N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 luglio 2014
Ordinanza del 29 luglio 2014 del Tribunale di Rieti nel procedimento penale a carico di Ricci Marco ed altri. Edilizia - Reati edilizi - Lottizzazione abusiva - Confisca (c.d. confisca urbanistica) - Interpretazione della Corte EDU (sentenza 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia) - Esclusione che la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite possa applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilita' penale sia stata accertata in tutti i suoi elementi - Lesione dei valori costituzionali oggettivamente fondamentali quali il paesaggio, l'ambiente, la vita e la salute, cui riconoscere prevalenza nel bilanciamento con il diritto di proprieta' - Violazione del principio di legalita' - Incompatibilita' con la funzione sociale e l'utilita' sociale cui la proprieta' e l'iniziativa economica privata sono asserviti - Mancata considerazione del bilanciamento che deve essere operato qualora siano in gioco opposti interessi costituzionali protetti anche quando gli uni trovino tutela nella CEDU e gli altri nella Costituzione italiana. - Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2. - Costituzione, artt. 2, 9, 25, 32, 41, 42 e 117, primo comma, in relazione all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.54 del 31-12-2014 )
TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI Sezione penale Il Tribunale, in composizione collegiale, nella persona di: dott. Francesco Oddi Presidente; dott. Enrica Ciocca Giudice relatore; dott. Ilaria Auricchio Giudice; nella camera di' consiglio del 30 maggio 2014 ha pronunciato la seguente ordinanza. Nel procedimento penale di I grado iscritto al n. 60/2012 R.G. a carico di: 1) Ricci Marco; 2) Giorgi Carlo; 3) Manti Gaetano; 4) Tomei Emanuele; 5) Estero Roberto; 6) Tomei Gabriele Maria; 7) Galiffo Francesco Paolo; 8) Fontana Maurizio; 9) Torelli Elio; 10) Torelli Guido; 11) Valentini Gianfilippo; 12) Grande Adelaide; 13) Umbertini Michela; 14) Pignocchi Roberto; Imputati Ricci Marco, Giorgi Carlo, Manti Gaetano, Estero Roberto, Tomei Emanuele, Tomei Gabriele Maria, Galiffo Paolo, Fontana Maurizio: A) del reato p. e. p. dagli artt. 110 c.p. 44 lett. c) in relazione all'art. 30 D.P.R. n. 380/01, per avere, in concorso tra loro, nelle rispettive qualita' di: 1) Ricci Marco responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Toffia, firmatario delle concessioni edilizie n. 17/00, n. 5/2000 rilasciate in data 10 aprile 2000 alla societa' «Terre Sabine Spa» amministrata da Manti Gaetano, nonche' dei seguenti permessi di costruire: n. 21/06 emesso in data 18 ottobre 2006 in variante alla concessione edilizia n. 17/00 a favore di Tomei Emanuele (amministratore della T.B. Immobiliare); n. 22/06 rilasciato a Estero Roberto (amministratore della T.B. Immobiliare); 2) Giorgi Carlo, direttore e progettista dei lavori relativi alla realizzazione dei fabbricati oggetto delle concessioni edilizie n. 17/2000, 5/2000, 21/06 e 22/06, nonche' direttore dei lavori in relazione ai permessi di costruire n. 17/07, 18/07, 19/07 e 20/07; 3) Manti Gaetano, amministratore unico della societa' «Terre Sabine s.p.a» (poi denominata Il Mio castello Spa), committente dei lavori e titolare della concessione edilizia n. 5/2000 avente ad oggetto la costruzione di un fabbricato bifamiliare sul terreno contrassegnato al foglio l particella n. 242 del NCU comune di Toffia; della concessione edilizia n. 17/2000 avente ad oggetto la realizzazione di un edificio bifamiliare sul terreno distino al NCT al foglio 1 particelle n. 7, 8, 164, 253, 254; 4) Tomei Emanuele, amministratore della societa' «TB immobiliare» fino alla data dell'11 ottobre 2006, titolare del permesso di costruire n. 21/06, variante alla concessione edilizia n. 17/00 relativa al fabbricato contraddistinto al foglio 1 particella n. 296 (Gia' 164); 5) Estero Roberto, amministratore unico della societa' «TB immobiliare costruzione srl» a partire dalla data dell'11 ottobre 2006, titolare della concessione edilizia n. 22/06 avente ad oggetto la realizzazione di un fabbricato bifamiliare sul terreno distinto al NCT al foglio 1 particelle 5/7/,10/165/254, 313; 6) Tomei Gabriele Maria, proprietario dei terreni contraddistinti al foglio 1 particelle n. 5, 7, 165, 254, 313 del NCU del comune di Toffia, oggetto del permesso di costruire n. 22/06 rilasciato alla societa' «TB immobiliare costruzione srl»; 7) Galiffo Francesco Paolo, proprietario di fatto dei terreni contraddistinti al foglio l particella n. 296, formalmente intestati alla societa' «TB immobiliare costruzione S.r.l.»; 8) Fontana Maurizio, titolare della omonimia ditta individuale, esecutore dei lavori per conto di Manti Gaetano e Torelli Elio, realizzato in Toffia localita' Colle Civetta, sui terreni sopraindicati, una lottizzazione abusiva a scopo edilizio, negoziale e materiale, con frazionamenti di lotti, compravendite, edificazione di fabbricati, che hanno comportato la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni stessi, in violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico vigente e comunque in violazione di legge, in particolare della legge regionale n. 38 del 22 dicembre 1999, come modificata dalle leggi regionali n. 4/02 e 8/03. Fatti commessi in Toffia fino al 5 giugno 2008 (data di esecuzione del sequestro preventivo). B) del reato p. e. p. dagli artt. 110 c.p. e 44 lett. B) in relazione all'art. 10 D.P.R. n. 380/01, per avere in concorso tra loro, nelle qualita' sopra indicate, edificato, in mancanza di validi permessi di costruire, le seguenti opere: un fabbricato bifamiliare sul terreno distino al foglio 1 del NCU del Comune di Toffia particelle 7/8/164/253/254/296; un fabbricato bifamiliare distinto al foglio numero l NCT del comune di Toffia, particelle 242 e 294; due immobili bifamiliari sul terreno distinto al foglio 1 particelle 5, 7, 10, 165, 254. Fatti commessi in Toffia fino al 5 giugno 2008 (data di esecuzione del sequestro preventivo). Ricci Marco, Giorgi Carlo, Torelli Elio, Torelli Guido, Valentini Gianfilippo, Grande Adelaide, Umbertini Michela, Pignocchi Antonio: C) del reato p e p. dagli artt. 110 c.p., 44 lett. c) in relazione all'art. 30 D.P.R. n. 380/01, per avere, in concorso tra loro, predisposto la trasformazione urbanistica dei terreni sotto indicati in localita' Colle Civetta, attraverso la presentazione di progetti, la suddivisione in lotti, il rilascio dei permessi di costruire a soggetti non legittimati, al fine di realizzare la edificazione di immobili, non compatibile con la destinazione agricola dell'area, in concorso tra loro e nelle rispettive qualita' di: Ricci Marco responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Toffia, firmatario dei permessi di costruire rilasciati in data 27 febbraio 2007, nn. 17/07, 18/07, 19/07, 20/07; Torelli Elio, titolare del permesso di costruire n. 17/2007 avente ad oggetto la realizzazione di un casale con annesso agricolo sui terreni contraddistinti al foglio n. 1 particelle n. 21, 22, 49, 97, 166; Torelli Guido, titolare del permesso di costruire n. 18/07 avente ad oggetto la realizzazione di un casale con annesso agricolo sui terreni contraddistinti al foglio n. 1 particelle n. 20, 12, 22, 49, 57, 97; Valentini Gianfilippo, titolare del permesso di costruire n. 19/07 avente ad oggetto la realizzazione di un casale con annesso agricolo sui terreni contraddistinti al foglio n. 1 particelle n. 22, 49, 50, 51, 166; Grande Adelaide, titolare del permesso di costruire n. 20/07 avente ad oggetto la realizzazione di un casale con annesso agricolo sui terreni contraddistinti al foglio n. 1, particelle 20, 21, 22; Umbertini Michela, ingegnere firmataria dei progetti assentiti con i permessi di costruire n. 17/07, 18/07, 19/07, 20/07; Pignocchi Antonio, progettista delle opere assentite con i permessi di costruire sopraindicati nn. 17, 18, 19, 20 del 2007; Giorgi Carlo quale direttore dei lavori. In Toffia, il 27 febbraio 2007 (data di rilascio dei permessi di costruire). Tutti: D) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110, 323 c.p, perche' in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed tempi diversi, Ricci Marco quale responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Toffia rilasciava in violazione delle norme del Piano Regolatore Generale e della legge regionale n. 38/1999 (come modificata dalle LL.RR. n. 4/02 e 8/03) i seguenti permessi di costruire: 17/00, 5/2000 in data 10 aprile 2000 alla societa' «Terre Sabine spa» amministrata da Manti Gaetano, n. 21/06 in data 18 ottobre 2006 a favore di Tomei Emanuele (amministratore della TB immobiliare); n. 22/06 a Estero Roberto (amministratore della TB Immobiliare); n. 17/07 a Torelli Elio; n. 18/07 a Torelli Guido; n. 19/07 a Valentini Gianfilippo; 20/07 a Grande Adelaide in data 27 febbaio 2007, cosi intenzionalmente procurando ai proprietari , costruttori, committenti e progettisti un ingiusto vantaggio patrimoniale. In Toffia nel periodo compreso tra il 10 aprile 2000 e il 27 febbraio 2007. Ricci Marco, Manti Gaetano, Giorgi Carlo: E) del reato p. e p. dagli artt. 110, 479 c.p. perche' Ricci Marco quale responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Toffia, attestava falsamente nelle proroghe dei permessi di costruire n. 17/2000 e 5/2000, rilasciate a favore di Manti Gaetano «visto la domanda presentata in data 10 aprile 2003/ n. 1052, per ottenere la proroga del termine stabilito per l'esecuzione delle opere concesse»; domanda di proroga, giammai presentata da Manti Gaetano e giammai protocollata, riferendosi il protocollo 2003/1052 ad una DIA presentata dal Manti per la variante alla concessione n. 5/2000, cosi' rilasciando la proroga alla concessione edilizia in epoca successiva alla termine di scadenza dell'atto amministrativo. Concorrendo Manti e Giorgi quali istigatori e beneficiari ultimi della condotta. In Toffia in data 3 ottobre 2005. Individuate le persone offese in: Comune di Toffia in persona del Sindaco pro tempore, costituito parte civile; Regione Lazio in persona del Presidente pro tempore. Sentite le parti e valutata la richiesta del P.M. di sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla ordinanza di remissione della Corte di cassazione n. 20636/2014 del 20 maggio 2014; All'esito della camera di consiglio del 30 maggio 2014, pronunciando sulla prospettata questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come interpretato dalla Corte E.D.U. nella sentenza 21 ottobre 2013 Varvara c. Italia; tenuto conto che le stesse difese degli imputati nel corso della discussione hanno invocato l'applicazione di tale pronuncia della Corte E.D.U. nel presente giudizio; esaminati gli atti e documenti di causa, Premesso in fatto che: Con decreto del 3 ottobre 2011 il G.U.P. del Tribunale di Rieti rinvio' a giudizio Ricci Marco, Giorgi Carlo, Manti Gaetano, Tornei Emanuele, Estero Roberto, Tornei Gabriele Maria, Califfo Francesco Paolo, Fontana Maurizio, Torelli Elio, Torelli Guido, Valentini Gianfilippo, Grande Adelaide, Ubertini Michela e Pignocchi. Roberto per rispondere del reato di abuso d'ufficio (capo D) in relazione al rilascio, da parte del Comune di Toffia, dei permessi di costruire n. 17/00 e 5/2000 in data 10 aprile 2000 alla societa' «Terre Sabine spa» amministrata da Manti Gaetano, del permesso di costruire n. 21/06 in data 18 ottobre 2006 a Tomei Emanuele (amministratore della TB Immobiliare), nonche' dei permessi di costruire n. 22/06 (a Estero Roberto), n. 17/07 (a Torelli Elio), n. 18/07 (a Torelli Guido), n. 19/07 (a Valentini Gianfilippo), n. 20/07 (a Grande Adelaide), tutti in data 27 febbraio 2007, sul presupposto della loro illegittimita', cosi' intenzionalmente procurando a proprietari, costruttori, committenti e progettisti un ingiusto vantaggio patrimoniale. Ricci Marco, Giorgi Carlo, Manti Gaetano, Estero Roberto, Tomei Emanuele, Tomei Gabriele Maria, Galiffo Paolo, Fontana Maurizio venivano rinviati a giudizio per rispondere anche del reato di lottizzazione abusiva e di abuso edilizio, relativamente alla realizzazione di: un fabbricato bifamiliare sul terreno distino al foglio 1 del N.C.T. del Comune di Toffia, particelle 7, 8, 164, 253, 254 e 296; un fabbricato bifamiliare distinto al foglio numero 1 NCT del Comune di Toffia, particelle 242 e 294; due immobili bifamiliari sul terreno distinto al foglio 1 particelle 5, 7, 10, 165 e 254. Inoltre, Ricci Marco, Giorgi Carlo, Torelli Elio, Torelli Guido, Valentini Gianfilippo, Grande Adelaide, Umbertini Michela, Pignocchi Antonio erano citati a giudizio per rispondere del reato di lottizzazione abusiva per avere predisposto la trasformazione urbanistica di terreni in localita' Colle Civetta di cui al capo C), attraverso la presentazione di progetti, la suddivisione in lotti, il rilascio dei permessi di costruire a soggetti non legittimati, al fine di realizzare l'edificazione di immobili, non compatibile con la destinazione agricola dell'area, in concorso tra loro. Da ultimo Ricci Marco, Manti Gaetano e Giorgi Carlo venivano rinviati a giudizio per rispondere del reato di falso ideologico in atto pubblico commesso in data 3 ottobre 2005 in relazione al rilascio di una proroga dei permessi di costruire n. 5 e 17/2000. Considerato in diritto 1. La rilevanza della questione. Sussiste certamente la rilevanza della questione prospettata, atteso che le norme in esame, delle quali si chiede il vaglio di costituzionalita', costituiscono l'immediato paradigma normativo di riferimento per la decisione dei reati contestati ai capi A) e C). Invero, la contravvenzione di lottizzazione abusiva (mista, in quanto sia negoziale sia materiale), e' contestata come commessa «in epoca fino al 5 giugno 2008» (capo A) ed «in data 27 febbraio 2007» (capo C), data dell'avvenuto rilascio dei permessi di costruire indicati nel capo di imputazione. Da tali date sono decorsi piu' dei 5 anni previsti quale termine massimo per la maturazione della prescrizione. Infatti, avendo il reato di lottizzazione natura permanente ed essendo inquadrabile nei reati progressivi nell'evento, esso si perfeziona, facendo cosi' cessare la permanenza, con il compimento degli atti che lo integrano (divisione del fondo, vendita dei lotti, realizzazione di opere di urbanizzazione), indipendentemente dalla costruzione, nei singoli lotti, degli edifici progettati (Cass. pen., sez. 3, 30 maggio 1984, n. 8398) oppure, in caso di lottizzazione materiale, con l'esaurimento della attivita' edificatoria (Cass. pen., sez. 3, 25 maggio 1998, n. 7640) oppure ancora con il sequestro preventivo delle opere abusive realizzate, sempre che il sequestro non sia seguito da ulteriori atti negoziali (es. stipula di contratti preliminari o di compravendita) (Cass. pen., sez. 3, 25 febbraio 2004 n. 15289). E nel caso in esame risulta dal materiale probatorio acquisito il compimento di tali atti, idonei a far cessare la permanenza. Ricorre astrattamente anche nel caso di specie la fattispecie lottizzatoria, atteso che la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha chiarito che la lottizzazione abusiva e' un reato «a consumazione alternativa» in quanto realizzabile sia quando manca un provvedimento autorizzatorio sia quando quest'ultimo sussista, ma sia contrario alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Cass. pen., S.U., 28 novembre 2001 n. 5515). L'individuazione delle ipotesi in cui e' applicabile l'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 e' rilevante ai fini della presente decisione in quanto l'epoca di consumazione dei reati e la mancata rinuncia da parte degli imputati alla prescrizione rende altamente probabile che all'esito del giudizio - senza che cio' valga come anticipazione della soluzione di merito, non demandabile al momento di questa pronuncia - si debba dichiarare l'improcedibilita' dell'azione penale per intervenuta estinzione del reato. Per consolidato indirizzo della Suprema Corte, in presenza di una causa estintiva del reato, il Giudice penale e' chiamato a verificare la presenza di circostanze di evidenza non contestabile in ordine alla innocenza dell'imputato, per assenza totale di prova della colpevolezza o per la prova positiva della sua innocenza, in quanto il proscioglimento nel merito prevale sulla pronuncia in rito, mentre in caso di prova insufficiente o contraddittoria (che richiede una valutazione comparativa tra piu' risultanze) prevale la pronuncia di improcedibilita' (Cass. Pen. Sez. U. 28 maggio 2009 n. 35490). Nel caso all'esame del Collegio il complesso dei documenti in atti, in particolare le pratiche edilizie in sequestro, con relativi titoli di proprieta' degli immobili oggetto dei capi di imputazione, gli esiti delle intercettazioni, sulle quali e' stata svolta perizia, le dichiarazioni dei testi escussi nel corso della istruttoria, le risultanze della consulenza del P.M. (pur con le precisazioni e rettifiche effettuate nel corso del dibattimento), non consentono, al momento, di avere l'evidenza della innocenza degli imputati. Risulta per tale ragione indispensabile ai fini della decisione la verifica della legittimita' costituzionale dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 che prevede che «la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e' stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio e' avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva e' titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.». 2. La non manifesta infondatezza della questione. Appare opportuna una pur succinta illustrazione dello sviluppo interpretativo delle norme che hanno disciplinato la confisca disposta a seguito di sentenza per reato di lottizzazione, secondo la lettura data dalla Suprema Corte, dalla Corte E.D.U. e dalla Corte costituzionale, per far comprendere come sia ineludibile un nuovo vaglio di legittimita' della interpretazione dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 offerta dalla Corte E.D.U. cosi' da illustrare le ragioni che inducono il Collegio a ritenere la questione non manifestamente infondata. 2.1. Art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 nella interpretazione della Corte di cassazione L'art. 44 comma 2 del D.P.R. n. 380/2001 prevede, come detto, che la confisca segue ad una «sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e' stata lottizzazione abusiva». Tale norma e' rubricata espressamente «sanzioni penali», a differenza del precedente art. 19 della legge n. 47/1985, che disciplinava la «Confisca dei terreni» (in modo analogo all'attuale) in una norma distinta da quella (art. 20) relativa alle sanzioni penali, nell'ambito di un capo volto a disciplinare le «norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali». In termini di qualificazione della confisca di cui all'art. 19 legge n. 47/1985, dopo un primo iniziale e remoto indirizzo che vi ravvedeva una sanzione penale, la Suprema Corte di cassazione, con condivisibile e costante orientamento successivo (a partire gia' da Cass. pen., sez. 3, 12 novembre 1990, Licastro), ha costantemente qualificato la confisca come sanzione amministrativa obbligatoria, non gia' una misura di sicurezza, applicata dal Giudice penale in supplenza rispetto al meccanismo amministrativo di acquisizione dei terreni lottizzati al patrimonio disponibile del comune (Cass. pen., sez. 3, 7 luglio 2004, n. 38728). Tale sanzione amministrativa secondo la Suprema Corte e' applicabile anche indipendentemente dalla sussistenza di una pronuncia di condanna, in base al solo accertamento della sussistenza degli estremi della lottizzazione abusiva (ex pluribus Cass. pen., sez. 3, 21 novembre 2007, n. 9982, Cass. pen., sez. 3, 30 aprile 2009, n. 21188, Cass. pen., sez. 3, 4 febbraio 2013 n. 17066) ed e' revocabile in caso di regolarizzazione amministrativa ex post della lottizzazione (Cass. pen., 14 dicembre 2000 n. 12999, Cass. 21 gennaio 2002, n. 1966, Venuti). Tale orientamento della Suprema Corte e' rimasto invariato e confermato anche dopo l'introduzione del D.P.R. n. 380/2001 ed anche a seguito delle pronunce della Corte E.D.U. del 30 agosto 2007 e del 20 gennaio 2009 nel caso Sud Fondi s.r.l. e. Italia (Cass. pen., sez. 3, 13 luglio 2009, n. 39078). 2.2. Sentenza C.E.D.U. Sud Fondi c. Italia Con la prima decisione del 30 agosto 2007 la Corte E.D.U. ha dichiarato ammissibile il ricorso proposto contro l'Italia sulla annosa e complessa vicenda c.d. «Punta Perotti» (definita, quanto al giudizio penale, dalla Cassazione con sent. 29 gennaio 2001, n. 11716) ed ha qualificato la confisca prevista dall'art. 19 della legge n. 47/1985, come sanzione penale, in quanto ha ritenuto che non tenda alla riparazione pecuniaria di un danno, ma a punire il responsabile per impedire la reiterazione di trasgressioni alle prescrizioni stabilite dalla legge. Ne consegue che trattandosi di una pena, la sua applicazione al di fuori di ipotesi di responsabilita' penale incorrerebbe nella infrazione all'art. 7 della CEDU. Con la seconda decisione del 20 gennaio 2009 la Corte E.D.U., nel pronunciarsi nel merito della vicenda ha ritenuto violati dall'Italia l'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'art. 1 comma 1 del Protocollo. Si ricorda che l'art. 7 della Convenzione stabilisce che «1. - Nessuno puo' essere condannato per una azione od omissione che, nel momento in cui e' stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti non puo' essere inflitta una pena piu' grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato e' stato commesso. 2. - Il presente articolo non ostacolera' il giudizio e la condanna di una persona colpevole di un'azione od omissione che, al momento in cui e' stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili», mentre l'art. 1 del Protocollo n. 1 recita: «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di pubblica utilita' e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale (...)». Il ricorso alla Corte E.D.U. derivava dalla pronuncia di confisca che era stata adottata dalla Suprema Corte di cassazione nonostante una pronuncia di assoluzione degli imputati per difetto di elemento soggettivo del reato, in quanto incorsi in un errore scusabile nella interpretazione della legge penale in particolare perche' la legge regionale applicabile, unita alla legge nazionale, era «oscura e mal formulata» e la relativa giurisprudenza contraddittoria. La Corte E.D.U. ha ritenuto che l'art. 7 della Convenzione, inderogabile anche in tempo di guerra o di altro pericolo pubblico (art. 15 Convenzione) garantisce una protezione contro le azioni penali, condanne e sanzioni arbitrarie, vieta l'analogia e l'applicazione estensiva della norma penale ai fatti che non costituivano reato e richiede di definire chiaramente i reati e le pene, in termini di accessibilita' e prevedibilita'. Dal momento che nel caso Sud Fondi la base giuridica del reato non rispondeva ai criteri di chiarezza, accessibilita' e prevedibilita', era impossibile prevedere che sarebbe stata inflitta una sanzione. La Corte E.D.U. in ordine all'art. 7 osservava che "A livello interno la definizione di «amministrativa» (paragrafi 65-66) data alla confisca controversa permette di sottrarre la sanzione in questione ai principi costituzionali che regolano la materia penale. L'articolo 27/1 della Costituzione prevede che la «responsabilita' penale e' personale» e l'interpretazione giurisprudenziale che ne viene data precisa che un elemento morale e' sempre necessario. Inoltre l'articolo 27/3 della Costituzione («Le pene .... devono tendere alla rieducazione del condannato») si applicherebbe difficilmente a una persona condannata senza che possa essere chiamata in causa la sua responsabilita' penale. 116. Per quanto riguarda la Convenzione, l'articolo 7 non menziona espressamente il legame morale esistente tra l'elemento materiale del reato e la persona che ne viene considerata l'autore. Tuttavia, la logica della pena e della punizione, cosi' come la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «persona colpevole» (nella versione francese) vanno nel senso di una interpretazione dell'articolo 7 che esige, per punire, un legame di natura intellettuale (coscienza e volonta') che permetta di rilevare un elemento di responsabilita' nella condotta dell'autore materiale del reato. In caso contrario, la pena non sarebbe giustificata. Sarebbe del resto incoerente, da una parte, esigere una base legale accessibile e prevedibile e, dall'altra, permettere che si consideri una persona come «colpevole» e «punirla» quando essa non era in grado di conoscere la legge penale, a causa di un errore insormontabile che non puo' assolutamente essere imputato a colui o colei che ne e' vittima." Quanto alla prospettata violazione dell'art. 1 del protocollo n. 1 la Corte ha ritenuto che: «la confisca dei terreni e degli edifici controversi di cui le ricorrenti erano proprietarie ha costituito una ingerenza nel godimento del loro diritto al rispetto dei beni. Non si puo' che concludere che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 e' applicabile. Resta da stabilire se questa situazione rientra nelle previsioni della prima o della seconda norma di tale disposizione. 126. L'articolo 1 del Protocollo n. 1 contiene tre norme distinte: «la prima, che si esprime nella prima frase del primo comma e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprieta'; la seconda, contenuta nella seconda frase dello stesso comma, riguarda la privazione della proprieta' e la sottopone ad alcune condizioni; per quanto riguarda la terza, contenuta nel secondo comma, essa riconosce agli Stati il potere, tra l'altro, di regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale (...) Le ricorrenti si sono chiaramente espresse sulla norma applicabile, chiedendo alla Corte di esaminare la causa sotto il profilo della «privazione dei beni». Dopo aver distinto il caso in esame da precedenti pronunce ed illustrato le posizioni delle ricorrenti e del Governo italiano sul punto, la Corte ha osservato: "che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 esige, anzitutto e soprattutto, che un'ingerenza della pubblica autorita' nel godimento del diritto al rispetto di beni sia legale: la seconda frase del primo comma di tale articolo autorizza una privazione di proprieta' solo «nelle condizioni previste dalla legge»; il secondo comma riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l'uso dei beni facendo entrare in vigore delle «leggi». Inoltre, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una societa' democratica, e' inerente a tutti gli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], n. 31107/96, § 58, CEDU 1999 II; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, § 50, Raccolta 1996 III). Ne consegue che la necessita' di stabilire se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunita' e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A n. 52; Ex-re di Grecia e altri c. Grecia [GC], n. 25701/94, § 89, CEDU 2000 XII) puo' farsi sentire solo quando e' risultato che l'ingerenza in questione ha rispettato il principio della legalita' e non era arbitraria. 137. La Corte ha appena constatato che il reato rispetto al quale la confisca e' stata inflitta alle ricorrenti non aveva alcuna base legale ai sensi della Convenzione e che la sanzione inflitta alle stesse era arbitraria (paragrafi 114 e 118 supra). Questa conclusione la porta ad affermare che l'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni delle ricorrenti era arbitrario e che vi e' stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1". La Corte E.D.U. ha ritenuto violato anche il "giusto equilibrio" menzionato in quanto nel caso in esame la buona fede e l'assenza di responsabilita' delle ricorrenti non avevano potuto svolgere alcun ruolo e le procedure applicabili non permettevano di tenere conto del grado di colpa o imprudenza delle ricorrenti ne' del rapporto tra la condotta tenuta ed il reato. Inoltre la Corte valutava che «la portata della confisca (85% di terreni non edificati), in assenza di un qualsiasi indennizzo, non si giustifica rispetto allo scopo annunciato, ossia mettere i lotti interessati in una situazione di conformita' rispetto alle disposizioni urbanistiche. Sarebbe stato ampiamente sufficiente prevedere la demolizione delle opere incompatibili con le disposizioni pertinenti e dichiarare inefficace il progetto di lottizzazione» e riteneva paradossale far diventare proprietario dei beni confiscati lo stesso Comune che aveva accordato i permessi di costruire illegittimi. 2.3 Le pronunce della Corte di cassazione successive alla sentenza C.E.D.U. Sud Fondi c. Italia. La Suprema Corte nelle pronunce successive alle due sentenze della Corte E.D.U. ora menzionate ha confermato sia la natura di sanzione amministrativa della confisca pronunciata ai sensi dell'art. 44 comma 2 del D.P.R. n. 380/2001 sia la possibilita' di disporre la confisca in assenza di una pronuncia di condanna, in caso di accertata sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di lottizzazione abusiva. Sotto il primo profilo la Suprema Corte ha rilevato, infatti, che la natura "di sanzione penale che la confisca ha per la Corte di Strasburgo e' essenzialmente collegata alle disposizioni della Convenzione Europea ed e' rilevante ai soli fini del rispetto delle relative disposizioni, (tra cui l'art. 7), ma non esclude che per il diritto interno la qualificazione sia diversa, analogamente alle sanzioni amministrative depenalizzate (ed in generale alle sanzioni amministrative disciplinate dalla legge 24 novembre 1981, n. 689), che la Corte Europea considera aventi natura penale, ai fini del rispetto delle garanzie previste dagli artt. 6 e 7 della Convenzione". (Cass. Pen. Sez. 3 30 aprile 2009, n. 21188). Come condivisibilmente osservato dalla Corte di legittimita': "Le nozioni di "reato" (infraction; criminal offence) di cui all'art. 7 della CEDU e di "materia penale" (matiere penale; criminal offence) di cui al precedente art. 6 risultano oggetto di valutazione autonoma da parte degli organi della Convenzione, al fine di poter prescindere (attraverso l'utilizzazione di parametri sostanziali capaci di cogliere l'intima essenza dell'illecito) dalle peculiarita' delle legislazioni degli Stati membri, si' da escludere una frammentazione su scala nazionale dei termini e dei concetti utilizzati all'interno della Convenzione. L'ambito applicativo dell'art. 7 della CEDU si estende ben al di la' degli illeciti e delle Sanzioni qualificati come "penali" in base al diritto interno, finendo per ricomprendere tutte le norme e tutte le misure considerate "intrinsecamente penali" in base alla concezione autonomista accolta dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, lasciando comunque alla discrezionalita' degli Stati membri la soluzione del problema relativo alla individuazione delle fonti penali legittime e concentrando la propria attenzione sugli aspetti sostanziali della legge e sulle garanzie che da essi derivano." (Cass. pen., sez. 3, 13 luglio 2009 n. 39078). Sotto il secondo profilo, pur in assenza di una sentenza di condanna, anche in presenza di una causa estintiva del reato, la Corte ha ritenuto che sia possibile dispone la confisca all'esito del compiuto accertamento della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di lottizzazione, oggettivo e soggettivo, in particolare devono ricorrere almeno profili di colpa (per impudenza, negligenza o difetto di vigilanza) del soggetto sul quale la misura incide (Cass. 39078/09 cit.). Cio' consente, secondo la Corte di legittimita', di non ravvisare alcun contrasto tra il disposto dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 e il principio generale formulato nell'art. 7 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, per cui non sussiste violazione dell'art. 117 Cost. A fondamento di' tale soluzione si individua una scelta che eccezionalmente fa il legislatore «per motivi di politica criminale relativi alla salvaguardia di valori che ritiene preminenti, quali la tutela della salute pubblica, dell'ambiente, del territorio, della lotta alla criminalita' organizzata, tiene in vita, nonostante l'estinzione del reato, una delle conseguenze sanzionatorie conseguenti al reato.» (Cass. pen. 21188/2009). Sulla base di tale interpretazione, costituzionalmente orientata e rispettosa della pronuncia della Corte E.D.U. la Corte di Cassazione non ha accolto le plurime questioni di legittimita'. costituzionale prospettate ritenendo: a) manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 19 legge n. 47/1085 (poi trasposto nell'art. 44 D.P.R. n. 380/2001) alla luce della ricostruzione effettuata della norma e della sua interpretazione (Cass. pen. 21188/09 cit.) sia in quanto la confisca conserva la sua natura sanzionatoria, perche' legata ad un fatto storico prescritto ma storicamente esistente, sia in quanto applicato da un organo che esercita la giurisdizione penale Cass. pen., sez. 3, 25 marzo 2009 n. 20243); b) irrilevante la questione di costituzionalita' dell'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 27, 41 e 117 Cost. rispetto ai terzi acquirenti dei quali non risulta in modo incontrovertibile la qualita' di terzi di buona fede (Cass. pen., sez. 3, 21 ottobre 2009 n. 48924); 2.4 Le pronunce della Corte costituzionale dopo la pronuncia della Corte E.D.U. Sud Fondi c. Italia Con ordinanza del 9 aprile 2008 la Corte d'Appello di Bari sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 3, 25 comma 2 e 27 comma 1 "nella parte in cui impone al giudice penale, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite, anche a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei confronti di persone estranee ai fatti". La Corte costituzionale, con sentenza n. 239 del 16 luglio 2009 dichiarava inammissibile la questione di legittimita' costituzionale sollevata, ritenendo la questione risolvibile in via interpretativa. La Corte ha richiamato sul punto l'opera interpretativa gia' effettuata dalla Suprema Corte, ricordando che solo in caso di incompatibilita' tra norma interna e disposizione convenzionale interposta (anche come interpretata dalla Corte di Strasburgo) e solo in caso di mancata possibilita' di risolvere la questione interpretando la norma interna compatibilmente con la norma internazionale, vada sollevata questione in relazione al parametro dell'art. 117 Cost. La Corte costituzionale ha incidentalmente ricordato il proprio indirizzo (sent. n. 85 del 2008) in ordine alla sussistenza di sentenze di proscioglimento che "pur non applicando una pena comportano, in diverse forme e gradazioni, un sostanziale riconoscimento della responsabilita' dell'imputato o la sua attribuibilita' all'imputato". 2.5 La sentenza Corte E.D.U. Varvara c. Italia Con sentenza del 21 ottobre 2013, definitiva il 25 marzo 2014 (a seguito del rigetto della richiesta di rinvio alla Grande Camera da parte del Governo Italiano) la Corte E.D.U. si e' ulteriormente pronunciata sulla questione della confisca disposta a seguito di' una sentenza di prescrizione, superando peraltro i confini della precedente sentenza sul caso Sud Fondi c. Italia. Vincenzo Varvara adiva la Corte E.D.U. il 23 marzo 2009 in quanto, imputato in procedimento penale per lottizzazione abusiva, in data 11 giugno 2008 la Corte di cassazione aveva respinto il suo ricorso, cosi' divenendo definitiva la sentenza della Corte d'appello di Bari che aveva dichiarato non luogo a procedere per estinzione del reato, ma che aveva disposto nel contempo la confisca dei terreni e delle opere costruite sugli stessi. La Corte E.D.U., ripercorsa la vicenda amministrativa e giudiziale del ricorrente, riportati tutti i principi generali gia' tenuti in considerazione nella sentenza Sud Fondi c. Italia, affrontando il caso concreto rilevava che la confisca era stata disposta nonostante l'estinzione del reato e la conseguente assenza di una sentenza di condanna. Tale decisione, secondo la Corte contrastava con i principi di diritto interno per i quali non si puo' punire un imputato in mancanza di una condanna e con i principi della Convenzione, in quanto l'articolo 7 esplicita il principio di legalita' nel diritto penale. La Corte E.D.U. ha osservato che: "Dato che nessuno puo' essere riconosciuto colpevole di un reato che non sia previsto dalla legge, e che nessuno puo' subire una pena che non sia prevista dalla legge, una prima conseguenza e' ovviamente il divieto per i giudici nazionali di interpretare in modo estensivo la legge a scapito dell'imputato, altrimenti quest'ultimo potrebbe essere punito per un comportamento non previsto come reato" e altra conseguenza e' il divieto di condanna se il reato e' stato commesso da un'altra persona. Ha aggiunto poi che: "70. Certo, gli Stati contraenti restano liberi, in linea di principio, di reprimere penalmente un atto compiuto fuori dall'esercizio normale di uno dei diritti tutelati dalla Convenzione e, quindi, di definire gli elementi costitutivi di questo reato: essi possono, in particolare, sempre in linea di principio e ad alcune condizioni, rendere punibile un fatto materiale o oggettivo considerato di per se', che derivi o meno da un intento criminale o da una negligenza; le rispettive legislazioni ne offrono degli esempi (Salabiaku c. Francia, 7 ottobre 1988, Serie A n. 141, § 27). Lo stesso principio e' stato affermato in Janosevic c. Svezia (n. 34619/97, 23 luglio 2002, § 68) in cui la Corte ha aggiunto che «la mancanza di elementi soggettivi non priva necessariamente un reato della sua natura penale; in realta', le legislazioni degli Stati contraenti offrono esempi di reati basati unicamente su elementi oggettivi». L'articolo 7 della Convenzione non richiede espressamente un «nesso psicologico» o «intellettuale» o «morale» tra l'elemento materiale del reato e la persona che ne e' ritenuta l'autore. Tra l'altro, la Corte ha recentemente concluso per la non violazione dell'articolo 7 in un caso in cui era stata inflitta una multa a una parte ricorrente che aveva commesso un reato senza dolo o colpa (Valico S.r.l. c. Italia (dec.), n. 70074/01, CEDU 2006 III). L'accertamento di responsabilita' era sufficiente per giustificare l'applicazione della sanzione." 71. La logica della «pena» e della «punizione», e la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore di un'interpretazione dell'articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilita' da parte dei giudici nazionali, .che possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al suo autore. In mancanza di cio', la punizione non avrebbe senso (Sud Fondi e altri, sopra citata, § 116). Sarebbe infatti incoerente esigere, da una parte, una base legale accessibile e prevedibile e permettere, dall'altra, una punizione quando, come nel caso di specie, la persona interessata non e' stata condannata. 72. Nella presente causa, la sanzione penale inflitta al ricorrente, quando il reato era estinto e la sua responsabilita' non era stata accertata con una sentenza di condanna, contrasta con i principi di legalita' penale appena esposti dalla Corte e che sono parte integrante del principio di legalita' che l'articolo 7 della Convenzione impone di rispettare. La sanzione controversa non e' quindi prevista dalla legge ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione ed e' arbitraria." Anche nella sentenza Varvara e' affrontata la questione dell'osservanza dell'articolo 1 del Protocollo 1. "84. La Corte rammenta che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 esige, prima di tutto e soprattutto, che una ingerenza dell'autorita' pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo comma di questo articolo autorizza una privazione della proprieta' soltanto «nelle condizioni previste dalla legge»; il secondo comma riconosce agli Stati il diritto di regolamentare, l'uso dei beni mettendo in vigore delle «leggi». Inoltre, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una societa' democratica, e' intrinseco in tutti gli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], n. 31107/96, § 58, CEDU 1999 II; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996; § 50, Recueil 1996 III). Ne consegue che la necessita' di verificare che sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunita' e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A n. 52; Ex-re di Grecia e altri c. Grecia [GC], n. 25701/94, § 89, CEDU 2000 XII) puo' farsi sentire soltanto se risulta che l'ingerenza contestata abbia rispettato il principio di legalita' e non fosse arbitraria. 85. La Corte ha appena constatato che il reato in relazione al quale e' stata ordinata la confisca dei beni del ricorrente non era previsto dalla legge nel senso dell'articolo 7 della Convenzione ed era arbitrario (paragrafi 72-73 sopra). Questa conclusione la induce a dichiarare che l'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del ricorrente era contraria al principio di legalita' ed era arbitraria e che vi e' stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1. Questa conclusione esonera la Corte dal verificare se vi sia stata rottura del giusto equilibrio." Va menzionato che alla sentenza e' stata allegata l'opinione separata del Giudice Pinto de Albuquerque, che non ha condiviso la pronuncia quanto alla violazione dell'art. 7 della Convenzione, mentre ha condiviso la constatazione di violazione dell'art. 1 del Protocollo 1 e le ulteriori statuizioni. La diversa valutazione muove dalla analisi dell'istituto della confisca, utilizzato come misura di lotta alle piu' gravi forme di criminalita', ad esempio in materia di traffico di stupefacenti, di terrorismo, di criminalita' transnazionale organizzata e di corruzione. All'esito dell'esame delle disposizioni delle Convenzioni internazionali in materia il Giudice evidenzia che: "E' inevitabile concludere, in merito alla prassi costante e quasi universale degli Stati e dell'opinio iuris sopra citata; che esiste oggi una norma consuetudinaria internazionale in materia di confisca di strumenti e proventi di reato, che comprende le sei seguenti tipologie: confisca degli strumenti utilizzati nel momento in cui e' commesso il reato o destinati a quest'ultimo, confisca dei proventi di reato, confisca del loro valore equivalente, confisca dei proventi trasformati o uniti ad altri beni, confisca degli introiti e degli altri vantaggi indiretti e protezione del terzo di buona lede. L'obbligo di confiscare strumenti e proventi di reato, secondo le ampie modalita' descritte, riguarda il numero piu' elevato possibile di reati e, almeno, quelli creati conformemente alle convenzioni sopra menzionate. Questa norma universale in materia di confisca di strumenti e proventi di reato costituisce una soglia minima e gli Stati hanno la facolta' di andare oltre nella loro legislazione interna." Oltre a sottolineare la giurisprudenza definita "contraddittoria ed incoerente" della Corte E.D.U. in materia di confisca, dovuta ad un approccio casistico, spesso basato su profili secondari, il Giudice Pinto de Albuquerque dichiara di non condividere la classificazione della confisca in questione tra le pene, in primo luogo dal momento che "la confisca si prefigge di contrastare la speculazione immobiliare non rispettosa dell'assetto territoriale e della tutela ambientale, il suo carattere preventivo e' evidente. La sua presunta natura «repressiva» e «punitiva» non lo e' altrettanto. Per giustificare questo scopo «punitivo» non e' sufficiente fare affidamento sulle percentuali dei terreni non edificati confiscati e ancor meno sulla superficie dei terreni confiscati. La gravita' concreta di una sanzione penale non puo' che confermarne la natura penale, ma non puo' sostituirla. La natura «penale» della confisca non puo' dipendere dalla sua gravita' concreta. Piuttosto e' il regime legale della confisca, come stabilito dalla legge e interpretato e applicato dalla giurisprudenza, a dover condurre a una conclusione sulla sua natura. Per evitare la frode delle etichette, cosi' ricorrente in questo campo, occorre richiamare alla mente la saggezza di Celso: scire leges non hoc est: l'erba earum tenere, sed vim ac potestatem (conoscere le leggi non e' tenerne a mente le parole, ma lo spirito e la forza). Questo scopo «punitivo» e' contraddetto dal fatto che i beni confiscati in virtu' dell'articolo 19 della legge n. 47 del 1985 sono acquisiti non al patrimonio dello Stato, come nel caso della confisca penale prevista dall'articolo 240 del codice penale, ma degli enti locali e la confisca puo' essere revocata se l'amministrazione regolarizza ex post facto la lottizzazione. Nel diritto penale moderno, una pena non puo' essere revocata da un atto retroattivo dell'amministrazione. Il principio della separazione dei poteri lo vieterebbe. Se l'amministrazione puo' sanare la lottizzazione successivamente ad una decisione giudiziaria definitiva di confisca e revocare questa misura, occorre concludere che il giudice penale che emette questa decisione non ha l'ultima parola per quanto riguarda la legalita' della lottizzazione. Cosi' la confisca disciplinata dall'articolo 19 della legge n. 47 del 1985 e' precisamente una misura provvisoria e conservativa volta a fronteggiare il pericolo di una speculazione immobiliare non conforme alle prescrizioni legali e amministrative fino a che l'organo competente dell'amministrazione non decida definitivamente sulla legalita' della lottizzazione. Ha dunque concluso ritenendo che: "la confisca per lottizzazione abusiva e' di natura amministrativa e non dipende dalla verifica dell'esistenza delle condizioni oggettive (actus reus) e soggettive (mens rea) di applicazione delle «pene» alla data dei fatti, nonostante siano pronunciate da un tribunale penale all'esito di un procedimento penale. La nozione costituzionale di «funzione sociale della proprieta'» non e' estranea al modo in cui e' articolata la confisca amministrativa. Cosi, dal punto di vista della Convenzione, la confisca per lottizzazione abusiva puo' essere considerata come una «violazione» del diritto di proprieta' «necessaria per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale», la cui legittimita' deve essere valutata dal punto di vista dei criteri della legalita' e della proporzionalita' dell'articolo 1 del Protocollo n. l, ma certamente non come una «pena» sottoposta alle condizioni dell'articolo 7 della Convenzione". 2.6 La posizione della Corte di cassazione all'esito della sentenza Varvara La Suprema Corte ha ritenuto che alla luce della sentenza Varvara non sia possibile confermare il precedente indirizzo assunto in merito alla confisca in materia di lottizzazione gia' riportato, in quanto la Corte E.D.U. non richiede piu' solo un accertamento dei profili di responsabilita', ma una sentenza di condanna, per cui con sentenza/ordinanza n. 20636/2014 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001. come interpretato dalla Corte E.D.U. in quanto contrastante con principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale quali la tutela del paesaggio, dell'ambiente, della vita e della salute, concludendo per la contrarieta' di tale interpretazione agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e, ovviamente, 117 Cost. Le argomentazioni della Suprema Corte sono pienamente condivisibili e sono state approfondite in modo ampio ed esaustivo, per cui verranno riproposte in modo sintetico nel prosieguo, essendo gia' state sottoposte all'esame della Corte adita. Il percorso argomentativo della Suprema Corte e' stringente: la Carta costituzionale prevede diritti fondamentali (altresi' diritti umani, diritti inviolabili, costituzionali), rispetto ai quali la proprieta' e l'iniziativa economica privata, di cui agli artt. 42 e 41 Cost. sono piegati per assolvere una funzione ed utilita' sociale: per la proprieta' privata si determinano i' modi di acquisto, di godimento e i limiti "allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti" (art. 42 comma 2 Cost.); l'iniziativa economica privata non si puo' svolgere in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana (art. 41 comma 2 Cost.) e la legge determina i programmi e i controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e privata "possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali"; l'art. 2 Cost. garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, "sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'" ed in questo ambito vi rientra l'ambiente e l'uso del territorio (sent. n. 210/1987 Corte cost.) con la necessita' di cercare un equilibrio ed un contemperamento tra dignita' umana, paesaggio, cultura, iniziativa economica privata (sent. n. 196/2004 Corte Cost. in materia di "condono"); la proprieta' privata non rientra tra i diritti inviolabili garantiti (e' inserita non tra i principi fondamentali o tra i diritti e doveri dei cittadini, ma nel titolo dedicato ai "rapporti economici"), vi rientra solo quale "proprieta' personale", riferibile al soddisfacimento dei bisogni primari dell'uomo, ad esempio l'abitazione (art. 47 Cost.); la proprieta' privata non costituisce un "valore assoluto", ma un diritto secondo previsione di legge, che puo' comprimerla, ridurla ad un "nucleo essenziale"; nel caso di specie e' l'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 e, dunque, proprio la legge, a statuire in caso di accertata lottizzazione il sacrificio del diritto di proprieta', mentre l'interpretazione data dalla Corte E.D.U. non consente una "confisca senza condanna", pur in presenza della accertata sussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi del reato, impone di considerare il diritto di proprieta' inviolabile e la confisca contraria al principio di legalita' e arbitraria, cosi' contravvenendo al disposto dell'art. 2 Cost. l'art. 9 Cost. tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione quale principio fondamentale, risorsa naturalistica (morfologica, estetica), ma anche economica, che giustifica il sacrificio della proprieta' privata laddove una condotta illecita incide, anche in modo rilevante sull'assetto del territorio e sull'intero ambiente, come avviene nelle ipotesi di lottizzazione abusiva. L'esegesi dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 della Corte E.D.U. che limita l'operativita' della confisca e la ritiene arbitraria dove pronunciata in caso di accertamento di lottizzazione senza condanna implica una prevalenza del diritto di proprieta' rispetto alla tutela del territorio e paesaggio in contrasto con un valore fondamentale; l'art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo che, in senso estensivo ed in collegamento con l'art. 9 Cost. implica la tutela di un ambiente salubre, da proteggere come "elemento determinativo della qualita' della vita" (Corte cost. sent. nn. 210 e 641 del 1987); il diritto soggettivo ad un ambiente salubre e' stato riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimita', anche delle Sezioni Unite, come un particolare modo di atteggiarsi del diritto alla salute costituzionalmente garantito (Cass., S.U., 5172 del 6 ottobre 1979); l'interesse fondamentale della persona alla difesa della salubrita' dell'ambiente e' stato valutato preminente e prevalente anche dalla Corte costituzionale nel confronto e contemperamento con altri "valori" dell'ordinamento quali la liberta' economica ed il diritto di proprieta', mentre la interpretazione dell'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 data dalla Corte E.D.U. da' prevalenza al diritto di proprieta' e impedisce l'applicazione della norma sanzionatoria in caso di assenza di pronuncia di condanna, anche se e' accertato un illecito lottizzatorio, che la normativa urbanistica mira a contrastare mediante la pianificazione territoriale, "i cui scopi sano a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, b) assicurare che i processi di trasformazione siano compatibili con la sicurezza e la tutela della integrita' fisica e con l'identita' culturale del territorio, c) migliorare la qualita' della vita e la salubrita' degli insediamenti umani"; gli artt. 41 e 42 Cost., come detto, tutelano la proprieta' e la iniziativa economica privata, ma nell'ottica di assolvere ad una funzione ed utilita' sociale; in materia di lottizzazione e' il legislatore a ritenere che la condotta lottizzatoria non sia compatibile con tale funzione sociale ed a prevedere il sacrificio dell'interesse del proprietario mediante l'ablazione coattiva di cui all'art. 44 D.P.R. n. 380/2001, mentre l'interpretazione che ne ha dato la Corte E.D.U. impedisce la piena operativita' della confisca anche in caso di un accertamento degli elementi costitutivi del reato di abusiva lottizzazione; il concetto di urbanistica, come accolto anche dalla piu' recente giurisprudenza del Consiglio di Stato non e' piu' limitato alla sola individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale ed alla possibilita' e ai limiti edificatori, ma e' funzionale alla realizzazione di finalita' economico-sociali della comunita' locale, nel rispetto e nell'attuazione dei valori costituzionalmente tutelati dell'ambiente e del paesaggio, della tutela della salubrita' dell'ambiente, per cui l'art. 117 Cost. si esprime in termini di "governo del territorio" che ne richiede uno sviluppo armonico. La Suprema Corte ha concluso che nel caso di specie non sia possibile fornire una interpretazione dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 secondo le indicazioni date dalla Corte E.D.U. che sia conforme ai principi della Carta costituzionale, in quanto contrastante con gli artt. 2, 9, 32, 41, 42, 117 Cost. e che non e' allo stato operativa la procedura di cui al Protocollo n. 16 alla CEDU di sospensione del procedimento per un parere consultivo. Dette norme della Carta costituzionale impongono che il paesaggio, l'ambiente, la vita e la salute siano tutelati quali valori costituzionali oggettivamente fondamentali, cui riconoscere prevalenza nel bilanciamento con il diritta di proprieta', in quanto la norma suddetta, come sopra interpretata, non tiene conto di tale bilanciamento, che deve essere sempre operato qualora siano in gioco opposti interessi costituzionalmente protetti, anche qualora gli uni trovino tutela nella Cedu e gli altri nella Costituzione italiana (v. Corte cost. n. 264 del 2012). La Corte ha, pertanto, ritenuto necessario sollevare la questione di costituzionalita', richiamando le pronunce n. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale e la relativa ricostruzione dei rapporti tra Convenzione europea dei diritti dell'uomo - nella interpretazione data dalla Corte di Strasburgo - , obblighi internazionali derivanti dall'art. 117 primo comma Cost. e ipotesi di ricorso alla Corte costituzionale. In particolare la Suprema Corte ha correttamente ricordato che la' dove non sia possibile una interpretazione di una norma interna conforme alla norma internazionale (come interpretata dalla Corte E.D,U.) va fatto ricorso alla Corte costituzionale in quanto la norma CEDU nell'integrare l'art. 117 Cost. diviene oggetto di bilanciamento nell'ambito di una valutazione sistemica. 2.7 I profili di illegittimita' ed ulteriore profilo di violazione della Costituzione La ricostruzione della Cassazione sui profili di incompatibilita' dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 come interpretato dalla Corte E.D.U. con i principi della Carta costituzionale e' del tutto condivisibile e viene fatta propria da questo Tribunale. E', infatti, palese che la Corte E.D.U. richiede, per poter pronunciare la confisca dei terreni lottizzati e delle opere realizzate, una sentenza di condanna che non e' prevista dall'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 e valuta la tutela della proprieta' individuale preminente anche in caso di compiuto accertamento di una condotta lottizzatoria, quando non sia possibile una pronuncia di condanna dell'imputato. In tal modo, pero', si valuta come inviolabile un diritto - quello della proprieta' privata - che la Costituzione non pone tra i principi fondamentali ne' tra i diritti e doveri dei cittadini, cosi sacrificando i valori della tutela del paesaggio e dell'ambiente (art. 9 Cost.), quale diritto ad un ambiente salubre (art. 32 Cost.), che costituiscono manifestazioni dei diritti inviolabili dell'uomo e che debbono essere garantiti - in sede di bilanciamento dei valori - anche con la previsione del sacrificio della proprieta' privata ove non sia rispettata la sua funzionale sociale (artt. 41 e 42 Cost.). La confisca in materia di lottizzazione mira a contrastare i fenomeni di speculazione immobiliare, l'edificazione sul territorio in spregio all'assetto territoriale ed alla tutela ambientale, con funzione preventiva di tutela e rispetto ambientale e, dunque, di una funzione sociale che travalica la sanzione della singola condotta illecita lottizzatoria, mentre la natura repressiva che si intende attribuire sacrifica in modo ingiustificato il diritto alla tutela ambientale e del territorio, come gia' specificata, nei casi in cui il fatto e' sussistente, ma il reato e' estinto per prescrizione. Si ritiene, dunque, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte di cassazione, che vada sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 - come interpretato dalla Corte di Strasburgo - in relazione agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117 comma 1 Cost. per quanto sinora detto. Si ritiene, peraltro, che l'interpretazione data dalla Corte E.D.U. contrasti altresi' con l'art. 25 comma 2 Cost., profilo che, invece, la Suprema Corte non ha ritenuto di sollevare. L'art. 25 Cost. e' stato richiamato dalla Corte E.D.U. nella premessa della sentenza Varvara tra i "principi generali di diritto penale", unitamente agli art. 27 Cost., all'art. l c.p., agli art. 42 c.p. ed all'art. 5 c.p. La Corte E.D.U. ha poi esaminato l'istituto della confisca, valutando l'art. 240 c.p., la normativa in materia di dogane e contrabbando, per poi passare agli artt. 19 e 20 della legge n. 47/1985 e dell'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 ed ha considerato, nella sua disamina, la interpretazione data nell'ordinamento italiano alla confisca, prevista in materia di lottizzazione abusiva, quale sanzione amministrativa. Si e' gia' ricordato in precedenza che le nozioni di "reato" (infraction; criminal offence) di cui all'art. 7 della CEDU e di "materia penale" (matiere penale) di cui al precedente art. 6 risultano pacificamente oggetto di valutazione autonoma da parte degli organi della Convenzione, al fine di poter prescindere dalle peculiarita' delle legislazioni degli Stati membri, si' da escludere una frammentazione dei termini e dei concetti utilizzati all'interno della Convenzione, utilizzando parametri sostanziali di valutazione dell'illecito, della legge e delle garanzie che ne derivano. L'ambito applicativo dell'art. 7 della CEDU, dunque, si estende ben al di la' degli illeciti e delle sanzioni qualificati come "penali" in base al diritto interno, tanto da ricomprendere tutte le norme e tutte le misure considerate "intrinsecamente penali" in base alla concezione autonomista accolta dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Pur riconoscendo la piena valenza di tali principi generali, nel caso di specie si deve osservare che la valutazione data dalla Corte E.D.U. sconta una qualificazione dell'istituto della confisca difforme da quella sua propria, cosi' finendo per imporre ad essa una sostanziale natura di sanzione penale (neanche una misura di sicurezza patrimoniale) che non e' prevista dalla legge interna, una sanzione che si ritiene soggetta ai principi propri del diritto penale, ivi compreso il suo diretto collegamento con una sentenza di condanna, cosi' attribuendo una funzione repressiva e punitiva in luogo di una funzione propria dell'istituto, preventiva, conservativa e di garanzia collettiva della integrita', salubrita' e rispetto del governo del territorio. La circostanza non e' di breve momento, in quanto non sono rispettate le peculiarita' dell'istituto e le conseguenze relative (come giustamente considerato nel parere dissenziente del Giudice Pinto de Albuquerque sopra richiamata): in primo luogo la confisca in materia di lottizzazione non prevede l'acquisizione dei terreni in favore dello Stato, come accade usualmente in caso di confisca, ma del Comune, chiamato a disciplinare l'assetto del territorio; in secondo luogo detta confisca non e' applicabile, o se e' stata gia' applicata e' considerata revocabile, laddove il Comune disciplini diversamente l'assetto del territorio, cosi' da sanare l'area lottizzata e da valutare non contrario all'interesse collettivo l'assetto posto in essere dal privato, ma la possibilita' di non applicazione della confisca o di tale revoca verrebbe meno se si ritenesse la confisca una sanzione penale che il Giudice penale deve necessariamente statuire in sede di condanna. Non va, poi, sottaciuto che sussistono nell'ordinamento interno ipotesi in cui la confisca dei beni provento di specifiche attivita' delittuose o gli strumenti utilizzati per commettere tali reati sono suscettibili di confisca anche quando il reato si sia estinto (es. art. 301 D.P.R. n. 43/1973 e ss.mm. in materia di contrabbando, cfr. Cass. pen., sez. 3, 21 settembre 2007, n. 38724), nell'ambito di un piu' generale contesto di norme, anche internazionali, che utilizzano la confisca per fronteggiare il traffico di stupefacenti, la prevenzione di fenomeni terroristici (ed al relativo finanziamento), di lotta alla criminalita' organizzata, alle ipotesi di corruzione. Non sembra possibile, infine, trascurare lo sviluppo storico della norma (identica alla precedente gia' intestata "sanzioni amministrative"), la interpretazione che ne e' stata data dai Giudici nazionali con orientamento oramai consolidato, nonche' la funzione dell'istituto della confisca in materia di lottizzazione, in quanto la ben diversa interpretazione fornita dalla Corte E.D.U. implica la applicazione della confisca in termini sanzionatori penali, contrariamente a quanto nelle intenzioni e previsioni del legislatore, cosi comportando la violazione dell'art. 25 Cost. che prevede che nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge e tale non si puo' intendere l'art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380/2001 che non ha introdotto una sanzione penale. Per quanto sinora detto l'art. 44 D.P.R. n. 380/2001, se e come interpretato dalla Corte di Strasburgo, non risulta rispettoso dei principi costituzionali, in quanto la necessaria correlazione posta tra la confisca con una sentenza di condanna ed il richiesto rispetto di tutti principi posti a salvaguardia della applicazione delle pene non consente piu' una interpretazione della norma interna che garantisca il contemperamento tra i principi della C.E.D.U. e i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, che risultano di conseguenza violati. Va, pertanto, sollevata la questione di legittimita' costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117 primo comma Cost. (sentt. 348 e 349 del 2007) e degli artt. 2, 9, 25, 32, 41, 42 Cost. Il giudizio in corso dev'essere, conseguentemente, sospeso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale
P.Q.M. Il Tribunale di Rieti, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, come interpretato dalla Corte E.D.U. (sentenza Varvara) nel senso che la confisca ivi prevista non puo' applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilita' penale sia stata accertata in tutti i suoi elementi, per violazione degli artt. 2, 9, 25, 32, 41, 42, 117, primo comma, Cost. Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; rinvia sin da ora in prosecuzione il giudizio all'udienza del 26 febbraio 2015 ore 9.30. Cosi' deciso in Rieti nella camera di consiglio del 30 maggio 2014. Il Presidente: Oddi Il giudice relatore: Ciocca