarezza normativa, in riferimento alla compressione delle attribuzioni regionali riconosciute dai menzionati artt. 119, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma, Cost. (sub par. 10). 9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta, posticipando per la terza volta consecutiva il termine iniziale di applicabilita' di una norma attuativa dell'autonomia finanziaria e delle connesse potesta' legislative che la Costituzione assegna alla Regione, introduce una disciplina che puo' giustificarsi, in via eccezionale e per straordinarie esigenze di coordinamento della finanza pubblica, soltanto ove assuma un carattere transitorio che, nel caso di specie, risulta concretamente negato dalla ripetuta reiterazione della misura di proroga. 9.1. - Come evidenziato in premessa, nel par. 1, la normativa di cui all'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, limita la propria efficacia temporale all'anno 2014, posticipando - per quanto di interesse nella presente sede - l'applicabilita' dei commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 a partire dal 2015. Ebbene, anche ove si dovesse ritenere che, nonostante la sua patente lesivita' dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa della Regione, una previsione similare sia da considerare costituzionalmente non illegittima in relazione ai profili piu' sopra illustrati facendo leva sul suo carattere dichiaratamente transitorio, il disposto del citato comma 509 dovrebbe comunque considerarsi costituzionalmente illegittimo in ragione del suo carattere falsamente transitorio. 9.2. - La fondatezza della presente censura risulta chiaramente ove si consideri l'evoluzione storica del quadro normativo nel cui ambito essa si colloca. Con una prima disposizione di carattere transitorio, infatti, l'originario testo dell'art. 6, comma 7, del decreto legislativo n. 68 del 2011 prevedeva che l'operativita' (per quel che qui interessa) dei precedenti commi 4 e 5 decorresse a partire dall'anno 2013. Con una seconda diposizione di carattere formalmente transitorio, l'art. 1, comma 555, della legge n. 228 del 2012 ha posticipato la decorrenza di tale operativita' a partire dall'anno 2014. Infine, con una tema disposizione dal carattere asseritamente transitorio, il comma 509 qui contestato, ha disposto, ancora una volta, la postergazione del dies a quo dell'operativita' dei commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Ora, la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ha in passato evidenziato come speciali limitazioni all'autonomia finanziaria delle Regioni, ordinariamente non consentite, possano essere imposte dalla legge statale solo in via transitoria, per un singolo anno, in vista dell'obiettivo del riequilibrio della finanza pubblica. In tema si considerino, ad. es., le sentenze n. 36 del 2004 e n. 417 del 2005, nonche', con specifico riguardo al caso di norme che sospendevano «il potere delle Regioni di utilizzare uno spazio di autonomia nel prelievo tributario, che la legge statale loro riconosceva», la gia' menzionata sentenza n. 381 del 2004, la quale ha giustificato le limitazioni all'autonomia regionale solo in considerazione del loro carattere temporaneo e provvisorio, oltre che in ragione della loro finalizzazione a regolare una fase transitoria in vista della piena attuazione dell'art. 119 Cost. Anche a voler ammettere che in questa circostanza possa essere applicato tale principio di «temporaneita' delle limitazioni all'autonomia finanziaria», non vi e' chi non veda come le condizioni legittimanti dell'intervento statale non siano state rispettate. L'intervento limitativo, infatti, pur originariamente transitorio, e' ormai alla sua terza reiterazione: cio' che - come mostra chiaramente anche la ben nota giurisprudenza costituzionale concernente la illegittimita' costituzionale della reiterazione dei decreti-legge (per tutte, sentenza n. 360 del 1996) - nega in radice tale carattere di temporaneita', e mostra come la transitorieta' ostentata dalla lettera della disposizione non possa che considerarsi, ormai, meramente fittizia e percio' palesemente non sussistente. Per di piu', la transitorieta' non puo' neppure essere in alcun modo giustificata - seguendo l'iter logico della citata sent. n. 381 del 2004 - in ragione della futura e necessaria attuazione del sistema dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost., posto che tale attuazione e' stata predisposta proprio dalla legge n. 42 del 2009 e dal decreto legislativo n. 68 del 2011, del quale alcune disposizioni sono sospese dalla norma che si impugna in questa sede. E' dunque evidente che questa sospensione non puo' essere giustificata in vista dell'attuazione dell'art. 119 Cost., proprio perche' essa determina l'effetto di posticipare la piena attuazione della norma costituzionale citata. 10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione del combinato disposto dell'art. 3, primo comma, Cost., e dei principi di razionalita' e ragionevolezza, dell'art. 97 Cost. e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione in esso contenuto, nonche' del principio di certezza del diritto e chiarezza normativa, in riferimento alle attribuzioni costituzionali riconosciute alla Regione dagli artt. 119, primo e secondo comma, Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta, senza alcuna ragionevole giustificazione, impedisce alla Regione di disporre della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata, al fine di perseguire politiche di sostegno sociale a favore di soggetti svantaggiati, tramite lo strumento della modulazione del quantum e del quomodo della riscossione del tributo in questione mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle medesime somme, e al fine di perseguire le medesime politiche, tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e sussidi a favore degli stessi beneficiari. 10.1. - Il comma 509 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2003, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, e' inoltre incostituzionale per una ulteriore e assorbente ragione. Da quanto sopra esposto risulta chiaramente che la Regione non potra' adottare misure di sostegno sociale in favore di determinate categorie di persone svantaggiate modulando il quantum e il quomodo della riscossione del tributo in questione mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, pur rimanendo nel limite della quota del gettito alla stessa assegnata dalla legislazione statale. Risulta pero', altrettanto chiaramente, che esattamente le medesime misure di sostegno sociale, alle medesime categorie di persone svantaggiate, potranno essere disposte utilizzando la legislazione regionale che si configuri (non solo sostanzialmente ma anche) formalmente come una legislazione di spesa e che, su questa base, contempli l'erogazione positiva di contributi e sussidi a favore di quei beneficiari. Tale agevole rilievo conduce a ritenere incostituzionale la norma qui considerata per le seguenti ragioni. 10.2. - Violazione dell'art. 3 Cost., e dei principi di razionalita-ragionevolezza. La normativa statale impedisce alla Regione di realizzare politiche sociali di un certo tipo mediante un determinato strumento, ma consente di realizzarle mediante un diverso strumento, senza che ricorra alcuna ragionevole giustificazione perche' venga escluso il primo ma consentito il secondo. Cio' determina inequivocabilmente una irragionevolezza - anzi una vera e propria irrazionalita' intrinseca - della disciplina in questione, con conseguente violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., dalla quale discende una evidente lesione indiretta della attribuzioni costituzionali regionali, giacche' queste ultime - ancorche', in denegata ipotesi, fossero ritenute non direttamente violate per contrasto con le norme costituzionali sul riparto delle competenze legislative (art. 117, terzo e quarto comma) e sul riconoscimento dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa (art. 119, primo e secondo comma) - risultano palesemente compresse e ridotte nei margini di autonomia che la Regione potra' utilizzare e che la norma censurata ha l'effetto, per l'appunto, di limitare. 10.3. - Violazione dell'art. 3 Cost., e dei principi di razionalita-ragionevolezza, nonche' dell'art. 97 e del principio di buon andamento dell'amministrazione. La violazione dei sopra citati parametri costituzionali appare ancor piu' macroscopica ove si consideri che non solo non ci sono ragioni per inibire alla Regione l'utilizzazione dello strumento della modulazione del quantum e del quomodo della riscossione del tributo, mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, e consentire invece quello consistente nell'adozione di disposizioni (anche) formalmente di spesa che contemplino l'erogazione positiva di contributi e sussidi, ma ve ne sono di costituzionalmente fondate che suggeriscono di privilegiare il primo strumento a scapito del secondo. Come gia' si e' accennato piu' sopra (sub parr. 4.2 e 7.2), infatti, l'utilizzazione di quest'ultimo in luogo del primo determina la necessita' di organizzare un apparato amministrativo e di compiere attivita' amministrativa ulteriore e assolutamente non necessaria, imponendo dunque alle strutture burocratiche di evadere numerose pratiche il cui disbrigo potrebbe invece essere agevolmente evitato proprio attraverso lo strumento delle detrazioni all'addizionale IRPEF contemplate nei commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 che la norma censurata impedisce alla Regione di applicare. Cio', dunque, in evidente spregio, oltre che del principio di razionalita-ragionevolezza, anche di quello di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost., anche in questo caso con una palese lesione indiretta delle attribuzioni costituzionali regionali nei termini e per le ragioni sopra richiamate. 10.4. - Violazione del principio di certezza del diritto e chiarezza normativa. Infine, appare evidente che l'assetto normativo sopra ricostruito determina un effetto di confusione normativa, poiche' induce a ritenere che la Regione non possa perseguire determinate politiche di sostegno sociale nei confronti di categorie di persone ritenute svantaggiate. Cio' che in effetti non e', potendo le medesime politiche essere comunque perseguite tramite strumenti differenti, ancorche' senza dubbio piu' onerosi per le strutture amministrative e per il bilancio della Regione. Per questa ragione, risulta leso anche il principio di chiarezza normativa che la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ha piu' volte qualificato in termini di «valore costituzionale» e, in quanto tale, da considerare senz'altro utilizzabile come possibile parametro di costituzionalita' delle leggi sottoposte al suo scrutinio (cfr., in particolare, le sentenze n. 384 del 1994, par. 2 del Considerato in diritto, n. 94 del 1995, par. 2 del Considerato in diritto, n. 303 del 2003, par. 6 del Considerato in diritto; si vedano inoltre, piu' di recente, in riferimento alla «certezza del diritto», nozione piu' ampia della «chiarezza normativa» ma notoriamente comprensiva della medesima, le sentenze n. 308 del 2013, par. 4.3.2 del Considerato in diritto; n. 103 del 2013, par. 12 del Considerato in diritto; n. 78 del 2012, par. 12 del Considerato in diritto). Ed anche tale violazione, per il suo riferimento immediato alla limitazione dei poteri spettanti alla Regione in subiecta materia, determina inevitabilmente una palese lesione indiretta delle attribuzioni costituzionali regionali nei termini e per le ragioni sopra richiamate. 11. - Sintesi delle questioni proposte. 11.1. - In chiusura del presente ricorso, la Regione Puglia ritiene opportuno, per maggiore chiarezza e per agevolare la trattazione della causa, offrire una sintetica ricapitolazione delle questioni di legittimita' costituzionale sottoposte al giudizio di questa Ecc.ma Corte. I) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119, secondo comma, Cost., quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale». I.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: dell'art. 119, primo e secondo comma, della Costituzione, in quanto impedisce alla Regione di «disporre» della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione al gettito di un tributo erariale», in contrasto con l'autonomia di entrata di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda; dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. I.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: dell'art. 119, primo e secondo comma, della Costituzione, in quanto impedisce alla Regione di «disporre» liberamente delle somme dell'addizionale IRPEF ad essa assegnate a titolo di «compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative), in contrasto con l'autonomia di spesa di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda; dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale nelle materie delle entrate tributarie spettanti alle Regioni e delle politiche sociali, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni per finalita' sociali all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni. II) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba considerarsi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119, secondo comma, Cost., quale «tributo proprio regionale». II.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto limita la possibilita' per la Regione, di «stabilire» ed «applicare» un tributo proprio secondo le determinazioni frutto della propria autonomia di entrata e della propria potesta' tributaria; cio' per mezzo di una disposizione di dettaglio, non qualificabile come «principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», e che, percio', illegittimamente pretende di vincolare la potesta' legislativa della Regione nella materia dei «tributi propri regionali». II.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto impedisce in assoluto alla Regione di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio secondo le proprie libere opzioni (in particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con l'autonomia di spesa garantita dalla Costituzione, nonche' con la potesta' legislativa riconosciuta alla Regione in materia di tributi propri e in materia di politiche sociali, senza che la norma statale possa in alcun modo essere giustificata quale «principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». III) A prescindere dalla qualificazione dell'addizionale IRPEF quale «compartecipazione al gettito di tributi erariali» o quale «tributo proprio regionale». III.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto, posticipando per la terza volta consecutiva il termine iniziale di applicabilita' di una norma attuativa dell'autonomia finanziaria e delle connesse potesta' legislative che la Costituzione assegna alla Regione, introduce una disciplina che puo' giustificarsi, in via eccezionale e per straordinarie esigenze di coordinamento della finanza pubblica, soltanto ove assuma un carattere transitorio che, nel caso di specie, risulta concretamente negato dalla ripetuta reiterazione della misura di proroga. III.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione: del combinato disposto dell'art. 3, primo comma, della Costituzione e dei principi di razionalita' e ragionevolezza, dell'art. 97 della Costituzione e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione in esso contenuto, nonche' del principio di certezza del diritto e chiarezza normativa, in ragione della lesione indiretta che subiscono le attribuzioni costituzionali riconosciute alla Regione dagli artt. 119, primo e secondo comma, Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto impedisce alla Regione - senza alcuna ragionevole giustificazione - di disporre della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata al fine di perseguire politiche di sostegno sociale a favore di soggetti svantaggiati, tramite lo strumento della modulazione del quantum e del quomodo della riscossione del tributo in questione mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle medesime somme, e al fine di perseguire le medesime politiche, tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e sussidi a favore degli stessi beneficiari.
P. Q. M. Chiede che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale - legge di stabilita' 2014), nei limiti e nei termini sopra esposti. Con ossequio. Bari-Roma, 24 febbraio 2014 Avv. prof.: Cecchetti Si depositano i seguenti documenti: 1) deliberazione di autorizzazione al giudizio n. 188 del 21 febbraio 2014.