N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2013

Ordinanza del 24 settembre 2013 emessa dal Tribunale di  Taranto  nel
procedimento civile promosso da  R.  D.  contro  Azienda  Ospedaliera
Spedali Civili di Brescia ed altri. 
 
Sanita' pubblica  -  Disposizioni  urgenti  in  materia  sanitaria  -
  Impiego di medicinali per terapie avanzate su base non ripetitiva e
  impiego terapeutico dei  medicinali  sottoposti  a  sperimentazione
  clinica - Previsione che le strutture pubbliche in cui  sono  state
  avviate, anteriormente alla data di  entrata  in  vigore  del  d.l.
  censurato, trattamenti  su  singoli  pazienti  con  medicinali  per
  terapie avanzate su base di  cellule  staminali  mesenchimali  (cd.
  metodo STAMINA), lavorati in laboratori di  strutture  pubbliche  e
  secondo procedure idonee alla lavorazione ed alla conservazione  di
  cellule e tessuti, possono completare i trattamenti medesimi  sotto
  la  responsabilita'  del  medico  prescrittore,  nell'ambito  delle
  risorse finanziarie disponibili  secondo  la  normativa  vigente  -
  Lesione del principio di solidarieta' - Violazione del principio di
  uguaglianza per l'ingiustificata ed irragionevole  limitazione  del
  beneficio ai soli trattamenti gia' iniziati - Lesione del principio
  di tutela della salute. 
- Decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 23 maggio 2013, n. 57, art. 2. 
- Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, e 32, primo comma. 
(GU n.20 del 7-5-2014 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, in  composizione
monocratica  nella  persona   del   dott.   Cosimo   Magazzino,   nel
procedimento promosso, con ricorso ex art. 700 c.p.c., da: 
        R. D. rappr. e dif. dagli avv. Mario Soggia e Andrea Greco  -
ricorrente; 
    Contro  "Azienda  Ospedaliera  Spedali  Civili  di  Brescia",  in
persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappr.  e   dif.
dall'avv. Rocco Mangia - convenuta; 
    nonche' contro "Stamina Foundation" ONLUS, in persona del  legale
rappresentante pro tempore, - convenuta, non costituita; 
    nonche' contro "Ministero della Salute", in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappr. e dif.  dall'Avv.ra  Distr.  dello
Stato di Lecce (avv. M. Invitto) - chiamato in causa; 
    nonche'   contro   "ASL   Taranto",   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappr. e dif. dall'avv. Domenico Semeraro
- chiamata in causa - letti gli  atti  ed  i  documenti  di  causa  e
sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 18 settembre 2013; 
    viste le deduzioni delle parti costituite; 
 
                               Osserva 
 
    Con ricorso ex art. 700 cpc. depositato il  2  luglio  2013  D.R.
(affetto da "SLA - Sclerosi  Laterale  Amiotrofica")  ha  chiesto  al
Tribunale di Taranto, in funzione di Giudice del lavoro, di  ordinare
alla  "Azienda  Ospedaliera  Spedali  Civili  di  Brescia",  in   via
cautelare ed urgente, di provvedere alla somministrazione di  cellule
staminali secondo le metodologie della  "Stamina  Foundation"  ONLUS,
previa disapplicazione - se del  caso  -  di  provvedimenti/ordinanze
dell'AIFA eventualmente ostativi. 
    Disposta - con provvedimento del 6 agosto 2013  -  l'integrazione
del contraddittorio nei confronti della "ASL  TA"  e  del  "Ministero
della Salute", all'udienza  del  18  settembre  2013,  verificata  la
regolarita' delle notifiche  e  preso  atto  della  costituzione  dei
convenuti (con esclusione della sola "Stamina Foundation"  ONLUS),  i
quali si sono opposti all'accoglimento del ricorso, la causa e' stata
discussa oralmente e quindi questo giudice ha riservato la decisione. 
    Sulla questione, in via preliminare, occorre ovviamente rilevare,
avuto riguardo al petitum sostanziale formulato, la sussistenza della
giurisdizione dell'A.G.O. (poiche' in  relazione  al  bene-salute  e'
individuabile un "nucleo essenziale", in ordine al quale si sostanzia
un diritto soggettivo assoluto  e  primario,  volto  a  garantire  le
condizioni di integrita' psicofisica delle persone bisognose di  cura
allorquando ricorrano condizioni di indispensabilita', di gravita'  e
di urgenza non  altrimenti  sopperibili,  a  fronte  delle  quali  e'
configurabile soltanto un potere accertativo della P.A. in  punto  di
apprezzamento della sola ricorrenza di dette condizioni:  cfr.  Cass.
SS. UU. 1° Agosto 2006 N° 17461 e  Corte  Cost.  Sent.  N°  354/2008,
nonche' Cass. SS.  UU.  22  Febbraio  2012  N°  2570),  e  quindi  la
competenza per materia del  Tribunale,  in  funzione  di  Giudice del
Lavoro  (trattandosi  di  controversia  in  materia   di   assistenza
obbligatoria, ex art. 442  cpc.)  e  la  competenza  territoriale  di
questo Ufficio (ai sensi dell'art. 444 co. 1 cpc., avuto riguardo  al
luogo di residenza di parte ricorrente). (1) 
    Sempre in via preliminare, deve  poi  rimarcarsi  -  quanto  alla
corretta instaurazione del  contraddittorio  -  che,  secondo  questo
giudice,  la  domanda  cautelare,   si'   come   formulata,   risulta
coinvolgere, quali titolari dal lato passivo del  rapporto  giuridico
dedotto, la Azienda Ospedaliera  predetta  (che  dovrebbe  provvedere
alla somministrazione), la "Stamina Foundation" ONLUS (quale soggetto
titolare della metodologia), nonche' il "Ministero della Salute"  (in
relazione alla collaborazione scientifica, tecnica e  finanziaria  da
prestarsi), mentre non risulta necessaria  la  presenza  in  giudizio
della ASL. 
    Ed allora, poiche' le  posizioni  dei  predetti  Enti  presentano
obiettiva reciproca interrelazione, nel senso che le prestazioni  che
ciascuno dovrebbe rendere risultano  strutturalmente  connesse  anche
sul piano del diritto sostanziale (cfr. Cass. Sez. III, 6 Luglio 2006
N°  15358),  e'  stato  doveroso   disporre   la   integrazione   del
contraddittorio (cfr. Cass. Sez. III, 2 Luglio 2010  N°  15690),  con
onere a carico della parte ricorrente (cfr. Cass. Sez. III, 13  Marzo
2012 N° 3967), ai sensi dell'art. 102 cpc, (ovvero comunque ai  sensi
dell'art. 107 cpc.). 
    Superate tali questioni preliminari,  deve  rilevarsi  che  parte
ricorrente, precisato di essere affetto  da  SLA,  patologia  per  la
quale allo stato attuale la scienza medica non prevede alcuna terapia
che ne contrasti in modo apprezzabile l'aggravamento, ha dedotto  che
la terapia eseguita con il metodo proposto dalla  Stamina  Foundation
ONLUS risulta aver apportato miglioramenti in alcuni malati  di  SLA,
come anche affermato dal dott. M. A. in data 22  maggio  2013,  nella
"prescrizione" effettuata in suo favore del trattamento  con  cellule
staminali secondo il metodo anzidetto (e con espressa  assunzione  di
responsabilita' in ordine alla scelta terapeutica). 
    Tanto precisato, pur consapevole dell'esistenza di  un  rilevante
contrasto giurisprudenziale in ambito nazionale  sulla  questione  in
esame,  opina  questo   Tribunale   che   l'istanza   cautelare   sia
accoglibile, in linea con  quanto  ritenuto,  in  casi  analoghi,  da
numerosi altri Tribunali, anche successivamente all'emanazione  della
legge  n°  57/13  (ex  plurimis,  cfr.  Trib.  Bari,  Ord.  ex   art.
669-Terdecies CPC. 1° luglio 2013; Trib. Matera,  Ord.  ex  art.  700
CPC. 3 giugno 2013; Trib. Piacenza, Ord. ex art. 700  CPC.  4  luglio
2013), nonche' da altri Giudici di questo stesso Ufficio (Giuri. Sodo
e  Ciquera),   seppure   in   via   interinale,   dovendosi   infatti
contestualmente sollevare questione di legittimita' costituzionale. 
    Occorre ovviamente rimarcare  che  -  nell'affrontare  il  merito
della domanda cautelare, naturalmente nei  limiti  della  sommarieta'
che contraddistingue la presente sede - debba  aversi  riguardo  alla
normativa si' come attualmente vigente e, quindi, al decreto-legge 25
marzo 2013 n. 24 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n°  72  del  26
marzo 2013 ed entrato in vigore  il  27  marzo  2013,  giusta  quanto
disposto dall'art. 3),  cosi'  come  convertito,  con  modificazioni,
dalla  legge  23  maggio  2013,  n.  57  (pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n° 121 del 25 maggio 2013 ed entrata in vigore il 26 maggio
2013, giusta quanto disposto dall'art. 1). 
    Tale disciplina sopravvenuta impone di affrontare la questione se
sia ancora applicabile, alle c.d. terapie per "uso  compassionevole",
il Decreto del Ministero della Salute 5 dicembre 2006 (in G.U. n°  57
del 9 marzo 2007). 
    Secondo una prima tesi interpretativa, il decreto-legge 25  marzo
2013 n. 24, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  23  maggio
2013, n. 57, risulterebbe compatibile rispetto  al  D.M.  5  dicembre
2006. 
    Il legislatore, cioe', avrebbe  sostanzialmente  riconosciuto  la
possibilita' di proseguire i trattamenti in essere  per  coloro  che,
alla data di entrata in  vigore  dei  decreto  legge,  avessero  gia'
avviato la terapia o quantomeno ottenuto un provvedimento  favorevole
dell'autorita' giudiziaria in presenza della debita prescrizione  del
medico  che  ne  assume  la  responsabilita',  avendo   quindi   solo
"ampliato" il perimetro della  previgente  normativa  autorizzando  i
trattamenti a base di cellule staminali mesenchimali in relazione  ai
singoli pazienti che si trovano nelle condizioni  di  cui  al  citato
art. 2, commi 2 e 3, a prescindere, dunque, dalla ricorrenza  o  meno
dei numerosi presupposti necessari a mente dell'art. 1 comma 4,  D.M.
cit., per accedere alle c.d. "cure compassionevoli". 
    In altri termini, ove non ricorrano i presupposti per fruire, per
cosi' dire, della "corsia preferenziale" di cui all'art.  2  d.l.  n.
24/2013, nulla impedirebbe di vagliare  l'applicabilita'  del  regime
generale di cui al  DM  5  dicembre  2006,  la  cui  sua  persistente
operativita'  emergerebbe,  tra   le   altre   cose,   dalle   parole
originariamente ricomprese  nell'art.  2,  commi  1  e  2,  del  d.l.
(secondo cui  le  disposizioni  del  predetto  D.M.  avrebbero  avuto
applicazione  solo   sino   all'adozione   della   nuova   disciplina
regolamentare  dell'impiego  di  medicinali  per   terapie   avanzate
preparati  su  base  non  ripetitiva),  poi  soppresse  in  sede   di
conversione dalla L. n. 57/2013. 
    Tale soppressione avrebbe sortito l'effetto di  conservare  piena
efficacia alla disciplina sulle c.d. cure compassionevoli (che,  come
si ricava dal preambolo del D.M. 5/12/2006, risponde alla "necessita'
di consentire l'utilizzo di medicinali per terapia genica e cellulare
somatica in caso di pericolo di vita del paziente o  di  grave  danno
alla salute o di grave patologia a rapida progressione in mancanza di
valide  alternative  terapeutiche"),  accanto  alla   sperimentazione
clinica sull'impiego di medicinali per terapie  avanzate  a  base  di
cellule staminali  mesenchimali,  introdotta  ex  novo  dalla  l.  n.
57/2013 di conversione del ripetuto decreto legge. 
    Tale interpretazione risulterebbe avere anche  una  sua  coerenza
logico-giuridica, pienamente rispettosa del combinato disposto  degli
artt. 2, 3 e 32  Cost.,  ove  solo  si  considerino  i  lunghi  tempi
occorrenti per concludere le sperimentazioni cliniche  (nel  caso  di
specie la nuova legge ha previsto un termine di 18 mesi), le  attuali
incertezze sul range dei pazienti  ammessi  e,  comunque,  la  sicura
selettivita' dei criteri di accesso alla sperimentazione, circostanze
tutte che non  potranno  comportare  per  gli  "esclusi"  -  pena  la
violazione  dei  ridetti  precetti  costituzionali  -  la   negazione
dell'accesso alle cure compassionevoli ai sensi del D.M.  5  dicembre
2006,  ove  ne  ricorrano  i  presupposti.  Solo  tale  ricostruzione
normativa, dunque, si  presterebbe  a  consentire  un'interpretazione
dell'art. 2 del D.L. piu'  aderente  ai  principi  costituzionali  in
quanto non chiuderebbe del tutto la porta a casi altrettanto gravi  e
particolari,  come   quello   in   esame,   trattandosi   quindi   di
interpretazione "costituzionalmente orientata". 
    Ne conseguirebbe che, nel particolare caso in esame,  in  cui  la
parte ricorrente non e' stata avviata "per tempo" alla terapia di cui
sopra, essa si trova nell'impossibilita'  di  fruire  del  d.  l.  n.
24/2013, ma potrebbe avvalersi, sussistendone  i  presupposti,  delle
cure compassionevoli di cui al D.M. 5 dicembre 2006. (2)   
    Tuttavia, secondo  una  diversa  e,  probabilmente,  maggiormente
condivisibile  opzione  ermeneutica,  la  disciplina   di'   cui   al
decreto-legge 25 marzo 2013 n.  24,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23 maggio 2013, n. 57, risulta incompatibile rispetto  al
D.M.  5  dicembre  2006  (cfr.  maxime   Trib.   Bologna,   Ord.   EX
669-terdecies,  del  10  luglio  2013,  RG  n°  1862/13,  di  seguito
ampiamente richiamata anche testualmente). 
    In estrema sintesi, il legislatore ha statuito quanto segue: 
        a) ha consentito l'avvio di un  percorso  di  sperimentazione
clinica, della durata di 18 mesi, concernente l'impiego di medicinali
per terapie avanzate a base di  cellule  staminali  mesenchimali,  da
condurre secondo delle indicazioni  specifiche  contenute  nel  comma
2-bis dell'art. 2, aggiunto dalla legge  di  conversione,  stanziando
anche le necessarie risorse economiche; 
        b) ha consentito, altresi', alle strutture pubbliche  in  cui
erano stati avviati, prima dell'entrata in vigore del decreto  legge,
trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a
base di cellule staminali mesenchimali, di completare  i  trattamenti
stessi,  sotto  la  responsabilita'   del   medico   prescrittore   e
nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili (art. 2, comma 2); 
        c) ha chiarito che si considerano avviati, ai sensi del comma
2 dell'art. 2, anche i trattamenti in relazione ai  quali  sia  stato
praticato, presso strutture pubbliche, il prelievo dal paziente o  da
donatore  di  cellule  destinate   di   cellule   destinate   all'uso
terapeutico e quelli che siano  gia'  stati  ordinati  dall'Autorita'
Giudiziaria (comma 3). 
    Il D.M. 5 dicembre 2006 non potrebbe ritenersi  ancora  utilmente
invocabile in forza del principio di  specialita',  per  l'assorbente
ragione che,  avendo  il  legislatore  emanato  una  regolamentazione
specifica per l'impiego dei medicinali per terapie avanzate a base di
cellule  staminali  mesenchimali   avviando,   contestualmente,   una
sperimentazione clinica, la questione interpretativa della  normativa
vigente va impostata procedendo dal presupposto della coesistenza  di
due diverse fonti; la prima, quella di  cui  al  D.M.  del  2006,  di
natura  regolamentare,  applicabile  per  consentire  di  avviare   i
pazienti, in pericolo di vita o di danno  grave  alla  salute  ed  in
mancanza di valide alternative terapeutiche, a  cure  con  medicinali
per terapia cellulare somatica; la seconda, avente  forza  di  legge,
volta a disciplinare nello specifico l'uso dei medicinali per terapie
avanzate a base di cellule staminali mesenchimali. 
    Pertanto,  va  esclusa,  dopo  l'approvazione  della   disciplina
contenuta  nel  d.l.  n.  24  del  2013  conv.  in  legge  n.  57/13,
l'applicazione, nel caso di specie, del D.M. 5 dicembre 2006 per  due
distinte ragioni  e,  cioe',  per  la  sopravvenuta  regolamentazione
dell'intera  materia  delle  terapie  avanzate  a  base  di   cellule
staminali mesenchimali  con  una  normativa  avente  rango  di  legge
ordinaria; e per la contestuale attivazione  di  una  sperimentazione
clinica; cio' che, di per se solo, e' idoneo a  sottrarre  il  metodo
Stamina dall'ambito di operativita' della  decretazione  ministeriale
del 2006, invocabile proprio nel caso di assenza di sperimentazione. 
    Prestando adesione  all'orientamento  teste'  sunteggiato,  opina
nondimeno questo  Tribunale  doversi  rimarcare  che  l'ammissione  o
l'esclusione del paziente rispetto  al  trattamento  secondo  il  cd.
Protocollo Stamina  vengono  fondate,  dalla  normativa  recentemente
introdotta, su criteri del tutto avulsi dalle  condizioni  di  salute
dei pazienti, concernendo essi o un mero  dato  cronologico  (essendo
noto che la spontanea ammissione da parte  degli  Spedali  Civili  di
Brescia al trattamento Stamina risale ad epoca precedente l'ordinanza
AIFA  n.  1/2012  del  15  maggio  2012)  o  l'esito  di   iniziative
giudiziarie gia' definite guanto meno in via cautelare. 
    Ed  invero,  nella  "nota  illustrativa"  si   afferma   che   la
prosecuzione del trattamento Stamina nei casi in cui sia  gia'  stato
avviato risponde alla necessita' di far fronte ad "uno stato di grave
angoscia negli interessati, che sperano di ottenere dalla terapia con
cellule Stamina quei benefici  in  termini  di  salute  che,  per  le
gravissime malattie di cui si discute,  non  possono  essere  offerti
dall'impiego di medicinali gia' autorizzati o  almeno  sperimentati":
quindi, operando un vero e proprio mutamento dell'oggetto del diritto
soggettivo attribuito ai pazienti affetti da grave patologia a rapida
progressione, ma privi di valida alternativa  terapeutica,  l'art.  2
D.L.  24/2013   -   se   ritenuto   radicalmente   "abrogativo"   del
riconoscimento ex art. 1 D.M. 5 dicembre 2006 - sembrerebbe  tutelare
il "diritto alla speranza" di  ottenere  dalla  terapia  con  cellule
Stamina quei benefici in termini di salute  che,  per  le  gravissime
malattie da cui sono affetti, non possono essere offerti dall'impiego
di medicinali gia' autorizzati o almeno sperimentati. 
    Ma in tal caso, risulta (cfr. Trib. Trento  -  Sez.  Lav.,  Giud.
Flaim, Ordinanza 29 Marzo 2013 N° 564, R.G. N° 222/13, che in  questa
sede viene ampiamente richiamata, anche testualmente, attesa  la  sua
esaustivita' motivazionale) non manifestamente infondato ritenere del
tutto irragionevole limitare il diritto a tale speranza a coloro  che
hanno gia' iniziato  a  ricevere  il  trattamento  Stamina  (ma  sono
sufficienti anche i soli  atti  preparatori  quale  il  prelievo  dal
paziente o da donatore) per  averlo  richiesto  prima  dell'ordinanza
AIFA n. 1/2012  del  15  maggio  2012  o  che  successivamente  hanno
ottenuto favorevoli decisioni dell'Autorita'  Giudiziaria  e  negare,
invece, lo stesso  diritto  alla  medesima  speranza  a  coloro  che,
parimenti affetti dalla stessa  malattia  o  comunque  da  gravissime
malattie non  curabili  con  medicinali  gia'  autorizzati  o  almeno
sperimentati, per mera casualita' si sono rivolti agli Spedali Civili
di Brescia dopo l'emissione della suddetta ordinanza AIFA o  si  sono
visti rigettare dal  giudice  la  domanda  cautelare  di  accesso  al
trattamento secondo il Protocollo Stamina. 
    Nella gia' richiamata  "nota  illustrativa"  si  afferma  che  la
possibilita'  di  praticare  "trattamenti  su  singoli  pazienti  con
medicinali  per  terapie  avanzate  a  base  di   cellule   staminali
mesenchimali  preparati  anche  presso  laboratori  non  conformi  ai
principi delle norme europee di buona fabbricazione dei medicinali  e
in difformita' dalle disposizioni  del  Decreto  del  Ministro  della
Salute  5  Dicembre  2006",  riconosciuta  alle  strutture  pubbliche
dall'art. 2 co. 2 e 3 D.L. 24/2013,  "tiene  conto  di  un  principio
etico, largamente seguito in  sanita',  secondo  cui  un  trattamento
sanitario avviato che non abbia provocato gravi  effetti  collaterali
non deve essere interrotto". 
    Tuttavia, a ben vedere, tale principio  etico  appare  pertinente
solamente  ad  una  delle  ipotesi  in  cui  viene   consentito   dal
legislatore l'accesso alla terapia cellulare  brevettata  da  Stamina
Fundation ONLUS, ossia a quella nella quale il  paziente  abbia  gia'
iniziato a ricevere presso strutture pubbliche il trattamento. 
    Di contro nessun trattamento sanitario gia' avviato  (tanto  meno
con l'attestazione  della  mancanza  di  gravi  effetti  collaterali)
appare configurabile nei confronti di quei pazienti per i  quali  sia
stato  effettuato  soltanto  il  prelievo  da  donatore  di   cellule
destinate  all'uso  terapeutico   o   sia   intervenuto   un   ordine
dell'autorita' giudiziaria non ancora  eseguito:  rispetto  a  questi
pazienti la possibilita' di accedere  alla  terapia  secondo  il  cd.
Protocollo Stamina, loro riconosciuta dal legislatore, non ha  alcuna
attinenza con gli effetti prodotti in concreto da quella terapia  per
la semplice ragione che essi non hanno ancora iniziato a riceverla. 
    Quindi le loro condizioni di salute,  per  questo  aspetto,  sono
perfettamente sovrapponibili a quelle di coloro  che  il  legislatore
escluderebbe dall'accesso alla  terapia  secondo  il  Protocollo  cd.
Stamina in quanto il loro donatore non ha ancora subito  il  prelievo
di cellule o essi non hanno (ancora) conseguito in via giudiziaria un
provvedimento cautelare positivo. Gli uni  e  gli  altri,  in  quanto
affetti da gravissime  malattie  non  curabili  con  medicinali  gia'
autorizzati o almeno sperimentati, sono accomunati dalla speranza  di
ottenere dalla terapia con cellule Stamina quei benefici  in  termini
di salute che i medicinali gia' autorizzati o almeno sperimentati non
possono loro offrire: tuttavia, per volonta'  del  legislatore,  solo
per i primi e non anche  per  i  secondi  la  speranza  costituirebbe
idoneo fondamento normativo ai fini dell'accesso alla terapia, il che
rappresenta  una  disparita'   di   trattamento   che   risulta   non
manifestamente infondato ritenere irragionevole in quanto lesiva  del
principio di eguaglianza formale ex art. 3, co. 1, Cost.. 
    Puo'  quindi   ritenersi,   come   gia'   evidenziato,   che   la
determinazione del legislatore di consentire ai pazienti,  che  hanno
gia' iniziato il trattamento secondo il cd. Protocollo Stamina (anche
solo attraverso l'effettuazione del prelievo  dal  donatore)  o  sono
destinatari di una decisione favorevole  dell'autorita'  giudiziaria,
di proseguirlo fino al completamento, possa costituire,  seguendo  il
principio  enunciato  da  Corte  Cost.   N°   185/1998,   un   "fatto
legislativo" (che ha una sua oggettivita', tale da differenziarlo  da
un qualsiasi mero "fatto sociale" spontaneo) da  cui  scaturiscono  -
nei  casi  di  esigenze  terapeutiche  estreme,  impellenti  e  senza
risposte alternative, come quelle che sembrano porsi nella  patologia
da cui  e'  affetta  parte  ricorrente  -  aspettative  comprese  nel
contenuto minimo del diritto alla salute. 
    Conseguentemente  non  pare  manifestamente  infondato   ritenere
irragionevole e, quindi, lesivo del principio di eguaglianza ex  art.
3 co. 1 Cost., subordinare il  concreto  godimento  di  tale  diritto
fondamentale alla sussistenza di ragioni che nulla hanno a  che  fare
con le condizioni di salute del paziente. 
    Certamente, in tale  prospettiva,  occorre  anche  affrontare  la
questione se il fumus boni juris  di  una  ;pretesa  cautelare  possa
trovare  fondamento  nella  sola  non  manifesta  infondatezza  della
questione di  costituzionalita'  della  norma  che  de  jure  condito
imporrebbe il rigetto di quella pretesa. 
    Orbene,  in  ordine  ai   rapporti   tra   tutela   cautelare   e
pregiudiziale costituzionale, secondo parte della  dottrina,  seguita
da una ormai risalente sentenza  della  Suprema  Corte  (12  Dicembre
1991, N.  13415),  in  un  ordinamento  caratterizzato,  come  quello
italiano, da un sistema di controllo di costituzionalita' delle leggi
di  tipo  accentrato  (ossia  attribuito  ad   un   apposito   organo
costituzionale) - e non gia'  diffuso  (ossia  demandato  ai  singoli
giudici comuni) - l'accoglimento della domanda cautelare in  pendenza
del giudizio di costituzionalita' avente per oggetto la norma che  ne
imporrebbe il rigetto determinerebbe un'invasione  nell'ambito  delle
attribuzioni proprie della Corte Costituzionale in quanto comporta la
disapplicazione di una norma di legge che solo  con  la  sentenza  di
illegittimita' pronunciata dalla Consulta cessa  di  avere  efficacia
(art. 136 co. 1 Cost.). 
    In consapevole dissenso con questa pronuncia si e' espressa  piu'
di recente la giurisprudenza amministrativa attraverso il suo  organo
piu' autorevole (Cds. A.P. Ord. 20 Dicembre 1999, N.  2;  conf.  Ord.
C.G.A. 23 Maggio 2001, N. 458),  il  quale  ha  ritenuto  che  "nella
presente  fase  cautelare,  al  fine  di  conciliare   il   carattere
accentrato del controllo di costituzionalita'  delle  leggi,  ove  ne
ricorrano i presupposti,  con  il  principio  di  effettivita'  della
tutela giurisdizionale, non puo' escludersi, quando gli interessi  in
gioco lo richiedano, una forma  limitata  di  controllo  diffuso  che
consente la concessione del provvedimento di  sospensione,  rinviando
alla  fase  di  merito  al  quale  il  provvedimento   cautelare   e'
strumentalmente collegato, il controllo della  Corte  costituzionale,
con effetti erga omnes ... In  tale  contesto  la  concessione  della
misura cautelare ... non comporta la  disapplicazione  di  una  norma
vigente, ma tende a conciliare la tutela immediata e reale, ancorche'
interinale, degli interessi in gioco con il carattere accentrato  del
controllo di costituzionalita' delle leggi ...". 
    Pur nell'evidente difficolta'  di  optare  tra  due  orientamenti
parimenti  autorevoli  ed  entrambi  compiutamente  motivati,  appare
preferibile quello espresso dal supremo  Giudice  Amministrativo  non
solo e  non  tanto  perche'  piu'  recente,  ma  soprattutto  perche'
conduce, nel caso di specie, ad una tutela effettiva del diritto alla
salute della parte ricorrente, potendosi in sostanza  realizzare  una
interpretazione "costituzionalmente orientata". 
    Com'e' noto, l'art. 32 co. 1 Cost.,  laddove  "tutela  la  salute
come fondamentale  diritto  dell'individuo",  costituisce  una  norma
immediatamente precettiva (Cass. Lav. 14 Giugno 1999  N°  5890  e  18
Dicembre 2003 N° 19425) e non solo  di  carattere  programmatico  con
destinatarie le sole autorita' pubbliche; il diritto soggettivo  alla
tutela della propria salute non coincide con  il  solo  diritto  alla
integrita' fisica, ma concerne piu' in generale lo stato di benessere
fisico e psichico (Corte Cost. 2 Giugno 1994, N. 218; Cass. 1° Agosto
2006, N. 17461); si tratta di un diritto di rilievo primario sia  per
la sua inerenza alla persona umana, sia per la sua valenza di diritto
sociale (Corte Cost. 31 Gennaio 1991 N. 37); infatti  scaturisce  non
solo dal precetto ex art. 32 Cost. (che espressamente se ne  occupa),
ma anche dal criterio di solidarieta' ex art. 2 Cost., che  qualifica
in senso definitorio il nostro ordinamento (Cass. Lav. 18 Giugno 2012
N° 9969); costituisce un diritto "forte", che impone  una  "difesa  a
tutta oltranza  contro  ogni  iniziativa  ostile"  (in  tali  precisi
termini: Cass., S.U. 6 Ottobre 1979 N.  5172);  appartiene  a  quella
categoria  di  "posizioni  soggettive  a  nucleo  rigido",   che   e'
costituita da  "diritti  che  -  in  ragione  della  loro  dimensione
costituzionale e della loro stretta inerenza a valori  primari  della
persona  -  non  possono   essere   definitivamente   sacrificati   o
compromessi, sicche' allorquando si  prospettino  motivi  di  urgenza
suscettibili di esporli a pregiudizi  gravi  ed  irreversibili,  alla
pubblica amministrazione  manca  qualsiasi  potere  discrezionale  di
incidere su detti diritti non essendo ad essa  riservato  se  non  il
potere di accertare  la  carenza  di  quelle  condizioni  e  di  quei
presupposti richiesti  perche'  la  pretesa  avanzata  dal  cittadino
assuma, per il concreto contesto nel quale viene fatta valere, quello
spessore  contenutistico  suscettibile  di  assicurarle  una   tutela
rafforzata" (Cass. S.U. 1° Agosto 2006, N. 17461); la  Consulta,  pur
affermando la necessita' del  giusto  bilanciamento  degli  interessi
(non  esclusi  quelli  di  una  graduale   organizzazione   e   della
compatibilita' finanziaria), ha sempre e comunque fatto  salvo  "quel
nucleo  irriducibile  del  diritto   alla   salute   protetto   dalla
Costituzione  come  ambito  inviolabile  della  dignita'  umana"  (ex
multis, di recente, Corte Cost. 25 Febbraio 2011, N. 61; Corte  Cost.
22 Ottobre 2010, N. 299); in proposito  si  e'  di  recente  statuito
(Cass. 9969/2012 cit.) che: "Il costante riferimento alla  necessaria
tutela della dignita' della persona impone, allora, una lettura delle
regole che sovrintendono alla  erogazione  dei  servizi  destinati  a
realizzare il pieno diritto alla salute che tenga conto -  quando  si
tratti, come nella specie, di fruire di un progetto  terapeutico  non
somministrato  dal  Servizio  Sanitario  Nazionale  -  del  complesso
oggetto della tutela che, conseguentemente, non puo'  risolversi  nel
solo approntare il presidio terapeutico destinato al  regresso  della
malattia, ma anche e soprattutto nell'offrire quant'altro sia utile a
ripristinare nel soggetto colpito  le  condizioni  per  una  decorosa
convivenza con la condizione patologica o la  disabilita'.  A  questa
conclusione si perviene, infatti, qualora, come doveroso, il  diritto
alla salute si legga unitamente a quello alla dignita' umana. Da tali
considerazioni deve ricavarsi il principio che il diritto alla salute
ha nel nostro ordinamento una dimensione sicuramente  piu'  ampia  di
quanto non  possa  derivare  dal  mero  diritto  alla  cura  od  alla
assistenza, intesa nel senso tradizionale di accorgimenti terapeutici
idonei a debellare la malattia  od  ad  arrestarne  l'evoluzione.  Al
contrario, il  necessario  riferimento  alla  tutela  della  dignita'
umana, consente di ritenere che le condizioni di salute oggetto della
previsione costituzionale coincidano non solo con l'approntamento  di
mezzi destinati alla guarigione del soggetto  colpito  ma  anche  con
quant'altro possa farsi per alleviare il pregiudizio non solo  fisico
ma, se si vuole, esistenziale dell'assistito, quantomeno  in  ragione
di tutto  cio'  che  manifesti  concreta  utilita'  ad  alleviare  la
limitazione funzionale  ancorche'  senza  apprezzabili  risultati  in
ordine al possibile regresso della malattia". 
    Questi ultimi insegnamenti appaiono particolarmente pertinenti al
caso in esame dove  lo  stesso  legislatore  d'urgenza,  nella  'nota
illustrativa" piu' volte ricordata,  esprime  la  volonta'  di  porre
rimedio allo "stato di grave angoscia negli interessati  che  sperano
di ottenere dalla  terapia  con  cellule  Stamina  quei  benefici  in
termini di salute che, per le gravissime malattie di cui si  discute,
non  possono  essere  offerti   dall'impiego   di   medicinali   gia'
autorizzati o almeno sperimentati" ed attesta che nei  pazienti,  che
lo hanno gia' ricevuto, il  trattamento  secondo  il  cd.  protocollo
Stamina "non ha dato gravi effetti collaterali". 
    Per un  caso,  in  qualche  misura  analogo,  di  interpretazione
"costituzionalmente  orientata",  al  fine  di   pervenire   ad   una
tutela effettiva del diritto alla salute ex art. 32 co. 1 Cost., puo'
essere utile richiamare Cass. Sez.  III.  6  Agosto  2010  N°  18378,
secondo cui: "Il diritto all'assistenza socio-sanitaria del  disabile
e' un diritto assoluto ed inviolabile che, pur non potendo godere  di
un regime di riconoscimento automatico, non puo'  subire  limitazioni
od impedimenti dovuti ai procedimenti amministrativi relativi al  suo
formale riconoscimento, una volta che  sia  accertata,  in  concreto,
l'esistenza e la gravita' dell'handicap,  posto  che,  in  virtu'  di
un'interpretazione costituzionalmente orientata, ai sensi degli  art.
2 e 32 Cost. della normativa di settore e sulla base dell'esame delle
fonti costituzionali europee (la Carta di Nizza, applicabile "ratione
temporis",   attualmente   trasfusa   nel   Trattato   di    Lisbona,
definitivamente entrato in vigore il 2 dicembre 2009), puo' desumersi
che nell'Unione europea e' garantito un alto  livello  di  protezione
della salute umana e che la  solidarieta'  sociale  e'  un  principio
interpretativo  immanente,  a  livello   europeo,   della   normativa
interna". 
    Peraltro, in ordine  alla  legittimita'  di  "ulteriore  accesso"
all'impiego terapeutico di medicinali per terapie avanzate a base  di
cellule   staminali,   puo'    altresi'    richiamarsi    l'ordinanza
interlocutoria emessa 1'8 marzo 2013 del TAR Brescia, in ordine  alla
plausibile compatibilita' dei trattamenti in corso con gli  ulteriori
accertamenti disposti in quella  sede.  Sotto  quest'ultimo  aspetto,
infatti, va rilevato che, a fronte del  provvedimento  amministrativo
emesso in data 15 maggio  2012  dall'Agenzia  Italiana  del  Farmaco,
basato  sulla  considerazione  che  il   trattamento   eseguito   non
rispondesse ai requisiti richiesti  per  la  sperimentazione  clinica
(provvedimento che ha avuto quale effetto la risoluzione dell'accordo
di collaborazione tra la  Stamina  Foundation  ONLUS  e  gli  Spedali
Civili di Brescia), il TAR di fatto sembra consentire  medio  tempore
"la prosecuzione" "dell'attivita' infusiva in discorso" superando  il
provvedimento dell'ALFA che aveva bloccato le  cure  nella  struttura
ospedaliera  bresciana  e,  d'altra  parte,   la   stessa   normativa
sopravvenuta  ha  sostanzialmente  riconosciuto  la  possibilita'  di
proseguire i trattamenti in essere (cosi' di fatto "disapplicando" il
precedente provvedimento amministrativo). 
    Opina peraltro questo Tribunale di  richiamare  alcune  pronunzie
della  Corte  Costituzionale  che  hanno  ritenuto   ammissibile   la
questione di legittimita' costituzionale sollevata in sede  cautelare
"Qualora il giudice non abbia provveduto  sulla  domanda  ...  ovvero
quando abbia concesso la relativa misura,  purche'  tale  concessione
non si risolva nel definitivo esaurimento del  potere  del  quale  il
giudice fruisce in tale sede" (sic  ordinanza  150/2012;  cfr.  anche
ordinanza 307/2011, ordinanza 211/2011, sentenza 151/2009). 
    Pertanto, in sede cautelare, se il giudice rimettente  non  abbia
esaurito la propria potestas  iudicandi,  ad  esempio  in  quanto  ha
concesso la misura cautelare - sul presupposto  della  non  manifesta
infondatezza della questione sollevata - ma  ad  tempus,  ossia  sino
all'esito della decisione della  stessa  da  parte  della  Corte,  la
questione di  legittimita'  costituzionale,  in  relazione  a  questi
profili, appare proponibile. 
    Ed allora, in definitiva, alla stregua di tutte le sopra  esposte
considerazioni, precisato che - quanto al  periculum  in  mora  -  la
natura e la gravita' della patologia che affligge la parte ricorrente
risultano   sufficientemente   asseverate    alla    stregua    della
documentazione  sanitaria  prodotta  nel  fascicolo  di   parte,   da
intendersi in questa sede richiamata (essendo parimenti  evidenti  le
condizioni che impongono l'estrema urgenza di provvedere, considerata
la finalita'  del  beneficio  richiesto),  l'istanza  cautelare  deve
essere  accolta,  sebbene  ad  tempus  (ossia  sino  all'esito  della
decisione da parte della  Corte  Costituzionale  della  questione  di
costituzionalita' che in questa sede contestualmente si solleva). 
    Peraltro, al fine di escludere ogni rischio  di  eventuale  danno
per il paziente, appare opportuno disporre che l'Azienda  Ospedaliera
predetta - ove non ritenga di operare direttamente nell'ambito  delle
proprie strutture - richieda le  cellule  staminali  (prodotte,  come
richiesto da parte ricorrente ed espressamente prescritto dal  medico
responsabile dr. A. ,  secondo  la  metodica  elaborata  da  "Stamina
Foundation" ONLUS) alla cell-factory  che  essa  stessa  riterra'  di
individuare (secondo i criteri della maggiore efficacia per  la  cura
da somministrare, nonche' della sicurezza nel trattamento, ad esempio
sotto il profilo della tracciabilita' del prodotto e della esclusione
di contaminazione). 
    Ove mai dovesse rilevare il contenuto riservato della metodica  e
del  know-how  di  Stamina  Foundation,  appare   quindi   necessario
autorizzare  l'utilizzo  del  Protocollo   in   questione,   mediante
l'eventuale impiego di personale gia' formato e specializzato,  e  in
particolare  dei  professionisti  che  appartengono  a   tale   ente,
dovendosi altresi' rimarcare l'obbligo, per i soggetti coinvolti,  di
mantenere il piu' stretto riserbo sulle operazioni e sulle conoscenze
acquisite, salva ogni responsabilita' in caso di violazione. 
    Pertanto, alla "Stamina Foundation" ONLUS deve essere ordinato di
fornire alla cell-factory il proprio know-how e,  se  necessario,  il
personale competente a trattare  le  cellule,  mentre  al  "Ministero
della  Salute"  va  ordinato  di   prestare   tutta   la   necessaria
collaborazione scientifica, tecnica e finanziaria. 
    Contestualmente,  ritenuta  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art 2 del decreto-legge
25 marzo 2013 n. 24, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23
maggio 2013, n.  57,  in  relazione  agli  artt.  2,  3  e  32  della
Costituzione (oltre che, ovviamente, rilevante nel  caso  di  specie,
dovendosi ribadire che - applicandosi tale normativa, in luogo  della
disciplina di cui al D.M. 5 dicembre  2006  -  parte  ricorrente  non
risulta in possesso dei requisiti previsti ex lege), il giudizio deve
essere sospeso, con immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
Costituzionale, giusta l'art. 134 Cost. e l'art. 23  della  legge  11
marzo 1953 n. 87. 
    Quanto  alle  spese,  si  provvedera'  ovviamente  all'esito  del
giudizio. 

(1) Cfr. Cass. Lav., sentenze nn° 2776 del 6 febbraio 2008, 15386 del
    10 luglio 2007, 12365 del 28 maggio  2007,  15485  del  7  luglio
    2006, 4686 del 3 marzo 2006, 27919 del 19 dicembre 2005, 6598 del
    29 marzo 2005 e 7912 del 26 aprile 2004. 

(2) Ed in tale ipotesi, invero, nella fattispecie in esame in  questa
    sede risulterebbero verosimilmente sussistenti tutti i  necessari
    presupposti. L'art. 1 comma 4 del DM  5  dicembre  2006  consente
    l'impiego  di  medicinali  per  terapia  genica  e  per   terapia
    cellulare somatica su singoli pazienti,  in  mancanza  di  valida
    alternativa terapeutica, nei  casi  di  urgenza  che  pongono  il
    paziente in pericolo di  vita  o  di  grave  danno  alla  salute,
    nonche' nei casi di grave patologia a rapida progressione,  sotto
    la responsabilita' del medico prescrittore e, per quanto concerne
    la  qualita'  del  medicinale,  sotto  la   responsabilita'   del
    direttore del  laboratorio  di  produzione  di  tali  medicinali,
    purche':  a)  siano  disponibili   dati   scientifici,   che   ne
    giustifichino   l'uso,   pubblicati   su   accreditate    riviste
    internazionali; b) sia stato acquisito il consenso informato  del
    paziente;  c)  sia  stato  acquisito  il  parere  favorevole  del
    Comitato etico:  d)  siano  utilizzati,  non  a  fini  di  lucro,
    prodotti preparati in laboratori in possesso dei requisiti di cui
    all'art. 2 anche nei casi di preparazioni standard e comunque nel
    rispetto dei requisiti di qualita' farmaceutica  approvati  dalle
    Autorita'   competenti,   qualora   il   medicinale   sia   stato
    precedentemente  utilizzato  per  sperimentazioni   cliniche   in
    Italia; e) il trattamento sia eseguito in Istituti di ricovero  e
    cura a carattere scientifico o in struttura pubblica  o  ad  essa
    equiparata. Nella fattispecie  in  esame,  la  sussistenza  della
    mancanza  di  valida  alternativa  terapeutica,  dell'urgenza   e
    dell'estrema gravita' della patologia, a rapida progressione (e a
    prognosi infausta), nonche' dell'assunzione di responsabilita' da
    parte del medico prescrittore (dott.  A.  ),  risulta  ampiamente
    documentata in atti. Parimenti, non v'e' dubbio circa l'esistenza
    di un consenso informato: la stessa proposizione del  ricorso  di
    primo grado ed il suo contenuto manifestano, infatti, un consenso
    incondizionato della parte ricorrente al  trattamento  richiesto,
    pur  di  coltivare  la  speranza   di   conseguire   un   qualche
    miglioramento, pacificamente riscontrato in taluni casi analoghi.
    Deve poi ritenersi che la  mancanza  del  requisito  formale  del
    pronunciamento del Comitato etico non  sia  ostativa,  almeno  in
    questa sede cautelare caratterizzata da una necessaria cognizione
    sommaria e da un giudizio di verosimiglianza, risultando, da  una
    serie di pronunciamenti giudiziari in subiecta  materia,  che  il
    predetto comitato ha gia' emesso valutazioni favorevoli a  fronte
    di situazioni di salute assai meno gravi  rispetto  a  quella  in
    esame: del resto, la risposta fornita alla  parte  ricorrente  in
    data 11 luglio 2013 (cfr. nota prot. n° 0035280/AM/MS)  da  parte
    della  Azienda  Ospedaliera  si  fonda  solo   sulla   constatata
    necessita' di assegnare priorita' ai trattamenti  «gia'  avviati»
    ai   sensi   del   DL    n°24/13.Peraltro,    una    formalistica
    interpretazione circa la necessita' di un  previo  pronunciamento
    del comitato etico, anche ove i tempi, come nella  specie,  siano
    particolarmente  stringenti,  non  potrebbe  che   portare   alla
    disapplicazione del D.M. in  parte  qua:  infatti,  una  corretta
    interpretazione della normativa  in  esame,  posta  a  tutela  di
    diritti di  rango  costituzionale,  impone  di  ritenere  che  il
    diritto alle cure  non  richieda  necessariamente  il  parere  in
    questione   burocraticamente   inteso,   bensi'   il    requisito
    sostanziale sotteso alla  ratio  di  tale  parere,  vale  a  dire
    «l'esistenza di un rapporto favorevole tra benefici  ipotizzabili
    e rischi prevedibili del trattamento proposto, nelle  particolari
    condizioni  del  paziente».   Per   cui,   ove   tale   requisito
    sostanziale, anche in assenza di un  formale  atto  del  Comitato
    etico, risulti aliunde documentato, il diritto alle cure non puo'
    essere negato (e, nella  specie,  s'e'  detto  dei  miglioramenti
    riscontrati in  taluni  casi  analoghi,  cui  fa  da  contraltare
    l'assenza, allo stato, di ripercussioni negative degne di  nota).
    Inoltre, quanto alla valenza scientifica della terapia richiesta,
    oltre alle pubblicazioni su riviste scientifiche  internazionali,
    lo stesso fatto che risulta avviata una specifica sperimentazione
    ex lege induce a ritenere che trattasi di metodologia sulla quale
    sussistano  dati  scientifici  (cfr.  requisito  sub  lett.   a),
    peraltro da applicarsi in laboratori accreditati per il SSN (cfr.
    requisito  sub  lett.  e).  Puo'   ritenersi,   cioe',   che   la
    determinazione del legislatore  di  consentire  ai  pazienti  che
    hanno gia' iniziato il  trattamento  secondo  il  cd.  Protocollo
    Stamina (anche solo attraverso l'effettuazione del  prelievo  dal
    donatore)  o  sono  destinatari  di  una   decisione   favorevole
    dell'autorita' giudiziaria, di proseguirlo fino al completamento,
    possa costituire, seguendo il principio enunciato da Corte  Cost.
    N° 185/1998, un «fatto legislativo» (che ha una sua oggettivita',
    tale da differenziarlo  da  un  qualsiasi  mero  «fatto  sociale»
    spontaneo)  da  cui  scaturiscono  -   nei   casi   di   esigenze
    terapeutiche estreme, impellenti e  senza  risposte  alternative,
    come quelle che sembrano porsi nella patologia da cui e'  affetta
    parte ricorrente - aspettative comprese nel contenuto minimo  del
    diritto alla salute. Quanto al requisito sub lett. d), al fine di
    escludere ogni rischio di eventuale danno per il  paziente,  pare
    sufficiente disporre che l'Azienda Ospedaliera predetta - ove non
    ritenga  di  operare  direttamente  nell'ambito   delle   proprie
    strutture  -  richieda  le  cellule  staminali  (prodotte,   come
    richiesto da parte ricorrente  ed  espressamente  prescritto  dal
    medico responsabile dr. A.,  secondo  la  metodica  elaborata  da
    Stamina Foundation  ONLUS)  alla  cell-factory  che  esso  stessa
    riterra'  di  individuare  (secondo  i  criteri  della   maggiore
    efficacia per la cura da somministrare, nonche'  della  sicurezza
    nel trattamento, ad esempio sotto il profilo della tracciabilita'
    del prodotto e della esclusione di contaminazione). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale, cosi' provvede: 
        1. visti gli artt. 669  sexies  e  700  c.p.c.,  ordina  alla
"Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia"  di  somministrare  -
sino all'esito della decisione da parte  della  Corte  Costituzionale
della   questione   di   costituzionalita'   che   in   questa   sede
contestualmente si propone - la cura richiesta da R. D.  ,  sotto  la
responsabilita'  del  medico  prescrittore  dott.   M.   A.   (giusta
prescrizione del 22  maggio  2013),  autorizzando  e  disponendo  che
l'Azienda  Ospedaliera  predetta  -  ove  non  ritenga   di   operare
direttamente nell'ambito delle  proprie  strutture  -  richieda  alla
cell-factory che riterra' di individuare  (secondo  i  criteri  della
maggiore efficacia  per  la  cura  da  somministrare,  nonche'  della
sicurezza nel trattamento), le cellule staminali prodotte secondo  la
metodica elaborata da "Stamina Foundation"  ONLUS,  la  quale  dovra'
fornire alla cell-factory il proprio know-how e,  se  necessario,  il
personale competente a  trattare  le  cellule,  con  obbligo  per  il
"Ministero della Salute" di prestare ogni  necessaria  collaborazione
scientifica, tecnica e finanziaria; 
        2. Visto l'art. 134 Cost. e l'art. 23 della  legge  11  marzo
1953 n. 87, dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   2    del
decreto-legge 25 marzo 2013 n.  24,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23 maggio 2013, n. 57, in relazione agli artt. 2, 3 e  32
della Costituzione; 
        3. dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
Costituzionale e sospende il giudizio; 
        4. manda alla Cancelleria perche' la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  Deputati
e del Senato della Repubblica. 
          Taranto, 23 settembre 2013. 
 
                  Il Giudice del lavoro: Magazzino