N. 187 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2015
Ordinanza del 21 maggio 2015 del G.I.P. del Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di F.G.. Misure di sicurezza - Disposizioni per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari - Previsione che le misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima - Lamentata mancata applicazione della misura di sicurezza detentiva fino alla cessazione della pericolosita' sociale del sottoposto - Irragionevole equiparazione delle misure di sicurezza alle misure di custodia cautelare. - Decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, art. 3-ter, comma 8-quater, modificato dal decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81 (recte: decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, art. 1, comma 1-quater). - Costituzione, art. 3.(GU n.39 del 30-9-2015 )
IL TRIBUNALE DI NAPOLI Il Giudice per le Indagini Preliminari dott. Tullio Morello sciogliendo la riserva di decidere espressa all'udienza celebrata in camera di consiglio il 19 maggio 2015 osserva: F. G., nato a N. il ..., e' stato sottoposto alla misura di sicurezza provvisoria del ricovero in OPG ai sensi degli artt. 312 e 313 c.p.p. con provvedimento del 28 maggio 2005 in esecuzione dal 29 luglio 2005 (confermato nel corso degli anni a causa delle permanente grave pericolosita' sociale dell'internato) per i reati di cui agli artt. 337, 582, 61, n. 2, 635, comma 2, c.p., con sospensione del processo ai sensi dell'art. 71 c.p.p. con provvedimento del 1° agosto 2005, ed e' tuttora internato, per «stato di necessita'», come risulta dalla esposizione che segue, oltre il termine del massimo della pena per il reato per cui la misura e' stata applicata, come dispone l'art. 3-ter, d.l. n. 211 del 2011, conv. con modif. in legge n. 9 del 2012, modificato dal d.l. n. 52 del 2014, conv. con modif. in legge n. 81 del 2014, che al comma 8-quater stabilisce che le misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione massima (...); dopo aver disposto nel comma 4 che gli OPG sono chiusi dal 31 marzo 2015 e che le misure di sicurezza del ricovero in OPG e dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente delle strutture sanitarie di cui al comma 2 (da attuare dal Ministero della salute e le Regioni), se le persone sono ancora socialmente pericolose, aggiungendo che il giudice dispone per l'infermo ed il seminfermo di mente l'applicazione di una misura di sicurezza, anche provvisoria, diversa dal ricovero in OPG o in casa di cura e custodia, salvo quando siano acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non e' idonea ad assicurare cure adeguate ed a far fronte alla sua pericolosita' sociale (...). Si ritiene generalmente che nella fattispecie del predetto comma 8-quater, nel caso di persistenza della pericolosita' sociale, possa applicarsi una misura di sicurezza non detentiva, precisamente la liberta' vigilata che preveda obbligatoriamente la frequenza del DSM e di uno stretto controllo da parte delle Forze di polizia. La Corte costituzionale, infatti, con sentenza n. 367 del 2004, aveva dichiarato la incostituzionalita' dell'art. 206 c.p. nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in OPG, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate ed a contenere la sua pericolosita' sociale. La misura di sicurezza non detentiva prevista dalla legge applicabile al caso di specie puo' essere solo quella della liberta' vigilata (art. 215, comma 3 c.p.). Ma la gravita' della pericolosita' sociale dell'internato in esame collide profondamente con la misura sostitutiva non detentiva appena indicata per le gravissime conseguenze che potrebbero derivarne, perche' la liberta' vigilata e' pur sempre «liberta'», sia pure con gli sporadici controlli che, anche se eccezionalmente intensificati, non saranno funzionali allo scopo; ne', caricando la liberta' vigilata con altre restrizioni, potra' «spacciarsi» una misura di sicurezza detentiva (che tale diventerebbe se non si voglia essere ipocriti) per liberta' vigilata. Ed il F. e' una persona sola e senza casa, essendo rifiutato dalla famiglia, che non e' in condizioni di accudirlo, sorvegliarlo e difendersi dalla sua pericolosita'. La sua grave malattia mentale e' risalente nel tempo, risultando dagli atti che egli e' titolare di un decreto di invalidita' civile con totale inabilita' lavorativa in quanto affetto da schizofrenia disorganizzata con ipertensione arteriosa, broncopatia asmatica, tabagismo cronico e obesita' grave, e che il suo nucleo familiare e' composto dal padre affetto da psicosi cronica, dalla madre e da due sorelle in a.b.s., e che gia' dal 2000 il F. era seguito dal Servizio psichiatrico per la predetta schizofrenia con anamnesi positiva per uso di cocaina, piu' volte ricoverato presso strutture psichiatriche private convenzionate. Lo stato psichico attuale di persona socialmente pericolosa dell'internato predetto e' del tutto preoccupante. Dalla relazione semestrale del Dipartimento di salute mentale dell'OPG di Napoli, area sanitaria, del 4 ottobre 2014 risulta che il F. e' tuttora affetto da: psicosi cronica con sintomatologia delirante di grandezza, fenomeni allucinatori, disorganizzazione del pensiero, assenza dei poteri di critica e di giudizio, eteroaggressivita' e condotte compulsive alla base dell'iperfagia alimentare e dell'episodica ingestione di sostanze non commestibili (pica), ipertensione arteriosa, broncopatia asmatica, tabagismo cronico, obesita' grave (all'ingresso oltre kg. 200), disturbi strutturali della coscienza (disorientamento, distraibilita', disturbi mnesici, incoerenza ideativa), mancata autonomia alla cura di se' e dei propri spazi. Nella nota del 16 gennaio 2015 la direzione dell'OPG, facendo notare che la nuova normativa non consentiva l'ulteriore permanenza dell'internato nell'OPG, faceva presente che in caso di scarcerazione il predetto doveva essere affidato ai Servizi territoriali competenti con permanenza presso una adeguata struttura esterna, non essendo egli assolutamente in grado di raggiungere autonomamente la propria residenza ne' di provvedere alle proprie esigenze personali. Dal verbale della riunione del Gruppo di osservazione e trattamento allargato GOTA del 29 gennaio 2015 risulta che «le condizioni del F. sono sicuramente migliorate, benche' sia un paziente grave e ancora rifiuta di interfacciarsi con gli operatori del territorio». Il miglioramento e' confermato dalla dott.ssa L., che attribuisce tale miglioramento al suo internamento, ed e' confermato dai tecnici della riabilitazione dott. D. M. e dott. D., che non condividono pero' gli «artefici» di tale generico miglioramento, che invece per loro sarebbe avvenuto proprio «grazie ad un'azione destituzionalizzante» operata da loro e da altre figure sanitarie. Ma tali dichiarazioni, peraltro di generico «miglioramento», trovano chiara opposizione da parte del dott. D. F. del DSM ASL Napoli 3, secondo cui «e' necessario constatare ulteriori miglioramenti clinici per poter ipotizzare le dimissioni di un caso come quello del F.»; nonche' nelle dichiarazioni degli operatori del territorio di appartenenza, secondo cui «appare fondamentale costruire percorsi intramurari condivisi prima di ipotizzare la dimissione di un caso tanto problematico». La successiva relazione psichiatrica del D.S.M. del 25 marzo 2015, dopo aver premesso le informazioni prima riportate sullo stato mentale pregresso del F. e sulla composizione del suo nucleo familiare, aggiungeva che attualmente emerge una disorganizzazione ideo-comportamentale con incongruita' ideativa, bizzarrie comportamentali e conseguente scadimento del funzionamento globale, interpersonale e dell'assetto cognitivo e che la terapia a cui era stato sottoposto nell'OPG non aveva prodotto alcuna «restituitio ad integrum» della condizione psichica, ma solo assicurato il contenimento delle incongruita' ideo-comportamentali. Aggiungeva ancora che il F. permane in una condizione di gravita' psicopatologica con rilevante gravosita' assistenziale, ma che ad ogni modo possa giovarsi di una adeguata allocazione alternativa in prosieguo della modalita' assistenziale individualizzata attenta e di massimo impegno per gli operatori di prossimita', in uno con l'indispensabile continuita' del controllo clinico e della pratica farmacoterapeutica. Concludeva la predetta relazione che resta la potenziale pericolosita' psico-comportamentale tesa il piu' delle volte alla immediatezza della soddisfazione dei bisogni primari e che allo stato non e' in grado di comprendere gli aspetti prescrittivi della misura di sicurezza, come finora non ha compreso le motivazioni detentive subite, per cui l'eleggibilita' di una struttura residenziale alternativa deve configurarsi con le caratteristiche di alta intensita' assistenziale e congrua disponibilita' di personale specializzato. Tuttavia gia' da tempo, con provvedimento del 16 gennaio 2015, fu tentato di affidare il F. ad una struttura segnalata in un primo momento dall'OPG, ma il tentativo falli' e, come risulta dal verbale del Gruppo di osservazione GOTA dell'OPG del 29 gennaio 2015, «non ci sono strutture sul territorio disponibili all'accoglienza del F., e la famiglia e' indisponibile ad accoglierlo in casa» (evidentemente anche timorosa della gravi iniziative violente che il figlio, un energumeno di circa 170 chilogrammi di peso e socialmente pericoloso, potrebbe prendere in loro danno). La mancanza di strutture per ricevere il F. veniva confermata dalla Relazione psichiatrica del 25 marzo 2015. Ora la nuova legge in materia dispone che nei casi come quelli del F. la persona ancora socialmente pericolosa non puo' essere curata e sorvegliata in strutture di restrizione e nemmeno ricoverata nelle residenze per l'esecuzione di misure di sicurezza, ma deve andare in liberta' (sia pure saltuariamente vigilata). Ma la Corte costituzionale nella sentenza prima menzionata n. 367 del 2004, aprendo la strada all'applicazione di altra misura di sicurezza non detentiva prevista dalla legge in sostituzione dell'OPG, precisava che tale misura deve essere idonea non solo ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate, ma anche a contenere la sua pericolosita' sociale. Certamente la liberta' vigilata, comunque eseguita, non e' idonea a contenere la pericolosita' sociale del F., come prima evidenziata dagli esperti che lo tengono in cura e custodia. E se, anche per pura ipotesi, volesse ritenersi il contrario, mancano anche le condizioni previste dalla legge per l'applicazione del provvedimento di liberta' vigilata, risultando dalla nota prima richiamata del D.S.M. del 25 marzo 2015 che il F. come non e' nelle condizioni mentali di comprendere lo svolgimento del processo, tanto che si e' dovuto sospenderlo, cosi' non e' in grado di comprendere la sottoposizione alla liberta' vigilata, con tutte le conseguenze in caso di violazione delle prescrizioni che gli sarebbero imposte. E resterebbe, poi, pur sempre il problema a chi affidarlo, considerato che e' un uomo solo. Deve, pertanto, prendersi atto che la disposizione dell'art. 3-ter, d.l. n. 211 del 2011, conv. con modif. in legge n. 9 del 2012, modificato dal d.l. n. 52 del 2014, conv. con modif. in legge n. 81 del 2014, comma 8-quater, il quale stabilisce che le misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione massima (...), e' sospetta di incostituzionalita' per «irragionevolezza» della stessa norma, in quanto, come gia' affermato dalla Corte costituzionale in vicende analoghe (ad esempio nella sentenza n. 41 del 1999), tale condizione si riscontra ogni volta che una disposizione normativa, il cui fondamento riposa su interpretazioni delle vicende sociali, vengono in fatto a rivelarsi fallaci in quanto divergenti dagli accadimenti della quotidianita'. Nel caso in esame, infatti, la citata disposizione del comma 8-quater, ancorando la cessazione della misura di sicurezza detentiva alla pena edittale del reato per il quale e' stata applicata, anziche' alla cessazione della pericolosita' sociale, come saggiamente disposto dall'art. 206, comma 2 c.p. (implicitamente abrogato «in parte qua» dalla predetta legge successiva), applica alle misure di sicurezza un principio che e' proprio delle misure di custodia cautelare, secondo cui la misura cautelare applicata va sostituita quando non appare piu' proporzionata alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata (art. 299, comma 2, c.p.p.), ovvero che la custodia cautelare perde efficacia quando e' pronunciata sentenza di condanna, ancorche' sottoposta ad impugnazione, se la durata della custodia gia' subita non e' inferiore alla pena irrogata (art. 300, comma 4, c.p.p.), e quindi, a maggior ragione, quando la custodia cautelare sia superiore alla pena edittale massima prevista per quel reato. Ma le misure cautelari hanno una funzione diversa da quella delle misure di sicurezza, nelle prime essendo loro funzione quella di scongiurare l'inquinamento probatorio, il pericolo di fuga o la reiterazione dei reati; nelle seconde invece la funzione e' quella di curare il malato di mente la cui malattia determina la sua pericolosita' sociale. Ne consegue che le misure cautelari devono cessare quando il periodo di custodia cautelare superi la pena che sara' inflitta in concreto, mentre le misure di sicurezza devono cessare quando cessa la pericolosita' sociale (nel caso delle misure di sicurezza del ricovero in OPG o simile, derivante dalla malattia mentale). L'avere la predetta disposizione del comma 8-quater equiparato le due situazioni predette del tutto diverse tra loro sembra determinare un contrasto con il principio di cui all'art. 3, comma 1, Cost., che, richiedendo l'uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di (...) condizioni personali e sociali, contemporaneamente ed implicitamente contiene anche l'affermazione del principio contrario, cioe' il «ragionevole» trattamento diverso di situazioni diverse. Nel caso in esame sembra che la disposizione del comma 8-quater citato si caratterizzi per «irragionevolezza», per i motivi esposti ed inoltre perche' non prevede in alcun modo l'applicazione di altre misure idonee, anche detentive, se del caso, come in quello in esame, ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate ed a contenere la pericolosita' sociale, misure di sicurezza previste (al di fuori della fattispecie del comma 8-quater) dal comma 4 da eseguirsi nelle strutture sanitarie previste dal comma 2 fino alla cessazione della pericolosita' sociale. La predetta questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 23 legge n. 87 del 1953, comma 2, e' anche assolutamente rilevante nel procedimento in oggetto, che non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, dovendosi allo stato scegliersi tra l'inosservanza della legge su citata, sia pure per stato di necessita', e non piu' procrastinabile per la chiusura degli OPG, e la messa in liberta' (sia pure saltuariamente controllata) di persona oltremodo pericolosa socialmente e che gli esperti che l'hanno in cura e custodia sconsigliano in ogni modo se non si voglia mettere in grave pericolo la sicurezza dei cittadini. Le conseguenze giuridiche appena esposte non mutano in seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 2015 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale del 1° aprile 2015), che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 159, comma 1, c.p., nella parte in cui, ove lo stato mentale dell'imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando e' accertato che tale stato e' irreversibile. Dalle esposizione precedente risulta con evidenza che nel caso del F. ci si trovi di fronte ad uno stato mentale patologico irreversibile, durando da ben prima del 2000 e non superato nonostante le cure terapeutiche ed il lungo internamento, per cui deve ritenersi che ricorra il caso dei c.d. «eterni giudicabili» di cui si e' occupata la predetta sentenza della Corte costituzionale. Pertanto deve prendersi atto che nel caso in esame e' ormai maturata la prescrizione del reato, la quale va dichiarata ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e degli artt. 70, comma 1 e 71, comma 1, c.p.p. Ma in tal caso andrebbe comunque applicata la misura di sicurezza a norma dell'art. 205, comma 1, c.p., per cui il problema della incostituzionalita' della disposizione del comma 8-quater del d.l. citato non e' comunque superato e va di conseguenza proposta la questione di legittimita' costituzionale, come prima esposto.
P. Q. M. Letto l'art. 23, legge n. 87 del 1953, solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3-ter, comma 8-quater, d.l. n. 211 del 2011, conv. con modif. in legge n. 9 del 2012, modificato dal d.l. n. 52 del 2014, conv. con modif. in legge n. 81 del 2014, perche' in contrasto con l'art. 3, comma 1, Cost., nella parte in cui stabilisce che le misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione massima (...), per irragionevolezza della disposizione nel senso prima esposto. Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti ed al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Napoli, addi' 21 maggio 2015 Il g.i.p.: Morello