N. 270 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2015

Ordinanza del 26 giugno 2015 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da  D'Orsogna  Real  Estate  S.r.l.
contro Ministero dello sviluppo economico, Governo della Repubblica e
G.S.E. - Gestore dei servizi energetici S.p.a.. 
 
Energia - Interventi  sulle  tariffe  incentivanti  dell'elettricita'
  prodotta da impianti fotovoltaici - Previsione, a decorrere dal  1°
  gennaio 2015, che la tariffa incentivante  per  l'energia  prodotta
  dagli  impianti  di  potenza  nominale  superiore  a  200   KW   e'
  rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di  una  delle  tre
  opzioni indicate nel decreto-legge censurato. 
- Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni  urgenti  per  il
  settore  agricolo,  la  tutela   ambientale   e   l'efficientamento
  energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio  e
  lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle
  tariffe  elettriche,  nonche'  per  la  definizione  immediata   di
  adempimenti derivanti dalla  normativa  europea),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art.  26,  comma
  3. 
(GU n.49 del 9-12-2015 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                        (Sezione Terza Ter)  
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 14748 del 2014, proposto da D'Orsogna  Real  Estate
S.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,
elettivamente domiciliata in Roma,  via  dei  Monti  Parioli  n.  48,
presso lo studio dell'avv. Francesco Saverio Marini  che,  unitamente
all'avv.  Andrea  Sticchi  Damiani,  la  rappresenta  e  difende  nel
presente giudizio contro: 
    Ministero dello sviluppo economico, in persona del  Ministro  pro
tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  presso  la
sede dell'Avvocatura generale dello Stato che ex lege lo  rappresenta
e difende nel presente giudizio; 
    Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio
dei ministri pro tempore - non costituito in giudizio; 
    Gestore dei servizi energetici - G.S.E. S.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,
via  Giovanni  Pierluigi  da  Palestrina  n.  47,  presso  lo  studio
dell'avv. Giorgio Fraccastoro che,  unitamente  agli  avvocati  Maria
Antonietta Fadel ed Antonio Pugliese, lo  rappresentano  e  difendono
nel presente giudizio. 
    Per l'annullamento dei seguenti atti: 
    1) decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17  ottobre
2014 con cui sono stati individuati i criteri  e  le  percentuali  di
rimodulazione degli incentivi; 
    2)  «Istruzioni  operative  per  gli  interventi  sulle   tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E.  sul  proprio  sito
Internet in data 3 novembre 2014. 
    Per l'accertamento: 
    a) del diritto di non esercitare  alcuna  delle  tre  opzioni  di
rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia  elettrica
fotovoltaica, previste dall'art. 26, comma terzo, lettere  a),  b)  e
c), decreto-legge n. 91/2014; 
    b)  del  conseguente  diritto   di   conservare   le   condizioni
contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E.  per
il riconoscimento delle tariffe incentivanti  per  la  produzione  di
energia elettrica da impianti fotovoltaici; 
    c)  dell'insussistenza  del  potere  del  G.S.E.   di   applicare
l'opzione  prevista  dall'art.   26,   comma   terzo,   lettera   c),
decreto-legge n. 91/2014 nel caso di mancato esercizio, entro  il  30
novembre 2014, delle opzioni di scelta previste dal citato art. 26. 
    Per la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe
indicati; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il  dott.
Michelangelo Francavilla e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                              F a t t o 
 
    La  societa'  ricorrente  e'  titolare  di  due  impianti  solari
fotovoltaici con potenza superiore  a  200  kW  che  fruiscono  delle
tariffe incentivanti riconosciute in base agli  articoli  7,  decreto
legislativo n. 387/2003 e  25,  decreto  legislativo  n.  28/2011  ed
oggetto di convenzioni stipulate con il G.S.E. 
    Con ricorso, spedito per la notifica a mezzo posta il 12 novembre
2014 e depositato il 27 novembre 2014,  la  societa'  D'Orsogna  Real
Estate S.r.l. ha chiesto l'annullamento  del  decreto  del  Ministero
dello sviluppo economico del 17 ottobre  2014,  con  cui  sono  stati
individuati  i  criteri  e  le  percentuali  di  rimodulazione  degli
incentivi, e delle «Istruzioni operative  per  gli  interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti  fotovoltaici,  ai  sensi
dell'art. 26 della legge n.  116/2014»,  pubblicate  dal  G.S.E.  sul
proprio sito Internet in data 3  novembre  2014,  l'accertamento  del
diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni  di  rimodulazione
dell'incentivo per la produzione di energia  elettrica  fotovoltaica,
previste  dall'art.  26,  comma  terzo,  lettere   a),   b)   e   c),
decreto-legge n. 91/2014, del conseguente diritto  di  conservare  le
condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con  il
G.S.E.  per  il   riconoscimento   delle   tariffe   incentivanti   e
dell'insussistenza del  potere  del  G.S.E.  di  applicare  l'opzione
prevista dall'art. 26, comma  terzo,  lettera  c),  decreto-legge  n.
91/2014 nel caso di mancato esercizio, entro  il  30  novembre  2014,
delle opzioni di scelta previste dal citato art. 26,  e  la  condanna
delle parti resistenti al risarcimento dei danni. 
    A fondamento del gravame la  ricorrente  deduce  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014  e  la
conseguente illegittimita' degli atti impugnati. 
    Il G.S.E., costituitosi in giudizio con comparsa depositata il 10
dicembre 2014, ha chiesto il rigetto del ricorso. 
    Anche il Ministero dello  sviluppo  economico,  costituitosi  con
atto depositato il 16 febbraio 2015, ha concluso per la reiezione del
gravame. 
    All'udienza pubblica del  19  marzo  2015  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                            D i r i t t o 
 
    Il Tribunale ritiene che siano  rilevanti  e  non  manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  26,
comma 3 del  decreto-legge  n.  91/2014,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3,
11, 41, 77 e 117, comma 1 della Costituzione, nonche'  1,  protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali e 6, par. 3, Trattato UE. 
    Di seguito vengono esplicitate le  ragioni  della  decisione  del
Tribunale. 
1. Quadro  normativo  relativo  all'incentivazione  della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui  cambiamenti  climatici,  stipulato  a
Kyoto l'11 dicembre 1997, di cui e' stata autorizzata la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n.  120;  cfr.  anche
art. 11, comma 5,  decreto  legislativo  n.  79/1999  nella  versione
anteriore  alle  modificazioni  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
28/2011; in Europa, il Protocollo e' stato  approvato  con  decisione
del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1,
lettera a), obbliga le parti contraenti, «nell'adempiere agli impegni
di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni [...],  al
fine di promuovere lo sviluppo sostenibile», ad applicare o elaborare
«politiche e misure, in conformita' con la sua situazione  nazionale,
come:  [...]   iv)   Ricerca,   promozione,   sviluppo   e   maggiore
utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]». 
    Con la direttiva n. 2001/77/CE  (sulla  «promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'») il legislatore europeo, riconosciuta  «la
necessita' di promuovere in  via  prioritaria  le  fonti  energetiche
rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla    protezione
dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile», potendo  «inoltre  creare
occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale,
contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e  permettere  di
conseguire  piu'  rapidamente  gli   obiettivi   di   Kyoto»   (primo
considerando),  ha   affermato   chiaramente   che   «la   promozione
dell'elettricita' prodotta da fonti  energetiche  rinnovabili  e'  un
obiettivo altamente prioritario  a  livello  della  Comunita'  [...]»
(secondo  considerando)  e  ha  ritenuto  pertanto   di   intervenire
attraverso l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi  indicativi
nazionali di consumo di elettricita' prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili», con  riserva  di  proporre  «obiettivi  vincolanti»  in
ragione dell'eventuale progresso rispetto  all'«obiettivo  indicativo
globale» del 12% del  consumo  interno  lordo  di  energia  nel  2010
(settimo considerando), ferma  la  possibilita'  per  ciascuno  Stato
membro  di  individuare  «il  regime  piu'   rispondente   alla   sua
particolare  situazione»  per  il  raggiungimento  degli   «obiettivi
generali dell'intervento» (ventitreesimo considerando). 
    In coerenza  con  tali  premesse,  la  direttiva  ha  individuato
all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi nazionali» e all'art. 4
ha conferito agli Stati membri la possibilita' di stabilire specifici
«regimi di sostegno», demandando  alla  Commissione,  per  un  verso,
(par. 1) la  valutazione  della  coerenza  di  questi  ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (articoli 87 e 88 Trattato  CE,
oggi articoli 107  e  108  Trattato  UE),  «tenendo  conto  che  essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del  Trattato»  (si  tratta  delle  disposizioni  sulla  tutela
dell'ambiente e sulla  politica  ambientale  comunitaria;  cfr.  oggi
articoli 11 e 191 Trattato UE), e, per  altro  verso,  (par.  2),  la
presentazione  (entro  il  27  ottobre   2005)   di   una   relazione
sull'esperienza maturata e di un'eventuale «proposta  relativa  a  un
quadro comunitario» per i regimi di sostegno tale da: «a) contribuire
al raggiungimento degli obiettivi  indicativi  nazionali;  b)  essere
compatibile con i principi del mercato interno dell'elettricita';  c)
tener conto delle caratteristiche  delle  diverse  fonti  energetiche
rinnovabili, nonche' delle  diverse  tecnologie  e  delle  differenze
geografiche;  d)   promuovere   efficacemente   l'uso   delle   fonti
energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto
possibile  efficiente,  particolarmente  in  termini  di  costi;   e)
prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi  di  transizione
sufficienti di  almeno  sette  anni  e  mantenere  la  fiducia  degli
investitori». 
    La direttiva n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»)  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  «obiettivi  nazionali
obbligatori» per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia da fonti rinnovabili entro il  2020  (considerando
n.  13);  tali  obiettivi  hanno  la  «principale  finalita'»,   come
precisato  al  considerando  n.  14,  di  «creare  certezza  per  gli
investitori nonche' stimolare  lo  sviluppo  costante  di  tecnologie
capaci  di  generare  energia  a  partire  da  ogni  tipo  di   fonte
rinnovabile». 
    In questa  nuova  prospettiva  -  e  ravvisata  ulteriormente  la
necessita',  stanti  le  diverse  condizioni  iniziali,  di  tradurre
l'anzidetto  «obiettivo   complessivo   comunitario»   in   obiettivi
individuali per ogni  Stato  membro,  «procedendo  ad  un'allocazione
giusta e  adeguata  che  tenga  conto  della  diversa  situazione  di
partenza e delle possibilita' degli Stati  membri,  ivi  compreso  il
livello  attuale  dell'energia  da  fonti  rinnovabili   e   il   mix
energetico» (considerando n. 15) - la direttiva prende specificamente
in considerazione i regimi di sostegno nazionali. 
    In particolare, il considerando n.  25  (nel  rilevare  che  «gli
Stati  membri  hanno  potenziali  diversi  in  materia   di   energia
rinnovabile  e  diversi  regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti
rinnovabili a livello nazionale», che la maggioranza di essi «applica
regimi di sostegno che accordano sussidi solo  all'energia  da  fonti
rinnovabili prodotta sul loro territorio»  e  che  «per  il  corretto
funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che  gli
Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi
regimi in funzione dei loro diversi potenziali») riconosce  che  «uno
strumento  importante  per  raggiungere  l'obiettivo  fissato   dalla
presente direttiva consiste nel garantire il  corretto  funzionamento
dei regimi di  sostegno  nazionali,  come  previsto  dalla  direttiva
2001/77/CE, al fine di  mantenere  la  fiducia  degli  investitori  e
permettere agli Stati membri di elaborare misure  nazionali  efficaci
per conformarsi al suddetto  obiettivo»  (cio'  anche  in  vista  del
coordinamento tra le misure di «sostegno transfrontaliero all'energia
da fonti rinnovabili» e i regimi di sostegno nazionale). 
    L'art. 3  individua,  pertanto,  gli  «obiettivi  e  [le]  misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili» (quello per  l'Italia  e'  pari  al  17%;  cfr.  tabella
all'allegato I, parte A) e rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati
membri di utilizzare, tra l'altro, i regimi  di  sostegno  (par.  3),
definiti dal precedente art. 2, par.  2,  lettera  k),  nei  seguenti
termini: «strumento, regime  o  meccanismo  applicato  da  uno  Stato
membro o gruppo di Stati membri,  inteso  a  promuovere  l'uso  delle
energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi
a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di  obblighi  in
materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di
dette  energie.  Cio'  comprende,  ma  non  in  via   esclusiva,   le
sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali,  le
restituzioni d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia
di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati  verdi,
e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di
riacquisto e le sovvenzioni». 
    1.2. Il recepimento delle direttive in Italia: i cosiddetti Conti
energia. 
        1.2.1. La direttiva 2001/77 e' stata recepita con il  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della  delega
di cui all'art. 43, legge 1° marzo 2002,  n.  39  (Legge  comunitaria
2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione
delle «fonti energetiche rinnovabili o fonti  rinnovabili»  (art.  2,
comma 1, lettera a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
(«disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno  o
piu'  decreti»  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
«criteri» di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a) a g) che
detti «criteri» stabiliscano («senza  oneri  per  il  bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa  comunitaria  vigente»):  a)  «i
requisiti dei soggetti che possono beneficiare  dell'incentivazione»;
b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli  impianti»;  c)
«le condizioni per la  cumulabilita'  dell'incentivazione  con  altri
incentivi»;  d)  le  modalita'  per  la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»;  e)
«un obiettivo della potenza nominale da installare»;  f)  «il  limite
massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti  che
possono ottenere  l'incentivazione»;  g)  l'eventuale  «utilizzo  dei
certificati verdi» ex  art.  11,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
79/1999. 
    I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7 sono noti  con
la denominazione di «Conti energia» e sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: 
    Primo conto energia (decreti ministeriali  28  luglio  2005  e  6
febbraio 2006, recanti distinzione delle tariffe  in  relazione  alla
potenza  nominale,  se  superiore  o  non  a  20  kW;   le   «tariffe
decrescenti» sono stabilite in dipendenza dell'anno in cui la domanda
di incentivazione e' presentata); 
    Secondo conto energia (decreto ministeriale 19 febbraio 2007, che
introduce  ulteriori  incentivazioni  per  gli   impianti   integrati
architettonicamente  e  un  premio  per  quelli  abbinati  a  un  uso
efficiente dell'energia); 
    Terzo conto energia (decreto ministeriale 6  agosto  2010,  nelle
cui premesse si ravvisa la necessita'  di  «intervenire  al  fine  di
aggiornare  le  tariffe  incentivanti,  alla  luce   della   positiva
decrescita dei  costi  della  tecnologia  fotovoltaica,  al  fine  di
rispettare il principio di equa remunerazione dei costi» ex  art.  7,
decreto legislativo n. 387 del 2003 e «di stimolare  l'innovazione  e
l'ulteriore  riduzione  dei  costi»,  attraverso   una   «progressiva
diminuzione  [di  dette  tariffe]  che,  da  un  lato,  miri  ad   un
allineamento graduale verso gli attuali costi delle tecnologie e che,
dall'altro, mantenga stabilita' e certezza sul mercato»). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. articoli 5, comma 2, e 6, commi 2 e  3,
decreto ministeriale 28 luglio 2005, art. 6 decreto  ministeriale  19
febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante
in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale, e articoli 8, 12
e 14 decreto ministeriale 6 agosto 2010). 
        1.2.2. La direttiva 2009/28 e' stata recepita con il  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della  delega  di  cui
all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96  (Legge  comunitaria
2009). 
    Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente decreto [...]
definisce gli strumenti, i meccanismi,  gli  incentivi  e  il  quadro
istituzionale,   finanziario   e   giuridico,   necessari   per    il
raggiungimento degli obiettivi fino  al  2020  in  materia  di  quota
complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale  lordo
di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei  trasporti.
[...]»), l'art. 3 stabilisce gli «obiettivi  nazionali»,  prevedendo,
per quanto qui rileva, che «la quota complessiva di energia da  fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di  energia  da  conseguire  nel
2020 e' pari a 17 per cento» (comma 1), obiettivo da perseguire  «con
una progressione temporale coerente con le indicazioni dei  Piani  di
azione nazionali per le  energie  rinnovabili  predisposti  ai  sensi
dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE» (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui «principi generali» - capo I - ai sensi del quale: 
    «1. Il presente titolo ridefinisce la disciplina  dei  regimi  di
sostegno  applicati  all'energia  prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». 
    Il capo II (articoli da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  «meccanismi  di  incentivazione»  per  gli
impianti  che  entrano  in  esercizio  dopo  il  31   dicembre   2012
individuando  al  comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti   «criteri
generali»: «a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di  assicurare  una  equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b)  il  periodo
di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile  convenzionale
delle specifiche tipologie  di  impianto  e  decorre  dalla  data  di
entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per
tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del  valore  economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il G.S.E. e il soggetto responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]». 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo  al  comma  1,
che la produzione da  impianti  entrati  in  esercizio  entro  il  31
dicembre 2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi  di  cui  ai
commi successivi». 
    I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo comma 11,  lettera  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione (a far tempo dal 1° gennaio 2013) dell'art.  7  decreto
legislativo n. 387/2003 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». 
    In particolare: 
        il comma 9 sancisce l'applicabilita' del Terzo conto (decreto
ministeriale 6 agosto  2010  cit.)  alla  produzione  degli  impianti
fotovoltaici «che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; 
        il comma  10,  per  gli  impianti  con  data  di  entrata  in
esercizio successiva al 1° giugno 2011 - e fatte salve le  previsioni
dell'art. 2-sexies, decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3  (convertito,
con modifiche, dalla legge 22  marzo  2010,  n.  41)  che  ha  esteso
l'operativita' del Secondo conto agli impianti ultimati entro  il  31
dicembre 2010 purche' entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011  -
ha demandato la disciplina  del  regime  incentivante  a  un  decreto
ministeriale (emanato  dal  Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla  base
dei seguenti principi: «a) determinazione di  un  limite  annuale  di
potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che  possono
ottenere le tariffe incentivanti;  b)  determinazione  delle  tariffe
incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle  tecnologie
e dei costi di impianto  e  degli  incentivi  applicati  negli  Stati
membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe  incentivanti  e
di quote differenziate sulla base della natura dell'area  di  sedime;
d)  applicazione  delle  disposizioni   dell'art.   7   del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». 
    In attuazione del comma 10 sono stati  adottati  gli  ultimi  due
Conti energia: 
        Quarto Conto energia (decreto ministeriale 5 maggio 2011), di
cui giova richiamare: l'art.  1,  comma  2,  secondo  cui  «[...]  il
presente decreto si applica agli impianti fotovoltaici che entrano in
esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31  dicembre
2016, per un obiettivo indicativo di  potenza  installata  a  livello
nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un  costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro»,
nonche' l'art. 2, comma 3, secondo cui «al raggiungimento del  minore
dei valori di costo indicativo cumulato  annuo  di  cui  all'art.  1,
comma 2, [...] possono essere riviste le modalita' di  incentivazione
di cui al  presente  decreto,  favorendo  in  ogni  caso  l'ulteriore
sviluppo del settore»; 
        Quinto Conto energia (decreto ministeriale 5 luglio 2012), il
cui art. 1 prevede: 
comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10,  cit.  (e  tenuto
conto di quanto stabilito dal  Quarto  conto  all'art.  2,  comma  3,
cit.), esso disciplina le modalita' di incentivazione «da  applicarsi
successivamente al raggiungimento di  un  costo  indicativo  cumulato
annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; 
comma 2: che  l'Autorita'  per  l'energia  elettrica  e  il  gas  (di
seguito, AEEG) «[...] individua la data in cui  il  costo  indicativo
cumulato annuo  degli  incentivi  [...]  raggiunge  il  valore  di  6
miliardi di euro l'anno»  (precisando  al  comma  3  l'applicabilita'
delle modalita' incentivanti  ivi  previste  «decorsi  quarantacinque
giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione di  cui
al comma»); 
comma 5: che lo stesso decreto ministeriale «cessa di applicarsi,  in
ogni caso, decorsi trenta giorni solari dalla data di  raggiungimento
di un costo indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro l'anno» (data
parimenti individuata dall'AEEG). 
    L'AEEG ha dato atto del raggiungimento di tale «costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi»: 
        al 12 luglio 2012, quanto al valore di 6  miliardi  di  euro,
con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del  Quinto
Conto a decorrere dal 27 agosto 2012 (delibera  12  luglio  2012,  n.
292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito Internet AEEG); 
        al 6 giugno 2013, quanto al valore di 6,7 miliardi  di  euro,
con conseguente cessazione degli effetti del Quinto conto al 6 luglio
2013» (delibera 6 giugno 2013, n. 250/2013/R/EFR, pubblicata in  pari
data nel sito Internet). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. 
    Giova infine precisare che anche il Quarto  e  il  Quinto  conto,
analogamente ai tre precedenti, fissano in venti anni il  periodo  di
durata  dell'incentivazione  (articoli   12,   16   e   18,   decreto
ministeriale 5 maggio 2011; art. 5,  decreto  ministeriale  5  luglio
2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari Conti energia hanno operato per i seguenti periodi: 
        Primo conto: 19 settembre 2005-30 giugno 2006; 
        Secondo conto: 13 aprile 2007-31 dicembre 2010; 
        Terzo conto: 1° gennaio  2011-31  maggio  2011  (cinque  mesi
anziche' i tre anni originariamente previsti, ossia fino a  tutto  il
2013, sebbene con tariffe  inferiori  a  seconda  dell'annualita'  di
riferimento; cfr. articoli 1 e 8, decreto ministeriale 6 agosto  2010
e art. 25, comma 9 decreto legislativo n. 28/2011); 
        Quarto conto: 1° giugno 2011-26 agosto 2012; 
        Quinto conto: 27 agosto 2012-6 luglio 2013. 
        1.2.3. Quanto  allo  strumento  giuridico  disciplinante  gli
specifici rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2, lettera d),
decreto legislativo n. 28/2011 cit., ha stabilito, come si e'  visto,
che le tariffe incentivanti siano  assegnate  «tramite  contratti  di
diritto  privato  fra  il   G.S.E.   e   il   soggetto   responsabile
dell'impianto [...]», sulla  base  di  un  «contratto-tipo»  definito
dall'AEEG (gli schemi di «contratti-tipo» predisposti dal G.S.E. sono
stati approvati dall'Autorita'  con  delibera  6  dicembre  2012,  n.
516/2012/R/EFR,  pubblicata  in   pari   data   nel   sito   Internet
istituzionale). 
    La disposizione,  direttamente  riferibile  al  Quarto  e  Quinto
conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi  a
determinare durante la vigenza dei primi tre Conti, in  relazione  ai
quali  il  Gestore  risulta  avere  concesso  i  benefici  attraverso
«convenzioni» con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento
al Terzo conto, l'art. 13,  allegato  A,  delibera  AEEG  ARG/elt  n.
181/2010 del 20 ottobre 2010, pubblicata sul sito AEEG il 25  ottobre
2010, recante previsione  della  redazione  di  uno  schema  tipo  di
convenzione; nello stesso senso  si  vedano  anche  i  richiami  alle
convenzioni del Primo, Secondo e Terzo  conto  energia  presenti  sul
«Manuale utente per la richiesta di trasferimento di titolarita'» del
novembre 2014 e pubblicato sul sito Internet del G.S.E.). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la «convenzione» quanto il  «contratto»  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto  giuridico  tra  il  G.S.E.  e  il
soggetto responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello  dei
rapporti  concessori,  nei  quali   accanto   al   provvedimento   di
concessione l'amministrazione concedente e il privato  concessionario
concludono un contratto (c.d.  accessivo)  per  la  disciplina  delle
rispettive obbligazioni. 
    1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal Terzo al  Quarto  e
dal Quarto al Quinto conto energia. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n. 28/2011 e l'introduzione del  Quarto  conto  (per  gli
impianti con data di entrata in esercizio  successiva  al  31  maggio
2011) hanno dato origine  a  una  serie  di  controversie  aventi  ad
oggetto, in estrema sintesi, l'anticipata  cessazione  degli  effetti
del Terzo conto. 
    A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni  proposte  dagli
interessati sono state respinte, poiche', per quanto  qui  interessa,
le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in
esercizio (vedi, ex multis, sentenze 13  febbraio  2013,  n.  1578  -
confermata in appello - 26 marzo 2013, nn. 3134,  3139,  3141,  3142,
3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez.
VI, 8 agosto 2014). 
    Piu'  precisamente,  e'  stata  esclusa  l'integrazione   di   un
affidamento tutelabile sul  rilievo  della  portata  non  retroattiva
della  nuova  disciplina,  diretta  a  regolamentare  l'accesso  agli
incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non ne fruiscano
atteso che l'ammissione  al  regime  di  sostegno  non  sortisce  dal
possesso  del  titolo  amministrativo   idoneo   alla   realizzazione
dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale  a
questo fine), ma dall'entrata in  esercizio  dell'impianto  medesimo,
vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa  in  opera;  in
quest'ottica, si e' sostenuto che il decreto legislativo  n.  28/2011
dispone per l'avvenire, individuando, quale discrimen  temporale  per
l'applicazione delle nuove  regole,  l'entrata  in  esercizio  al  31
maggio 2011 e disciplinando il passaggio al Quarto  conto  attraverso
la previsione di tre periodi, il primo, inteso a consentire l'accesso
agli incentivi di tutti gli impianti entrati in esercizio entro il 31
agosto 2011, al fine di tutelare l'affidamento  degli  operatori  che
avessero quasi ultimato la  realizzazione  degli  impianti  sotto  il
vigore del Terzo conto, il secondo,  dal  1°  settembre  2011  al  31
dicembre 2012, in cui l'accesso avviene attraverso  l'iscrizione  nei
registri, e il terzo, a regime, dal 2013  sino  alla  cessazione  del
Quarto conto. 
    Muovendo dalla considerazione che  nell'ambito  delle  iniziative
pubbliche di promozione di specifici settori economici e'  necessario
identificare,  «sulla  base  di  elementi  dotati   di   apprezzabile
certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione
di possibili discriminazioni», un momento nel quale l'aspettativa del
privato si consolida e acquisisce  consistenza  giuridica,  e'  stata
riconosciuta  la  correttezza  dell'individuazione  di  un  discrimen
ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto,  scelta  da
ritenere giustificata alla luce  delle  caratteristiche  del  sistema
incentivante  in  esame,  fondato  sulla  distinzione  tra  la   (pur
complessa) fase di predisposizione  dell'intervento  impiantistico  e
quella (altrettanto, se non piu' complessa) di sua messa in opera. Ed
e' a questo secondo momento (l'entrata  in  esercizio,  appunto)  che
occorre rivolgere l'attenzione per individuare il  fatto  costitutivo
del diritto alla percezione dei benefici il che si spiega  alla  luce
della generale  finalita'  del  regime  di  sostegno  (produzione  di
energia  da  fonte  rinnovabile)  e  dell'esigenza,  a   tale   scopo
strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni
concrete ed effettive. 
    E' stato, pertanto, rilevato come in quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare,  piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti, scelte  imprenditoriali  effettuate  in  un
momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si  sarebbero  rivelate
foriere di flussi reddituali positivi,  non  risultando  in  concreto
ravvisabili elementi tali da deporre nel senso dell'immutabilita' del
contributo pubblico al settore in considerazione. Ed e' stata esclusa
la dedotta lesione del legittimo  affidamento  degli  operatori  alla
stregua  dell'orientamento  della  giurisprudenza  europea  e   della
disamina degli elementi di fatto in concreto  rilevanti,  attestanti,
in sintesi, una situazione di esubero di «offerta» di  produzione  da
fotovoltaico (c.d.  «boom  del  fotovoltaico»)  in  presenza  di  una
consistente diminuzione dei costi (con particolare  riferimento  alle
componenti base degli impianti). 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito:
a) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula
l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche» (punto 49); b) per altro verso, che  la
possibilita' di far valere la tutela  del  legittimo  affidamento  e'
bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale  un'autorita'
nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma  non  «qualora
un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel
caso in cui il provvedimento venga adottato);  in  tale  prospettiva,
inoltre, «gli operatori economici  non  possono  fare  legittimamente
affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che  puo'
essere  modificata  nell'ambito  del   potere   discrezionale   delle
autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice  nazionale,  in
una valutazione globale e in concreto  delle  pertinenti  circostanze
fattuali, stabilire se l'impresa ricorrente disponga «come  operatore
prudente e accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle  di
aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui  trattasi  fosse
abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza»,  non
sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della
certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento  (punti
67 e 68). 
    E' stata, nell'occasione,  esclusa  la  lesione  degli  anzidetti
principi generali, non potendo dubitarsi  della  circostanza  che  il
settore  del  fotovoltaico  abbia  subito  negli  anni  piu'  recenti
notevoli  modifiche  in  ragione  dell'andamento  dei   costi   delle
componenti impiantistiche (in particolare, per  effetto  della  forte
riduzione del costo dei pannelli solari) e  dell'aumento  progressivo
delle potenze installate. 
    Il Tribunale  ha  ritenuto  che  di  tale  linee  tendenziali  un
operatore «prudente e  accorto»  fosse  ben  consapevole  e  cio'  in
ragione,  oltre  che  dell'intrinseca  mutevolezza  dei   regimi   di
sostegno, delle modalita' con cui questi sono stati  declinati  dalle
autorita' pubbliche nazionali sin dal Primo conto, vale a dire con un
orizzonte temporale assai limitato e con ripetuti interventi a  breve
distanza di tempo (quattro in  soli  cinque  anni,  dal  luglio  2005
all'agosto 2010). 
    La lettura coordinata di questi elementi  permette  di  affermare
come un operatore avveduto fosse senz'altro in grado di percepire  le
mutazioni del contesto economico di riferimento nonche'  il  prossimo
raggiungimento  della  «grid  parity»  degli  impianti   fotovoltaici
rispetto a quelli convenzionali. 
    B) Il Consiglio di Stato (sentenza  n.  4233/2014)  ha  condiviso
tale  impostazione,  riconoscendo  che  «la  tutela   del   legittimo
affidamento e' principio connaturato allo Stato di  diritto  sicche',
regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i  limiti
della discrezionalita' legislativa (Corte costituzionale, sentenze  9
luglio 2009, n. 206,  e  8  maggio  2007,  n.  156)»,  e  negando  la
sussistenza di un «legittimo affidamento tutelabile», atteso che  nel
caso portato al suo esame non si controverteva  di  «provvedimenti  e
diritti gia' legittimamente  acquisiti  sulla  base  della  normativa
anteriore» e non era risultato che l'amministrazione pubblica  avesse
«orientato le societa' ricorrenti verso comportamenti  negoziali  che
altrimenti non avrebbero tenuto». 
    Ne' e'  stata  riscontrata  la  sussistenza  di  un  investimento
meritevole di  essere  salvaguardato,  posto  che  «la  rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». 
    Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero «i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014, n.  4233;  nello
stesso senso Cons. Stato n. 4234/2014). 
    Sempre sulla medesima questione, il Consiglio di Stato  (sentenza
n. 1043/2015): 
        ha osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine  di
stimolare la installazione di impianti fotovoltaici con  l'effetto  e
il vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale
o totale) dei propri consumi elettrici e alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore guadagno»; 
        ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla  portata
lesiva delle innovazioni - in quanto «foriere di effetti deleteri per
la tutela degli investimenti gia' programmati sulla base  del  quadro
normativo previgente (Terzo conto  energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012»  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  «dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche» e cio' sul rilievo che la disciplina del Quarto conto «non
tocca le iniziative gia' avviate (quelle per cui  gli  impianti  sono
entrati in esercizio al 31 maggio 2011) e introduce  una  ragionevole
distinzione  tra  le  diverse  situazioni  di  fatto,  operando   una
distinzione sulla base della  data  di  entrata  in  esercizio  degli
impianti». 
    Si puo' anche  ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sempre il Giudice d'appello ha confermato  le  pronunce
di reiezione delle domande avanzate da  alcuni  soggetti  destinatari
degli incentivi del Quinto conto dirette  a  ottenere  l'applicazione
del Quarto, rilevando, altresi': 
        l'impossibilita' di invocare le tutela dei «diritti  quesiti»
accordata dall'art. 25, comma 11,  decreto  legislativo  n.  28/2011,
perche' (tra l'altro) «nella specie, il diritto non era  sorto»,  pur
essendo  «comprensibile  il  rammarico  del  soggetto  che,   avviata
un'attivita' imprenditoriale, si  veda  modificato  il  quadro  delle
agevolazioni su cui  faceva  conto»,  risultato  tuttavia  dipendente
«dalla restrizione strutturale delle risorse disponibili» e che  «non
essendo ne' irragionevole ne' imprevedibile alla luce della normativa
[...], rappresenta un evento che va riportato al rischio di  impresa,
nel momento in cui il "boom del fotovoltaico" si e'  espresso  in  un
numero di iniziative verosimilmente superiore a quello  previsto  dai
soggetti pubblici e dagli stessi operatori privati del settore»; 
        l'infondatezza    della     doglianza     prospettante     la
«retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con  l'art.
10, comma 4, del decreto ministeriale 5 luglio 2012» a far tempo  dal
1° gennaio 2011 e a carico di  tutti  i  soggetti  beneficiari  delle
incentivazioni (ai fini della «copertura  degli  oneri  di  gestione,
verifica e controllo in capo al G.S.E.»), in quanto  «l'impianto  era
gia' entrato in  esercizio,  ma  esso  non  godeva  ancora  di  alcun
incentivo, cosicche' sarebbe improprio  dire  che  la  norma  vada  a
modificare in peggio una  situazione  giuridica  consolidata»  (cosi'
Cons. Stato, sez, IV, 29 gennaio 2015,  n.  420,  confermativa  della
sentenza di questa Sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 
2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Dopo la cessazione dei Conti energia il legislatore nazionale  e'
intervenuto nuovamente sul settore,  dapprima  col  decreto-legge  n.
145/2013 e poi con il decreto-legge n. 91/2014, oggi in esame. 
    2.1.  Il  decreto-legge   n.   145/2013:   lo   «spalma-incentivi
volontario». 
    Il decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  c.d.  «Destinazione
Italia»  («Interventi  urgenti  di  avvio  del  piano   "Destinazione
Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,  per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
Expo 2015», convertito  in  legge,  con  modifiche,  dalla  legge  21
febbraio  2014,  n.  9),   introduce   all'art.   1   (tra   l'altro)
«disposizioni per la  riduzione  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche» prevedendo, in particolare, ai commi da 3 a 5,  «al  fine
di contenere l'onere annuo sui  prezzi  e  sulle  tariffe  elettriche
degli incentivi alle energie  rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto
produttivo nel medio-lungo  termine  dagli  esistenti  impianti»,  un
meccanismo di rimodulazione degli incentivi, tale che  «i  produttori
di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari  di  impianti  che
beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe
omnicomprensive  ovvero  tariffe  premio  possono,  per  i   medesimi
impianti, in misura alternativa: a): continuare a godere  del  regime
incentivante spettante per il periodo di diritto residuo  [...];  b):
optare  per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,  volta  a
valorizzare l'intera vita utile dell'impianto» e  con  un  incremento
del periodo dell'incentivazione di sette anni. 
    Si tratta in sostanza del c.d. «spalma-incentivi volontario». 
    2.2.  Il   decreto-legge   n.   91/2014:   lo   «spalma-incentivi
obbligatorio». 
    Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91, c.d. «Decreto competitivita'», recante «Disposizioni urgenti  per
il  settore  agricolo,  la  tutela  ambientale  e   l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti  dalla  normativa  europea»  (pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal 25 giugno
2014), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11  agosto
2014, n. 116 (in vigore dal 21 agosto 2014). 
    L'art.  26,  oggi  in  esame,  reca  «interventi  sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici». 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti: 
        A) ambito applicativo e finalita' (comma 1): 
    «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387,  e  all'art.  25,  comma  10,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate  secondo  le  modalita'
previste dal presente articolo.». 
    L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe  incentivanti
riconosciute in base ai Conti energia ed  e'  ispirato  alla  duplice
finalita' di «ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi», cui  e'  collegato  il  comma  2,  e  di
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili»; 
        B) modalita' di erogazione (comma 2): 
    «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.a. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal G.S.E.  entro  quindici  giorni
dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto  del
Ministro dello sviluppo economico». 
    La norma introduce, a far tempo dal 1° luglio 2014, un sistema di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua
stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da  versare  in
«rate mensili costanti», e  «conguaglio»,  basato  sulla  «produzione
effettiva», entro il 30  giugno  dell'anno  successivo  a  quello  di
produzione). 
    A tale comma e' stata data attuazione con il decreto ministeriale
16 ottobre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  248  del  24
ottobre 2014); 
        C) rimodulazione (comma 3): 
    «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante  per
l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200
kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base  di  una  delle
seguenti opzioni da comunicare al G.S.E. entro il 30 novembre 2014: 
        a)  la  tariffa  e'  erogata  per  un  periodo  di  24  anni,
decorrente  dall'entrata  in  esercizio   degli   impianti,   ed   e'
conseguentemente ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione
indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
        b) fermo restando il periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; 
        c) fermo restando il periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 
1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
900 kW. 
    In assenza di comunicazione da  parte  dell'operatore  il  G.S.E.
applica l'opzione di cui alla lettera c)». 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della rimodulazione,
stabilendone l'operativita' a decorrere dal 1° gennaio 2015. 
    L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto  di  quello
contemplato dal comma 1,  venendo  presi  in  considerazione  i  soli
«impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». 
    Per altro l'art. 22-bis,  comma  1,  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133 (convertito, con  modifiche,  dalla  legge  11  novembre
2014,  n.  164),  ha  operato  un'ulteriore  restrizione,  esonerando
dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da  3  a  6  gli
«impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata  in
vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 91/2014]  enti
locali o scuole». 
    Il citato art. 26, comma 3 concede agli operatori la possibilita'
di optare entro il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative: 
        lettera A): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24
anni (decorrenti dalla data di entrata in  esercizio  dell'impianto):
in tal caso si applicano le riduzioni indicate nella tabella  di  cui
all'allegato 2 al decreto-legge n. 91/2014, formulata sulla  base  di
una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e
«percentuale di riduzione»; segnatamente, essa e' suddivisa  in  otto
scaglioni  di  «periodo  residuo»,  a  partire  da  «12  anni»,   cui
corrisponde una riduzione del 25%, sino a  «19  anni  e  oltre»,  cui
corrisponde una riduzione del 17% (l'art. 26, comma 4  chiarisce  che
le   riduzioni   in   questione,   ove   riferite    alle    «tariffe
onnicomprensive» erogate ai sensi del Quarto e del Quinto conto,  «si
applicano alla sola componente incentivante»); 
        lettera B): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,
suddividerla in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un
incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di
un incentivo incrementato in ugual misura». 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro  il  1°  ottobre
2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti». 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17 ottobre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.
248 del 24 ottobre 2014); 
        lettera C): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,
applicare una riduzione «dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione»  secondo  percentuali   determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW,  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900  kW  e  8%  per  gli  impianti  con
potenza superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   ipotesi    (riduzione    secca
dell'incentivo); 
        D) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
«accompagnamento» quali: 
        finanziamenti bancari (comma 5): 
ai sensi del comma 5, il «beneficiario della tariffa incentivante  di
cui ai commi 3 e 4 puo'  accedere  a  finanziamenti  bancari  per  un
importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo  gia'  spettante
al 31 dicembre 2014 e  l'incentivo  rimodulato»;  tali  finanziamenti
«possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla  base
di  apposite  convenzioni  con  il  sistema  bancario,  di  provvista
dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa  depositi  e  prestiti
S.p.a.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di CDP e'  garantita  dallo
Stato [...] secondo criteri e  modalita'  stabiliti  con  decreto  di
natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze». 
    A tale disposizione e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 29 dicembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
17 del 22 gennaio 2015); 
adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
in riferimento all'opzione sub lettera a), «Le  regioni  e  gli  enti
locali  adeguano,  ciascuno  per  la  parte  di  competenza   e   ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo»; 
    «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
        la  misura  concerne  tutti  «i  beneficiari   di   incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i  produttori  da
energia  solare  -  i  quali  «possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). 
    L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a
percepire  gli  incentivi»,  «salva  la  prerogativa»  dell'AEEG  «di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  «a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi»). 
    E' demandata, poi, all'AEEG la definizione (entro il 19  novembre
2014) delle inerenti modalita' attuative, attraverso  la  definizione
del sistema per gli acquisti e la cessione delle quote (comma 9) e la
destinazione  «a  riduzione  della  componente  A3  degli  oneri   di
sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati  con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra
il  costo  annuale  degli   incentivi»   acquistati   dall'acquirente
selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
        al comma 12, che «alle quote di  incentivi  cedute  ai  sensi
delle disposizioni di cui al comma 9 non si  applicano,  a  decorrere
dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di  cui  al  comma
3»; 
        al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni  di  cui  ai
commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo  di  «assumere
ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle  disposizioni  del
presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema  bancario
per  semplificare  il  recesso  totale  o   parziale   dei   soggetti
beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti  di  finanziamento
stipulati». 
    Da ultimo, giova dare  atto  che  il  G.S.E.  ha  pubblicato  nel
proprio  sito  istituzionale  le  «Istruzioni   operative   per   gli
interventi  sulle  tariffe  incentivanti   relative   agli   impianti
fotovoltaici» (con data 3 novembre 2014), recanti precisazioni  sulle
modalita' di applicazione del nuovo meccanismo. 
3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014. 
    Come  si  e'  visto,  le  previsioni  dell'art.  26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014 incidono sugli incentivi percepiti, in  base
alle convenzioni stipulate con il G.S.E. in attuazione dei vari Conti
energia, dai titolari  degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici. 
    Dai dati pubblicati dal G.S.E.  nel  proprio  sito  istituzionale
risulta che al 31 luglio 2014 su un totale  di  n.  550.785  impianti
incentivati, per una potenza complessiva di  ca.  17,731  MW,  12.264
hanno potenza superiore a 200 kW. 
    Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni  del  comma  3
impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome
definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando  un  effetto
novativo sugli elementi della durata  o  dell'importo  delle  tariffe
incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei
costi di transazione  derivanti  dalla  necessita'  di  adeguare  gli
assetti in essere alla nuova situazione. 
    E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di  cui  alla
lettera c), avente chiara portata negativa: 
        l'allungamento della  durata  divisata  dalla  lettera  a)  -
(estensione  a  24  anni  con  proporzionale  riduzione  delle  quote
annuali),  oltre  a  comportare  una   differita   percezione   degli
incentivi, di per se' (notoriamente) pregiudizievole,  non  puo'  non
incidere sui parametri iniziali dell'investimento,  impattando  anche
sui costi dei fattori produttivi (si pensi ad esempio alle  attivita'
di gestione, alla durata degli eventuali finanziamenti  bancari,  dei
contratti  stipulati  per  la  disponibilita'   delle   aree,   delle
assicurazioni, ecc.), ferma la necessita' del  parallelo  adeguamento
dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6); 
        la lettera b) determina una riduzione degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  «almeno  600
milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di  tutti  gli
interessati)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito  col  decreto  ministeriale  17  ottobre  2014):
poiche' l'incentivo e'  funzione  della  produzione,  il  fisiologico
invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una
diminuzione   di   produttivita',   determina   la    non    completa
recuperabilita' dei minori importi  relativi  al  periodo  2015-2019,
attraverso  gli  incrementi  delle  tariffe  riferibili  al   periodo
successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza). 
4. La rilevanza della questione di legittimita'. 
    Il   Collegio   ritiene   di   dovere   sottoporre   alla   Corte
costituzionale il vaglio di legittimita' dell'art.  26,  comma  terzo
del decreto-legge n. 91/2014 come convertito dalla legge n. 116/2014. 
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale il Tribunale ritiene che la  disposizione,  della  cui
legittimita' si dubita, costituisca parametro normativo necessario ai
fini della valutazione della fondatezza  delle  domande  proposte  da
parte ricorrente. 
    La  societa'  ricorrente  e'  titolare  di  due  impianti  solari
fotovoltaici con potenza superiore  a  200  kW  che  fruiscono  delle
tariffe incentivanti riconosciute in base agli  articoli  7,  decreto
legislativo n. 387/2003  e  25  decreto  legislativo  n.  28/2011  ed
oggetto di convenzioni stipulate con il G.S.E. 
    Come evidenziato  nella  parte  relativa  allo  «Svolgimento  del
processo», le domande proposte da parte ricorrente hanno ad oggetto: 
        a) l'annullamento del decreto del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione dell'art.  26,
comma 3, decreto-legge n. 91/2014, con cui sono stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli  incentivi,  e  delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito Internet in
data 3 novembre 2014; 
        b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna  delle
tre opzioni di rimodulazione  dell'incentivo  per  la  produzione  di
energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26,  comma  terzo,
lettere a), b)  e  c),  decreto-legge  n.  91/2014,  del  diritto  di
conservare le condizioni  contrattuali  stabilite  nelle  convenzioni
stipulate con il G.S.E. e dell'insussistenza del potere del G.S.E. di
applicare l'opzione prevista dall'art. 26, comma  terzo,  lettera  c)
citato nel caso di mancato esercizio,  entro  il  30  novembre  2014,
delle opzioni di scelta previste dalla disposizione in esame. 
    In  relazione  alla   domanda   caducatoria   la   questione   di
legittimita' costituzionale risulta  rilevante  in  quanto  gli  atti
impugnati  sono  stati  emanati  dall'autorita'   amministrativa   in
dichiarata attuazione dell'art. 26, decreto-legge n. 91/2014 (la  cui
legittimita' e'  oggetto  di  contestazione)  che  nella  fattispecie
riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio  del
potere amministrativo contestato in giudizio. 
    Gli  atti   impugnati,   per   altro,   sono   strumentali   alla
rimodulazione  degli  incentivi  prevista  dall'art.  26,  comma   3,
decreto-legge n. 91/2014 ed avversata da parte ricorrente. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale   e',   altresi',
rilevante ai fini della decisione in  ordine  alla  fondatezza  della
domanda di accertamento proposta da  parte  ricorrente  e  avente  ad
oggetto l'invocata inapplicabilita', alle  convenzioni  in  corso  di
efficacia,  delle  rimodulazioni  previste  dall'art.  26,  comma  3,
decreto-legge   n.   91/2014;   l'accoglimento   della   domanda   di
accertamento, infatti, presuppone la non applicabilita' dell'art. 26,
comma 3 citato. 
    La richiesta statuizione di accertamento costituisce, per  altro,
strumento necessario per la tutela dell'interesse di parte ricorrente
stante il carattere autoapplicativo della norma  (art.  26,  comma  3
citato) la cui legittimita' costituzionale e'  in  contestazione  (su
tale aspetto si rinvia a quanto in prosieguo evidenziato). 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa  e'  stata  dal  Tribunale  riconosciuta  con
sentenza parziale emessa in  pari  data  sulla  base  delle  seguenti
argomentazioni: 
        a) l'ammissibilita' della domanda  di  accertamento  consegue
alla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata
dalle ricorrenti ed identificabile nella pretesa  all'incentivo  come
quantificato  nei  «contratti  di  diritto   privato»   espressamente
menzionati  dall'art.  24,  comma  secondo,   lettera   b),   decreto
legislativo n. 28/2011. Il citato art. 24, direttamente riferibile al
Quarto  e  Quinto  conto  energia,  ha  portata   ricognitiva   della
situazione venutasi a determinare durante la vigenza  dei  primi  tre
Conti energia,  in  relazione  ai  quali  il  Gestore  risulta  avere
concesso i benefici attraverso «convenzioni» con gli interessati  (si
veda quanto,  sul  punto,  in  precedenza  esplicitato  al  paragrafo
1.2.3). 
    Si tratta di atti aventi la  medesima  natura;  infatti,  sia  la
«convenzione» che il «contratto» hanno lo scopo di  regolamentare  il
rapporto  giuridico  tra  il  G.S.E.  e  il   soggetto   responsabile
dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti  concessori,
nei quali accanto al provvedimento di  concessione  l'amministrazione
concedente e il privato concessionario concludono un  contratto  c.d.
accessivo per la disciplina delle rispettive obbligazioni. 
    La qualificazione in termini di diritto soggettivo della  pretesa
al mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile dalla  natura
«di diritto privato» dell'atto  da  cui  promana  la  quantificazione
dell'incentivo stesso; 
        b)  anche  a  volere  qualificare  la   posizione   giuridica
soggettiva delle ricorrenti come  interesse  legittimo,  l'azione  di
accertamento deve ritenersi, comunque,  ammissibile,  come  ha  avuto
modo di ritenere l'Adunanza Plenaria con la sentenza  n.  15/2011  in
riferimento alle ipotesi in cui «detta tecnica di tutela sia  l'unica
idonea   a   garantire   una   protezione   adeguata   ed   immediata
dell'interesse legittimo» (presupposto che ricorre nella  fattispecie
come si avra' modo di precisare in prosieguo in  ordine  alla  natura
della lesione subita da parte ricorrente) a nulla rilevando l'assenza
di una  previsione  legislativa  espressa.  Tale  impostazione  trova
«fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta
fondamentale al fine di garantire  la  piena  e  completa  protezione
dell'interesse legittimo (articoli 24, 103 e 113)» (A.P. n. 15/2011); 
        c) circa, poi, l'esistenza,  in  concreto,  delle  condizioni
legittimanti  l'esperibilita'  dell'azione  di  accertamento,   nella
fattispecie parte ricorrente, sin dal momento dell'entrata in  vigore
dell'art. 26, decreto-legge n. 91/2014, ha subito una lesione diretta
ed   immediata   della   sua    situazione    giuridica    soggettiva
(identificabile  nella   pretesa   al   mantenimento   dell'incentivo
«convenzionato») per effetto del regime introdotto dalla disposizione
in  esame.  In  particolare,  tale  pregiudizio   e'   identificabile
nell'immediata operativita' dell'obbligo di scelta  -  da  esercitare
entro il 30 novembre 2014 - di una delle tre opzioni di rimodulazione
degli incentivi previste dall'art. 26, decreto-legge n. 91/2014. 
    Come gia' rilevato al paragrafo  3  ciascuna  delle  opzioni  del
comma 3 dell'art. 26  citato  impatta  in  senso  peggiorativo  sulla
posizione degli  operatori  siccome  definita  nelle  convenzioni  di
incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli  elementi  della
durata o dell'importo delle tariffe incentivanti  o  su  entrambi,  e
tanto anche  a  non  voler  tener  conto  dei  costi  di  transazione
derivanti dalla necessita' di adeguare gli  assetti  in  essere  alla
nuova situazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26,  comma  terzo,  decreto-legge  n.
91/2014, di scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti  dalla
norma. 
    In quest'ottica l'intervento del G.S.E., previsto dalla norma  in
esame, serve solo a quantificare in  concreto,  in  riferimento  alle
percentuali gia' previste dalla norma,  la  riduzione  dell'incentivo
riconducibile all'opzione di cui alla lettera c),  applicata  in  via
imperativa dalla legge, e non  costituisce  in  alcun  modo  autonoma
manifestazione di volonta' di applicazione dell'opzione in esame. 
    La norma in esame, pertanto, ha carattere autoapplicativo perche'
la lesione consegue alla mera entrata in vigore della  stessa  e  non
necessita per  la  sua  attuazione  dell'intermediazione  del  potere
amministrativo del Ministero o del Gestore; cio' qualifica,  in  capo
alla  parte  ricorrente,  l'interesse  ad  agire  in  relazione  alla
proposta azione di accertamento; 
        d) in una fattispecie simile a quella  oggetto  di  causa  la
Corte di cassazione  (ordinanza  n.  12060/2013),  nel  sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale  di  norme  elettorali  (poi
accolta dalla Consulta con la sentenza n. 1/2014), ha avuto  modo  di
affermare che «ci si allontana dall'archetipo delle  azioni  di  mero
accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive  o  di
accertamento-costitutive»  allorche'  (come  nell'ipotesi  in  esame)
l'interesse «e' quello di rimuovere un pregiudizio che invero non  e'
dato da una mera situazione di incertezza ma da una  (gia'  avvenuta)
modificazione della realta' giuridica che postula di  essere  rimossa
mediante un'attivita' ulteriore, giuridica e materiale». 
    Nell'occasione  la  Corte  di  cassazione,  con  un  ragionamento
estensibile  anche  alla  presente  fattispecie,  ha  avuto  modo  di
precisare che «una interpretazione della  normativa  elettorale  che,
valorizzando la tipicita' delle azioni previste in materia  (di  tipo
impugnatorio  o  concernenti  l'ineleggibilita',   la   decadenza   o
l'incompatibilita'  dei  candidati),  escludesse  in  radice   ovvero
condizionasse la proponibilita' di azioni come quella qui proposta al
maturare di tempi indefiniti  o  al  verificarsi  di  condizioni  non
previste dalla legge (come, ad esempio, la  convocazione  dei  comizi
elettorali), entrerebbe in conflitto con i  parametri  costituzionali
(art. 24 e art. 113, comma  2)  della  effettivita'  e  tempestivita'
della tutela giurisdizionale» aggiungendo  che  «ci  sono  leggi  che
creano in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a
determinati soggetti, i quali nel momento  stesso  in  cui  la  legge
entra in vigore si trovano gia' pregiudicati da esse,  senza  bisogno
dell'avverarsi di un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in  un
concreto  comando.  In  tali  casi  l'azione  di  accertamento   puo'
rappresentare   l'unica   strada   percorribile   per    la    tutela
giurisdizionale di  diritti  fondamentali  di  cui,  altrimenti,  non
sarebbe possibile una tutela ugualmente efficace e diretta»; 
        e) in relazione a tale ultimo profilo e' utile precisare  che
nella fattispecie l'esigenza di tutela giurisdizionale e' qualificata
dal fatto che la posizione di parte ricorrente viene  incisa  da  una
vera e propria legge-provvedimento. 
    Secondo  la   giurisprudenza   costituzionale   (tra   le   altre
Corte Cost.  n.  275/2013)  sono   leggi-provvedimento   quelle   che
«contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze
n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997),  ovvero  «incidono
su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza  n.  94
del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze  n.
20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241  del  2008,  n.
267 del 2007  e  n.  2  del  1997),  «anche  in  quanto  ispirate  da
particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e
che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della  disciplina
di   oggetti   o   materie   normalmente    affidati    all'autorita'
amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)». 
    Queste leggi, anche  se  ammissibili,  devono  soggiacere  ad  un
rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo  di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  e
derogatorio (sentenze n. 85 del 2013; in senso conforme  sentenze  n.
20 del 2012 e n. 2 del 1997), con l'ulteriore precisazione che  «tale
sindacato deve essere tanto piu' rigoroso  quanto  piu'  marcata  sia
[...] la natura provvedimentale dell'atto  legislativo  sottoposto  a
controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sentenza n. 137 del  2009;  in
senso conforme sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007). 
    Cio' posto, al fine di qualificare come legge - provvedimento  il
decreto-legge n. 91/2014,  il  Tribunale  ritiene  significativa  non
soltanto la «ratio» del testo normativo in esame (ivi individuata nel
«fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed  erogazione
degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica
di supporto alle energie rinnovabili») ma, soprattutto il  meccanismo
di operativita' della rimodulazione degli incentivi ivi prevista. 
    In quest'ottica deve essere evidenziato che: 
        la norma ha un ambito applicativo limitato in quanto concerne
i  soli  titolari  di  impianti  fotovoltaici  di  potenza   nominale
superiore a 200 KW che hanno stipulato con il G.S.E.  convenzioni  in
corso di esecuzione per l'erogazione degli incentivi; 
        la  disposizione  disciplina  puntualmente  l'entita'   della
rimodulazione degli incentivi e per la sua applicazione non necessita
dell'esercizio del potere amministrativo almeno per  quanto  concerne
le opzioni di cui alle lettere a) e c) dell'art. 26, decreto-legge n.
91/2014; 
        la norma disciplina direttamente le  modalita'  di  esercizio
dell'opzione e la conseguenza riferibile al mancato  esercizio  della
stessa. 
    In concreto, l'art. 26,  decreto-legge  n.  91/2014  finisce  con
l'esercitare competenze sostanzialmente amministrative perche' non si
limita  a  fissare  un  obiettivo  ma  disciplina  specificamente  le
modalita' e l'entita' delle rimodulazioni come si  evince  dal  fatto
che non e' previsto (se non in riferimento all'ipotesi di cui sub  b)
un intervento attuativo dell'autorita' amministrativa. 
    La qualificazione in termini di legge provvedimento dell'art. 26,
decreto legislativo n. 99/2014  costituisce  ulteriore  argomento  ai
fini dell'ammissibilita'  dell'azione  di  accertamento  proposta  in
questo  giudizio  sia  perche'  gli  obblighi  lesivi  per  la  parte
ricorrente sono direttamente riconducibili alla  norma  primaria  sia
perche' tale tipologia di azione costituisce il necessario  strumento
per potere accedere alla  tecnica  di  tutela  tipica  (sindacato  di
legittimita'    costituzionale)    dell'atto    (legge-provvedimento)
pregiudizievole per il destinatario. 
    Sempre in relazione alla rilevanza il Tribunale evidenzia che  la
norma  sub  judice,  per  il  suo  contenuto  univoco,  specifico  ed
immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi destinatari,
non si presta in alcun modo ad una interpretazione costituzionalmente
orientata,  imponendo  la  rimessione  della  questione  alla   Corte
costituzionale in relazione ai profili  di  possibile  illegittimita'
che sono evidenziati al paragrafo che segue. 
5. Profili di non manifesta infondatezza. 
    Di  seguito  vengono  elencati  i  profili   di   non   manifesta
infondatezza della questione. 
    5.1. Violazione degli articoli 3 e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma  3  dell'art.  26,  decreto-legge  n.  91/2014  presenta
profili d'irragionevolezza e risulta di  problematica  compatibilita'
con gli articoli 3 e  41  Cost.  poiche'  incide  ingiustificatamente
sulle posizioni di vantaggio consolidate, per altro  riconosciute  da
negozi «di diritto privato» (si veda l'art. 24,  decreto  legislativo
n.  28/2011),  e  sul  legittimo  affidamento  dei   fruitori   degli
incentivi. 
        5.1.1.   La   questione   rientra   nel   tema   dei   limiti
costituzionali alle leggi di modificazione dei rapporti di  durata  e
della  c.d.  «retroattivita'  impropria»,   quale   attributo   delle
disposizioni  che  introducono  «per  il  futuro  una   modificazione
peggiorativa del rapporto di durata», con  riflessi  negativi  «sulla
posizione  giuridica  gia'  acquisita  dall'interessato»  (C.   Cost.
sentenza n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  «consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi  anteriori»
(sentenza n. 236/2009 cit. e  giurisprudenza  ivi  richiamata):  «nel
nostro  sistema  costituzionale  non   e'   affatto   interdetto   al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi  quale  elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto»
(sentenza n. 64/2014, che  cita  la  sentenza  n.  264  del  2005,  e
richiama, in senso conforme, le sentenze n. 236 e n. 206 del 2009). 
    In applicazione  di  questa  pacifica  massima  -  integrata  dal
riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia  dell'Unione
europea secondo cui  «una  mutazione  dei  rapporti  di  durata  deve
ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo  «improvviso
e imprevedibile»  senza  che  lo  scopo  perseguito  dal  legislatore
imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause  C-487/01
e C-7/02)» (cosi' sentenza  n.  64/2014  cit.)  -  la  Corte  ha,  ad
esempio, escluso l'incostituzionalita' di una normativa diretta  alla
«variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni demaniali» (con lo  scopo  di  consentire  allo
Stato una maggiorazione delle entrate e  di  rendere  i  canoni  piu'
equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di  locatori  privati),
sul rilievo che  tale  effetto  non  era  «frutto  di  una  decisione
improvvisa ed arbitraria del legislatore», ma  si  inseriva  «in  una
precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei  beni
demaniali» (sentenza n. 302/2010; vedi anche sentenza n. 64/2014,  in
cui e' stata giudicata  «non  irragionevole  l'opzione  normativa  di
rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate
alla potenza nominale degli impianti  di  derivazione  idroelettrica,
sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo
scopo di attuare un maggiore prelievo  al  progredire  della  risorsa
sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu'  idonea
preservazione delle risorse idriche», alla  luce,  tra  l'altro,  del
«dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale»). 
    Al contrario, la Corte (sentenza n. 236 del 24  luglio  2009)  ha
ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale
riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del  docenti
universitari (art. 2, comma 434,  legge  n.  244/2007),  ravvisandone
l'irragionevolezza, all'esito del «necessario bilanciamento»  tra  il
perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma «e la  tutela
da riconoscere al legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,
nutrito da quanti,  sulla  base  della  normativa  previgente,  hanno
conseguito una situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di
una serie di elementi fattuali, quali  le  caratteristiche  di  detta
posizione  giuridica,  «concentrata  nell'arco   di   un   triennio»,
interessante «una categoria di docenti numericamente ristretta»,  non
produttiva di «significative ricadute sulla  finanza  pubblica»,  non
rispondente «allo scopo di  salvaguardare  equilibri  di  bilancio  o
altri aspetti di pubblico interesse»  e  neppure  potendosi  definire
«funzionale  all'esigenza  di  ricambio  generazionale  dei   docenti
universitari», con  sacrificio  pertanto  «ingiustificato  e  percio'
irragionevole,   traducendosi   nella   violazione   del    legittimo
affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo  -
riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo  stabilito
dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi,  nella  stabilita'
della posizione giuridica acquisita»). 
    Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi
la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita'
non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25
Cost., ben potendo il legislatore emanare norme  retroattive  purche'
la retroattivita' trovi  adeguata  giustificazione  nell'esigenza  di
tutelare principi, diritti e  beni  di  rilievo  costituzionale,  che
costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse  generale»,
ai sensi della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU) e con  una  serie  di  limiti  generali,
attinenti alla salvaguardia, oltre che dei  principi  costituzionali,
di altri fondamentali valori di civilta' giuridica,  posti  a  tutela
dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra  i  quali
vanno   ricompresi   il   rispetto   del   principio   generale    di
ragionevolezza,  che  si   riflette   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario (sentenze nn. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
sull'operativita' del principio  di  legittimo  affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico «prudente e accorto»: la possibilita' di far
valere la tutela del legittimo affidamento e', bensi', «prevista  per
ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto
sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore  economico
prudente ed accorto sia  in  grado  di  prevedere  l'adozione  di  un
provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in  cui  il
provvedimento venga adottato); in  tale  prospettiva,  inoltre,  «gli
operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr.
punto 53, sentenza C. giust. 10 settembre 2009,  in  causa  C-201/08,
Plantanol, cit.). 
    Per completezza, si  puo'  sottolineare  come  nell'ambito  della
disciplina  generale  del  procedimento  amministrativo   lo   stesso
legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante  al
principio dell'affidamento. 
    Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate  alla  legge
n. 241/1990 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n.  133  (convertito
in legge, con modifiche, dalla  legge  11  novembre  2014,  n.  164),
recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione
delle  opere   pubbliche,   la   digitalizzazione   del   Paese,   la
semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e
per la ripresa delle attivita' produttive». 
    Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter),  di  detto  decreto-legge
(lettera aggiunta  dalla  legge  di  conversione)  e'  stato  infatti
modificato l'art. 21-quinquies, comma  1,  legge  n.  241/1990  cit.,
sulla  «revoca  del  provvedimento»,  nel  duplice   senso:   a)   di
circoscrivere il  presupposto  del  «mutamento  della  situazione  di
fatto», che per la nuova disposizione deve essere «non prevedibile al
momento  dell'adozione  del   provvedimento»;   b)   di   precludere,
nell'ipotesi   di   «nuova   valutazione   dell'interesse    pubblico
originario», la revoca dei provvedimenti (a  efficacia  durevole)  di
«autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». 
    Tale  modifica  normativa  costituisce  un  significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
        5.1.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio  che  in  capo  ai
soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori  delle  relative
incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di  diritto  privato»
(ex art. 24, decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente la
medesima natura, come  precisato  in  precedenza)  stipulati  con  il
G.S.E.  (previo  riconoscimento  delle  condizioni  per  l'erogazione
attraverso specifico provvedimento ammissivo), sussista una posizione
di legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai
emersi nel corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un
operatore «prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere  (al  momento
di chiedere gli incentivi, di decidere se far entrare in esercizio il
proprio impianto e  di  stipulare  con  il  Gestore  il  negozio  che
disciplina l'erogazione degli incentivi) l'adozione  da  parte  delle
autorita' pubbliche di  misure  lesive  del  diritto  agli  incentivi
stessi. 
    Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto
internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione  alle
indicazioni  provenienti  dall'ordinamento  europeo,  il  legislatore
nazionale ha consentito la nascita  e  favorito  lo  sviluppo  di  un
settore di attivita' economica  ritenuto  particolarmente  importante
dalla stessa  Unione  europea,  approntando  un  regime  di  sostegno
connotato sin dalla sua genesi dalla «stabilita'», nel senso che  gli
incentivi  dei  Conti  energia,  una  volta   riconosciuti   con   il
provvedimento ammissivo e  con  il  conseguente  negozio  di  diritto
privato,  sarebbero  rimasti  invariati  per  l'intera   durata   del
rapporto. 
    Questa  caratteristica  si  ricava  anzitutto   dal   cambio   di
impostazione consistito nel passaggio da obiettivi  indicativi  (dir.
2001/77)   a   obbligatori   (dir.   2009/28)   e   dalla    conferma
dell'autorizzazione agli Stati  membri  circa  il  ricorso  a  misure
incentivanti per ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte  del
mercato (regimi di sostegno). 
    Per sua parte,  il  legislatore  italiano  ha  mostrato  piena  e
convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico
risalto  alla  promozione  della  produzione  energetica   da   fonti
rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. 
    Sin dal  decreto  legislativo  n.  387/2003,  nonostante  la  non
obbligatorieta'  dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  delineato  un
regime di sostegno ispirato al  rispetto  di  criteri  quale  l'«equa
remunerazione dei costi di investimento  e  di  esercizio»  (art.  7,
comma 2, lettera d), tanto  che  i  primi  tre  Conti  energia  hanno
chiaramente     enucleato     l'immutabilita'      per      vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    Il decreto legislativo n. 28/2011 ha amplificato la percezione di
stabilita' nei sensi anzidetti, individuando: 
        a) all'art. 23, tra  i  «principi  generali»  dei  regimi  di
sostegno alle fonti rinnovabili: «la  predisposizione  di  criteri  e
strumenti che promuovano [...] la stabilita' nel tempo dei sistemi di
incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione  con  altri
strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno
specifici in capo ai consumatori» (comma 1) nonche'  «la  gradualita'
di intervento a  salvaguardia  degli  investimenti  effettuati  e  la
proporzionalita'  agli  obiettivi,  nonche'  la  flessibilita'  della
struttura dei  regimi  di  sostegno,  al  fine  di  tener  conto  dei
meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti
rinnovabili e dell'efficienza energetica» (comma 2); 
        b) all'art. 24, tra i «criteri generali»  dei  meccanismi  di
incentivazione, quelli indicati al comma 2,  lettere  b),  c)  e  d),
secondo cui, rispettivamente, «il periodo di diritto all'incentivo e'
pari alla vita media utile convenzionale delle  specifiche  tipologie
di  impianto»  (il  principio  si   collega   a   quello   dell'«equa
remunerazione dei costi di investimento e di  esercizio»,  confermato
dalla precedente lettera a), «l'incentivo resta costante per tutto il
periodo di diritto» e «gli incentivi sono assegnati tramite contratti
di  diritto  privato  fra  il  G.S.E.  e  il  soggetto   responsabile
dell'impianto»; 
        c) all'art. 25, comma 11, recante clausola  di  salvezza  dei
«diritti acquisiti». 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». 
    Ne'  decampa   dalla   linea   d'azione   sinora   esaminata   il
decreto-legge n. 145/2013, adottato successivamente alla  conclusione
dei Conti energia e dunque in un contesto nel  quale  il  novero  dei
destinatari delle incentivazioni era ormai  definito  (o  in  via  di
definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure»  (tra  le  altre)  «per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese» (vedi preambolo), e al dichiarato duplice fine di «contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo  termine  dagli  esistenti   impianti»,   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  Conti  energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011 (anticipata cessazione del Terzo conto, in uno  all'immanente
temporaneita' di Quarto e Quinto conto, la cui operativita' e'  stata
collegata,  come  si  e'  visto,  al  raggiungimento   di   specifici
obiettivi), sia quelli previsti  dal  decreto-legge  n.  145/2013  ex
post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano  come
il  legislatore  abbia  comunque  preservato  il   «sinallagma»   tra
incentivi e iniziative in corso. 
    E infatti il c.d. «boom del fotovoltaico», sotteso alle  inerenti
determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al
parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel  «tener
conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione  delle  tecnologie
delle fonti rinnovabili» ex art. 23, comma 2, decreto legislativo  n.
28/2011, e' stato affrontato con misure operanti pro futuro,  perche'
applicabili  a  impianti  non  ancora  entrati  in  esercizio   (come
attestato dalle riferite vicende giudiziali relative al passaggio dal
Terzo al Quarto  conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate
scelte aventi efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del Terzo  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   alla
realizzazione della propria iniziativa, non ha messo  in  discussione
il «patto» stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione
dei titolari degli incentivi e consentendo a  ciascun  operatore  non
ancora   «contrattualizzato»   di   ponderare    consapevolmente    e
adeguatamente il merito  economico  della  propria  iniziativa  e  di
assumere le conseguenti determinazioni. 
    E', pertanto, possibile ravvisare il  vulnus  arrecato  dall'art.
26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 al «diritto all'incentivo» e al
principio  del  legittimo   affidamento   degli   operatori   (stante
l'imprevedibilita' da parte di un  soggetto  «prudente  ed  accorto»,
titolare di un incentivo ventennale a seguito dell'adesione a uno dei
Conti energia, delle modificazioni in pejus del rapporto). 
        5.1.3. Le precedenti considerazioni non paiono superate dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  «regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori»  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23, decreto-legge n. 91/2014, rubricato  «Riduzione  delle
bollette elettriche a favore dei clienti forniti  in  media  e  bassa
tensione», prevede quanto segue: 
    «1. Al fine di pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti  dall'attuazione  dell'art.  1,  commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge   23   dicembre   2013,   n.   145,   convertito,   con
modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 9. 
    3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della
legge di conversione  del  presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per
l'energia  elettrica,  il  gas  e  il   sistema   idrico   adotta   i
provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi  1  e  2,
garantendo  che  i  medesimi  benefici  siano   ripartiti   in   modo
proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i
benefici previsti agli stessi commi 1 e  2  non  siano  cumulabili  a
regime con le agevolazioni in materia di oneri generali  di  sistema,
di  cui  all'art.  39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134». 
    Ora, non sono certo contestabili gli  scopi  avuti  di  mira  dal
legislatore, che intende «pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione
degli  oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di  consumatori
elettrici», distribuendo tra costoro «i minori  oneri  per  l'utenza»
generati anche dalle  misure  dell'art.  26  e,  in  ultima  analisi,
alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i «clienti  [...]  in
media tensione e [...] in  bassa  tensione  con  potenza  disponibile
superiore  a  16,5   kW,   diversi   dai   clienti   residenziali   e
dall'illuminazione pubblica». 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26 nel senso di «favorire una migliore sostenibilita' nella
politica di supporto alle energie  rinnovabili»,  non  risultando  in
particolare chiaro il nesso tra tale «migliore sostenibilita'»  e  la
«piu' equa distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti  -  e'
perseguito  attraverso  una  «leva»  che  consiste  in  un'operazione
redistributiva irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse finanziarie e',  infatti,
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte  della  direttiva  2001/77,  delle
norme del Trattato UE sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
seguenti), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto  ai   «finanziamenti   bancari»   (art.   26,   comma   5,
decreto-legge n. 91/2014), e' sufficiente rilevare - in disparte  gli
aspetti collegati all'onerosita' per  i  beneficiari  dei  meccanismi
ipotizzati   e   ai   costi   di   transazione   comunque   derivanti
dall'impalcatura giuridico-finanziaria dei nuovi contratti -  che  la
garanzia  dello  Stato  non  copre  l'intero  importo  dell'eventuale
operazione finanziaria (sino all'80% dell'ammontare dell'«esposizione
creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca»  o  della  «somma
liquidata da CDP alla banca garantita»: art. 1, decreto  ministeriale
29 dicembre 2014) e che comunque si  tratta  di  «finanziamenti»  non
automatici (residuando uno spazio di apprezzamento circa i  requisiti
dei  beneficiari  finali,  che  devono  ad  esempio  essere  soggetti
«economicamente e finanziariamente  sani»,  e  circa  il  «merito  di
credito»; cfr. articoli 1  e  2,  decreto  ministeriale  29  dicembre
2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata (per altro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi, della protrazione del periodo di incentivazione  oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera
a). 
    Quanto  all'«acquirente  selezionato»  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso  legislatore  attribuisca  alla  misura  una
portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26, comma 13,  che  ne
subordina  l'efficacia  «alla  verifica  da   parte   del   Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Tale verifica risulta, in concreto, tanto  piu'  stringente  alla
luce del relativo ambito  di  applicazione,  non  riservato  ai  soli
produttori da fonte  solare,  ma  esteso  a  tutti  i  percettori  di
incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, ad esempio, al comma 9, lettera d), che demanda  all'Autorita'
di «stabilire i criteri e  le  procedure  per  determinare  la  quota
annuale costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto  di
cessione da parte di ciascun  soggetto  beneficiario,  tenendo  conto
anche della tipologia e della localizzazione degli impianti»),  anche
qui e' posto un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),
mentre  non  paiono  disciplinate  le  conseguenze  sui  rapporti  di
finanziamento  eventualmente  accesi   dai   produttori   (i   quali,
attraverso  la   cessione,   intendano   monetizzare   immediatamente
l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero'  un  impegno  generico  per  il  Governo
(«assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione  alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati»). 
        5.1.4.  Alla  luce  di  quanto   detto,   e   all'esito   del
bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione
dei diritti dei fruitori  delle  agevolazioni,  emerge  la  possibile
irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma  3,  decreto-legge
n. 91/2014,  come  convertito  dalla  legge  n.  116/2014,  apparendo
altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce  dell'irragionevole
effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la
modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere  come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: 
    il sistema degli incentivi perde  la  sua  stabilita'  nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di diritto privato  (art.  24,  comma  2,
lettera D), decreto legislativo n. 28/2011); 
    gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
    viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; 
    il periodo di tempo per la percezione  dell'incentivo,  invariato
nella misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla
vita media convenzionale degli impianti (lettera a); l'incentivo  non
e' piu' costante per tutto il periodo di diritto,  ma  si  riduce  in
assoluto per  tutto  il  periodo  residuo  (lettera  c)  o  varia  in
diminuzione nell'ambito del  ventennio  originario  di  durata  della
convenzione (lettera a) o per cinque anni (lettera b). 
    5.2. Violazione degli articoli 11 e 117  Cost.  e  1,  protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata  autorizzata
la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n.  848)
e all'art. 6, par. 3, Trattato UE. 
    Il comma 3 dell'art. 26, decreto-legge  n.  91/2014  si  pone  in
rapporto di possibile incompatibilita' anche con gli  articoli  11  e
117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1,
protocollo addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (di  cui  e'  stata
autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con  legge  4  agosto
1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE,  che  introduce  nel
diritto  dell'Unione  «in  quanto  principi  generali»,  i   «diritti
fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  «protezione
della proprieta'», ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale» - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice c. Francia [GC], del  6  ottobre  2005,  n.  11810/03,
parr.  63  e  seguenti),  reputando  ammissibili  le   «interferenze»
(ingerenze) da parte della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un
interesse generale (cfr. Arras e altri c.  Italia,  n.  17972/07,  14
febbraio 2012 e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il G.S.E. non appare giustificata  ed
e' in contrasto con il principio di proporzionalita', non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    5.3. Ulteriore violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: disparita'
di  trattamento  ed   ulteriori   profili   di   irragionevolezza   e
sproporzione. 
    E'  dubbia  la   costituzionalita'   dell'art.   26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art.  3  Cost.,  eventualmente
anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede  che
la rimodulazione si  applichi  soltanto  agli  «impianti  di  potenza
nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di  tariffe
incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
        5.3.1. Tale restrizione del  campo  applicativo  comporta  la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla «potenza  nominale»  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriere di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore  esonero   disposto   dall'art.   22-bis,   comma   1,
decreto-legge n.  133/2014  cit.  in  favore  degli  impianti  i  cui
soggetti responsabili erano, alla data di  entrata  in  vigore  della
legge di conversione del decreto-legge n.  91/2014,  «enti  locali  o
scuole»:  la  norma,  infatti,  opera  un  distinguo  fondato   sulla
peculiare qualita' dei  percettori  dei  benefici,  indipendentemente
dalla quantita' di energia prodotta. 
        5.3.2.  Altro  profilo  di  discriminazione  si  desume   dal
trattamento degli impianti di  produzione  di  energia  elettrica  da
fonti rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato»
(commi 7 e seguenti). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti  attraverso
i cosi' detti oneri generali di sistema (e dunque con  il  versamento
delle componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
        5.3.3. La  creazione  di  categorie  differenziate  determina
anche un vulnus alla concorrenza e  una  lesione  della  liberta'  di
iniziativa economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia
elettrica destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un
contesto  economico   connotato   dal   sostegno   pubblico,   vedono
pregiudicata la possibilita' di operare  sul  mercato  a  parita'  di
condizioni con gli altri produttori  da  fonte  solare  e,  piu',  in
generale, di energia rinnovabile.  Sotto  questo  profilo,  pertanto,
risultano lesi gli articoli 3 e 41 Cost. 
    5.4. Violazione art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  «la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione» (sentenza n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato «va  [...]  limitato
ai casi di  "evidente  mancanza"  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione». 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'«evidente  estraneita'»  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
«intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni  straordinarie  venutesi  a  determinare»  (sentenza  n.
22/2012 nonche' sentenze nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di legge»» ex art. 77  Cost.,  con
l'ulteriore precisazione che «il presupposto del "caso" straordinario
di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto  al  provvedimento
inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito  di  intrinseca
coerenza, anche se articolato  e  differenziato  al  suo  interno»  e
ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di  validita'
prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto  con  il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale» (Corte  Cost.
n. 22/2012). 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita'  [...],  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento» (sentenza n. 22/2012). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della  legge  n.
400/1988, i  decreti-legge  sono  presentati  per  l'emanazione  «con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione»,  mentre  il
comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo», il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, decreto-legge n.  91/2014,  insorge  in  relazione  alla
circostanza che, pur rinvenendosi nel  titolo  del  decreto-legge  n.
91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle  imprese»
e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche»,  nel
preambolo del provvedimento non si rinviene  tuttavia  esplicitazione
di tali punti. 
    Risulta,  infatti,  presa  in  considerazione   unicamente   (con
riguardo alla  materia  in  esame)  «la  straordinaria  necessita'  e
urgenza di adottare disposizioni volte a superare  alcune  criticita'
ambientali, alla immediata mitigazione del  rischio  idrogeologico  e
alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con  semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale»  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  «disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi»,  di   «prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini», di  adottare  «disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]»,  di
adottare  «disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea»). 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (titolo  I  «Misure
per la crescita economica») e in tre capi («Disposizioni urgenti  per
il  rilancio  del  settore  agricolo»;  «Disposizioni   urgenti   per
l'efficacia  dell'azione  pubblica  di  tutela  ambientale,  per   la
semplificazione  di  procedimenti  in  materia   ambientale   e   per
l'adempimento degli obblighi derivanti  dall'appartenenza  all'unione
europea»; «Disposizioni urgenti per le imprese»). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «Disposizioni urgenti per le
imprese», insieme a una serie di  articoli  omogenei  (da  23  a  30)
effettivamente al tema della «piu'  equa  distribuzione  degli  oneri
tariffari fra le diverse categorie di consumatori  elettrici»  (cosi'
l'art. 23  cit.,  che  individua  gli  articoli  da  24  a  30  quali
generatori di «minori oneri per l'utenza»),  ma  in  un  contesto  di
norme tra di loro del tutto eterogenee (cfr. articoli 18 e seguenti). 
    Appare dunque  carente  l'elemento  finalistico  richiesto  dalla
Corte  costituzionale,  non  sembrando  ravvisabile   «l'intento   di
fronteggiare situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che
richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti  quindi  a
materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare  rimedi
urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  «di
immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/1988,  essendo  sufficiente  considerare  le   menzionate   norme
sull'«acquirente  selezionato»  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26, decreto-legge  n.
91/2014 agli impianti di produzione di  energia  elettrica  da  fonte
solare,  aventi  potenza  superiore  a  200  kW,  che  fruiscano   di
incentivazioni in atto ai sensi dei Conti energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  costituzionale,  mandando
alla Segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente a copia del ricorso, di notificarla alle parti in causa  e
al Presidente del Consiglio dei ministri nonche'  di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza
ter): 
    1) visti gli articoli 134 Cost., 1 legge Cost. 9  febbraio  1948,
n. 1, e 23 legge 11 marzo 1953,  n.  87,  dichiara  rilevanti  e  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge  n.  91/2014,  convertito  in
legge, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione  agli
articoli 3, 11, 41, 77 e 117, comma 1 della Costituzione, nonche'  1,
protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  e  6,  paragrafo  3,
Trattato UE secondo quanto specificato in motivazione; 
    2) dispone la sospensione del presente giudizio; 
    3)  ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni  e
notificazioni; 
    4) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nelle Camere  di  consiglio  dei  giorni  19
marzo 2015 e 8 maggio 2015, con l'intervento dei magistrati: 
        Giuseppe Daniele, Presidente; 
        Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore; 
        Anna Maria Verlengia, Consigliere. 
 
                       Il Presidente: Daniele 
 
 
                                             L'Estensore: Francavilla