N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 settembre 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 settembre 2014 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Referendum - Legge della Regione Veneto - Indizione di un referendum consultivo regionale sull'indipendenza del Veneto - Formulazione del quesito referendario, determinazione delle modalita' di svolgimento e di proclamazione del risultato della consultazione, prescrizione agli organi regionali di avviare relazioni con l'UE e con l'ONU a garanzia delle operazioni di voto nonche' di tutelare in sede internazionale il diritto del "Popolo Veneto" all'autodeterminazione - Ricorso del Governo - Denunciata previsione di un referendum regionale finalizzato a promuovere una riforma costituzionale che separi la Regione Veneto dalla Repubblica italiana attraverso la costituzione di una Repubblica Veneta "indipendente e sovrana" - Incompatibilita' con il procedimento di proposta e approvazione delle leggi di revisione costituzionale e con il referendum approvativo nazionale in esso contemplato - Lesione del principio di unita' e indivisibilita' della Repubblica italiana e della sovranita' come attributo esclusivo di essa - Contrasto con la previsione costituzionale delle Regioni come enti di autonomia - Contrasto con la riserva agli organi della Repubblica italiana del potere di rappresentare a livello internazionale gli interessi di tutti i cittadini - Copertura ipotetica degli oneri finanziari e incapienza dello stanziamento dell'UPB E0147. - Legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 16. - Costituzione, artt. 5, 81, comma terzo, 114, 138 e 139; legge 31 dicembre 2009, n. 196, art. 17.(GU n.46 del 5-11-2014 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, (C.F. 80224030587, Fax 06/96514000 e Pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege, contro la regione Veneto, in persona del suo Presidente p.t. per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della regione Veneto 19 luglio 2014, n. 16 pubblicata nel BUR del 24 giugno 2014, n. 62, recante «Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto», in base alla delibera del Consiglio dei Ministri dell'8 agosto 2014, per violazione degli artt. 5, 114, 138 e 139 Cost. Con la legge n. 16/2014 la regione Veneto ha indetto un referendum consultivo per conoscere la volonta' degli elettori del Veneto sul seguente quesito: «Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana?» (art. 1 co. 1) prevedendo poi le modalita' di svolgimento della consultazione, della propaganda, della proclamazione del risultato (artt. 1 e 2) e quindi demandando al Presidente del Consiglio regionale ed al Presidente della Giunta di attivarsi per avviare con le Istituzioni europee delle Nazioni Unite «le relazioni istituzionali che garantiscano la indizione della consultazione referendaria» e «il monitoraggio delle procedure di voto al fine di accertare l'effettiva volonta' del popolo Veneto e convalidare l'esito dal risultato finale», nonche' di «tutelare in ogni sede nazionale ed internazionale il diritto del popolo veneto all'autodeterminazione». La legge, che fa seguito a numerose altre consimili gia' dichiarate illegittime da codesta Corte, si pone come le precedenti in aperto contrasto con diverse disposizioni costituzionali e quindi ancora una volta si chiede a codesta Corte di sancirne l'illegittimita' per i seguenti M o t i v i Violazione degli artt. 5, 114, 138 e 139 Cost. Come gia' piu' volte affermato da codesta Corte questo genere di referendum, avendo come obiettivo la promozione di una riforma dell'assetto costituzionale, vale a dire nel caso di specie la separazione della regione Veneto dalla Repubblica italiana attraverso la costituzione di una Repubblica Veneta «indipendente e sovrana», va a confliggere anzitutto sul piano formale con l'art. 138 Cost., che delinea il procedimento per le leggi di revisione costituzionale secondo modalita' che assicurano per un verso la massima consentita resistenza e rigidita' del sistema vigente e per altro verso un'ampiezza del consenso politico e popolare ed un tempo di riflessione idonei a consentire solo riforme adeguatamente soppesate e condivise. Secondo la giurisprudenza di codesta Corte il procedimento di revisione costituzionale puo' nascere anche dall'iniziativa della regione interessata, com'e' naturale che possa essere quando si tratta di tematiche che attengono proprio ai loro poteri, ma non puo' essere inquinato da strumenti di pressione che ne alterino l'obiettivita' e la genuinita'. Pertanto la consultazione popolare che precede l'approvazione delle leggi di revisione costituzionale si pone in contrasto con l'art. 138, che ha attribuito «primariamente alla rappresentanza politico-parlamentare» la funzione di «propulsore dell'innovazione costituzionale» ritenendo che sia questa la sede in cui la proposta di riforma possa essere meglio elaborata, approfondita e condivisa, e lasciando poi al sistema della rappresentanza diretta espressa dal voto popolare la possibilita' di esprimersi nella forma del referendum approvativo, anche perche' il referendum preventivo, pur non avendo carattere vincolante, puo' avere un'influenza notevole come strumento di pressione sugli organi politici ed e' piu' esposto al rischio di una scelta non razionale perche' legata a situazioni contingenti (sent. n. 496/2000). D'altra parte - come pure e' stato rilevato - non vi sarebbe compatibilita' tra un voto popolare espresso nel referendum preventivo da una parte soltanto dell'elettorato ed il referendum di approvazione richiesto all'intera cittadinanza, in cui una parte dei cittadini voterebbero una seconda volta, incompatibilita' che evidenzia la contraddizione di un impianto concettuale che presuppone in realta' una contrapposizione tra il popolo italiano da una parte ed un «altro» popolo gia' diviso e distinto, quale sarebbe quello che illegittimamente viene configurato nella legge qui impugnata. Passando cosi' al profilo sostanziale dell'illegittimita' si rileva la gravissima lesione del principio costituzionale dell'unita' della Repubblica «una ed indivisibile» non solo per la palese violazione dell'art. 5 Cost., ma soprattutto per il ripudio dei valori che essa sottende radicati nella storia attraverso il travaglio del pensiero e del sacrificio che dal Risorgimento fino alla Liberazione hanno determinato la nascita di uno Stato unitario tenacemente voluto e perseguito dai suoi Padri fondatori, e poi rafforzato negli anni della Repubblica. Unita' che non esclude, come sottolineato da codesta Corte, il riconoscimento e persino la promozione delle autonomie locali, purche' si tengono ben distinti i concetti di autonomia e di sovranita': la prima anche recentemente ampliata dal legislatore costituzionale con la riforma del titolo V ad opera della L. Cost. 18.X.2001 n. 3 sia per le regioni a statuto straordinario sia per quelle a statuto ordinario, anche ampliando la potesta' legislativa degli enti locali e le materie a legislazione concorrente; la seconda rimasta invece salda ed intangibile, baluardo della unita' del paese. Sicche' quando il quesito referendario propone che la regione Veneto divenga una Repubblica indipendente e sovrana, esso rivela con la massima evidenza l'illegittimita' di tutta la legge che sul quesito si impernia e si articola, poiche' la sovranita' e' un valore fondante della Repubblica unitaria che nessuna riforma puo' cambiare senza distruggere l'identita' stessa dell'Italia. Sotto altro profilo la legge regionale qui impugnata viola anche l'art. 114 Cost. che fa riferimento alle regioni solo in termini di autonomia e mai di sovranita', essendo tale qualita' riferita nella Carta solo al popolo intero inteso come comunita' nazionale. Peraltro qui non si pongono neppure i dubbi sul significato del termine sovranita' che codesta Corte ebbe a chiarire nella sentenza n. 365/2007 a proposito dello Statuto di autonomia e sovranita' del popolo sardo e che consentirono di evidenziare che essa e' ipotizzabile solo «in un ordinamento profondamente differenziato da quello attuale e, invece, caratterizzato da istituti adeguati ed accentuati modelli di tipo federalistico, normalmente frutto di processi storici nei quali le entita' territoriali componenti lo Stato federale mantengono forma ed istituti che risentono della loro preesistente condizione di sovranita'». Se dunque ne' «la progressiva erosione della sovranita' nazionale sul piano internazionale specialmente in conseguenza della graduale affermazione del processo di integrazione europea, peraltro nell'ambito di quanto espressamente previsto nell'art. 11 Cost.» ne' l'affermazione del regionalismo hanno scalfito la sovranita' interna dello Stato che conserva la propria struttura essenziale, essa non puo' essere messa in discussione da un referendum locale e tanto meno violato da una legge regionale che propone alla sua gente di votare per chiedere qualcosa di per se' illegittimo e contrario alla Costituzione. Alla violazione della sovranita' va riferita anche l'illegittimita' della previsione nell'art. 4 secondo cui gli organi dei vertici della regione sono tenuti a tutelare in sede internazionale il diritto del popolo veneto all'autodeterminazione, illegittimita' comunque derivata anche dalla stretta interdipendenza di questa previsione con quella sul referendum e che tuttavia e' opportuno dedurre specificamente per ribadire che dall'unita' ed indivisibilita' della Repubblica discende l'attribuzione esclusiva ai suoi organi del potere di rappresentare in sede internazionale i diritti e gli interessi di tutti i cittadini e non quelli di una parte di essi ad «autodeterminarsi» vale a dire a differenziarsi dagli altri ed a tutelarsi contro gli altri, come avverrebbe tra popoli sovrani, per di piu' in conflitto gli uni con gli altri. Se infatti il diritto all'autodeterminazione e' un principio fondamentale dell'ordinamento democratico, esso si connota diversamente quando e' riferito ad una limitata parte del popolo che vorrebbe essere tutelata nel contesto internazionale scavalcando gli organi di governo del proprio paese ed affermando quindi una volonta' di separazione rispetto ad esso. Stante la complessiva illegittimita' della L. Reg. n. 16/2014 e' appena il caso di soggiungere che anche la disposizione dell'art. 4 laddove prevede gli oneri, peraltro non modesti, derivanti dalla sua attuazione, si appalesa ulteriormente illegittima per la mancata indicazione della copertura finanziaria in violazione dunque dell'art. 81 co. 3 Cost. Come recentemente ribadito da codesta Corte nella sentenza n. 224/2014: «Il principio di analitica copertura espresso dall'art. 81, quarto comma, Cost., e ora sostanzialmente riprodotto nell'art. 81, terzo comma, Cost., come formulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, trova, tra l'altro, esplicita declinazione nell'apposito art. 17 (Copertura finanziaria delle leggi) della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza pubblica) laddove e' prescritto che «ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia, da redigere secondo i criteri di cui al comma 12, per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime». In particolare la copertura finanziaria delle leggi che comportino nuovi o maggiori oneri puo' avvenire esclusivamente attraverso le modalita' previste nelle lettere A, B e C del comma 1, che sono gli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'art. 18; la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; le modificazioni legislative che comportino nuove e maggiori entrate. Nella legge in esame invece la copertura e' indicata in modo puramente ipotetico, facendo riferimento ad erogazioni liberali e donazioni che costituiscono una mera aspettativa del legislatore regionale e non hanno quindi i necessari requisiti di certezza, essendo peraltro incapiente lo stanziamento dell'UPB EO147 cui la norma fa riferimento.
P. Q. M. Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare, per i motivi tutti ut supra specificati la L. regionale del Veneto n. 16/2014 della regione Veneto, pubblicata nel BUR n. 62 del 24 giugno 2014, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 8 agosto 2014, per violazione degli artt. 5, 114, 138 e 139 della Cost. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1) estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 8 agosto 2014; 2) copia della legge regionale impugnata; 3) relazione del Ministero degli affari regionali. Roma, 19 agosto 2014 L'avvocato dello Stato: Gian Paolo Polizzi