N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  3  marzo  2016  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Calabria  relative  alle
  conferenze di copianificazione e alle  procedure  di  formazione  e
  approvazione dei piani territoriali della Regione, delle Province e
  dei Comuni. 
- Legge della Regione Calabria 31 dicembre 2015, n. 40 ("Modifiche ed
  integrazioni alla legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 (Norme  per
  la tutela, governo ed uso del territorio - Legge urbanistica  della
  Calabria)"), artt. 5, comma 1, lett. b), 12, comma 1,  lett.  i)  e
  k), 13, comma 1, e 14, sostitutivi degli artt.  13,  comma  7,  26,
  comma 10, e 27, e aggiuntivi degli artt. 26, comma 12-bis, 27-ter e
  27-quater della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19. 
(GU n.13 del 30-3-2016 )
    Ricorso  per  il   Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello  Stato,
presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 
    contro la Regione  Calabria,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta p.t, per la declaratoria di  incostituzionalita'  della  legge
regionale n. 40 del 31 dicembre 2015, pubblicata nel B.U.R. n. 96 del
31 dicembre 2015, avente ad oggetto "Modifiche  e  integrazioni  alla
legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 (Norme per la  tutela,  governo
ed uso del territorio - legge urbanistica  della  Calabria)",  giusta
delibera del Consiglio dei Ministri 26 febbraio 2016. 
    La legge della regione Calabria  31  dicembre  2015  n.  40  reca
incisive modifiche alla legge urbanistica  regionale  del  2002;  fra
quelle che  concernono  la  tutela  dell'ambiente  e  del  paesaggio,
presentano profili di incostituzionalita' gli art 5,  12,  13  e  14,
secondo quanto andiamo a dedurre in dettaglio. 
    1. L'articolo 5, comma 1, lettera  b),  sostituisce  il  comma  7
dell'art. 13 della legge regionale n. 19  del  2002,  riguardante  le
conferenze di copianificazione per la formazione,  l'aggiornamento  e
la variazione dei piani territoriali delle regioni, province, comuni. 
    La  nuova   disposizione   prevede   che:   "La   conferenza   di
pianificazione si conclude con l'acquisizione dei pareri  preliminari
e delle osservazioni formulati dagli enti  e  dai  soggetti  che  per
legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante e,  comunque,  non
oltre il termine di novanta giorni, decorso il quale  gli  stessi  si
intendono acquisiti, secondo quanto disposto  dalla  legge  7  agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi). L'amministrazione
procedente assicura la pubblicita' degli esiti della concertazione". 
    La norma e' illegittima: 
        a) nella parte in cui si applica ai piani territoriali  della
Regione e quindi anche al piano territoriale regionale con valenza di
piano paesaggistico, in quanto contrasta con gli articoli 135, 143  e
156 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e paesaggistici)
che prevedono la  necessaria  partecipazione  dello  Stato,  mediante
l'elaborazione congiunta della pianificazione paesaggistica  relativa
alle aree e agli immobili  sottoposti  ai  vincolo  paesaggistico,  e
pertanto  viola  l'articolo  117,   comma   2,   lettera   s)   della
Costituzione; 
        b) nella parte  in  cui  omette  di  prevedere,  in  sede  di
formazione, variazione e aggiornamento di tutti i piani territoriali,
un  raccordo   con   la   pianificazione   paesaggistica   congiunta,
assicurando il  ruolo  decisionale  autonomo  proprio  del  Ministero
competente; la mancata (o non adeguata) partecipazione  degli  organi
ministeriali al procedimento di conformazione  ed  adeguamento  degli
strumenti   urbanistici   alle   previsioni   della    pianificazione
paesaggistica, contrasta con l'articolo  145  d.lgs.  n.  42/2004  e,
quindi, con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva
allo  Stato  la  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia   di
paesaggio. 
    A conferma della fondatezza della censura, possiamo richiamare la
costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, quale espressa  -
da ultimo - con la sentenza 17/4/2015, n. 64: "Costituisce,  infatti,
affermazione costante - su cui si fonda il principio della  gerarchia
degli, strumenti di pianificazione dei diversi livelli  territoriali,
dettato dall'evocato art. 145, comma 5, del d.lgs.  n.  42  del  2004
(sentenze n. 197 del 2014, n. 193 del 2010  e  n.  272  del  2009)  -
quella  secondo  cui   l'impronta   unitaria   della   pianificazione
paesaggistica «e' assunta a valore  imprescindibile,  non  derogabile
dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso
a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della  legislazione
di tutela dei beni culturali e paesaggistici  sull'intero  territorio
nazionale» (sentenza n. 182 del  2006).  Al  contrario,  la  generale
esclusione o la previsione di una mera  partecipazione  degli  organi
ministeriali nei  procedimenti  di  adozione  delle  varianti,  nella
sostanza,  viene  a  degradare  la  tutela  paesaggistica  da  valore
unitario prevalente e a concertazione  rigorosamente  necessaria,  in
mera esigenza urbanistica (sentenza n. 437 del 2008)  impone  che  la
Regione adotti la propria disciplina di conformazione «assicurando la
partecipazione degli organi ministeriali  al  procedimento  medesimo»
(sentenze n. 211 del 2013 e n. 235 del 2011)". 
    In  forza  di  tale  statuizione  e'   stata,   poi,   dichiarata
incostituzionale  una  legge  della  Regione  Abruzzo  che  conteneva
disposizioni di pianificazione paesaggistica regionale  del  tipo  di
quella della Regione Calabria in esame. 
    Il principio della gerarchia degli  strumenti  di  pianificazione
dei diversi livelli territoriali costituisce uno  dei  cardini  della
legislazione nella materia e nella delimitazione delle competenze fra
lo Stato e le Regioni; in tal senso si vedano, fra  le  tante,  Corte
Cost. 18/ 7/ 2013, n. 211, gia' richiamata nella senta 64/ 2015,  che
- a beneficio del legislatore regionale - e' opportuno riportare  nei
suoi punti  essenziali:  "E'  costituzionalmente  illegittimo  -  per
contrasto con 1' art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. e  con  gli
artt. 135, 143, 145, comma 5, e 156 del D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio) -l'  art.  2  della  legge  della
Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n. 46, in quanto stabilisce  un  iter
procedimentale di coordinamento  della  pianificazione  paesaggistica
con gli altri strumenti di pianificazione che si rivela non  conforme
ai principi stabiliti dal legislatore statale. La censurata normativa
disciplina due distinte ipotesi nelle quali  le  previsioni  proposte
negli  strumenti  di  pianificazione  delle  amministrazioni  locali,
rispettivamente,  si  limitano  ad  un  mero  recepimento  del  Piano
Regionale Paesistico (PRP) ovvero si  configurano  come  variante  al
predetto Piano. In entrambe le ipotesi e'  palesemente  esclusa  ogni
forma di partecipazione di  qualsivoglia  organismo  ministeriale  al
procedimento  di  conformazione  ed   adeguamento   degli   strumenti
urbanistici alle previsioni della  pianificazione  paesaggistica,  in
evidente contrasto con la normativa  statale  interposta  (art.  145,
comma 5, del Codice) la quale, in linea con le prerogative  riservate
allo Stato dalla disposizione  costituzionale  evocata  a  parametro,
specificamente impone che la Regione  adotti  la  propria  disciplina
assicurando la partecipazione degli organi ministeriali  al  relativo
procedimento. La circostanza che non risulti ancora adottato  un  PRP
adeguato alle disposizioni del Codice finisce per rendere ancor  piu'
acuta la vulnerazione delle prerogative statali, considerato che,  in
relazione a quelle che saranno le concrete  previsioni  dello  stesso
piano, dovranno poi essere verosimilmente ridisciplinate, dalla legge
regionale, le procedure  di  adeguamento  degli  altri  strumenti  di
pianificazione.' (in termini, Corte Cost. 22/7/2011, n. 235, ecc). 
    2.1 L'articolo 12, comma 1, lettera  k),  inserisce  all'art.  26
della legge regionale n. 19 del 2002 il  comma  12  bis,  secondo  il
quale "L'eventuale accertato contrasto del PTCP alla legge o al QTR a
valenza paesaggistica e' disciplinato nelle forme e con le  modalita'
previste dall'articolo 73". 
    L'articolo 13, comma 1, della legge regionale oggetto di  censura
sostituisce l'art. 27 della legge reg. n. 19 del 2002, prevedendo che
"L'eventuale accertato contrasto del PSC alla legge o agli  strumenti
di pianificazione sovraordinata vigente e' disciplinato nelle forme e
con le modalita' previste dall'articolo 73". 
    Tali disposizioni, nella parte in cui  rinviano  "alle  modalita'
previste  dall'art.  73",  non  prevedono   il   coinvolgimento   dei
competenti organi ministeriali  nell'esame  della  conformita'  degli
strumenti attuativi alle disposizioni del QTR con  valenza  di  piano
paesaggistico. 
    Analogamente, l'articolo 14, che introduce gli articoli 27-ter  e
27- quater nella legge n. 19 del 2002, detta disposizioni al fine  di
semplificare la pianificazione territoriale, omettendo di considerare
la necessita' della partecipazione del Ministero  dei  beni  e  delle
attivita' culturali e del turismo alla procedura di adeguamento degli
strumenti paesaggistici alla pianificazione paesaggistica regionale. 
    Le tre disposizioni censurate contrastano tutte, singolarmente  e
nella loro coordinata lettura, con l'art. 145, comma 5, del d.lgs. n.
42/2004, che e' espressione della  competenza  legislativa  esclusiva
statale in materia di paesaggio, e pertanto violano  l'articolo  117,
comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    2.2 I principi richiamati nel precedente paragrafo intervengono a
sostegno anche della rilevata incostituzionalita' delle  disposizioni
da ultimo menzionate; segnatamente, i principi della gerarchia  delle
fonti nella materia e della necessaria  partecipazione  (in  funzione
principale e non eventuale  o  non  solo  sussidiaria)  degli  organi
statali nella formazione dei piani e degli strumenti operativi  nella
materia,  quali  affermati  dalle  sentenze  sopra   richiamate,   in
particolare dalle sent. 64/2015 e 211/2013. 
    Alle dette pronunzie puo' aggiungersi, in termini puntuali, Corte
Cost. 11/7/2014, n  197:  "E'  incostituzionale  l'art.  34  1.  reg.
Piemonte 25 marzo 2013 n. 3, che sostituisce l'art. 17, 2° comma,  1.
reg. Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56, nella parte in cui non prevedeva
la partecipazione  degli  organi  del  ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali al procedimento di conformazione  agli  strumenti
di pianificazione territoriale  e  paesaggistica  delle  varianti  al
piano regolatore generale comunale e intercomunale.";  nonche'  altre
sentenze (peraltro, richiamate nelle sentenze da ultimo citate ma che
riteniamo utili, a fini di completezza della  difesa,  riportare  nei
loro  tratti  rilevanti):  Corte  Cost.  29/10/2009,  n.   272   ["E'
costituzionalmente illegittimo l'art. 8, comma 2, lettera  b),  della
L.R. 23 ottobre 2007, n. 34, della Regione Liguria,  laddove  prevede
che spetti al Piano del parco l'individuazione degli  "interventi  da
assoggettare o meno al nulla osta di  cui  all'art.  21  della  legge
regionale n. 12 del 1995", nonche' le ipotesi in cui lo stesso  nulla
osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un tecnico
a cio' abilitato. 
    E' infatti  inibito  alle  Regioni  introdurre  disposizioni  che
violino  il  principio   della   "gerarchia"   degli   strumenti   di
pianificazione dei diversi livelli territoriali,  espresso  dall'art.
145 del D.Lgs. n."42 del 2004, oltre che l' art. 117, secondo  comma,
lettera  s),  Cost.  in  materia  di  "conservazione   ambientale   e
paesaggistica" o, comunque, determinino un minor rigore di protezione
ambientale, poiche' la tutela apprestata dallo Stato,  nell'esercizio
della sua competenza esclusiva in materia  di  tutela  dell'ambiente,
viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le
Province autonome dettano nelle  materie  di  loro  competenza."  (in
termini,  Corte  Cost.  30/5/2008,  n.  180,  ecc.)]  e  Corte  Cost.
5/5/2006, n. 182 ["E'  costituzionalmente  illegittimo  1'  art.  34,
comma 3, della L.R. 3 gennaio 2005,  n.  1,  Regione  Toscana,  nella
parte in cui stabilisce che sia il piano  strutturale  del  Comune  a
indicare le aree in cui la  realizzazione  degli  interventi  non  e'
soggetta all' autorizzazione paesaggistica di cui all' art. 87  della
legge  regionale,  anziche'  il  piano  regionale  paesaggistico  con
specifica   considerazione   dei   valori   paesaggistici.   Infatti,
l'impronta unitaria della  pianificazione  paesaggistica,  assunta  a
valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale, non
consente che le decisioni operative concernenti  il  paesaggio  siano
trasferite alla dimensione pianificatoria comunale  poiche'  cio'  si
porrebbe in contraddizione con il  sistema  di  organizzazione  delle
competenze delineato dalla legge statale a tutela del paesaggio,  che
costituisce un livello  uniforme  di  tutela,  non  derogabile  dalla
Regione, nell'ambito di una materia a legislazione esclusiva statale,
ma anche della legislazione di principio  nelle  materie  concorrenti
del  governo  del  territorio  e  della   valorizzazione   dei   beni
culturali." (v. anche Corte Cost. 23/12/2008, n. 437)]. 
    3. Gli articoli 12, comma 1, lettera i),  e  13,  comma  1,  sono
censurabili di incostituzionalita' anche sotto un altro profilo. 
    L'articolo 26 della 1.r.  n.  19/2002,  modificato  dall'art.  12
della 1.r. n. 40/2015, disciplina la formazione ed  approvazione  del
Piano territoriale di coordinamento provinciale,  prevedendo  che  lo
stesso sia sottoposto alla valutazione ambientale strategica da parte
del Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio  della
Regione. Nel caso di parere favorevole, la Provincia  «predispone  il
PTCP,  completo  di  tutti   gli   elaborati   prescritti,   che   e'
definitivamente approvato dal consiglio provinciale» (comma  9).  Nel
caso contrario, ai sensi del comma 10 dell'articolo  26  della  legge
regionale 19/2002, come sostituito dall'articolo 12, comma  1,  lett.
i) della legge regionale 40/2015, si prevede che  «ove  si  riscontri
grave ed immotivata  incoerenza  derivante  dal  mancato  recepimento
delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede  di  Conferenza  di
pianificazione sul Documento Preliminare e  sullo  svolgimento  delle
consultazioni ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 e dell' articolo 24 del
Reg. reg. n. 3/2008, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente
e Territorio ne da' comunicazione alla Provincia affinche',  entro  i
successivi trenta giorni, la stessa possa ristabilire gli elementi di
coerenza necessari e trasmettere il piano  cosi'  adeguato,  al  fine
dell'acquisizione del parere definitivo entro il  successivo  termine
perentorio di trenta giorni, decorso il quale detto parere si intende
acquisito, ai sensi della legge n. 241/1990». 
    Il successivo articolo 13, comma 1, della legge regionale 40/2015
sostituisce l'articolo 27  della  legge  regionale  n  19/2002.  Tale
norma, ai fini della formazione e approvazione del piano  strutturale
comunale, prevede  al  comma  11  che  «ove  si  riscontri  grave  ed
immotivata incoerenza con gli strumenti sovraordinati, derivante  dal
mancato recepimento delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede
di conferenza di pianificazione sul  Documento  preliminare  e  sullo
svolgimento delle consultazioni ai sensi del D.Lgs.  n.  152/2006,  e
del Reg. reg. n. 3/2008,  il  Settore  Urbanistica  del  Dipartimento
Ambiente e Territorio, la Provincia  e  la  Citta'  metropolitana  ne
danno comunicazione affinche' il Comune, entro  i  successivi  trenta
giorni, possa  ristabilire  gli  elementi  di  coerenza  necessari  e
trasmettere il piano, cosi' adeguato, al fine  dell'acquisizione  del
parere definitivo entro il successivo termine  perentorio  di  trenta
giorni, decorso il quale si intendono acquisiti, ai sensi della legge
n. 241/1990». 
    La  valutazione  ambientale   strategica   e'   un   procedimento
amministrativo finalizzato  ad  integrare  considerazioni  di  natura
ambientale nell'ambito della elaborazione e adozione di strumenti  di
pianificazione   e   programmazione   che   possono   avere   effetti
significativi sull'ambiente, con lo scopo di assicurare  un  «elevato
livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione
di   considerazioni   ambientali   all'atto    dell'elaborazione    e
dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo  sviluppo
sostenibile» (articolo 1 della Direttiva  2001/42/CE  concernente  la
valutazione  degli  effetti  di   determinati   piani   e   programmi
sull'ambiente) 
    La Direttiva 2001/42/CE, all'articolo 8 dispone che «in  fase  di
preparazione del piano o del programma e prima della sua  adozione  o
dell'avvio  della  relativa  procedura  legislativa  si  prendono  in
considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi  dell'articolo
5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonche' i risultati  di
ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi  dell'  articolo
7». L'articolo 9 prevede che «gli Stati membri assicurano che, quando
viene  adottato  un  piano  o  un  programma,  le  autorita'  di  cui
all'articolo 6, paragrafo 3, il pubblico e  tutti  gli  Stati  membri
consultati ai sensi dell'articolo 7 ne siano informati  e  che  venga
messo a loro disposizione: a) il piano o il  programma  adottato;  b)
una dichiarazione di sintesi in  cui  si  illustra  in  che  modo  le
considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o  programma
e come si e' tenuto conto» ai sensi  dell'articolo  8,  del  rapporto
ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, dei pareri  espressi  ai
sensi dell'articolo 6 e dei risultati delle consultazioni avviate  ai
sensi dell'articolo 7, nonche' le  ragioni  per  le  quali  e'  stato
scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle  alternative
possibili che erano state individuate, e c)  le  misure  adottate  in
merito al monitoraggio ai sensi dell'articolo 10.».  In  particolare,
nella dichiarazione di sintesi sono illustrate le modalita'  in  base
alle quali le considerazioni  ambientali  sono  state  integrate  nel
piano programma, mentre nel  rapporto  ambientale  sono  individuati,
descritti e valutati gli effetti significativi che  l'attuazione  del
piano  o  del  programma  potrebbe  avere  sull'ambiente  nonche'  le
ragionevoli alternative  alla  luce  degli  obiettivi  e  dell'ambito
territoriale del piano o del programma (documenti imprescindibili  di
natura tecnica). 
    Il diritto europeo, dunque, impone agli Stati membri di prevedere
che le risultanze  della  VAS  siano  acquisite  in  forma  espressa,
dovendo  assicurare   alle   autorita'   interessate   agli   effetti
sull'ambiente dei piani e  dei  programmi,  tutta  la  documentazione
prevista dall'articolo 9 della direttiva. 
    In  tale  ottica   le   disposizioni   comunitarie   sono   state
interpretate ed attuate, oltre che dal Legislatore nazionale  con  il
d.legs. 42/2004, anche dalla giurisprudenza; si vedano, fra  le  piu'
significative, Cons. Stato, sez. IV,  21/8/2013,  n  4200:  "La  c.d.
valutazione ambientale  strategica  (vas)  e'  la  valutazione  delle
conseguenze ambientali  di  piani  e  programmi  al  fine  ultimo  di
assicurare lo sviluppo sostenibile di un territorio sotto il  profilo
ambientale;  si  tratta,  quindi,  di   una   procedura   finalizzata
precipuamente a mettere in rilievo le possibili cause di  un  degrado
ambientale derivanti dall'adozione di piani e programmi  interessanti
il territorio, introdotta dalla direttiva comunitaria 2001/42/Ce, che
prevede appunto la sua applicazione a piani e programmi produttivi di
effetti significativi sull'ambiente."; Cons. giust. amm.  sic.,  sez.
giurisdiz., 27/9/2012, n 811: "La valutazione  ambientale  strategica
(Vas) delle opere pubbliche, prevista dalla direttiva  Ce  27  giugno
2001 n. 42, e' volta a garantire che  gli  effetti  sull'ambiente  di
determinati   piani   e   programmi   siano    considerati    durante
l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, tanto al  fine  di
anticipare nella  fase  di  pianificazione  e  programmazione  quella
valutazione di compatibilita' ambientale  che,  se  effettuata,  come
avviene per la Via,  sulle  singole  realizzazioni  progettuali,  non
consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa." 
    Sull'importanza della VAS si veda anche la  giurisprudenza  della
Corte di Giustizia UE [v. sent. 22/9/2011, n 295/10: "La  valutazione
ambientale effettuata a norma della dir. 85/337/Cee  (concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati) non dispensa dall'obbligo di  procedere  alla  valutazione
ambientale strategica prevista  dalla  dir.  2001/42  concernente  la
valutazione   degli   effetti   di   taluni   piani    e    programmi
sull'ambiente."]  e  la  dottrina  in  materia  [S.   Amorosino,   La
valutazione  ambientale  strategica   dei   piani   territoriali   ed
urbanistici e il silenzio assenso di cui al nuovo art.  17bis  L.  n.
241/1990, in Urbanistica e appalti, 2015,  12,  1246:  "Tra  tutti  i
piani la cui realizzazione determina effetti sui  sistemi  ambientali
quelli territoriali ed urbanistici  sono  i  piu'  "pesanti"  per  la
molteplicita' delle loro previsioni di trasformazione del  territorio
e la vastita' degli ambiti spaziali interessati. Per  "governare"  la
complessita' dei rapporti tra VAS e  pianificazioni  urbanistiche  e'
indispensabile, fin dall'inizio, l'intersezione tra  il  procedimento
di elaborazione del piano  e  quello  di  valutazione  dei  possibili
effetti sull'ambiente:  ad  ogni  fase  di  elaborazione  del  piano,
preliminare e definitiva, deve corrispondere, "a corrente alternata",
una speculare valutazione strategica."]. 
    A livello nazionale, si  deve  rilevare  che  l'articolo  17-bis,
comma 4, della legge 241/1990 prevede che  il  silenzio  assenso  tra
amministrazioni  pubbliche  non  si   applica   nei   casi   in   cui
"disposizioni del diritto dell'Unione europea  richiedano  l'adozione
di provvedimenti espressi";  e  l'art.  20,  comma  4,  stessa  legge
sancisce che: "4.  Le  disposizioni  del  presente  articolo  non  si
applicano  agli  atti  e  procedimenti  riguardanti   il   patrimonio
culturale  e  paesaggistico,  l'ambiente,  la  tutela   dal   rischio
idrogeologico,  la   difesa   nazionale,   la   pubblica   sicurezza,
l'immigrazione, l' asilo e la cittadinanza, la salute e  la  pubblica
incolumita',  ai  casi  in  cui  la  normativa   comunitaria   impone
l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la
legge  qualifica  il  silenzio  dell'amministrazione   come   rigetto
dell'istanza, nonche' agli atti e procedimenti individuati con uno  o
piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta
del Ministro per la funzione pubblica, di  concerto  con  i  Ministri
competenti." 
    La  procedura  di  valutazione  ambientale  strategica,  che   e'
preliminare  all'adozione  di  un  piano,  richiede  che  l'autorita'
competente  -  chiamata  a  compiere   l'attivita'   di   valutazione
ambientale -  offra  idonee  garanzie  di  competenza  tecnica  e  di
specializzazione in materia ambientale  che,  ai  sensi  delle  norme
europee e nazionali sopra richiamate, devono essere rilasciate con un
apposito parere espresso. 
    Peraltro, l'istituto del silenzio-assenso  in  materie  sensibili
(qual  e'  indubbiamente  quella  paesaggistica  e   ambientale)   e'
avversato e,  comunque,  ridimensionato  dalla  giurisprudenza  della
Corte di Giustizia; si vedano, in proposito, CG 28 febbraio 1991,  in
C-360/87 Commissione c/ Repubblica italiana; CG 28 febbraio 1991,  in
C-131/88, Commissione c/ Germania; CG 19 settembre 2000, in C-287/98,
Linster; CG 19 giugno 2001, in  C-200/00  Commissione  c/  Regno  del
Belgio; CG 10 giugno 2004 in C-87/02; con quest'ultima  sentenza,  la
Corte (pur non censurando direttamente un'ipotesi di silenzio-assenso
in materia ambientale) ha espresso  il  principio  secondo  cui  "una
decisione con  la  quale  l'autorita'  competente  consideri  che  le
caratteristiche di un progetto non richiedano che esso sia sottoposto
ad una valutazione dell'impatto ambientale deve  contenere  o  essere
accompagnata da tutti gli elementi che consentano di controllare  che
essa e' fondata su una previa verifica adeguata, effettuata secondo i
requisiti posti dalla direttiva 85/37". 
    Anche  la  Corte  Costituzionale  si  e'  espressa   piu'   volte
sull'incompatibilita' tra silenzio-assenso e tutela  degli  interessi
sensibili. 
    Significative sono le sentenze 1/ 7/1992, n. 307, e  27/  4/1993,
n. 194, che hanno dichiarato incostituzionali leggi regionali ove era
previsto che lo stoccaggio provvisorio di rifiuti  tossici  e  nocivi
potesse  essere  effettuato   senza   autorizzazione   specifica   al
verificarsi di alcune  condizioni  e  in  forza  del  meccanismo  del
silenzio-assenso; si legge in quelle pronunzie che  e'  da  escludere
"la possibilita' di un'autorizzazione implicita o tacita e il ricorso
all'istituto del silenzio-assenso proprio perche' si impone la tutela
della  salute  e  dell'ambiente,  che  sono  beni  costituzionalmente
garantiti e protetti (artt. 32 e 9  della  Costituzione)"  (v.  anche
Corte cost. 12/2/1996, n. 26; 27/41993, n. 194;  13/11/1992  n.  437;
9-10/31988, n. 302). 
    Richiamiamo, ancora, la sentenza 9/7/2014, n. 209, ove  la  Corte
ha censurato una legge della regione  Campania  di  disciplina  degli
scarichi in fognatura, che prevedeva un temine di sessanta giorni per
la decisione  sulla  domanda  di  autorizzazione,  scaduto  il  quale
l'autorizzazione si intendeva provvisoriamente concessa per  sessanta
giorni, salvo revoca, dichiarando l'illegittimita'  della  norma  per
violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., non solo  perche'
determinava livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a  quelli
previsti dalla legge statale ma, anche, per violazione dell'art.  20,
comma  4,  L.  n.  241/1990,  "che  esclude  l'  applicabilita'   del
"silenzio-assenso" alla materia ambientale". 
    Importante e', infine, la sentenza 10/10/1992,  n.  393,  che  ha
dichiarato incostituzionale l'art. 16, L. 17 febbraio 1992,  n.  179,
nella parte in cui prevedeva la formazione per  silenzio-assenso  del
programma integrato di intervento, osservando che la  semplificazione
non   puo'   incidere   sul   contenuto   essenziale   dell'attivita'
amministrativa  e  che  il  silenzio-assenso  non  e'  estendibile  a
piacere,  a  fronte  dell'esigenza  che  l'amministrazione   eserciti
effettivamente il potere discrezionale affidatole dalla legge. 
    Pertanto, le  disposizioni  regionali  indicate,  nell'introdurre
l'istituto del silenzio assenso in materia di valutazione  ambientale
strategica, violano l'articolo 117,  primo  comma  e  secondo  comma,
lett. s), Cost., per contrasto con la Direttiva 2001/42/CE e con  gli
art. 17-bis, comma 4, e 20, comma 4, della legge 241/1990. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Tanto premesso e considerato, giusta delibera del  Consiglio  dei
Ministri in data 26/02/2016, 
    Si chiede che la Corte  Costituzionale  adita  voglia  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 5, 12,  13  e  14  (nelle
parti e nei termini sopra esposti) della legge della Regione Calabria
n. 40 del 31 dicembre 2015,  pubblicata  nel  B.U.R.  n.  96  del  31
dicembre 2015, per violazione dell'articolo 117, comma 2, lettera  s)
della Costituzione, anche per contrasto con gli articoli 135,  143  e
156 del d.lgs. n. 42/2004, e per violazione dell'articolo 117,  primo
comma e secondo comma, lett. s), della  Costituzione,  per  contrasto
con la Direttiva 2001/42/CE e con gli art  17-bis,  comma  4,  e  20,
comma 4, della legge 241/1990. 
    Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei Ministri. 
        Roma, 27 febbraio 2016 
 
              L'Avvocato dello Stato: Giuseppe Albenzio