N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 marzo 2015 (della Regione Puglia). 
 
Energia  -  Legge  di  stabilita'  2015   -   Norme   relative   alle
  autorizzazioni  per  le  infrastrutture   energetiche   strategiche
  rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico - Previsione che,
  in caso di mancato  raggiungimento  delle  intese  con  le  Regioni
  interessate, si provvede con le modalita' di cui all'art. 1,  comma
  8-bis, della legge n. 239 del 2004, nonche' con le modalita' di cui
  all'art. 14-quater,  comma  3,  della  legge  n.  241  del  1990  -
  Disciplina degli effetti dell'autorizzazione rilasciata  -  Ricorso
  della  Regione  Puglia  -  Denunciata  lesione   della   competenza
  regionale  legislativa  concorrente  in  materia   di   produzione,
  trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia  e  di  porti  e
  aeroporti  civili  e  di  governo  del  territorio,  nonche'  delle
  competenze  amministrative  spettanti  alla  Regione  in  base   al
  principio    di    sussidiarieta'    -    Denunciata     previsione
  dell'applicazione della  procedura  di  superamento  della  mancata
  intesa di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del  2004
  anche ad ipotesi in cui lo stallo decisionale dipenda da divergenze
  sostanziali tra le parti e non esclusivamente a condotte  meramente
  passive delle amministrazioni regionali - Denunciata previsione del
  procedimento unilaterale di superamento della mancata intesa di cui
  all'art. 14-quater,  comma  3,  della  legge  n.  241  del  1990  -
  Violazione del principio di leale collaborazione. 
- Legge 23 dicembre 2014, n.  190,  art.  1,  comma  552,  lett.  b),
  aggiuntiva dei commi 3-bis e 3-ter all'art. 57 del decreto-legge  9
  febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla  legge  4
  aprile 2012, n. 35. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Energia - Legge di stabilita' 2015 - Norme relative alle attivita' di
  prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e stoccaggio  di
  gas naturali - Previsione che il Ministro dello sviluppo economico,
  con proprio decreto, predispone un piano delle  aree  in  cui  sono
  consentite le suddette attivita' e che  tale  piano,  per  le  sole
  attivita' sulla  terraferma,  e'  adottato  previa  intesa  con  la
  Conferenza unificata o, in caso di mancato raggiungimento di  essa,
  con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239
  del 2004 - Ricorso della Regione Puglia - Denunciata previsione  di
  una previa intesa  con  la  Conferenza  unificata,  anziche'  della
  necessaria   acquisizione   dell'intesa   con   ciascuna    Regione
  territorialmente interessata ad ogni attivita', anche  destinata  a
  svolgersi   nel   mare   continentale   -   Denunciata   previsione
  dell'applicazione della  procedura  di  superamento  della  mancata
  intesa di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del  2004
  anche ad ipotesi in cui lo stallo decisionale dipenda da divergenze
  sostanziali tra le parti e non esclusivamente a condotte  meramente
  passive delle amministrazioni regionali - Lesione della  competenza
  regionale  legislativa  concorrente  in  materia   di   produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e di  governo  del
  territorio, nonche' delle competenze amministrative spettanti nelle
  medesime  materie  alla   Regione   in   base   al   principio   di
  sussidiarieta'. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 554, sostitutivo  del
  comma 1-bis dell'art. 38 del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.
  133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11  novembre  2014,
  n. 164. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
(GU n.17 del 29-4-2015 )
    Ricorso della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore  della  Giunta  regionale  dott.  Nicola  Vendola,   a   cio'
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.  220  del  20
febbraio  2015,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.   Alfonso   Papa
Malatesta        del        Foro        di         Roma         (pec:
a.papamalatesta@cert.vm-associati.it) e dall'avv. Vittorio Triggiani,
Coordinatore dell'Avvocatura Regionale, ed elettivamente  domiciliato
presso lo studio del primo in Roma, piazza Barberini n. 12,  come  da
mandato a margine del presente atto; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 552 e 554, della legge 23  dicembre
2014, n. 190 [Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)], pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 29  dicembre  2014,  n.  300  (S.O.  n.  99),  per
violazione degli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, della
Costituzione. 
1. - In relazione al comma 552. 
  1.1. - Premessa. 
    Il comma 552 dell'art. 1, della legge n. 190 del 2014 apporta  le
seguenti modificazioni all'art. 57 del  d.l.  n.  5  del  2012  (come
convertito in legge): 
      i) introduce al comma 2, dopo le parole «per le  infrastrutture
e insediamenti strategici di cui al comma 1», le parole «nonche'  per
le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio,  al  trasferimento
degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai  terminali
costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento
di titoli concessori, comprese quelle localizzate  al  di  fuori  del
perimetro delle concessioni  di  coltivazione»,  e  dopo  la  parola:
«autorizzazioni», le parole: «incluse quelle» (lett. a); 
      ii) introduce i commi 3-bis e 3-ter dopo il comma 3 (lett. b). 
    A seguito di tale intervento, dunque, l'art.  57,  comma  2,  del
d.l. n. 5 del 2012 cosi' dispone: «Fatte salve  le  competenze  delle
regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento  e  di
Bolzano e le normative in materia ambientale, per le infrastrutture e
insediamenti strategici di cui al  comma  1,  nonche'  per  le  opere
necessarie al trasporto,  allo  stoccaggio,  al  trasferimento  degli
idrocarburi  in  raffineria,  alle  opere  accessorie,  ai  terminali
costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento
di titoli concessori, comprese quelle localizzate  al  di  fuori  del
perimetro  delle  concessioni  di  coltivazione,  le  autorizzazioni,
incluse quelle previste all'art. 1, comma 56, della legge  23  agosto
2004, n. 239, sono rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico,
di concerto con il Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti
limitatamente  agli  impianti  industriali  strategici   e   relative
infrastrutture,  disciplinati   dall'art.   52   del   Codice   della
Navigazione, d'intesa con le Regioni  interessate».  Puo'  essere  il
caso di precisare che gli «interventi strategici di cui al  comma  1»
ai quali si riferisce tale disposizione concernono  gli  stabilimenti
di lavorazione e di stoccaggio, nonche' i depositi  costieri  di  oli
minerali, i depositi di carburante per aviazione siti all'interno del
sedime aeroportuale, i depositi di stoccaggio di  oli  minerali,  gli
oleodotti,  nonche'  gli  impianti  per   l'estrazione   di   energia
geotermica. 
    Il comma 3-bis, a sua volta, prevede che,  nel  caso  di  mancato
raggiungimento dell'intesa di cui al citato comma 2, si provveda «con
le modalita' di cui all'articolo  1,  comma  8-bis,  della  legge  23
agosto 2004, n. 239, nonche' con le  modalita'  di  cui  all'articolo
14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241». 
    Il  successivo  comma  3-ter,  infine,  disciplina  gli   effetti
dell'autorizzazione rilasciata secondo le modalita' sopra descritte. 
    Come si vede, il testo previgente dell'art. 57, comma 2, del d.l.
n. 5 del 2012 avocava in sussidiarieta' allo Stato lo svolgimento  di
funzioni amministrative di natura autorizzatoria nella materia  della
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia»,
nonche' in quelle  del  «governo  del  territorio»  e  dei  «porti  e
aeroporti civili», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. Si tratta,
come e' noto, di  materie  di  competenza  concorrente,  nelle  quali
l'avocazione in sussidiarieta'  allo  Stato  di  specifiche  funzioni
amministrative  -  e  della  relativa  disciplina  normativa  -  sono
realizzabili,  per  ormai  costante  giurisprudenza   costituzionale,
soltanto ove la disciplina statale che opera tale avocazione  preveda
una intesa con la singola Regione interessata. Gia' a  partire  dalla
sent.  n.  303  del  2003,  infatti,  la  Corte   costituzionale   ha
evidenziato che «per giudicare se una legge statale che occupi questo
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali  o  non  costituisca
invece applicazione dei  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra
lo Stato  e  le  Regioni  interessate,  alla  quale  sia  subordinata
l'operativita'  della  disciplina»  (par.  4.1.  del  Considerato  in
diritto). 
    Come si e' visto, il comma  2  piu'  sopra  citato,  in  effetti,
prevede espressamente la necessarieta'  dell'intesa  con  la  singola
Regione  interessata  ai  fini   del   rilascio   dei   provvedimenti
autorizzatori.   L'odierna   ricorrente   non    intende    affermare
l'irragionevolezza della valutazione di adeguatezza-inadeguatezza dei
livelli  sub-statali  rispetto  allo  svolgimento  delle   specifiche
funzioni amministrative attratte in sussidiarieta', ritenendo  dunque
le proprie ragioni adeguatamente tutelate dalla menzionata previsione
dell'intesa, nel testo precedente all'entrata  in  vigore  del  comma
552, della legge n. 190 del 2014. 
    La modifica del  comma  2,  dell'art.  57,  del  d.l.  n.  5  del
2012,,operata dal comma 552 e sopra  richiamata,  d'altra  parte,  si
limita  ad  avocare  in  sussidiarieta',  nell'ambito  del   medesimo
procedimento ivi previsto, altre  funzioni  autorizzatorie  ricadenti
anch'esse nelle materie della «produzione, trasporto e  distribuzione
nazionale dell'energia», del «governo del territorio» e dei «porti  e
aeroporti civili». Dal momento che il comma  2,  nel  testo  ad  oggi
vigente, prevede la necessarieta' dell'intesa anche  per  l'esercizio
di  tali  funzioni,  la  Regione  ricorrente  non  ritiene  di  dover
esprimere alcuna doglianza a questo specifico riguardo. 
  1.2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 552,  della
legge n. 190 del 2014, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost.,  in  quanto,  introducendo  il  comma  3-bis
all'art. 57 del d.l. n. 5 del 2012, che prevede  la  possibilita'  di
superare il mancato raggiungimento dell'intesa di cui  al  precedente
comma 2 «con le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge
23 agosto 2004, n. 239, nonche' con  le  modalita'  di  cui  all'art.
14-quater, comma 3, della legge 7  agosto  1990,  n.  241»,  lede  le
competenze legislative  della  Regione  in  materia  di  «produzione,
trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,  di  «porti  e
aeroporti  civili»  e  di  «governo  del  territorio»,   nonche'   le
competenze amministrative che  alla  medesima  spettano  in  base  al
principio  di  sussidiarieta'  ex  art.  118,  primo  comma,   Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent.  n.  303  del
2003. 
  1.2.1. - Ben diverse  sono  le  considerazioni  che  e'  necessario
spendere per quella parte del comma 552 che introduce il comma  3-ter
nell'art. 57 del d.l. n. 5 del 2012.  Tale  disposizione  prevede  un
vero e proprio meccanismo - a carattere sostanzialmente unilaterale -
di superamento del  mancato  raggiungimento  dell'intesa  nell'ambito
della procedura volta allo svolgimento  delle  funzioni  attratte  in
sussidiarieta' nel precedente  comma  2,  cosi'  come  integrato  dal
medesimo comma 552, dell'art. 1, della legge n. 190 del 2014, su  cui
ci si e' soffermati piu'  sopra.  Il  citato  comma  3-ter,  infatti,
prevede che, nel  caso  di  mancato  raggiungimento  dell'intesa,  si
provveda ai sensi dell'art. 1, comma 8-bis,  della  legge  23  agosto
2004, n. 239, e ai sensi dell'art. 14-quater, comma 3, della legge  7
agosto 1990, n. 241. 
    Il rinvio a due diverse discipline normative  richiede,  in  sede
interpretativa, un coordinamento tra le medesime. 
    L'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 cosi' dispone:
«Fatte salve le disposizioni in materia  di  valutazione  di  impatto
ambientale,  nel  caso  di  mancata  espressione   da   parte   delle
amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque
denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente
articolo, entro il termine di centocinquanta giorni  dalla  richiesta
nonche' nel caso di mancata definizione dell'intesa di cui  al  comma
5, dell'art. 52-quinquies del testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di  cui
all'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011,  n.  93,
il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere
entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di  ulteriore
inerzia da parte  delle  amministrazioni  regionali  interessate,  lo
stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del  Consiglio  dei
Ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione,  provvede
in merito con la partecipazione della regione interessata».  Come  si
vede, si tratta di un meccanismo di superamento della mancata  intesa
caratterizzato da forti accenti di unilateralita'. 
    L'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del  1990,  invece,
prevede  un  procedimento  nel  cui  ambito  sono   necessarie   piu'
articolate trattative, destinato tuttavia  a  concludersi,  nel  caso
della permanenza del dissenso, con una «deliberazione  del  Consiglio
dei ministri» da adottare «con la partecipazione dei Presidenti delle
Regioni o delle Province autonome interessate». Anche in questo  caso
dunque, nonostante la maggior attenzione alla collaborazione  con  la
Regione  interessata,  la  disciplina   in   questione   prevede   un
superamento sostanzialmente unilaterale della mancata intesa.  Quanto
all'ambito di applicazione, tale procedimento e'  prescritto  per  il
caso  in  cui  «venga  espresso  motivato  dissenso   da   parte   di
un'amministrazione preposta alla tutela ambientale,  paesaggistico  -
territoriale, del patrimonio storico-artistico o  alla  tutela  della
salute e della pubblica incolumita'». 
    Dal combinato disposto  delle  norme  evocate  si  desume  dunque
quanto segue: 
      i)  la  norma  generale,  in  caso  di  mancato  raggiungimento
dell'intesa  in  relazione  al  singolo  procedimento  autorizzatorio
rientrante nelle previsioni dell'art. 57, comma 2, del d.l. n. 5  del
2012, e' quella che fa rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della legge n.
239 del 2004; 
      ii) la norma speciale, da applicare solo ed esclusivamente  nei
casi  in  cui  le  Regioni  intendano  far  valere  proprie  funzioni
amministrative incidenti sulla  tutela  ambientale,  paesaggistico  -
territoriale, sul patrimonio storico-artistico o sulla  tutela  della
salute e della pubblica incolumita', prescrive invece  l'applicazione
della procedura disciplinata  dall'art.  14-quater,  comma  3,  della
legge n. 241 del 1990. 
    Tale assetto normativo deve  ritenersi  incostituzionale  per  le
seguenti ragioni. 
  1.2.2. - In relazione alla norma  generale  sub  i),  e'  possibile
osservare quanto segue. 
    La procedura di superamento della mancata intesa cui  fa  rinvio,
per quel che qui interessa, il comma 3-ter, dell'art. 57, del d.l. n.
5 del 2012, nel testo oggi  in  vigore,  si  limita  a  prevedere  un
ulteriore invito a provvedere entro trenta giorni, e - in fine  -  il
semplice deferimento della decisione ad  un  atto  unilaterale  della
Presidenza del Consiglio dei ministri, con la  mera  "partecipazione"
della Regione interessata. Tale norma non rispetta i criteri  imposti
al legislatore statale dalla giurisprudenza  costituzionale  ai  fini
della  disciplina  di  una  mancata  intesa,  ove  questa  sia   resa
necessaria dal paradigma della c.d. "sussidiarieta'  legislativa",  e
pertanto deve ritenersi in contrasto con gli artt. 117, terzo  comma,
e 118, primo comma, Cost. 
    In particolare, rileva qui innanzi tutto la  sentenza  di  questa
Ecc.ma Corte n. 239 del 2013, che ha scrutinato proprio il meccanismo
di superamento dell'intesa di cui al  citato  art.  1,  comma  8-bis,
della legge n. 239 del 2004, cui  fa  rinvio  la  norma  che  qui  si
contesta. Tale decisione ha chiarito, al di  la'  di  ogni  possibile
dubbio, che il procedimento "a forte unilateralita'"  di  cui  sopra,
culminante  in  una  decisione  del  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri, si  deve  ritenere  costituzionalmente  legittimo  solo  in
quanto non venga predisposto al fine di  superare  mere  «divergenze»
tra le parti, bensi' a far fronte ai casi - che gia' di per se stessi
rappresentano una violazione, da parte regionale,  del  principio  di
leale collaborazione - in cui la Regione  interessata  si  limiti  ad
adottare «condotte meramente passive». 
    L'art. 1, comma 552, della legge n. 190 del 2014, nell'aggiungere
il comma 3-ter, dell'art. 57, del d.l. n. 5 del 2012, dispone  invece
l'applicabilita' di queste procedure a carattere unilaterale a  tutti
i casi in cui manchi un'intesa, e dunque anche al  superamento  dello
stallo derivante da divergenze tra le parti, non imputabili in  alcun
modo a comportamenti meramente "inerti" della Regione, configurandole
anzi  quali  procedure   generali   per   far   fronte   al   mancato
raggiungimento dell'intesa,  rimanendo  esclusi  solo  i  casi  della
"norma speciale" sub ii). 
    E' noto che, nella sent. n. 33 del 2011, questa Ecc.ma  Corte  ha
evidenziato che il legislatore statale puo' predisporre meccanismi di
superamento  del  mancato   raggiungimento   dell'intesa   dovuto   a
divergenze sostanziali tra le parti. Questa stessa Corte ha  tuttavia
ritenuto che tali meccanismi possono aspirare a superare il vaglio di
legittimita' costituzionale solo ove garantiscano lo  svolgimento  di
reiterate trattative tra le parti in un contesto di paritarieta'  tra
di esse, al limite devolvendo la decisione ad  un  organo  terzo.  In
particolare, la normativa allora scrutinata  e'  stata  ritenuta  non
contrastante con le norme costituzionali rilevanti sul punto solo  in
quanto  predisponeva  «l'attivazione  di  un  procedimento  volto   a
consentire lo  svolgimento  di  ulteriori  trattative  attraverso  la
costituzione di un  soggetto  terzo  nominato  dalle  parti  in  modo
paritario». 
    Non vi e' dubbio che la disposizione introdotta  dal  comma  552,
dell'art. 1, della legge n. 190 del 2014,  qui  in  discussione,  non
risponde a tali caratteristiche, ed infatti la citata  sent.  n.  239
del 2013 ha ritenuto che il meccanismo di superamento dell'intesa  di
cui al menzionato comma 8-bis potesse andare indenne dalle censure di
incostituzionalita'  solo  a  patto  di  intenderlo   come   riferito
esclusivamente ai casi in cui la mancanza dell'intesa dipende da  una
inerzia regionale contrastante con l'obbligo  di  leale  cooperazione
tra gli enti che compongono la Repubblica. 
    Per  quel  che  qui  specificamente   interessa,   dunque,   tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale,  per  violazione  degli
artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui
prevede l'applicazione della procedura di superamento  della  mancata
intesa di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n.  239  del  2004
anche ad ipotesi in cui lo stallo decisionale dipenda  da  divergenze
sostanziali tra le parti e non esclusivamente a  «condotte  meramente
passive delle amministrazioni regionali», come chiarito  dalla  sent.
n. 239 del 2013 di questa Corte. 
  1.2.3. - In relazione alla norma speciale  sub  ii),  si  impongono
invece le seguenti considerazioni. 
    L'odierna ricorrente non intende negare che -  in  considerazione
della peculiare rilevanza  degli  interessi  incidenti  sulla  tutela
ambientale   e   paesaggistico   -   territoriale,   sul   patrimonio
storico-artistico o  sulla  tutela  della  salute  e  della  pubblica
incolumita' di cui  in  ipotesi  siano  portatrici  -  in  base  alla
normativa che qui si censura, le Regioni devono essere  coinvolte  in
un   procedimento   di   piu'   articolate   trattative   da    parte
dell'amministrazione   statale.   Tale   "maggior    coinvolgimento",
tuttavia, non e' affatto sufficiente a far si' che la disposizione in
esame possa passare indenne il vaglio di legittimita' costituzionale.
Appare dirimente al riguardo  la  considerazione  secondo  la  quale,
anche in questo caso, ove permangano le divergenze tra quest'ultima e
la Regione interessata, la decisione e' infine attribuita ad un  atto
unilaterale dello Stato, adottato con una deliberazione del Consiglio
dei ministri, con la mera «partecipazione» del  presidente  dell'ente
regionale (o provinciale speciale) specificamente interessato. 
    Anche in questa ipotesi, dunque, la previsione di  una  procedura
di "superamento unilaterale" della mancata intesa  rappresenta  -  in
realta' - una vera e propria negazione della medesima. Nonostante  la
disposizione  in  esame  preveda   lo   svolgimento   di   "reiterate
trattative", a differenza di quanto accade per  la  "norma  generale"
sub i), i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale (ed
in particolare dalla gia' citata sent. n. 33 del 2011)  affinche'  la
disciplina volta al superamento della mancata intesa superi il vaglio
di costituzionalita'  non  sono  rispettati,  poiche'  l'attribuzione
della decisione finale ad un atto unilaterale dello Stato  rende  del
tutto inesistente quel "contesto di paritarieta'" richiesto  da  tale
giurisprudenza. In particolare, non vi e' chi non veda come la  norma
qui  contestata  predisponga  un  procedimento  per  nulla  «volto  a
consentire lo  svolgimento  di  ulteriori  trattative  attraverso  la
costituzione di un  soggetto  terzo  nominato  dalle  parti  in  modo
paritario», come invece richiede la sent. n. 33 del 2011. 
    L'incostituzionalita'  della  previsione  qui  esaminata  risulta
pianamente da una ulteriore considerazione. La sent. n. 303 del 2003,
al par. 8 del Considerato in diritto, ha ritenuto di dover respingere
le  censure  di  illegittimita'  costituzionale  proposte  da   parte
regionale nei  confronti  di  una  norma  statale  che  prevedeva  lo
svolgimento di una funzione amministrativa in materia  di  competenza
legislativa  concorrente  con   il   coinvolgimento   della   Regione
interessata nell'esercizio della medesima tramite  un  meccanismo  di
collaborazione  organica  analogo  a  quello  predisposto   dall'art.
14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. Si  noti,  tuttavia,
che tale "livello" di collaborazione e'  stato  ritenuto  sufficiente
dalla giurisprudenza costituzionale nel richiamato frangente solo  ed
esclusivamente perche' la funzione amministrativa ivi considerata era
attuativa di un piano di individuazione  di  opere  in  relazione  al
quale, secondo la  medesima  sent.  n.  303,  era  costituzionalmente
necessario acquisire l'intesa, la cui mancanza non era superabile  in
alcun modo, della Regione interessata da ogni singola opera.  Risulta
dunque evidente che, per i principi reperibili  nella  giurisprudenza
costituzionale,  il  "livello"  di  collaborazione  con  la   Regione
interessata dallo specifico procedimento  autorizzatorio  predisposto
dalla "norma speciale" sub ii) di cui all'art. 1,  comma  552,  della
legge n. 190 del 2014, sia del  tutto  inadeguato,  poiche'  potrebbe
essere  ritenuto  giustificato  solo  ove  vi  fosse,  a  monte,   la
preventiva acquisizione di una intesa con la singola Regione rispetto
alla  quale  la  funzione  amministrativa  de  qua  avesse  un  ruolo
attuativo. Cio', chiaramente, non e' nel caso che qui interessa. 
    Di qui, dunque, l'incostituzionalita'  dell'art.  1,  comma  552,
della legge n. 190 del 2014, per violazione  degli  art.  117,  terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., anche nella parte in cui prevede il
procedimento unilaterale di superamento della mancata intesa  di  cui
all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. 
2. - In relazione al comma 554. 
  2.1. - Premessa. 
    Il comma 554, dell'art. 1, della legge n. 190 del 2014 dispone la
sostituzione dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l.  n.  133  del  2014,
come convertito in legge dalla legge n. 164 del 2014, con il seguente
testo: «Il Ministro dello sviluppo economico,  con  proprio  decreto,
sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, predispone un piano  delle  aree  in  cui  sono  consentite  le
attivita' di cui al  comma  1.  Il  piano,  per  le  attivita'  sulla
terraferma, e' adottato previa intesa con la Conferenza unificata. In
caso di  mancato  raggiungimento  dell'intesa,  si  provvede  con  le
modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004,
n. 239. Nelle more dell'adozione del piano i  titoli  abilitativi  di
cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme  vigenti  prima
della data di entrata in  vigore  della  presente  disposizione».  Il
precedente comma 1 del d.l. n. 133  del  2014,  cui  la  disposizione
citata rinvia,  prevede  che  «al  fine  di  valorizzare  le  risorse
energetiche   nazionali    e    garantire    la    sicurezza    degli
approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale rivestono  carattere  di  interesse  strategico  e  sono  di
pubblica utilita', urgenti e indifferibili». 
    Come  si  vede,  la  disposizione  in  questione  attribuisce  al
Ministro dello sviluppo economico  il  compito  di  predisporre,  con
proprio decreto e sentito il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio  e  del  mare,  «un  piano  delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita'», sulla terraferma, «di prospezione,  ricerca
e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio  sotterraneo  di
gas naturale». Il testo del decreto legge n. 133 del 2014, cosi' come
esitato dalla legge di conversione, non individuava alcuna  procedura
collaborativa, ne' con le singole Regioni, ne'  con  qualunque  altra
istituzione espressione del  sistema  delle  autonomie,  che  dovesse
essere obbligatoriamente seguita per  giungere  all'approvazione  del
predetto Piano. Questa disposizione e' stata impugnata dalla  Regione
Puglia, in relazione al periodo in cui e' stata in vigore prima della
proposizione del relativo ricorso (iscritto al Reg. ric. n.  5/20151,
ed il giudizio e' attualmente pendente presso questa Ecc.ma Corte. 
    La modifica introdotta dal comma 554. dell'art. 1, della legge n.
190 del 2014, invece, prevede la necessaria acquisizione  dell'intesa
con la Conferenza unificata e, in caso di mancato  raggiungimento  di
tale intesa, l'applicazione della  procedura  prevista  dall'art.  1,
comma 8-bis, della legge n.  239  del  2004.  Nonostante  l'esplicita
introduzione  del  menzionato  strumento  collaborativo,  anche  tali
previsioni  devono  ritenersi  incostituzionali,  in  ragione   della
violazione degli articoli 117,  terzo  comma,  e  118,  primo  comma,
Cost., per le seguenti ragioni. 
  2.2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della
legge n. 190 del 2014, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo al  Ministro
dello sviluppo economico il compito di predisporre  un  «piano  delle
aree in cui sono consentite le attivita' di cui  al  comma  1»  ossia
delle  attivita',  di  «prospezione,  ricerca   e   coltivazione   di
idrocarburi e quelle di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza unificata - per  di  piu'
per le sole attivita'  sulla  terraferma  -  anziche'  la  necessaria
acquisizione  dell'intesa  con  ciascuna   Regione   territorialmente
interessata ad ogni attivita', anche destinata a svolgersi  nel  mare
continentale, per violazione delle competenze  legislative  regionali
in  materia  di  "produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia" e di "governo del territorio", nonche' delle competenze
amministrative che alla medesima spettano in  base  al  principio  di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost. 
  2.2.1. - Le materie sulle quali interviene la disposizione che  qui
si censura  sono,  evidentemente,  quelle  della  "produzione,  [del]
trasporto e [della] distribuzione  nazionale  dell'energia",  nonche'
del "governo del territorio", affidate, come e' noto, alla competenza
legislativa regionale entro i limiti dei principi fondamentali  della
legge dello Stato in base all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    La ben nota sent. n. 303 del 2003 della  Corte  costituzionale  -
seguita dalla altrettanto  conosciuta  sent.  n.  6  del  2004  -  ha
chiarito al di la' di ogni possibile dubbio quali sono le  condizioni
che la legge statale che intervenga ad  avocare  al  centro  funzioni
amministrative in  materie  di  competenza  legislativa  concorrente,
provvedendo  anche  a  regolarne  l'esercizio,   deve   rigorosamente
rispettare   per   poter   superare   il   vaglio   di   legittimita'
costituzionale: pena la violazione degli artt. 117,  terzo  comma,  e
118, primo comma, Cost. 
    In particolare, per quel che qui piu'  specificamente  interessa,
la sent. n. 303 del 2003 ha evidenziato che «una volta stabilito che,
nelle materie di  competenza  statale  esclusiva  o  concorrente,  in
virtu' dell'art. 118, primo comma,  la  legge  puo'  attribuire  allo
Stato funzioni amministrative e  riconosciuto  che,  in  ossequio  ai
canoni fondanti dello Stato di diritto, essa  e'  anche  abilitata  a
organizzarle  e  regolarle,   al   fine   di   renderne   l'esercizio
permanentemente  raffrontabile  a  un  parametro  legale,  resta   da
chiarire che i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza  convivono
con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo
V  e  possono  giustificarne  una  deroga  solo  se  la   valutazione
dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione   di   funzioni
regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta
da  irragionevolezza  alla  stregua  di  uno  scrutinio  stretto   di
costituzionalita', e sia oggetto  di  un  accordo  stipulato  con  la
Regione interessata» (par. 2.2. del Considerato in diritto). 
    Come si vede, la condizione che la  sent.  n.  303  del  2003  ha
individuato  come  assolutamente  imprescindibile  perche'  le  norme
legislative statali di questo tipo possano  aspirare  a  superare  il
vaglio di legittimita' costituzionale non e',  genericamente,  quella
della previsione di "meccanismi  collaborativi",  ne',  quella  della
previsione  di  "intese"  non   meglio   specificate,   bensi'   piu'
puntualmente quella della necessarieta' della previsione  dell'intesa
con la singola  Regione  interessata  dal  singolo  intervento.  Tale
conclusione e' avvalorata anche  da  un  successivo  passaggio  della
medesima sent. n. 303 del 2003, se possibile ancor piu' esplicito del
precedente, ove si afferma che «per giudicare se  una  legge  statale
che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali  o
non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta'  e
adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la  previsione  di
un'intesa fra lo Stato e  le  Regioni  interessate,  alla  quale  sia
subordinata  l'operativita'   della   disciplina»   (par.   4.1   del
Considerato in diritto). 
    La ragione per la quale questa Ecc.ma  Corte  e'  giunta  a  tale
conclusione, del resto, e' agevolmente comprensibile:  le  competenze
legislative  ed  amministrative  costituzionalmente   previste,   che
sarebbero  lese  dalla  mancata  previsione  di  adeguati   strumenti
collaborativi, pertengono non gia' al "sistema delle autonomie" o  al
"sistema delle Regioni" genericamente  intesi,  bensi'  alla  singola
Regione, che, sulla base dell'"ordinario"  riparto  delle  competenze
dovrebbe essere la  sola  a  disporre  della  competenza  legislativa
necessaria ad istituire, allocare e disciplinare  nel  dettaglio  una
funzione  amministrativa  incidente,  nelle  materie  suddette,   sul
proprio territorio. Ed e' dunque  il  consenso  di  ciascuna  Regione
specificamente interessata che lo Stato deve  ricercare  perche'  una
disciplina siffatta possa essere concretamente  «operativa»,  secondo
l'insegnamento del Giudice delle leggi. 
    Per questa ragione  non  puo'  dunque  in  alcun  modo  ritenersi
satisfattiva delle pretese delle Regioni, e in grado  di  evitare  le
lesioni alle competenze costituzionalmente garantite a queste ultime,
la previsione, della necessaria intesa con la  Conferenza  unificata.
Ad  essere  coinvolte  sono  innanzi  tutto  competenze   legislative
regionali, il che rende addirittura inquinante, rispetto al  corretto
svolgimento delle  funzioni  costituzionalmente  previste,  il  ruolo
svolto dai rappresentanti degli enti locali nella citata  Conferenza.
In secondo luogo, e' la stessa attribuzione della potesta' di fornire
l'intesa ad un organo collegiale quale la Conferenza,  anziche'  alla
singola Regione, ad essere  costituzionalmente  inadeguato,  poiche',
come si e' detto, le competenze coinvolte  (soprattutto  legislative,
ma anche amministrative) sono  di  pertinenza  del  singolo  ente,  e
riguardano  gli  usi  del  territorio  di  quest'ultimo.  La  Regione
interessata, nell'ambito di una  deliberazione  collegiale,  potrebbe
invece essere pretermessa in virtu' dell'applicazione  del  principio
di maggioranza, proprio in relazione alla decisione  circa  la  sorte
del proprio territorio. Il che e' costituzionalmente inaccettabile. 
    Del resto, nel nostro sistema costituzionale non sono istituite e
disciplinate sedi di raccordo tra "centro"  e  "periferie",  come  ha
saggiamente osservato questa Corte nella sent.  n.  6  del  2004:  e,
«nella perdurante assenza di  una  trasformazione  delle  istituzioni
parlamentari e, piu' in  generale,  dei  procedimenti  legislativi  -
anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art.  11,  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione)», leggi statali  quali  quella  che
qui si esamina possono «aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale» solo ove si rispettino i citati criteri  della  sent.
n. 303 del 2003 (cosi' par. 7 del Considerato in diritto della  sent.
n. 6 del 2004). 
  2.2.2. - Da tutto cio'  consegue,  dunque,  che  l'art.  38,  comma
1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, nel testo  sostituito  dall'art.  1,
comma 554, della legge n. 190 del 2014, non  rispetta  la  condizione
richiesta da questa Corte nella  sent.  n.  303  del  2003  (e  dalle
numerose  pronunce  che,  nel  corso  del  tempo,  hanno  confermato,
approfondito e precisato questa linea giurisprudenziale), ai fini  di
una legittima avocazione in sussidiarieta', da parte dello Stato,  di
funzioni  legislative  e  amministrative  ricadenti  in  materie   di
competenza concorrente (quali la "produzione, [il] trasporto  e  [la]
distribuzione nazionale dell'energia" e il "governo  del  territorio"
che vengono in rilievo nel caso di specie), ovvero la previsione  «di
una disciplina che prefiguri  un  iter  in  cui  assumano  il  dovuto
risalto le attivita' concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al  principio
di lealta'» (par. 2.2 e par. 4.1 del Cons. in dir.). 
    La disposizione citata, Quindi, si pone in contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, e con l'art. 118, primo comma, Cost.,  nella  parte
in cui  prevede  una  previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata,
anziche' la necessaria acquisizione dell'intesa  con  ciascuna  delle
Regioni specificamente interessate dalle «attivita'  di  prospezione,
ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di   stoccaggio
sotterraneo di gas naturale». 
    Si noti infine che l'incostituzionalita' del comma 554, dell'art.
1, della legge n. 190 del 2014, in questa sede impugnato, deve essere
apprezzata anche da un altro punto di vista.  Come  evidenziato  piu'
sopra, tale disposizione prevede la necessarieta' della previa intesa
in Conferenza solo ed esclusivamente  per  la  inclusione  nel  Piano
delle aree in terraferma in  cui  sono  consentite  le  attivita'  de
quibus, e non anche per la inclusione delle aree collocate  nel  mare
continentale. 
    Le due ipotesi - attivita' da svolgersi nel mare continentale, da
un lato, ed in  terraferma  dall'altro  -  sono,  per  quel  che  qui
interessa, prive di qualunque rilevante elemento di differenziazione.
Il loro  trattamento  giuridico,  quindi,  non  puo'  che  essere  il
medesimo, almeno per quel che riguarda la  necessarieta'  dell'intesa
con la singola Regione interessata  per  l'inserimento  dell'area  in
questione nel Piano. 
    L'odierna ricorrente, quindi, chiede a  questa  Ecc.ma  Corte  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli  artt.  117,  terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo  al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre un «piano
delle aree in cui sono consentite le attivita' di  cui  al  comma  1»
ossia delle attivita', di «prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi e quelle di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza  unificata  per  le  sole
attivita'  sulla  terraferma,  anziche'  la  necessaria  acquisizione
dell'intesa con ciascuna Regione territorialmente interessata ad ogni
attivita', anche destinata a svolgersi nel mare continentale. 
  2.3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della
legge n. 190 del 2014, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost., in quanto  lede  le  competenze  legislative
della Regione in materia di "produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia" e di "governo  del  territorio",  nonche'  le
competenze amministrative che  alla  medesima  spettano  in  base  al
principio  di  sussidiarieta'  ex  art.  118,  primo  comma,   Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent.  n.  303  del
2003 di questa Corte, nella parte in cui prevede l'applicazione della
procedura di superamento della mancata  intesa  di  cui  all'art.  1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 anche ad ipotesi in  cui  lo
stallo decisionale dipenda da divergenze sostanziali tra le  parti  e
non   esclusivamente   a   «condotte    meramente    passive    delle
amministrazioni regionali», come chiarito dalla sent. n. 239 del 2013
di questa Corte. 
  2.3.1. - Come sopra ricordato, l'art. 38, comma 1-bis, del d.l.  n.
133 del 2004, nel testo sostituito  dall'art.  1,  comma  554,  della
legge n. 190 del 2014, ha  inoltre  previsto  che  nel  caso  in  cui
l'intesa (in Conferenza unificata) non venga raggiunta, «si  provvede
con le modalita' di cui all'art.  1,  comma  8-bis,  della  legge  23
agosto 2004, n. 239». Tale disposizione, a sua volta, dispone  quanto
segue: «Fatte salve le disposizioni  in  materia  di  valutazione  di
impatto ambientale, nel caso di mancata espressione  da  parte  delle
amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque
denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente
articolo, entro il termine di centocinquanta giorni  dalla  richiesta
nonche' nel caso di mancata definizione dell'intesa di cui al comma 5
dell'art.  52-quinquies  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di  cui
all'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011,  n.  93,
il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere
entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di  ulteriore
inerzia da parte  delle  amministrazioni  regionali  interessate,  lo
stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del  Consiglio  dei
Ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione,  provvede
in merito con la partecipazione della regione interessata». 
    Come gia' evidenziato piu' sopra, tale procedura  di  superamento
della mancata intesa si limita a  prevedere  un  ulteriore  invito  a
provvedere entro trenta giorni, e - in fine - il semplice deferimento
della decisione ad un atto unilaterale della Presidenza del Consiglio
dei ministri, con la mera "partecipazione" della Regione interessata.
Tale norma non rispetta i  criteri  forniti  al  legislatore  statale
dalla giurisprudenza costituzionale ai fini della disciplina  di  una
mancata intesa, ove questa sia resa necessaria  dal  paradigma  della
c.d. "sussidiarieta'  legislativa",  e  pertanto  deve  ritenersi  in
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    Al riguardo occorre richiamare nuovamente la  sent.  n.  239  del
2013,  cheha  scrutinato  proprio  il   meccanismo   di   superamento
dell'intesa di cui al citato art. 1, comma 8-bis, della legge n.  239
del 2004. Tale decisione ha infatti evidenziato che  il  procedimento
"a forte unilateralita'" di cui sopra, culminante  in  una  decisione
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  si   deve   ritenere
costituzionalmente legittimo solo in quanto non predisposto  al  fine
di superare mere «divergenze» tra le parti, bensi' a  far  fronte  ai
casi - che gia' di per se stessi  rappresentano  una  violazione,  da
parte regionale, del principio di leale collaborazione -  in  cui  la
Regione  interessata  si  limiti  ad  adottare  «condotte   meramente
passive». 
    L'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014 - come  gia'  il
precedente comma 552, in relazione alle ipotesi su cui piu' sopra  ci
si e' soffermati - nel sostituire il comma 1-bis, dell'art.  38,  del
d.l.  133  del  2014,  dispone  invece  l'applicabilita'  di   queste
procedure a carattere unilaterale anche al superamento  dello  stallo
derivante da divergenze tra le parti, non imputabili in alcun modo  a
comportamenti meramente "inerti" della Regione. 
    Anche in questo caso, per illustrare la grave incostituzionalita'
di tale previsione, e' necessario prendere le mosse dalla sent. n. 33
del 2011, nella quale questa Corte ha evidenziato che il  legislatore
statale  puo'  predisporre  meccanismi  di  superamento  del  mancato
raggiungimento dell'intesa dovuto a  divergenze  sostanziali  tra  le
parti. Come si e' gia' avuto modo di precisare a proposito  dei  vizi
concernenti il comma 552, questo stesso Collegio  ha  pero'  ritenuto
che  tali  meccanismi  possono  aspirare  a  superare  il  vaglio  di
legittimita' costituzionale solo ove garantiscano lo  svolgimento  di
reiterate trattative tra le parti in un contesto di paritarieta'  tra
di esse, al limite devolvendo la decisione ad  un  organo  terzo.  In
particolare, la normativa allora scrutinata  e'  stata  ritenuta  non
contrastante con le  norme  costituzionali  rilevanti  sul  punto  in
quanto  predisponeva  «l'attivazione  di  un  procedimento  volto   a
consentire lo  svolgimento  di  ulteriori  trattative  attraverso  la
costituzione di un  soggetto  terzo  nominato  dalle  parti  in  modo
paritario». 
    Non vi e' dubbio che la disposizione introdotta  dal  comma  554,
dell'art. 1  della  legge  n.  190  del  2014  non  risponde  a  tali
caratteristiche. 
    Per  quel  che  qui  specificamente   interessa,   dunque,   tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale,  per  violazione  degli
art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in  cui
prevede il richiamato procedimento unilaterale di  superamento  della
mancata  intesa,  anche  quando  lo  stallo  dipenda  da   divergenze
sostanziali tra le parti. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Regione Puglia, come sopra rappresentata e difesa, chiede  che
questa Ecc.ma Corte  costituzionale,  in  accoglimento  del  presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi
552 e 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 [Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)], nei limiti e nei termini sopra esposti. 
    Con ossequio. 
      Bari-Roma, 26 febbraio 2015 
 
                 Avv. Papa Malatesta - Avv. Costanzi