N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 2015
Ordinanza dell'8 maggio 2015 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana sui ricorsi riuniti proposti da Marina Cala de' Medici Spa ed altri contro Comune di Rosignano Marittimo ed altri. Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Strutture dedicate alla nautica da diporto - Rideterminazione del canone per la realizzazione e la gestione - Applicazione anche ai rapporti concessori in corso - Violazione del principio di uguaglianza per lesione del principio dell'affidamento - Lesione del principio di liberta' d'iniziativa economica privata - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 128/2014 di inammissibilita' di analoga questione, nonche' alla sentenza n. 302/2010. - Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 252. - Costituzione artt. 3 e 41.(GU n.41 del 14-10-2015 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1856 del 2012, proposto da: Marina Cala de' Medici s.p.a., Cala de' Medici Immobiliare s.r.l., Cala de' Medici Servizi s.r.l., Cala de' Medici Cantiere s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentate e difese dagli avv. Flavia Pozzolini e Giovanni Calugi, con domicilio eletto presso Giovanni Calugi in Firenze, via Gino Capponi, 26; Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco in carica, n.c.; Regione Toscana, in persona del Presidente in carica, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica, Capitaneria di Porto di Livorno, Agenzia del Demanio, Agenzia del Demanio - Filiale Toscana, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; Sul ricorso numero di registro generale 813 del 2013, proposto da: Marina Cala de' Medici s.p.a., Cala de' Medici Immobiliare s.r.l., Cala de' Medici Servizi s.r.l., Cala de' Medici Cantiere s.r.l., in persona dei rispettivi, legali rappresentanti, rappresentate e difese dagli avv. Flavia Pozzolini e Giovanni Calugi, con domicilio eletto presso Giovanni Calugi in Firenze, via Gino Capponi, 26; Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco in carica, n.c.; Regione Toscana, in persona del Presidente in carica, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica, Capitaneria di Porto di Livorno, Agenzia del Demanio, Agenzia del Demanio - Filiale Toscana, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; Sul ricorso numero di registro generale 753 del 2014, proposto da: Marina Cala de' Medici s.p.a., Cala de' Medici Immobiliare s.r.l., Cala de' Medici Cantiere s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentate e difese dagli avv. Giovanni Calugi e Flavia Pozzolini, con domicilio eletto presso Giovanni Calugi in Firenze, via Gino Capponi, 26; Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco in carica; Regione Toscana, in persona del Presidente in carica, Agenzia del Demanio - Filiale Toscana; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica, Capitaneria di Porto di Livorno, Agenzia del Demanio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; Per l'annullamento quanto al ricorso n. 1856 del 2012: dell'atto del 27 luglio 2012, prot. n. 0026196 del 30 luglio 2012, comunicato alle ricorrenti il 2 agosto 2012, avente ad oggetto «Concessione demaniale n. 145 del 23 marzo 1999. Richiesta pagamento canone demaniale anno 2012 e conguaglio canoni demaniali dall'anno 2007 all'anno 2011», con cui, il Responsabile dell'U.O. Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo ha determinato il canone per la concessione demaniale n. 145/99, di cui le ricorrenti sono titolari nell'importo di euro 186.145,95 per il 2007, euro 190.892,67 per il 2008, 201.391,76 per il 2009, euro 194.544 per il 2010 ed euro 199.991,69 per il 2011 ed euro 207.491,38 per 11 2012; dell'atto del 29 agosto 2012, prot. n. 0029429 del 30 agosto 2012, comunicato alle ricorrenti il 6 settembre 2012, avente ad oggetto «Concessione demaniale marittima n. 145 del 23 marzo 1999. Pagamento conguaglio canoni demaniali dall'anno 2007 all'anno 2012», con cui il Responsabile dell'U.O. Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo ha preso atto dei pagamenti effettuati dalle societa' concessionarie e ha confermato gli importi dei canoni come stabiliti nell'atto del 30 luglio 2012, correggendo «l'importo da conguagliare»; nonche' di ogni atto ad essi presupposto, consequenziale o comunque connesso; quanto al ricorso n. 813 del 2013: dell'atto datato 18 marzo 2013, prot. n. 0014586 del 20 marzo 2013, comunicato alle ricorrerti il 26 marzo 2013, avente ad oggetto «Concessione demaniale n. 145 del 23 marzo 1999. Richiesta pagamento canone demaniale anno 2013», con cui il Responsabile dell'U.O. Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo ha determinato il canone per la concessione demaniale n. 145/99, di cui le ricorrenti sono titolari, nell'importo di lire 213.404,88 per il 2013; nonche' di ogni atto ad esso presupposto, consequenziale o comunque connesso; quanto al ricorso n. 753 del 2014: dell'atto prot. n. 0005965 dello 6 febbraio 2014, comunicato a Marina Cala de' Medici Immobiliare l'11 febbraio 2014 e successivamente alle altre ricorrenti, avente ad oggetto «Concessione demaniale marittima n. 145/99 Capitaneria di Porto di Livorno. Richiesta pagamento canone demaniale anno 2014», con cui il Responsabile dell'U.O. Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo ha determinato il canone per la concessone demaniale n. 145/99, di cui le ricorrenti sono titolari nell'importo di euro 212.337,86 per il 2014 ed ha chiesto il pagamento del conguaglio (rispetto a quanto gia' corrisposto) di euro 110,773,26; nonche' di ogni atto ad esso presupposto, consequenziale o comunque connesso; Visti i ricorsi e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Capitaneria di Porto di Livorno, dell'Agenzia del Demanio, dell'Agenzia del Demanio - Filiale Toscana; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2015 la dott.ssa Rosalia Messina e udid per le parti i difensori avvocati M. Dell'Anno, delegata dall'avv. G. Calugi, e P. Pirollo, avvocato dello Stato; 1. - Premesse di fatto. I ricorsi in epigrafe devono essere riuniti, attesa l'evidente connessione fra essi. Con il ricorso n. 185672012 R.G. le societa' Marina Cala de' Medici s.p.a., Cala de' Medici Immobiliare s.r.l., Cala de' Medici Servizi s.r.l. e Cala, de' Medici Cantiere s.r.l. chiedono l'annullamento del provvedimento, di estremi specificati in epigrafe, con il quale il Comune di Rosignano Marittimo ha determinato il canone per la concessione demaniale n. 145 del 1999, di cui le ricorrenti sono titolari, stabilendo gli importi dovuti per gli anni dal 2007 al 2012; hanno chiesto altresi' l'annullamento dell'atto con il quale il medesimo Comune ha preso atto dei pagamenti effettuati dalla societa' concessionaria, confermando gli importi dei canoni come stabiliti con il primo degli atti impugnati. Di contenuto analogo sono i ricorsi n. 813 del 2013 e n. 753/2014 R.G. (in quest'ultimo, pero', fra le ricorrenti non figura la societa' Cala de' Medici Cantiere s.r.l., la quale, come risulta dagli atti di causa, ha rinunciato all'autorizzazione al subingresso mediante cointestazione della concessione demaniale n. 145/1999). Detti ricorsi hanno per oggetto, rispettivamente, l'annullamento del provvedimento, di estremi specificati in epigrafe, con il quale il Comune di Rosignano Marittimo ha determinato il canone concessorio dovuto per l'anno 2013 e l'annullamento del provvedimento, di estremi pure specificati in epigrafe, con il quale il Comune ha determinato il canone per l'anno 2014, chiedendo il conguaglio rispetto agli importi gia' versati. Originariamente, titolare della concessione avente per oggetto la temporanea occupazione e l'uso di un'area demaniale marittima della superficie complessiva di 174.966 m2 (tra terraferma e specchio acqueo) era la societa' Marina Cala de' Medici Circolo nautico s.p.a., la quale si era impegnata a costruire un porto turistico costituito da opere a mare e opere a terra, secondo un progetto allegato alla concessione, la cui durata veniva stabilita in 50 anni. Dal 2003, a seguito di apposita istanza della predetta societa', veniva autorizzata la cointestazione della concessione anche alle altre societa' sopra indicate, solidalmente obbligate nei confronti dell'amministrazione, sebbene la ripartizione del pagamento del canone non e' stabilita in parti uguali fra loro. Il canone annuo veniva stabilito nell'importo di lire 176.698.000, pari a € 91.256,91, secondo la normativa all'epoca vigente. Con la legge numero 449 del 1997 veniva riordinata la materia dei canoni concessori e venivano stabiliti criteri di favore per le strutture destinate alla nautica da diporto. L'aggiornamento annuale del canone e' avvenuto secondo gli indici Istat fino alla legge finanziaria 2007 (legge numero 296 del 2006), che ha disciplinato la materia dei canoni per le concessioni demaniali con i commi 251 e 252 dell'art. 1 (il comma 252, in particolare, riguarda le concessioni finalizzate alla realizzazione delle infrastrutture per la nautica da diporto e la gestione di tali infrastrutture) e ha altresi' abrogato con il comma 256 del medesimo art. 1, la normativa speciale di favore del 1997 (si veda infra, paragrafo 4). I canoni sono quindi aumentati notevolmente (secondo le parti ricorrenti, nel loro caso del 180% rispetto al canone determinato nell'atto concessorio e poi successivamente aggiornato). Con il ricorso numero 1979 del 2009 R.G. le societa' odierne ricorrenti avevano impugnato il provvedimento comunale di determinazione del canone demaniale per gli anni 2007, 2008 e 2009, con il quale era stata applicata la nuova normativa. Con sentenza numero 852 del 13 maggio 2011 questa Sezione ha definito il predetto ricorso, statuendo come di seguito indicato: ha ritenuto applicabile la legge finanziaria del 2007 alle concessioni demaniali marittime rilasciate prima della sua entrata in vigore per la costruzione gestione di porti turistici; ha ritenuto il provvedimento impugnato viziato da carenza di istruttoria, non essendo stata sufficientemente considerata la distinzione tra opere di facile rimozione e opere di difficile rimozione; ha ritenuto che gli importi unitari stabiliti dalla legge finanziaria del 2007 si applicano alle concessioni relative ai porti turistici ma senza rivalutazione sulla base degli indici Istat a partire dal 1° gennaio 1998; ha, per il resto, respinto il ricorso. Detta sentenza e' stata appellata; presso la sesta Sezione del Consiglio di Stato pende il ricorso n. 10512/2011. Con atto numero 10713 del 19 aprile 2011 il canone e' stato rideterminato con riferimento agli anni dal 2007 al 2011; anche tale atto e' stato impugnato con ricorso numero 1456 del 2011. Tale giudizio e' stato definito con sentenza di questa Sezione numero 251 del 2013, in cui e' stato stabilito che «Alla luce delle sopravvenienze fattuali, respinta la domanda di sospensione del presente giudizio, va dichiarata la cessazione della materia del contendere, per quanto attiene alla rivalutazione non retroattiva dei canoni, disposta ora dall'Amministrazione col nuovo atto n. 26196 del 30 luglio 2012, come richiesto dalle predette Societa' nel ricorso e, per la restante parte, dell'impugnativa per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che l'atto gravato n. 10713 del 19 aprile 2011 e' stato espressamente annullato e sostituito dal nuovo atto n. 26196 del 30 luglio 2012 (cfr. all. 13 e 27 al ricorso).». Una terza rideterminazione del canone relativo alla concessione demaniale n. 145/1999 per gli anni 2007-2012, adottata dal Comune di Rosignano Marittimo in data 30 luglio 2012, viene impugnata con il ricorso in esame, insieme alla successiva determinazione del 30 agosto 2012, con la quale si e' tenuto conto degli ulteriori pagamenti non conteggiati nel provvedimento di luglio, che e' stato per il resto confermato. Il ricorso in epigrafe ricalca doglianze e argomentazioni gia' espresse nei precedenti ricorsi. L'Agenzia del Demanio, cosdtuitasi in resistenza tramite la difesa erariale, ha contestato le tesi delle ricorrenti, richiamando le statuizioni di questa Sezione (sentenza n. 852/2011). Nelle more del giudizio la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui si applica alle concessioni per la realizzazione e per la gestione di infrastrutture destinate alla nautica da diporto gia' rilasciate alla data dell'entrata in vigore di detta disciplina. Con ordinanza n. 2810/2012 la predetta Sezione ha rimesso alla Corte costituzionale la valutazione della conformita' della disposizione su menzionata agli artt. 3 e 41 della Carta, sotto i profili: a) dell'eccesso di potere legislativo consistente nella lesione dell'affidamento ingenerato dalla previgente disciplina nei titolari di rapporti concessori in corso; b) della irragionevolezza del'equiparazione delle concessioni in corso alle nuove; c) della lesione della libera di iniziativa economica, dovuta alla frustrazione delle scelte imprenditoriali anteriori alla legge sopravvenuta. In sede di appello dell'ordinanza cautelare di reiezione resa in prime cure da questa Sezione (ord. n. 830/2012, con cui era stato confermato l'orientamento espresso con la piu' volte citata decisione n. 852/2011), la medesima sesta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l'istanza di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati fino alla data della nuova udienza di merito da fissare a seguito della definizione dell'incidente di costituzionalita'. La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile detta questione per difetto di prova della rilevanza nel giudizio a quo (sentenza n. 128/2014). Le cause in epigrafe tornano quindi all'attenzione del Collegio, essendo state trattenute in decisione alla pubblica udienza dell'8 aprile 2015. 2. - Le precedenti pronunce della Corte costituzionale in materia di canoni di concessione dei beni pubblici. Nel 2010 la Corte costituzionale, con sentenza n. 302, aveva dichiarato l'infondatezza della questione di legittimita' della norma della finanziaria del 2006 sollevata dal Tribunale di Sanremo con ordinanza del 5 gennaio 2009 in relazione agli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione; la fattispecie esaminata riguardava le cosiddette pertinenze demaniali. La Corte aveva richiamato il proprio orientamento circa la lesione dell'affidamento dei privati nei rapporti di durata, gia' espresso con sentenza n. 264 del 2005 (in senso conforme, tra molte, le sentenze n. 236 e n. 206 del 2009), in cui si era statuito che «nel nostro sistema costituzionale non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale e' che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto.». La Corte ha quindi proseguito affermando che «la variazione dei criteri di calcolo dei canoni dovuti dai concessionari di beni demaniali, in particolare di beni appartenenti al demanio marittimo, non e' frutto di una decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore, ma si inserisce in una precisa linea evolutiva della disciplina dell'utilizzazione dei beni demaniali. Alla vecchia concezione, statica e legata ad una valutazione tabellare e astratta del valore del bene, si e' progressivamente sostituita un'altra, tendente ad avvicinare i valori di tali beni a quelli di mercato, sulla base cioe' delle potenzialita' degli stessi di produrle reddito in un contesto specifico.». La Corte ha precisato che tale processo evolutivo «e' in corso da diversi decenni ed ha indotto questa Corte ad osservare che gli interventi legislativi, volti ad adeguare i canoni di godimento dei beni pubblici, hanno lo scopo, conforme agli artt. 3 e 97 Cost., di consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate e di rendere i canoni piu' equilibrati rispetto a quelli pagati in favore di locatoli privati (sentenza n. 88 del 1997). Del resto, un consistente aumento dei canoni in questione era gia' stato disposto dall'art. 32, commi 21, 22 e 23, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni ingenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modficazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326. La concreta applicazione degli aumenti disposti dalle norme citate e' stata successivamente rinviata sino a quando la legge finanziaria del 2007 (art. 1, comma 256) ha disposto la loro abrogazione, mentre contestualmente introduceva i nuovi criteri di calcolo. Questi ultimi hanno sostituito gli aumenti generalizzati dei canoni annui per concessioni demaniali marittime, disposti con il citato d.l. n. 269 del 2003, con un nuovo meccanismo, che incide soprattutto sulle aree maggiormente produttive di reddito, cioe' quelle su cui insistono pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario - direzionali e di produzione di beni e servizi. Non si puo' dire pertanto che l'aumento dei canoni, disposto dalla previsione legislativa censurata, sia giunto inaspettato, giacche' esso si e' sostituito ad un precedente aumento, di notevole entita', non applicato per effetto di successive proroghe, ma rimasto tuttavia in vigore sino ad essere rimosso, a favore di quello vigente, dalla norma oggetto di censura. Ne' l'incremento puo' essere considerato frutto di irragionevole arbitrio del legislatore, tale da indurre questa Corte a sindacare una scelta di indirizzo politico - economico, che sfugge, in via generale, ad una valutazione di legittimita' costituzionale. Si tratta infatti di una linea di valorizzazione dei beni pubblici, che mira ad una loro maggiore redditivita' per lo Stato, vale a dire per la generalita' dei cittadini, diminuendo proporzionalmente i vantaggi dei soggetti particolari che assumono la veste di concessionari. Si deve ricordare in proposito la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, laddove sottolinea che una mutazione dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi «in modo improvviso e imprevedibile», senza che lo scopo perseguito dal legislatore ne imponesse l'intervento (sentenza 29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02). Per i motivi illustrati sopra, l'intervento del legislatore non e' stato ne' improvviso e imprevedibile, ne' ingiustificato rispetto allo scopo perseguito di assicurare maggiori entrate all'erario e di perequare le situazioni dei soggetti che svolgono attivita' commerciali, avvalendosi di beni pubblici, e quelle di altri soggetti che svolgono le identiche attivita', ma assoggettati ai prezzi di mercato relativi all'utilizzazione di beni di proprieta' privata.». Con riguardo alla discriminazione tra utilizzatori di pertinenze demaniali marittime e soggetti locatari di aree di proprieta' privata la Corte ha ritenuto che non solo non vi e' discriminazione nel tendenziale avvicinamento delle due situazioni, dal punto di vista del costo dell'utilizzazione, «ma si deve riconoscere che l'intervenuto aumento dei canoni riduce l'ingiustificata posizione di vantaggio di chi possa, nel medesimo contesto territoriale, usufruire di concessioni demaniali rispetto a chi, invece, sia costretto a rivolgersi al mercato immobiliare.». La Corte sminuisce anche l'argomentazione che sul concessionario pesano alcuni oneri che non gravano sui locatari privati, rilevando che la norma censurata prevede un metodo di calcolo dei canoni che non fa coincidere, puramente e semplicemente, i canoni stessi e i prezzi praticati nel mercato. Infatti - osserva la Corte - il canone e' determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento, concludendo: «L'importo ottenuto e' moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5. Il canone annuo cosi' ottenuto e' ulteriormente ridotto in misura inversamente proporzionale alla superficie del manufatto. Le due situazioni sono da ritenersi pertanto equilibrate; anzi, puo' dirsi che viene posto rimedio ad un precedente squilibrio, senza tuttavia arrivare ad una completa parificazione.». Infine, la Corte ha respinto ulteriori profili di incostituzionalita', cosi' motivando: «3.3. - Non e' condivisibile neppure l'osservazione, formulata dal rimettente e dalla parte privata, che vi sarebbe una discriminazione tra concessionari di pertinenze demaniali marittime destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi e concessionari di beni pubblici dello stesso tipo destinati ad altre utilizzazioni, ad esempio abitative. La differenza di trattamento trova giustificazione nella diversa attitudine dei beni pubblici a produrre reddito per i concessionari, che certamente e' maggiore se gli stessi vengono destinati alle attivita' considerate dalla norma censurata, piuttosto che a destinazioni diverse, che ne implicano il mero godimento, senza un attivo sfruttamento economico. 3.4. - Occorre infine rimarcare che la determinazione del canone per le pertinenze demaniali marittime e' affidata alle stime dell'Osservatorio del mercato immobiliare, organismo tecnico, gestito dall'Agenzia del territorio, ai sensi dell'art. 64, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), che offre le necessarie garanzie di obiettivita'. 4. - La censura riferita all'art. 53 Cost., contenuta sia nell'atto introduttivo del giudizio, sia nella memoria della parte privata interveniente, e' del tutto inondata, giacche' i canoni demaniali marittimi non hanno natura tributaria, ma sono corrispettivi dell'uso di un bene di proprieta' dello Stato e costituiscono quindi un prezzo pubblico calcolato in base a criteri stabiliti dalla legge (ex plurimis, sentenze n. 174 del 1998 e n. 311 del 1995).». Ma tutte le predette considerazioni non possono essere automaticamente applicate a qualsivoglia tipo di concessione di beni demaniali. Come meglio si dira' in seguito, lo stesso legislatore, prima della legge finanziaria del 2007, aveva sempre differenziato il regime delle concessioni di beni demaniali destinate alla realizzazione e gestione delle infrastrutture per la nautica da diporto. In ragione delle peculiari caratteristiche di siffatte concessioni, la questione di legittimita' costituzionale della normativa del 2006 era gia' stata proposta, come s'e' accennato, dalla sesta Sezione del Consiglio di Stato e, come pure si e' gia' detto, essa e' stata dichiarata inammissibile per omessa dimostrazione della specifica rilevanza della questione nel caso concreto. La questione e' stata di recente riproposta dalla medesima sesta Sezione, con ordinanza n. 454 del 30 gennaio 2015, nell'ambito del giudizio d'appello proposto da una societa' nei confronti della sentenza di questo TAR n. 3856/2009, in relazione alla determinazione dei canoni relativi a una concessione demaniale marittima per la costruzione e la gestione per cinquant'anni di un porto turistico. La predetta decisione di prime cure aveva ritenuto infondato il ricorso sulla base della natura vincolata del provvedimento impugnato, applicativo della normativa vigente, giudicata non illegittima costituzionalmente in quanto la determinazione dei parametri di calcolo dei canoni concessori, rientrerebbe nella discrezionalita' del legislatore e tale discrezionalita' nella specie sarebbe stata esercitata in modo non irragionevole. Sospesa in appello l'esecutivita' della sentenza su menzionata, la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dedotta dall'appellante. Sotto il primo profilo, l'ordinanza n. 454 del 30 gennaio 2015 ha accertato che l'aumento degli importi dei canoni, applicato negli anni 2007-2048, renderebbe il margine negativo, pari a € 8.124.134, che, dato il conseguente aumento dell'imposta regionale, risulterebbe pari a € 12.578.872. Sotto il secondo profilo, la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha richiamato la precedente ordinanza n. 2810 del 2012 e le argomentazioni in essa contenute, riguardanti: la sostanziale diversita' fra le concessioni di cui al comma 251 dell'art. 1 della legge n. 296/2006, aventi finalita' turistico-ricreative, e quelle di cui al successivo comma 252, con finalita' di realizzazione e gestione di strutture per la nautica da diporto; in particolare, e' stato posto l'accento sulla modestia degli investimenti richiesti dalle prime, a fronte degli ingenti investimenti richiesti dalle seconde, caratterizzate anche da notevole impegno gestionale e dalla necessita' di un piano di equilibrio economico-finanziario di lungo periodo, nell'ambito del quale l'importo del canone, come individuato nell'atto di concessione, costituisce elemento determinante definito alla stregua della rilevanza degli investimenti; la violazione, sulla base delle premesse appena esposte, dell'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del trattamento uguale di situazioni diseguali, sia sotto il profilo della lesione del legittimo affidamento delle imprese; la normativa previgente, ispirata a un chiaro favore, per ragioni di incentivazione, nei confronti del secondo tipo di concessioni (quelle di cui al comma 252 gia' richiamato); l'affidamento ingenerato nei concessionari sulla stabilita' dell'equilibrio economico-finanziario di lungo periodo impostato da tempo per le concessioni di cui trattasi, tenuto conto del fatto che l'aumento dei canoni disposto con i commi 21, 22 e 23 del d.l. n. 69/2003, convertito in legge n. 326/2003 e rinviato fino alla piu' volte citata legge finanziaria del 2007, era stato disposto solo nei confronti delle concessioni con finalita' turistico-ricreative; l'analogia con la pur diversa materia dei compensi da corrispondere ai custodi dei veicoli sequestrati, oggetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 92/2013, che ha riconosciuto la lesione del principio di affidamento «in un fascio di situazioni (giuridiche ed economiche) iscritte in un rapporto convenzionale»; l'ordinanza n. 454/2015 sottolinea l'analogia della fattispecie oggetto di detta decisione della Corte con il regolamento dei rapporti concessori di beni pubblici, improntato alla paritarieta' delle posizioni del privato e del potere pubblico, salva l'autotutela spettante alla p.a.; la violazione dell'art. 41 della Cost., sotto il profilo dell'irragionevole frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti contrattuali gia' costituiti. 3. - Esame della rilevanza, nella fattispecie in esame, della questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 252, della legge n. 2961 2006, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost. Dall'esame degli atti di causa emerge che la concessione n. 145/1999, rilasciata alla societa' Marina Cala de' Medici, prevedeva da parte della concessionaria il pagamento di una somma di € 45.629 annui durante il periodo di durata dei lavori necessari alla realizzazione del porto turistico e di € 91.256,91 annui dalla fine di detti lavori alla scadenza della concessione (in totale, € 4.334.703), oltre al versamento di una cauzione di lire 354.000.000. Tutte tali somme erano soggette ad aggiornamento annuale; in particolare, la cauzione avrebbe subito un adeguamento tale da garantire che l'importo della stessa non sarebbe mai risultato inferiore a due annualita' del canone. Oggetto della concessione e' un'area demaniale comprendente aree di terra e aree di specchio acqueo, per un'estensione complessiva di 157.000 mq, per la durata di cinquant'anni; lo scopo della concessione e', per la societa', quello di costruire e gestire un porto turistico che, a realizzazione avvenuta, avrebbe le dimensioni di 81.700 mq a terra e 93.300 mq di specchio acqueo (art. 1 della convenzione facente parte integrante della concessione). Il canone sopra indicato e' stato determinato in base al D. Min. Trasporti e Navigazione n. 343 del 30 luglio 1998 e della circolare del medesimo Ministero - Direzione generale del Demanio marittimo e dei Porti n. 77 del 17 dicembre 1998 (art. 4 della convenzione). All'art. 10 della convenzione e' previsto che, alla scadenza del rapporto ovvero in caso di decadenza ai sensi dell'art. 47 del codice della navigazione o di rinuncia da parte del concessionario, le opere realizzate, con accessori e pertinenze, resteranno in proprieta' assoluta dello Stato; al concessionario nulla sara' dovuto e l'amministrazione potra' decidere di demolire le opere e rimettere in pristino stato i luoghi a cura e spese del concessionario senza per cio' corrispondergli alcunche', mentre, in caso di revoca della concessione, e' riconosciuto un indennizzo al concessionario secondo i criteri stabiliti nel medesimo articolo; infine, le inadempienze espongono il concessionario alla rivalsa sulla somma versata a titolo di cauzione o su quella da corrispondersi per indennizzo, senza intermediazione di provvedimenti giurisdizionali. Le ricorrenti hanno depositato il computo metrico delle opere e degli impianti previsti nel progetto allegato all'atto di concessione e il piano economico-finanziario. Hanno altresi' depositato un'analisi economico-finanziaria delle conseguenze derivanti dall'aumento del canone demaniale, concludendo che tale aumento produrrebbe un incremento dei costi, rispetto alle previsioni fatte al momento della concessione, di € 5.381.003 durante tutto l'arco di durata dell'investimento. Tale aggravio contabile imprevisto e imprevedibile ha mutato radicalmente la situazione di cui l'impresa aveva tenuto conto nel determinarsi all'investimento, producendo l'effetto che i flussi finanziari negativi attualizzati sarebbero superiori ai flussi positivi attualizzati. Su tali aspetti non vi sono state contestazioni da parte delle amministrazioni resistenti. Pertanto, il Collegio ritiene rilevante nella fattispecie in esame la questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 252, della legge n. 296/2006, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., nella parte in cui si applica alle concessioni per la realizzazione e la gestione delle infrastrutture per la nautica da diporto gia' rilasciate alla data della sua entrata in vigore. 4. - Le concessioni di beni demaniali con finalita' turistico-ricreative e le concessioni di beni demaniali finalizzate alla realizzazione e gestione di infrasfrutture per la nautica da diporto: differenze e dubbi di costituzionalita'. Sotto il profilo che qui interessa, ovvero l'incidenza del canone concessorio e la, diversa misura che finora tali canoni hanno avuto, i due tipi di concessione di beni demaniali (quelle con finalita' turistico-ricreative e quelle destinate alla realizzazione e gestione di infrastrutture per la nautica da diporto) presentano alcune rilevanti differenze, che con la gia' richiamata ordinanza n. 454/2015 la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato: le prime sono caratterizzate dall'immediata redditivita' dei minori investimenti richiesti rispetto al piu' complesso quadro di lungo periodo per il calcolo di convenienza finanziaria proprio delle seconde, destinate a durare decenni, non solo per la rilevanza degli investimenti ma, anche per l'impegno gestionale, sicche' le imprese devono approntare un quadro economico-finanziario «nel cui ambito il criterio di fissazione dell'importo del canone, individuato all'atto della concessione, e' elemento determinante definito tenendo conto della rilevanza degli investimenti.». Ma un'ulteriore considerazione va fatta. Evitare che le imprese concessionarie di beni demaniali per la realizzazione e gestione di infrastrutture per la nautica da diporto operino in condizioni di sofferenza economico-finanziaria risponde pure a importanti esigenze di rilievo pubblicistico, poiche' esse devono anche affrontare spese rilevanti di manutenzione, e cio' a salvaguardia della sicurezza della navigazione e dell'incolumita' pubblica. Per altro, a ben guardare, in questo tipo di concessione le finalita' imprenditoriali, che restano ovviamente sul piano individuale e privatistico, si intrecciano alla soddisfazione di esigenze e interessi pubblici, atteso che, se non vi fossero soggetti privati disposti a investire nei porti turistici, questo genere di infrastrutture difficilmente potrebbe essere realizzata dai soggetti pubblici, attesa la scarsita' di risorse finanziarie pubbliche da destinare, prioritariamente, ad altro tipo di opere. L'importanza delle infrastrutture destinate alla nautica da diporto per il rilancio del turismo e quindi per l'economia e' di tutta evidenza, sicche' in tal senso ne va apprezzata la rispondenza anche al pubblico interesse. A tale logica complessiva, che teneva in adeguata considerazione le su rilevate peculiarita' delle concessioni di beni pubblici per la realizzazione e la gestione dei porti turistici, era ispirata la disciplina dei canoni concessori anteriore alla legge finanziaria del 2007; la minore entita' dei canoni per le concessioni di cui trattasi, lungi dal costituire un ingiustificato regime di favore, consentiva la realizzazione di opere che comportano investimenti per la realizzazione di opere di difficile rimozione, con fissazione del canone a metro quadrato in misura inversa alla maggiore rilevanza delle opere stesse (art. 10, comma quarto, della legge n. 449 del 1997, e art. 1, commi primo e terzo, del D.M. n. 343 del 1998). Nella disciplina introdotta con la legge n. 296 del 2006 la tendenza si e' invertita, con previsione di una maggiore misura del canone per le opere di difficile rimozione, proprie delle concessioni per la nautica da diporto piu' che di quelle per finalita' turistico-ricreative. Cio', come rilevato gia' dalla sesta Sezione del Consiglio di Stato, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, innanzitutto sotto il profilo dell'uguale irragionevole trattamento di situazioni, come si e' detto, diseguali; l'irragionevolezza e' accentuata dal fatto che la nuova disciplina non prevede alcun meccanismo di gradualita' atto a salvaguardare, in rapporto agli investimenti fatti, l'equilibrio economico-finanziario dell'impresa. Ma l'art. 3 della Carta costituzionale appare violato anche sotto il profilo del principio della sicurezza giuridica costitutivo di legittimo affidamento, proprio per l'imprevista e imprevedibile inversione di tendenza della normativa in materia di canoni concessori, prima, come s'e' appena detto, ispirata da finalita' incentivanti per le imprese operanti nel settore della nautica da diporto, mentre con la legge finanziaria del 2007 i canoni vennero d'improvviso notevolmente aumentati e per di piu' applicati alle concessioni demaniali gia' in essere. Cio' veniva a sconvolgere le previsioni di stabilita' dell'equilibrio economico-finanziario pianificato anticipatamente e per il lungo periodo nella giustificata aspettativa di un appropriato tempo di ammortamento degli investimenti effettuati; come osservato dall'ordinanza n. 454/2015 condivisa dal Collegio, «questo equilibrio e' infatti sostanzialmente modificato nel momento in cui la nuova normativa viene ad incidere su concessioni gia' rilasciate, in corso e di lunga durata nel futuro, disponendo il rilevante e repentino aumento dell'importo dei canoni (l'aumento dei canoni disposto nel frattempo con i commi 21, 22 e 23 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito in legge n. 326 del 2003, rinviato fino alla legge finanziaria 2007, aveva riguardato le concessioni per finalita' turistico-ricreative), nonche' la loro maggiore misura per le opere di difficile rimozione.». Nel condurre gli accordi che accompagnano la concessione il privato ha tenuto conto di una certa situazione di equilibrio economico-finanziario e, alla luce di essa, ha aderito a una regolamentazione convenzionale dei propri diritti e dei propri obblighi; l'irragionevole equiparazione delle concessioni in corso alle nuove espone dunque repentinamente i titolari di concessioni rilasciate in epoca anteriore al 2007 agli effetti di una normativa fortemente incidente sui calcoli di convenienza calibrati, all'epoca del rilascio, su una diversa disciplina dei canoni, mentre gli imprenditori richiedenti concessioni dopo il 2007 possono, al contrario, adeguatamente ponderare tali effetti. La normativa considerata, come gia' ritenuto dal Consiglio di Stato con la citata ordinanza n. 454/2015 (e ancor prima con l'ordinanza n. 2810/2012), appare altresi' contrastante con l'art. 41 Cost. e con il principio di libera iniziativa economica, poiche', in quanto applicata alle concessioni rilasciate prima del 2007, produce l'effetto irragionevole di frustrare le scelte imprenditoriali modificando gli elementi costitutivi dei relativi rapporti contrattuali in essere. Tutto quanto sopra considerato induce, pertanto, il Collegio, piu' approfonditamente valutata come sopra la questione di costituzionalita' di che trattasi a superamento del precedente orientamento assunto da questa Sezione con la sentenza n. 3856/2009, a ritenere rilevanti per il giudizio in esame e non manifestamente infondati i dubbi di costituzionalita' relativi all'applicazione del comma 252 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 alle concessioni demaniali per la realizzazione e la gestione delle infrastrutture destinate alla nautica da diporto in corso alla data di entrata in vigore della legge e di sospendere il giudizio per la rimessione della questione di costituzionalita' sopra illustrata all'esame della Corte costituzionale disponendo che, a cura della Segreteria, sia trasmessa alla Corte la presente ordinanza unitamente agli atti di causa e che la medesima ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Ogni decisione in rito, in merito e sulle spese e' riservata alla decisione definitiva, che sara' assunta a seguito della fissazione dell'udienza di trattazione successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della decisione della Corte costituzionale sulla predetta questione di costituzionalita'.
P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) con pronuncia non definitiva sui ricorsi in epigrafe, previa riunione di essi, cosi' statuisce: a) visti gli art. 134 Cost., 1 l.c. n. 1/1948, 23, legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge n. 296/2006, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., nella parte in cui si applica alle concessioni per la realizzazione e la gestione delle infrastrutture per la nautica da diporto gia' rilasciate alla data della sua entrata in vigore, nei sensi precisati in parte motiva; b) dispone la sospensione del presente giudizio; c) ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; d) dispone che la Segreteria della Sezione curi la notifica della presente ordinanza alle parti in causa e al Presidenti del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ordinanza ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; e) riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e sulle spese. Cosi' deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati: Maurizio Nicolosi, Presidente Rosalia Messina, Consigliere, Estensore Raffaello Gisondi, Primo Referendario Il Presidente: Nicolosi L'Estensore: Messina