N. 180 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 aprile 2014
Ordinanza del 1° aprile 2014 emessa dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile promosso da F.C. ed altri contro Ministero della giustizia. Processo penale - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Esclusione della fase delle indagini preliminari dal computo della durata del processo - Violazione dei principi del giusto processo - Lesione del diritto a un equo processo sancito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) - Inosservanza di vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. - Legge 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-bis, introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. - Costituzione, artt. 111 e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU). Processo penale - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Esclusione dal computo della durata del processo del tempo in cui esso e' sospeso senza distinguere se i motivi della sospensione siano o meno riconducibili alle parti - Parita' di trattamento di situazioni diverse - Violazione dei principi del giusto processo - Lesione del diritto a un equo processo sancito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) - Inosservanza di vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. - Legge 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-quater, introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. - Costituzione, artt. 3, 111 e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU).(GU n.45 del 29-10-2014 )
LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE La Corte d'Appello di Firenze, Sezione la Civile, nella persona dei magistrati: dr. Alessandro Turco Presidente dr. Domenico Paparo Consigliere relatore dr. Marco Modena Consigliere ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva, osserva e ritiene quanto segue: 1. F. C. F. M., R. P. e S. F. C., hanno proposto opposizione, ai sensi dell'art. 5-ter della legge n. 89/2001, avverso il decreto di questa Corte, n. 1241/2013 Cron., nel proc. n. 216/2013 V.G., in data 31 maggio 2013, depositato il 6 giugno 2013, che rigettava il ricorso da loro proposto (unitamente a Capo Adriano) per l'ingiunzione al Ministero della giustizia di pagamento di € 16.500,00 per il primo e di € 15.000,00 per gli altri a titolo di danni non patrimoniali e di 250.000,00 per il solo F. C. a titolo di danni patrimoniali a titolo di equa riparazione per il ritardo di un procedimento penale. 2. Il decreto impugnato ha determinato in otto anni e sei mesi la complessiva durata del procedimento e ritenuto non irragionevole tale durata, tenuto conto della peculiarita' e complessita' del giudizio. A tale determinazione il decreto e' pervenuto: - facendo applicazione dell'art. 2, comma 2-bis, della citata legge n. 89/2001 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in l. 134/12), secondo cui "il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita' di imputato, di parte civile di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari" escludendo percio' dal computo della durata del processo la fase delle indagini preliminari; - non computando nella durata del processo di primo grado, fra l'altro, il periodo dal 28 gennaio 2006 al 21 marzo 2007 per sollevata questione di legittimita' costituzionale; 2.1. Gli opponenti contestano l'esclusione dal computo della durata del processo della fase delle indagini preliminari, in quanto in contrasto non solo con la giurisprudenza formatasi anteriormente ma anche con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in poi "CEDU") ratificata ai sensi della legge n. 848 del 1955 e con l'art. 111 Cost, come gia' esposto nel ricorso. Osservano gli opponenti che il decreto opposto ha ritenuto la questione di legittimita' costituzionale della non computazione del periodo delle indagini preliminari non rilevante sulla base della non condivisibile affermazione secondo cui "l'esubero effettivo rispetto al termine di durata massima (anni quattro, dedotta la durata legale) appare giustificato dalle peculiarita' dell'indagine" in quanto proprio questa fase era stata particolarmente laboriosa in un processo particolarmente complesso stante il numero elevato dei soggetti (24 imputati), la complessita' tecnico giuridica del giudizio - avente ad oggetto reati fallimentari, societari e tributari - e che, quanto alle indagini preliminari, aveva interessato numerose societa' e cooperative con esame dei bilanci di otto anni, verifica del coinvolgimento di una banca, quattro fasi di consulenza tecnica e una perizia in incidente probatorio, per cui la stessa durata delle indagini preliminari non era stata irragionevole. Rilevano gli opponenti in particolare che la durata delle indagini preliminari era stata piu' che tripla rispetto al termine legale di due anni, essendo durata sei anni, sei mesi e diciotto giorni ed essa era da considerasi eccessiva secondo la giurisprudenza previgente richiamata dal decreto, che non motivava circa valide cause giustificatrici del ritardo. Chiedono gli opponenti in tesi la disapplicazione della norma richiamata per contrasto con l'art. 6 CEDU, o, in subordine, la remissione degli atti alla Corte costituzionale in ragione della eccezione di legittimita' costituzionale di essa per contrasto con gli artt. 24, 111, 117 Cost e 6 e 13 CEDU. 2.2. Gli opponenti contestano poi l'esclusione dal computo della durata del processo del periodo di un anno e due mesi per la sospensione del giudizio in conseguenza del rilievo di una questione di legittimita' costituzionale, che attiene pur sempre all'esercizio dell'attivita' giurisdizionale dello Stato, chiedendo che fosse, con interpretazione costituzionalmente orientata, l'art. 2, comma 2-quater, non si tenesse conto della sospensione del processo per eventi, come quello del caso in esame, non connessi all'attivita' - o inattivita' - delle parti ovvero sollevando (anche se non riproposta nelle conclusioni) questione di legittimita' costituzionale di essa nella parte in cui non esclude tali causa di sospensione dal computo della durata del processo. 2.3. Gli opponenti contestano ancora, quanto alla durata del processo di primo grado, che la fase dell'udienza preliminare era stata introdotta con la richiesta rinvio a giudizio depositata dal PM in data 1° giugno 1999 mentre l'udienza era stata fissata per l'11 giugno 2001 (oltre due anni dopo) rispetto al termine di 30 giorni di cui all'art. 418 cpp e che tale fase era durata un anno, fino al 28 giugno 2002, mentre avrebbe dovuto svolgersi in un'unica udienza ex art. 421 cpp. 2.4. F. C. ribadiva poi la richiesta relativa al danno patrimoniale. 3. L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso in opposizione lamentando che gli opponenti non abbiano provveduto alla notifica all'amministrazione resistente del decreto opposto nei termini di cui all'art. 5, comma 2, della legge n. 89/2001, con la conseguente inefficacia del decreto, e che la successiva notifica del ricorso in opposizione sia nulla per mancata allegazione del ricorso (ossia del ricorso per equa riparazione) ai sensi dell'art. 5 comma 1. 4. Deve anzitutto rigettarsi tale eccezione essendo evidente che la difesa del resistente confonde gli oneri che deve assolvere il ricorrente che, soddisfatto del provvedimento richiesto, intenda porlo in esecuzione (e che sarebbero, in astratto, quelli invocati dalla difesa erariale), con quelli che gravano invece sul ricorrente che, non appagato da detto provvedimento, intenda opporlo: in quest'ultimo caso, che e' quello di specie, l'opponente non deve affatto notificare alla controparte il decreto ottenuto, e neppure il ricorso iniziale, su cui tale decreto ha provveduto, perche' cosi' facendo, ai sensi dell'art. 5 comma 3 della legge n. 89, come modificata nel 2012, renderebbe improponibile l'opposizione, e presterebbe acquiescenza al decreto. Nella specie, gli opponenti hanno invece adempiuto ai soli oneri gravanti a loro carico, ossia quelli di depositare (come hanno fatto l'8 luglio 2013), entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento (che non puo' essere avvenuta prima della data di deposito del decreto il 6 giugno 2013, con la conseguenza che, scadendo - al piu' presto, se cioe' il decreto fu comunicato lo stesso 6 giugno - il 6 luglio 2013 e cadendo questo giorno di sabato, il termine si proroga, ex art. 155, commi 4 e 5, cpc fino al successivo lunedi' 8 luglio), il ricorso in opposizione, e di notificare successivamente, nel termine (del 16 settembre 2013) indicato dal Presidente col successivo decreto di fissazione di udienza, il ricorso in opposizione ed il pedissequo decreto (notifica che la stessa amministrazione resistente dichiara avvenuta il 31 luglio 2013), per cui l'opposizione deve dirsi ritualmente instaurata. 5.1. Deve anzitutto escludersi la "comunitarizzazione" della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo a seguito del Trattato di Lisbona secondo la tesi esposta dai ricorrenti in sede di ricorso ex art. 2. L'art. 6, comma 2, del Trattato UE come modificato a seguito del Trattato di Lisbona dispone: "L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati". Invero il trattato si limita a consentire l'adesione della Unione Europea alla CEDU (dandole la base legale che il parere n. 2/94 del 28 marzo 1996 della Corte UE aveva ritenuto inesistente), ma che essa non e' ancora avvenuta, tanto che il protocollo n. 8 annesso al Trattato ne prevede le modalita' tramite apposito accordo di cui detta le regole ("Articolo 1. L'accordo relativo all'adesione dell'Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (in appresso denominata «convenzione europea»), previsto dall'art. 6, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea deve garantire che siano preservate le caratteristiche specifiche dell'Unione e del diritto dell'Unione, in particolare per quanto riguarda: a) le modalita' specifiche dell'eventuale partecipazione dell'Unione agli organi di controllo della convenzione europea, b) i meccanismi necessari per garantire che i procedimenti avviati da Stati non membri e le singole domande siano indirizzate correttamente, a seconda dei casi, agli Stati membri e/o all'Unione. Articolo 2. L'accordo di cui all'art. 1 deve garantire che l'adesione non incida ne' sulle competenze dell'Unione ne' sulle attribuzioni delle sue istituzioni. Deve inoltre garantire che nessuna disposizione dello stesso incida sulla situazione particolare degli Stati membri nei confronti della convenzione europea e, in particolare, riguardo ai suoi protocolli, alle misure prese dagli Stati membri in deroga alla convenzione europea ai sensi del suo art. 15 e a riserve formulate dagli Stati membri nei confronti della convenzione europea ai sensi del suo art. 57. Articolo 3. Nessuna disposizione dell'accordo di cui all'art. 1 deve avere effetti sull'art. 292 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea"). Di conseguenza, tutte le osservazioni dei ricorrenti basate sull'affermata attuale comunitarizzazione della CEDU e quindi sulla possibilita' di disapplicazione della norma non hanno rilievo. 5.2. La questione del ritenuto contrasto fra una disposizione della CEDU ed una norma di diritto interno si pone - quindi - esattamente nei termini attestati nella giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 (e confermati dalle sentenze nn. 39/2008, 239 e 311 del 2009). Da essa risulta che "che l'art. 117, primo comma, Cost., ed in particolare l'espressione «obblighi internazionali» in esso contenuta, si riferisce alle norme internazionali convenzionali anche diverse da quelle comprese nella previsione degli artt. 10 e 11 Cost. Cosi' interpretato, l'art. 117, primo comma, Cost., ha colmato la lacuna prima esistente quanto alle norme che a livello costituzionale garantiscono l'osservanza degli obblighi internazionali pattizi. La conseguenza e' che il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della CEDU, si traduce in una violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. (C. Cost. sentenza n. 311 del 2009). 6.1. Ritiene la Corte di dover sollevare la questione di legittimita' costituzionale relativa all'esclusione - operata dall'art. 2, comma 2-bis, della 89/2001 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in l. 134/12) - dal computo della durata del processo penale della fase delle indagini preliminari per violazione sia dell'art. 111 Cost sia dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU. 6.1.1. La questione e' rilevante nella fattispecie non solo per la evidente applicabilita' (e applicazione in sede di rigetto del ricorso) della norma richiamata, ma anche per la rilevanza concreta della durata delle indagini preliminari (oltre sei anni e mezzo) nella complessiva durata del procedimento definito con sentenza del 28 gennaio 2013 della Corte di Cassazione. 6.1.2. Quanto alla non manifesta infondatezza, non puo' non osservarsi come, secondo la pacifica interpretazione della giurisprudenza di legittimita' ante riforma "una interpretazione che limitasse la valutazione della ragionevole durata del processo al solo periodo successivo all'esercizio dell'azione penale, finirebbe quindi col non tenere in alcuna considerazione la fase delle indagini preliminari, e cio' si risolverebbe in una violazione sia dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia della stessa legge n. 89 del 2001, che all'art. 6 citato si richiama espressamente. La nozione di causa, o di processo, considerata dalla Convenzione europea e dalla legge n. 89 del 2001, si identifica, infatti, con qualsiasi procedimento si svolga dinanzi agli organi pubblici di giustizia per l'affermazione o la negazione di una posizione giuridica di diritto o di soggezione facente capo al soggetto che il processo promuova o subisca. Processo, in tal senso, e' dunque anche la fase delle indagini che precedono il vero e proprio esercizio dell'azione penale, le quali percio', ove si siano protratte irragionevolmente nel tempo, ben possono assumere rilievo, ai fini dell'equa riparazione, a partire dal momento in cui sia possibile identificare uno o piu' soggetti che di quel procedimento siano effettivamente divenuti parte per essere stati informati della pendenza del procedimento medesimo e posti in grado di parteciparvi (Cass., 30 gennaio 2003, n. 1405)" (Cass, 5 agosto 2004, n. 15087). Il dies a quo era pacificamente identificato col compimento di atti che comportino l'invio dell'avviso di garanzia o la partecipazione dell'indagato o del suo difensore al processo (nel caso, quanto a F. C. con l'informazione di garanzia ex art. 369 cpp ricevuta il 15 febbraio 1994 e, per gli altri, con l'ordinanza del GIP di custodia cautelare in carcere del 5 novembre 1994), apparendo peraltro davvero insostenibile che il periodo di custodia cautelare possa non essere calcolato nella durata del processo ai fini della sua ragionevole durata. 6.1.3. Ne' puo' ipotizzarsi una interpretazione costituzionalmente orientata che consenta di superare per tale via la questione, posto che essa si tradurrebbe evidentemente nella aggiunta alla norma in questione del computo delle indagini preliminari nella durata del processo, evidentemente esclusa, anche se si ritenesse che quello, da computarsi possa essere identificata in quello normativamente previsto. 6.2. Ritiene la Corte di dover altresi' sollevare la questione di legittimita' costituzionale per violazione sia dell'art. 111 Cost. sia dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU, sia anche dell'art. 3 Cost. relativa all'esclusione - operata dall'art. 2, comma 2-quater, della l. 89/2001 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in l. 134/12) - dal computo della durata del processo del tempo in cui esso e' sospeso, senza distinguere se i motivi della sospensione siano o meno riconducibili alle parti ricorrenti per l'equa riparazione. 6.2.1. La questione e' rilevante nella fattispecie non solo per la evidente applicabilita' (e applicazione in sede di rigetto del ricorso) della norma richiamata, ma anche per la rilevanza concreta della durata della sospensione per il rilievo di una questione di legittimita' costituzionale (un anno e due mesi) nella complessiva durata del procedimento di primo grado (la cui durata sarebbe, senza tale esclusione di 7 anni e 5 mesi). 6.2.2. Quanto alla non manifesta infondatezza, si rileva, che la norma, non distinguendo fra motivi di sospensione dovuti al comportamento delle parti e quelli non dovuto ad esso - e fra questi, certamente la sospensione per il rilievo della questione di legittimita' costituzionale che, seppure fosse stata sollecitata dalle parti ricorrenti e' comunque ovviamente un provvedimento giurisdizionale del giudice a quo - pare porsi in contrasto non solo col principio del giusto processo ma anche con quello di uguaglianza, trattando allo stesso modo situazioni diverse. 6.2.3. Ne' puo' ipotizzarsi una interpretazione costituzionalmente orientata che consenta di superare per tale via la questione, posto che essa si tradurrebbe anche qui nella aggiunta alla norma di una clausola limitativa alla sua efficacia.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai fini del giudizio in corso, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della 1. 89/2001 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in l. 134/12) nella parte in cui esclude dal computo della durata del processo penale la fase delle indagini preliminari, per contrasto con gli artt. 111 e 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai fini del giudizio in corso, la questione di legittimita' costituzionale 2, comma 2-quater, della l. 89/2001 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in l. 134/12) nella parte in cui esclude dal computo della durata del processo tempo in cui esso e' sospeso, senza distinguere se i motivi della sospensione siano o meno riconducibili alle parti, per contrasto con gli artt. 3, 111 e 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Firenze, 5 novembre 2013 Il Presidente: dr. Alessandro Turco